CAVA DE’ TIRRENI (SA). Ragazzi fuori dai giochi e nell’Inferno del lager: i Giorni della Memoria “emozionati” dal gruppo di Arcoscenico con lo spettacolo “Jude”

L’anno scorso, lo spazio teatrale alla Mediateca Marte in occasione della Mostra sulle leggi razziste italiane del 1938. Quest’anno, lo spettacolo di punta della Giornata della Memoria nel cartellone congiunto con il Piccolo Teatro al Borgo. Uguale la Compagnia degli attori-autori, uguale il titolo, Jude (cioè Giudeo, un semplice attribuzione di identità etnica che troppe volte, per orribili black out del cuore e sonni della ragione, ha rappresentato un epiteto d’infamia.

Diverso invece il testo. Lo scorso anno era composito, con altri brani anche di Luigi Sinacori, quest’anno invece è rimasto solo l’episodio centrale, composto da Mariano Mastuccino, una delle due frecce scriventi dell’Arcoscenico. L’angolazione prescelta è quella delle vittime giovani della discriminazione razziale e delle deportazioni, un fronte che negli ultimi anni ha visto belle punte su un argomento come la Shoah che comunque è da fiumi di inchiostro: pensiamo a Jonas che visse nella balena, La vita è bella, Il bambino col pigiama a righe, fino al recente, bellissimo Jo Jo Rabbitt.

È un’angolazione che colpisce, perché il sangue degli innocenti fa ancora più male, pur nella valle di lacrime generata da quello scandalo di sempre che ono la guerra, la violenza e la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.

Stavolta, in un gioco di alternanza tra passato, presente e forse futuro, con un pizzico di poetico ermetismo ma anche con un giusto equilibrio tra dramma e leggerezza, affetto e dolore, Mastuccino ha affrontato il suo viaggio nell’orrore, evocandolo non dal cuore dell’Inferno, ma dalla sua periferia preparatoria. Egli ha raccontato infatti di un gruppo di ragazzi ebrei, tra cui anche uno non ebreo ma semplicemente “povero” e come tale “out”, che da un mondo normale di giochi, di amicizia e magari anche di studi si ritrovano divisi da emarginazioni e deportazioni, che essi subiscono ma non riescono proprio a “capire”.

Prima quasi con una dimensione da sogno, poi con dolorosa coscienza della realtà,devono affrontare la rinuncia ai giochi e agli studi regolari, lo svangante sfilacciamento dell’amicizia, quindi le spine della clandestinità e/o peggio ancora la devastante oscurità dei vagoni piombati e l’orrore dietro il filo spinato del lager. Alla fine, dopo la sconfitta degli oppressori, rieccoli tra i giochi e gli studi, ma… è la riconquista della libertà oppure solo un desiderio svanito nell’eternità e passato dal fumo di un camino?

Con efficace e acuta consapevolezza di quella magia dell’immaginazione tipica del teatro, il racconto non procede sempre con realistica successione, ma con segni, ellissi, metafore, efficaci rotture della quarta parete, semplici evocazioni, forse comprensibili soprattutto agli adulti, pur se l’insieme è pienamente compatibile con spettatori molto giovani. Ricordiamo ad esempio lo stranito racconto iniziale in diretta comunicazione col pubblico, i movimenti alternati e “danzati” a ricordare divertimenti e studi, il gioco della palla di pezza tra gli spettatori (particolarmente gradito quando si trattava di bambini o ragazzini), l’uso della maschera bianca ad indicare la perdita dell’identità sociale e personale, la storia trasfigurata e raccontata attraverso la lettura di un libro, il filo colorato che collega, unisce e imprigiona i personaggi.

Tutto questo in un’ora circa di spettacolo serrato, capace di tenere desta l’attenzione senza pause, per l’effetto delle ben ritmate variazioni sceniche, dell’argomento, dell’alternanza efficace tra sorriso e commozione. Gran merito va inoltre non solo all’idea brillante di accompagnare i momenti salienti con le belle evoluzioni di una danzatrice, Eliana Calaviello, e con le suggestioni del suo nastro “dialogante” con situazioni e attori, ma anche all’affiatamento e alla sempre più matura presenza scenica confermati dalle tre frecce di Arcoscenico, Luigi Sinacori, Mariano Mastuccino e Gianluca Pisapia, un tris che sta vincendo parecchie mani sul tavolo verde della speranza teatrale.

Alla fine, non è mancato il consenso convinto del pubblico, a volte rimasto con gli occhi liquidi per la commozione suscitata dall’evento e dallo spettacolo.

Ora però le tre frecce, e i loro brillanti compagni di Compagnia, si augurano che gli occhi siano liquidi, ma di risate e divertimento, anche dopo il prossimo appuntamento del 28 e 29 febbraio, quando la Premiabile Ditta tornerà alla Commedia con un nuovo lavoro di Luigi Sinaori, Agenzia Speranza.

Lo sperano loro, lo speriamo anche noi … Buon lavoro!


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