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LA CASA DEL TIGLIO Poesie di un padre al figlio bambino, ultimo libro di liriche di Antonio Donadio
E’ in uscita in questi giorni, come già riportato in data 13 ottobre u.s. dall’ autorevole sito sulla Poesia del ‘900 , Italian poetry, l’ultimo libro di liriche del poeta Antonio Donadio nonché nostro prezioso curatore di Rubriche di Cultura Poetica. Libro che speriamo, come sempre per precedenti lavori di Donadio, poter presentare, quanto prima, anche qui a Cava.
LA CASA DEL TIGLIO, poesie di un padre al figlio bambino edito da puntoacapo Collezione Letteraria.
Lavoro tematico come si evince dal titolo, una paternità “come categoria dell’anima” come afferma Alessandra Paganardi nella sua ampia e raffinata prefazione di cui, dalla scheda redazionale, pubblichiamo una parte e una lirica:
“ [ ] La casa del tiglio è la cronaca di un sogno divenuto cura e di una cura fattasi sogno: quello di una paternità che va ben oltre l’aspetto biologico e supera persino quello meramente affettivo. In un’epoca di trattati, manuali, tecnicismi educativi e trasbordanti psicologismi, ecco un libro di poesia che sa presentare al lettore la genitorialità come categoria dell’anima. Una genitorialità che precede il figlio, eppure soltanto in esso matura e s’incarna: proprio come il poeta è certamente tale prima del testo, ma si esprime soltanto in esso e intristisce in sua assenza. [ ] . Non ha genere l’attesa, che si palesa all’apertura del libro in data (non casualmente) di maturo avvento, l’antivigilia di Natale: “Chiudi la porta / al giorno delle lunghe / ombre indiscrete / C’è nell’aria / un’attesa bambina / negli angoli di luce”. E non è inutile ricorda partire da questo inizio, quasi ogni verso sia imbevuto di una profonda religiosità laica, che con il rito ha in comune prima di tutto il mistero, la sacralità e persino il paradosso di quella “giovane cosa così più vecchia di me” che, prima del bambino come essere carnale, è la vita stessa.[ ] La casa del tiglio, in cui il piccolo Daniele vive la sua prima estate, richiama la “casa del nespolo” verghiana, alla quale tuttavia si contrappone come l’aurora al tramonto. Se Verga evoca il capolinea – per quanto arginato dai solidi valori della giovane coppia superstite – di tutto un mondo storico e sociale, Donadio prospetta una continuità generazionale che sa garantire la ricarica vitale: e lo fa proprio grazie alla relazione tra genitore e figlio, un rapporto nuovo, forse ancora non molto sperimentato, che mette continuamente in gioco il poeta e il bambino e che trova la sua perfetta espressione nel verso.[ ] A sublimare ulteriormente il dono interviene la separazione forzata, per motivi di lavoro, del poeta dalla famiglia (lontananza segnata assai fortemente dall’invisibile frattura trasversale tra nord e sud, i distanti luoghi di lavoro dei genitori). Ad ogni ritorno si percepisce la necessità di ricucire lo strappo, di medicare la distanza: come se il tempo passato insieme dovesse valere almeno due volte. In questo libro ogni oggetto, ogni minima traccia o linguaggio della natura (il verso degli animali, le foglie, il riflesso del sole, la neve e la nebbia) ha un forte connotato simbolico: si può forse parlare di “realismo simbolico” o di “simbolismo della concretezza”. Forse anche per questo la cifra poetica di Donadio non è mai, se non assai marginalmente, la narrazione. Coerentemente con l’aspetto sacrale di cui abbiamo parlato, questa poesia annuncia piccole epifanie quotidiane che ripetono il primitivo miracolo della vita incarnata, dell’origine. Il linguaggio è forse più vicino a quello largo e formulare dei salmi, con enjambement avvolgenti, chiuse maestose, versi talora ripetuti e con la presenza di una costante seconda persona singolare, che rinvia al dialogo. [ ] Quando la scrittura, come in questo caso, attinge così direttamente alla vita, somiglia più a un poema ininterrotto che a una serie di episodi staccati.[ ]”
Fuochi
E poi vedrai la notte
dalle mille ombre chiare
nuove come quest’anno
che impudico ancora si traveste
di promessa gioia
come un gioco non ancora
tuo. E ti sorriderò
stringendoti al nuovo giorno
e tu gioirai stupito
ai mille fuochi improvvisi.
Buon anno, amore
piccolo tenero fuoco
di un padre terra
senza più fuochi di cielo.
Capodanno 1993
“Se non fosse Natale stanotte” di Antonio Donadio
Il poeta e scrittore Antonio Donadio ha voluto dedicare al giornale e ai suoi lettori questa sua splendida poesia.
Auguri di Buon Natale a tutti.
Se non fosse Natale stanotte
chiederei chi accende lumi
chi fa risplendere stelle
su morti paesi
se non fosse Natale stanotte
mi stupirei di questo caldo silenzio
che avvolge senza nulla temere
né celie né sussurri
se non fosse Natale stanotte
chiederei di me non vecchio ancora
bambino per gioco
per caso o timore
se non fosse Natale stanotte
nulla saprei di dove mani
tornano ad incontrarsi
e volti fondersi a volti
se non fosse Natale stanotte
nulla saprei, solo in questa notte
stellata ancor di nuovo
e di perpetuo.
Antonio Donadio
Il 28 febbraio di quindici anni fa, moriva il poeta Mario Luzi. Il ricordo di Antonio Donadio
Il 28 febbraio del 2005 moriva il grande poeta Mario Luzi: “ Mario Luzi senza dubbio assieme a Ungaretti e Montale compone la triade dei grandi poeti del Novecento” (Carlo Bo). Ho conosciuto e frequentato per ben quindici anni il poeta fiorentino. Lo conobbi nell’aprile del 1989 presso l’Istituto Universitario ”Sant’Orsola Benincasa” di Napoli. Ai miei occhi apparve proprio come da bambini immaginiamo un poeta: alto, molto esile, dal tono di voce basso, quasi impercettibile, con lunghe pause ritmate. Gentilissimo, mi concesse una lunga intervista. Fu allora che gli chiesi cosa fosse la Poesia. Mi rispose: “La Poesia è la vita al quadrato: se mi sa dire cos’è la vita… saprà cos’è la Poesia”. La vita al quadrato, originalissima definizione, che diverrà poi nel 2014 il titolo di un mio saggio sulla sua poetica. Da quel giorno (mi concesse il suo numero di telefono invitandomi anche di andarlo a trovare nella sua casa di Firenze), ebbi modo d’incontrarlo più volte e di proporgli in lettura i miei versi. Apprezzò molto il mio “Per le terre di Grecia”(1993): “E’ un gran bel libro. Il suo è un nome che “si muove”. Diceva così di quei giovani poeti in cui ravvisava qualche merito e anche originalità. Qualche anno dopo, nel 1996, il mio “L’alba nella stanza” uscì con una sua preziosa nota introduttiva. In occasione dei suoi 87 anni, Firenze lo festeggiò con un’indimenticabile serata a Palazzo Vecchio. Era il 20 ottobre del 2001, poco prima vi era stato l’orribile strage del 1° settembre. Non potetti non chiedergli un commento: “Di fronte a questi tragicissimi episodi, possiamo e dobbiamo certamente ridimensionare dentro di noi certe priorità che abbiamo forse arbitrariamente creduto tali e che vanno corrette alla luce di altre ipotesi, forse solo ipotesi”. E poi aggiunse, lui da cristiano convinto: “ Quella mussulmana è una grandissima civiltà, una grandissima cultura… mi domando: come si fa a dire che sono subalterni a noi? Non è possibile” . Parole che suonano ancora e più di ieri, come grande ammaestramento di vita da parte di un poeta, che ahimè, è poco “presente” perfino nelle aule scolastiche. E’ triste, se non vergognoso, che oggi siano definiti poeti, onesti parolieri di canzoni. Qualche giorno fa, in “ Uno mattina in famiglia” in onda su Rai 1, un noto giornalista ha citato alcuni versi di Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio – arcinota poesia di Montale- introducendoli come “una frase (!!) di Montale” ! Incontrai Luzi per l’ultima volta, esattamente un anno prima della sua scomparsa, il 25 febbraio 2004 a Firenze presso la libreria San Paolo per la presentazione del libro In queste braccia – Versi per la madre. Erano presenti altri importanti poeti: Luciano Luisi, Paola Lucarini Poggi, Marco Beck, Roberto Carifi, Maura del Serra, Curzia Ferrari e altri di cui, mi scuso, ma non ricordo il nome. Accadde un episodio da raccontarsi: Luzi arrivò con parecchio ritardo. Subito gli fu data la parola da Paola Lucarini Poggi, ma egli rifiutò. Avrebbe atteso il suo turno: gli interventi, infatti, seguivano l’ordine alfabetico. Mi successe, quindi, di intervenire, io, col cognome che inizia con la lettera”d”, prima di Luzi!
Rimandando i lettori ai suoi numerosi libri – dal primo: La Barca 1935 al postumo, Lasciami non Trattenermi, poesie ultime, 2009, – mi piace ricordarlo con Interno una stupenda lirica “familiare” da me antologizzata alcuni anni fa in ”Versi d’amore”. E’ tratta da “Onore del vero” (1957), libro in cui prorompe nel poeta una particolare esigenza conoscitiva: il “vero” da mero elemento realistico, assume il valore di conoscenza più intimamente avvertita. Nucleo sociale con al centro la rappresentazione di ”paesaggi” più intimi, più sentiti, quelli familiari: “tu ed io e tra noi due nostro figlio/ da stanza a stanza questo lume limpido”.
Interno
Si filtra le domeniche di sole nelle valli
nascoste, si sciama, se ne torna
paghi con fiori e tirsi da mettere nei vasi
agli angoli o alla luce dei vetri sulla madia.
Perdo il segno di questo libro aperto
dei mesi, degli anni. Rido, vedo
se levo il capo due finestre vive
dove vibra l’attesa delle rondini
e te che innalzi trofei lievi.
Un giorno, quale giorno? Tra questa primavera
e quest’inverno, un anno tra i tanti anni,
tu ed io e tra noi due nostro figlio,
da stanza a stanza questo lume limpido.
(da Onore del vero , Neri Pozza Editore, 1957)
Dieci anni fa, moriva Alda Merini. Il ricordo di Antonio Donadio
PER UN AMORE PERDUTO
Donna che abbracci questo grande amore,
lo sai che muoio grossa di dolore,
donna, abbine cura dolcemente,
sapessi come è bello lui fremente,
egli guida l’amor tra le braccia:
è saporoso come la vinaccia,
donna guardalo bene dentro gli occhi,
io non lo toccai non ho baiocchi,
non potrei prezzolarlo e dargli senso
in questa vita che non ha dissenso,
donna guardagli i riccioli profondi:
sono angelici, tanti e sono biondi,
donna adorata, poi che ami lui,
sapessi cosa sono e cosa fui.
Alda Merini
(da Ipotenusa d’amore, Milano, La Vita Felice, 1995)
La poetessa Alda Merini nata il 21 marzo del 1931“ Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenare tempesta”, amava ripetere spesso che voleva morire “ in un giorno importante”, e così accadde: si spense, all’età di settantotto anni, il 1° novembre del 2009 presso all’Ospedale San Paolo di Milano. Tra pochi giorni, quindi, ricorre il decennale della sua morte e questo vuole essere un piccolo affettuoso ricordo della “poetessa dei navigli” su cui tanto si è detto e scritto, a proposito e non. Ho incontrato Alda Merini una sola volta. Fu in occasione della pubblicazione del mio libro Versi d’amore, cento liriche d’amore di poeti italiani del Novecento (San Paolo 2002) in cui avevo antologizzato la poesia qui riportata. In verità, la poetessa non venne alla presentazione ufficiale avvenuta presso la Fenac di Milano cui intervennero molti amici e poeti tra cui Maurizio Cucchi, Vincenzo Guarracino, Vivian Lamarque, Roberto Mussapi, Antonio Riccardi, Marco Beck, Silvio Riolfo Marengo, Raffaele Crovi, ma la ritrovai al mio fianco in un’altra occasione in un caffè letterario di Bergamo. Cortesemente accettò di autografare la pagina del mio libro con la sua poesia e fu così che ebbi l’occasione di scambiare qualche battuta. Mi sembrò una donna molto fragile, desiderosa solo di dispensare malinconici sorrisi seguiti subito dopo, semmai, da un’occasionale reprimenda verso il suo interlocutore di turno quasi ad ammonire che la debolezza di un veloce sorriso è solo un momento transitorio come la vita stessa. Così fece con me, dopo avermi ringraziato per l’inclusione nell’antologia da me curata, mi salutò frettolosamente passando ad altro. Tra i tanti omaggi che, in questi giorni, vengono rivolti ad Alda Merini, mi piace sottolineare quello che le ha reso un suo vecchio amico, Giacomo Barbieri attraverso una mostra documentaria a lei dedicata presso Villa Castelbarco a Vaprio d’Adda (19/27 ottobre) con la collaborazione dell’istituto internazionale di Studi Liguri e degli Amici del Museo-Bibloteca Clarence Bicknell. Mostra tenutasi già a Bordighera Book Festival nel settembre del 2014. Barbieri ha accompagnato la mostra con un piccolo libretto di memorie personali in cui scrive: “Dedico i miei ricordi ad una signora che, malgrado una vita tribolata, aveva rapporti interpersonali di buonsenso, cortesia e amicizia.”
Alda Merini: nome completo Alda Giuseppina Angela Merini (Milano, 1931-2009) poetessa, scrittrice, aforista. Ha scritto tantissimo tanto da essere, per taluni, colpevole d’inflazionare il mercato a scapito della qualità del prodotto. Cito, quindi, solo qualche libro tra i più famosi: Ipotenusa d’amore, con quattro disegni di Massimo O.Geranio, La Vita Felice, Milano 1992; Ballate non pagate a cura di Laura Alunno, Einaudi, Torino 1995; La pazza della porta accanto, Bompiani, Milano, 1995; Aforismi e magie, disegni di Alberto Casiraghi, Rizzoli, Milano 1999; La voce di Alda Merini. La dismisura dell’anima. Audiolibro. CD audio. Milano, Crocetti, 2004; Nuove magie: aforismi inediti 2007-2009, Rizzoli, Milano 2010.
Il ricordo di Antonio Donadio del prof. Giorgio Barberi Squarotti
Il caso ha voluto che ero alla scrivania e stavo scrivendo il consueto biglietto augurale per il prof. Giorgio Barberi Squarotti, quando mi è arrivata la triste notizia della sua scomparsa avvenuta proprio in quelle stesse ore. Avevo incontrato il professore l’ultima volta il 28 maggio del 2015, a casa sua, a Torino. Mi ricevette, come sempre, nel suo studio/salottino tra migliaia di libri e quadri alle parti. In quell’occasione era presente anche sua moglie, la signora Piera, già inferma. Scomparve, infatti, nell’agosto dello stesso anno. Fu per lui un dolore fortissimo, mi scrisse infatti: “… e anche se l’evento era previsto dopo il peggioramento di febbraio, non minore è lo strazio. E’ il vuoto dopo quasi sessant’anni di vita insieme” … e in una lettera di alcuni mesi dopo: “Dura, in me, il dolore per la perdita di Piera …” Non voglio parlare, in quest’occasione, del prof. universitario, poeta e critico letterario (mi riprometto di farlo in seguito), ma dell’uomo Giorgio Barberi Squarotti. Negli ultimi due anni c’eravamo sentiti spesso in occasione della preparazione del mio ultimo libro “Calcio d’autore”. Prodigo di consigli preziosi; generosissimo, mi regalò una sua lirica inedita, scritta in memoria del Grande Torino. Sempre gentile e cortese nei confronti di tutti, mai si negava a chiunque si rivolgesse a lui. Forse a volte fu anche troppo disponibile. Tanti poeti, giovani e meno giovani, si sono avvalsi di sue presentazioni e introduzioni. Non volli mai disturbarlo: erano sufficienti per me le lettere che ci scambiavamo. Preziosi i suoi consigli, i suoi complimenti: “Lavoro nella sua essenzialità perfetto…”, i suoi incoraggiamenti. Corrispondenza d’anni (circa trenta) sempre ritmata dagli immancabili auguri di Natale e di Pasqua. Nessuna e-mail, solo biglietti e lettere. Lettere caratterizzate sempre dall’immancabile suo scrivere “ E’ per Antonio Donadio”. Era il suo timbro. Nell’ultimo biglietto, in risposta ai miei auguri per l’anno nuovo, scriveva” “Auguro anche a Lei un sereno Natale di speranza e di fiducia e un anno operoso e fruttuoso”. Mi mancheranno molto queste sue lettere.
Il mio triste addio a lui con questi suoi versi per l’addio ai campioni del Grande Torino:
[ ]………l’applauso
che cancella i corpi e tutto il sogno eterno
che c’è stato dentro.
Antonio Donadio e Alfonso Vitale alla Biblioteca Centrale di Milano
MILANO. Antonio Donadio ancora una volta ospite della Biblioteca Centrale di Milano per la presentazione di un suo libro. Già ospite nel 2012 con “Riscrittura in versi di 247 aforismi di Tagore, Edizioni Paoline”, Donadio, il 13 novembre ha presentato presso Palazzo Sormani, sede della Biblioteca, nell’incantevole Sala del Grechetto dalle pareti interamente ornate da pannelli seicenteschi di G.B. Castiglione (il Grechetto), il suo ”La vita al quadrato – Sulla poetica di Mario Luzi”, LietoColle, 2014 già presentato presso il Comune di Cava a dicembre dello scorso anno.
Relatore è stato il prof. Ottavio Rossani, critico letterario del Corriere della Sera.
Le letture sono state affidate alla voce dell’attrice dr.ssa Lia Gotti.
Presentazione che ha visto partecipe anche il prof Alfonso Vitale che ha offerto a corredo del libro di Antonio Donadio e in omaggio a Mario Luzi nel centenario della nascita, una sua opera litografica a tiratura limitata.
Piena riuscita della serata sia per pubblico sia per vivo interesse mostrato.
Vino in Villa Festival 2015: una nuova etichetta d’autore da opera di Virgilio Guidi firmata Antonio Donadio e Marco Roncalli
Vino in Villa Festival 2015 questo il titolo della kermesse di quattro giorni (14-17 maggio) per Arte e cultura in Conegliano Valdobbiadene. Scienza, filosofia, musica e arte all’insegna di uno dei più grandi vini internazionali: il Prosecco. Nutritissimo il programma itinerante (Conegliano, Pieve di Soligo, Valdobbiadene, Susegana), conclusosi presso lo splendido castello di San Salvatore in Susegana: dal filosofo e trombettista Massimo Donà, a David Riondino, al giornalista Antonio Gnoli, al fisico Edoardo Boncinelli, a Vittorio Sgarbi, al critico Toni Toniatto ex direttore dell’Accademia di belle Arti di Venezia, al maestro Enrico Rava, al poeta Tiziano Scarpa. E numerose e rinomate le circa 300 etichette dal Cartizze al Marzenino Passito di Refrontolo (citato da Mozart nel Don Giovanni) per le migliori cantine venete. Una vera chicca la presenza del Clan Verdurin, Associazione Culturale di Lia e Flaminio De Martin di San Pietro di Feletto che ha tenuto “a battesimo” alcune nuove etichette d’autore di pittori del passato recente o di oggi (Vitaliano Angelini, Luciano Baldacci, Graziano Marini, Letterio Riso,…) e aforismi di poeti e scrittori contemporanei. Tutto iniziò circa trent’anni fa con la prima etichetta: Il vino dei poeti, con opera originale di Giulio Turcato e un verso firmato Mario Luzi e Carlo Bo. Quest’anno ha visto, tra l’altro, la luce il Vino dei Cardinali (un tacito omaggio al Card. Loris Francesco Capovilla per il suo prossimo centesimo compleanno?), un rosso che in etichetta riproduce un’opera di Virgilio Guidi su stoffa ricamata di Anna Borruso e un distico del nostro Antonio Donadio firmato assieme al saggista Marco Roncalli. Non ci resta, allora, che….brindare!
Sul “Corriere della sera”: Omaggio di Antonio Donadio a Mario Luzi
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Ancora una volta il “Corriere della sera” si ”occupa” di un libro di Antonio Donadio. L’ha fatto ieri con un ampio servizio dedicato al suo “La vita al quadrato”- Sulla poetica di Mario Luzi- LietoColle 2014, in occasione del decennale della morte di Mario Luzi (28 p.v.). Il libro del nostro concittadino (seppure da molti anni residente a Bergamo), fu presentato, prima presentazione ufficiale, a Cava il 18 dicembre scorso presso la Sala di rappresentanza del Comune. Relatore l’infaticabile prof. Franco Bruno Vitolo. Donadio ha conosciuto e frequentato per quasi vent’anni il grande poeta fiorentino e questo suo libro vuole essere “una traccia di lettura per potersi avvicinare alla poetica luziana attraverso un lessico scorrevole e leggibile anche da parte di chi non è uso a tali frequentazioni di specie”. A seguire pagine di un suo diario personale. Vi sono annotati in modo semplice, spontaneo, parte degli incontri avuti con Mario Luzi corredati da scritti, interviste, foto, autografi… quasi tutto materiale inedito. Su la “Vita al quadrato” l’autorevole critico prof. Giorgio Barberi Squarotti, cosi ha scritto: La “lettura” dell’intera opera poetica di Luzi è molto acuta e suasiva nella sua essenzialità perfetta. E’ un lavoro esemplare, utilissimo per chi voglia affrontare la ricchissima vicenda della poesia di Luzi e comprenderla. Complimenti ancora ad Antonio, caro amico e prezioso collaboratore di Vivimedia, e auguri per domani 28 p.v., giorno del suo compleanno.
Giornata della memoria: il poeta Gerardo Sangiorgio, sopravvissuto all’orrore dei lager, nel ricordo di Antonio Donadio
Per la “Giornata della Memoria” (27 gennaio), Antonio Donadio, su invito dalla “Fondazione Sangiorgio” di Biancavilla in provincia di Catania, ha ricordato Gerardo Sangiorgio (1921-1993). Nativo di Caserta, visse poi a Catania. Fu poeta e umanista sopravvissuto all’orrore dei lager. Dopo l’8 settembre 1943, la scelta coraggiosa di non aderire alla Repubblica di Salò,da cristiano e antifascista, gli costò anni di profonda e inumana sofferenza nei campi nazisti. Ogni anno la Fondazione che porta il suo nome, ne ricorda la figura anche attraverso scritti di noti intellettuali che aderiscono all’iniziativa come Edoardo Sanguineti, Claudio Magris, Massimo Cacciari, Yves Bonnefoy, Franco Cardini, etc. Nel suo scritto, una Lettura critica della poesia “A mia madre”, Antonio Donadio ha sottolineato come nei versi di Sangiorgio si ravvisi “l’ orma inalienabile della millenaria cultura mediterranea. Nel ricordo della madre defunta, la consapevolezza del già fu – e non più sarà- attrae e vibra di una presenza, seppur dolorosamente inespressa: “inatteso varco la porta/senza trovare te a spianarmi la fronte”, pur tuttavia incancellabile. Attimi vissuti incessantemente che invece di dissolvere l’entità stessa del ricordare affranto del figlio-poeta, offrono uno spiraglio, una finestra spalancata sul possibile, o forse sul certo. Lei ancora, come in vita: “ non preghi per te/ preghi per noi ancora, /come ci promettesti in quell’ora di gelo”.
Presentazione del libro “La vita al quadrato”, di Antonio Donadio
Oggi 18 dicembre alle 18,30, nella Sala di rappresentanza del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, il poeta Antonio Donadio, cavese di origine e attualmente residente a Bergamo, presenterà il suo ultimo libro, La vita al quadrato, una monografia dedicata al grande poeta Mario Luzi, nel centenario della nascita.
Condurrà la serata Franco Bruno Vitolo, che converserà con l’autore. Leggeranno i testi Maria Alfonsina Accarino, Lucia Antico, Lucia Criscuolo, Maria Teresa Kindjarsky, Emanuele Occhipinti, Rosanna e Teresa Rotolo, Anna Maria Violante, Franco Bruno Vitolo, componenti dell’Associazione VersoCava, a suo tempo fondata anche dallo stesso Antonio Donadio. Il pittore Alfonso Vitale a coloro che acquisteranno il libro donerà una sua personale litografia ispirata all’opera. Presenzierà il Sindaco di Cava, Marco Galdi.
Luzi è considerato uno dei più grandi poeti del Novecento, è stato più volte candidato al Nobel, ingiustamente negatogli, eppure in Italia è tuttora molto meno conosciuto e popolare dei vari Ungaretti, Quasimodo, Montale & Co. Bene ha fatto allora Donadio a dedicargli la monografia, il cui titolo richiama la definizione che lo stesso Mario Luzi fece della Poesia durante un’intervista fattagli dallo stesso Donadio.
Il lavoro nella prima sezione è di stampo critico letterario, con la biografia del Poeta e una guida alla lettura delle sue opere suddivisa secondo la ripartizione fatta da lui stesso per l’opera omnia edita nei Meridiani. Nella seconda sezione è personalizzato, con ricordi dei loro incontri, tra cui la nota di prefazione che Luzi scrisse per uno dei suoi libri, con foto, documenti e testimonianze in gran parte inediti.
Poesie di Antonio Donadio e Fabio Dainotti nell’antologia “L’amore dalla A alla Z” curata dal prof. Guarracino
FIRENZE. A Firenze presso Palazzo Medici Pistelli, lunedì 1 dicembre alle ore 16,30 sarà presentata l’antologia “L’amore dalla A alla Z” (puntoacapo Editrice, 2014) curata dal noto critico letterario Vincenzo Guarracino. Il professore, salernitano di nascita, di Ceraso, risiede da molti anni a Como. Si tratta di un’ampia antologia di poesie d’amore (circa 200 pagine), che raccoglie i versi di alcuni dei più importanti poeti contemporanei tra cui Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Claudio Damiani, Arnaldo Ederle, Dante Maffia, Silvio Ramat, Ottavio Rossani, Milo De Angelis, Guido Oldani… Il sottotitolo spiega l’intento del progetto: “I poeti contemporanei e il sentimento amoroso”. Tra i poeti in antologia figurano il nostro Antonio Donadio, attualmente in libreria anche con il suo ultimo lavoro” La vita al quadrato”- Sulla poetica di Mario Luzi – LietoColle 2014, e Fabio Dainotti, originario di Parma, ma cavese d’adozione. Presidente della prestigiosa Lectura Dantis Cavese. Tutte le poesie in antologia sono corredate da un commento di Guarracino che, a proposito dei testi raccolti nel libro, parla di una “gamma vastissima che abbraccia il rapporto tra gli esseri, che si cercano, si uniscono, si perdono, ma anche i sentimenti più intimi che legano reciprocamente figli e genitori tra loro”.
“LA VITA AL QUADRATO”, nuovo libro di Antonio Donadio per il centenario della nascita di Mario Luzi (1914/2005)
In occasione del Centenario della nascita del grande poeta Mario Luzi (1914-2005), che ricorre in questo mese, esattamente il 20 ottobre, il “nostro” Antonio Donadio, poeta e critico, ha dato alle stampe: “LA VITA AL QUADRATO – Sulla poetica di Mario Luzi- LietoColle, agosto 2014”. Quest’ ultimo lavoro di Donadio vuole essere un omaggio al poeta e all’uomo, segno tangibile d’ammirazione incondizionata e frutto di una lunga e proficua frequentazione. Una piccola guida, “una traccia di Lettura”, per potersi avvicinare alla Poetica Luziana, con l’obiettivo di sottolineare attraverso un lessico fruibile anche da parte di chi non è uso a tali frequentazioni di specie, le peculiarità specifiche di ogni singolo libro. Donadio fa seguire questa prima parte del libro da pagine di un suo diario personale ove sono annotati in modo semplice, spontaneo, parte degli incontri avuti con Mario Luzi corredati da materiale quasi del tutto inedito: scritti, interviste, foto, autografi.
Il 6 aprile 1912 moriva Pascoli. Il ricordo di Antonio Donadio.
QUEL MESE D’APRILE TANTO AMATO
Se Giovanni Pascoli avesse potuto scegliere un mese per la sua morte, chissà, forse avrebbe scelto proprio il mese di aprile. Un mese tanto caro al poeta e assieme tanto doloroso quasi, simbolo ancor e più del Mistero, fonte e dolore nella Poetica Pascoliana. E’ il mese della primavera, della rinascita della natura. Il mese dell’amore. Quell’amore, umano, passionale, che Pascoli quasi gelosamente, tenne a celare, ma che poi emerge intensamente in alcune sue liriche, solo a volerlo cercare. E’ il caso della lirica “Canzone d’aprile”.
Giovanni Pascoli ( San Mauro di Romagna ,1855- Bologna 1912)
Canzone d’aprile
Fantasma tu giungi,
tu parti mistero.
Venisti, o di lungi?
ché lega già il pero,
fiorisce il cotogno
laggiù.
Di cincie e fringuelli
risuona la ripa.
Sei tu tra gli ornelli,
sei tu tra la stipa?
Ombra! Anima! Sogno!
Sei tu …?
Ogni anno a te grido
con palpito nuovo.
Tu giungi: sorrido;
tu parti: mi trovo
due lagrime amare
di più.
Quest’anno…oh! Quest’anno,
la gioia vien teco:
già l’odo, o m’inganno,
quell’eco dell’eco;
già t’odo cantare
Cu … cu.
Da “Myricae” , Giusti, 1894
E’ una poesia che appare contrassegnare tutto l’ardore, la passione, ma anche il dolore, l’inganno dinanzi all’amore. E l’amore non solo è parte di quel Mistero, ma, per Pascoli, è anche il mistero: ecco torna la stagione primaverile, l’animo del poeta si gonfia d’attesa, di speranza; giungerà l’amore? Anche quest’anno giunge, ma come “Fantasma” misterioso. La natura è già in totale fremito: il pero e il cotogno sono in fiore, qua e là cinciallegre e fringuelli, ….ma il poeta chiede -e si chiede-, ma sei “Ombra Anima o Sogno”? Eppure quest’anno sembra diverso: c’è una donna nel suo cuore; la gioia è lì a portata di mano. E’ solo un attimo e il poeta timoroso, impaurito, rinnova il suo dolore: come ogni anno, “con palpito nuovo” sorride all’amore e poi, come sempre, si ritrova con “due lagrime amare di più”. Eppure il cuore del poeta quasi si spande come un’eco per tutta la campagna circostante e già si sente cantare il cuculo: è l’uccello annunciatore d’amore. Non solo porta la primavera, ma è il galante interlocutore d’amore delle ragazze le quali chiedono, gonfie d’attesa, se arriverà l’amore, il matrimonio. Ma anche questa volta il poeta sarà disilluso, ancora si arresterà dinanzi al mistero. E’ l’apice della sua Poesia. Pascoli “si sente chiamato” alla rappresentazione del Mistero, straziato nell’animo dal dramma che è dramma universale. Solo la fratellanza umana, l’amore fra fratelli, fra genti, può cercare se non di sconfiggere tanto dolore che inonda “ quest’atomo opaco del Male”, almeno mitigarlo. Ed è questo un grande atto d’amore.
Il “Grazie” di Donadio alla nostra Redazione e alcuni versi tratti dal suo ultimo libro “Come uccelli in volo”.
Grazie! “VIVIMEDIA” è stato tra i primi organi d’informazione a dare notizia del mio ultimo libro ed oggi (1 marzo) è il “CORRIERE DELLA SERA” a parlarne con l’intervista “Donadio, solo un poeta può tradurre un poeta”. Fa sempre molto piacere quando “qualcuno” si occupa dei tuoi lavori, quasi un “miracolo”, poi, se si tratta di Poesia.
E allora ecco alcune poesie tratte da “ R.Tagore COME UCCELLI IN VOLO Scrittura in versi di Antonio Donadio, Edizioni Paoline 2012”
A chi lo ama il mondo si fa piccolo.
Esile canto.
Bacio d’eterno.
**
Come un viandante
il mondo si ferma un momento alla mia finestra.
Mi fa un cenno
e poi scompare.
**
L’esistere è continua sorpresa.
E sorpresa è la vita.
**
Un piccolo bambino è l’uomo.
Il suo potere
è poter crescere.
**
All’uscio batte
chi vuol far del bene.
Aperto è l’uscio
per chi ama.
**
Sembrano le colline
tante grida di bambini con le braccia alzate
che cercan d’afferrar le stelle.
**
Resta fuori di casa anche la verità
se chiudi la porta a tutti gli errori.
**
E’ morte ciò che si esaurisce.
E’ perfetta fine l’interminabile.
**
Non ha tempo
per essere veramente buono
chi troppo è assorto
a fare il bene.
**
Crudeli son gli uomini.
Buono è l’Uomo.
Antonio Donadio ricorda il poeta Andrea Zanzotto scomparso a metà ottobre.
Di seguito il “riassunto” di un’intervista da me rilasciata al quotidiano l’Eco di Bergamo (19-10-2011) in ricordo del poeta Andrea Zanzotto.
Ho avuto il piacere di incontrare Andrea Zanzotto in una sola occasione, nel maggio del ‘95 a Roma presso il “Centro Eugenio Montale”, presieduto da Maria Luisa Spaziani. Il poeta non amava viaggiare e raramente si “spingeva” fino a Roma. E quella era un’occasione cui non potevo assolutamente mancare. Frequentavo il Centro da anni, avevo potuto conoscere e frequentare i grandi i poeti del nostro Novecento come Giorgio Caproni, la signora Spaziani, e soprattutto Mario Luzi che “vidi” per più di 15 anni e che nel 1996 scrisse la nota introduttiva al mio libro di poesia “L’alba nella stanza”. Era la prima volta che incontravo Zanzotto. Ricordo quell’incontro, breve ma di grossa forza comunicativa. Uomo di poche parole, discreto, riservato, forse avrebbe anche fatto a meno di questo “giovane collega” che pur si rivolgeva a lui con il dovuto rispetto. Lo chiamai professore, so che se solo avessi usato il termine Maestro, mi avrebbe fulminato da dietro i suoi grandi occhiali. Un suo libro che, uscito pochi anni prima, mi aveva colpito molto era stato “ Filò” scritto per il Casanova di Fellini, pubblicato poi anche con alcuni disegni del grande regista. E sapendo che non amava molto le interviste e soprattutto non amava parlare di sé, “dirottai” l’approccio chiedendogli di Fellini. Fellini era scomparso da poco più di un anno. Mi parve contento e mi rispose: “ Regista geniale, misterioso e magico come – fece una pausa- uno sciamano”. Poi tacque. Mi parve già tanto. Parlare della poetica di Zanzotto con Zanzotto non può che coincidere col parlare del “linguaggio” del suo linguaggio poetico. “Il linguaggio, mi disse, deve ritrovare la sua integrità primigenia e a ciò, oltre ai linguaggi colti, contribuisce il dialetto, specie il petel, quel particolare linguaggio a due, che le mamme trevigiane usano per coccolare i loro piccoli”. Qualcuno, ci fece una foto, sembrò infastidito. Ma non disse nulla. Ovviamente recuperai quella foto. Stava quasi per licenziarmi: mi chiese, cortesemente della mia produzione poetica augurandomi “nuove cose”, ma io non ero ancora contento: “E lei si sente soddisfatto della sua produzione poetica? “ Sembrò stupito da questa mia, forse, sfacciata domanda , ma mi rispose:” Ho avuto sempre la sensazione di aggirarmi intorno a qualcosa senza raggiungerla veramente, leggendo alcune mie poesie, mi è parso di aver toccato quella gratitudine, gratuità che è della poesia. “ Fu già tanto, essersi concesso a quelle mie domande, per un uomo che vissuto ben 90 anni è stato sempre lontano dai riflettori facili o dalle conventicole “pseudo culturali”. Ecco, anche questo mi lascia il poeta Zanzotto: un insegnamento non solo culturale, ma anche etico e politico.
Del grande poeta, voglio solo citare questi pochi versi:
Fiume all’alba
acqua infeconda tenebrosa e lieve
non rapirmi la vista
non le cose che temo
e per cui vivo
Incipit di Fiume all’alba “da “Vocativo”, Mondadori 1957
Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo 1921 – 2011). Docente di Lettere, ha vinto il premio Viareggio nel 1979. Uomo schivo e molto riservato. Poeta originale e personalissimo.