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CAVA DE’ TIRRENI (SA). Solidarietà al tempo del Covid: donazioni “sanitarie” del Comitato Cittadino di Carità

Un ventilatore all’Ospedale, schermature a Medici di base, Croce Rossa e Mani Amiche.


La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai, diceva con saggio senso di umanità il filosofo Thoreau. Ed è bello e significativo che , dopo tanta clausura e separazione, proprio nel nome della solidarietà e in un felice connubio tra fede religiosa e civica laicità, si è riaperto a Cava de’ Tirreni, sia pure con tutti i crismi della sicurezza, il fronte delle cerimonie civili pubbliche. Infatti la mattina di sabato 6 giugno, nel bel cortile del cinquecentesco complesso della Madonna dell’Olmo adiacente al cinquecentesco Ospedale fondato dalla tardo trecentesca Confraternita, il Comitato Cittadino di Carità, nato nel 1865 ma suo discendente diretto, ha offerto il suo bel contributo al filo rosso della mano tesa, tanto necessario in questo periodo.

Infatti, con la somma raccolta tra i ventuno comiti di oggi unita ai fondi già in cassa, il Comitato ha donato: all’Ospedale Maria SS. dell’Olmo uno strumento ossigenante e ventilante molto utile per la fase di preterapia intensiva; al Distretto sanitario cavese, presieduto dal Dott. Pio Vecchione, settantadue schermi protettivi; alla Croce Rossa Italiana nove schermi protettivi; all’Associazione Mani Amiche ha donato novanta schermature per il volto. La consegna è avvenuta sotto la direzione di Paolo Gravagnuolo, Governatore Capo del Comitato oltre che motore di cultura ed esponente di una storica famiglia metelliana, alla presenza del Sindaco Vincenzo Servalli, del Vicario vescovile don Osvaldo Masullo anche a nome di S.E. l’Arcivescovo Orazio Soricelli, del parroco della Madonna dell’Olmo Padre Giuseppe Ragalmuto, Padre spirituale del Comitato, dei Governatori effettivi supplenti del Comitato Giuseppe Rotolo, Roberto Catozzi ed Ernesto Malinconico (assente solo Angelo Sarno per motivi di famiglia), di vari comiti come Il Segretario Carlo De Martino,dei neocomiti Maria Lucia Clarizia, Emiddio Siepi, Marcello Murolo e Daniele Fasano (che era anche stato delegato dal Dott. Vecchione).

A dare un particolare significato alla cerimonia già di per sé gravida di calore e di umanità, la dedica in toto alla memoria del carissimo comite dott. Antonio De Pisapia, stroncato dal Covid durante il terribile periodo di emergenza e ricordato con particolare affetto, oltre che per la sua professionalità, per la sua dimensione umana e sociale.

E purtroppo, anche se in assenza e in invisibilità, il convitato di pietra di tutta la manifestazione è stato proprio il coronavirus attraverso i segni tipici del suo tagliente giro per il mondo: i volti coperti in mascherina, le sedie a distanza sociale, la tipologia dei doni, cui aggiungeremmo il velo di smarrita tristezza che avvolgeva lo sguardo affacciato sopra l’orlo delle mascherine.

Eppure, nonostante l’incombere del convitato di pietra, alla fine la vera protagonista è risultata la speranza. Una speranza intrisa di consapevolezza che dopo la caduta risalire si può, che sia pure con tutti i limiti del caso si può tornare a fare incontri collettivi, almeno all’aria aperta, che noi ci siamo ancora, con tutto il pessimismo dell’intelligenza ma anche con tutto l’ottimismo della volontà. E non c’è nulla di più convincente della solidarietà collettiva e del reincontro delle pupille per recuperare una comunità dopo l’asfissia della clausura forzata e rinvigorire le energie in vista delle battaglie mediche e soprattutto sociali che sono in agguato nei prossimi mesi.

Del resto, ognuno faccia la sua parte… e che l’estate prossima sia almeno una mezza primavera …

CAVA DE’ TIRRENI (SA). INFORMACITTÀ COVID-19: aggiornamento del sindaco Vincenzo Servalli di sabato 6 giugno

 

CORONAVIRUS. La Voce dei Poeti: “Nel silenzio delle prime ombre” di Giulia Borroni

Parlare di Giulia Borroni è parlare di … Mario Luzi, o meglio di “zio Mario”, come la poetessa amava chiamare e chiama il grande poeta fiorentino. E’ doverosa, quindi, una premessa. Nei miei studi luziani, sfociati nel 2014, anno del centenario della nascita del poeta, in un mio saggio (La vita al quadrato – Sulla poetica di Mario Luzi, LietoColle 2014), notavo che della famosa poesia “Notizie a Giuseppina dopo tanti anni” non si sapeva altro che “ la poesia è indirizzata a Giuseppina Mella, maestra lombarda, conosciuta quindici anni prima a San Pellegrino terme dove, entrambi adolescenti, erano al seguito delle rispettive famiglie” (Mario Luzi, L’opera poetica a cura di Stefano Verdino, Meridiani Mondadori- Nota, pag.1447). Null’altro. Da qui la curiosità di saperne di più. Curiosità del ricercatore che mi ha permesso di “scoprire che l’incontro avvenne nel mese di luglio del 1934 dove, effettivamente, il poeta era in compagnia dei genitori recatosi dalla Toscana al famoso centro termale per la cura delle acque così come Giuseppina in compagnia della madre anch’essa a San Pellegrino per lo stesso motivo. Tra loro nacque una forte amicizia che culminò molti anni dopo nella famosa lirica. La mia ricerca mi condusse poi da San Pellegrino a Castellanza, città natale di Giuseppina, fino ai giorni nostri fino a… Giulia Borroni, figlia di Giuseppina Mella. Dalla gentile signora, ho appreso che dopo un lungo periodo di lontananza, i due si erano rivisti e legati dall’antica e cordiale amicizia giovanile, si erano saltuariamente frequentati fino alla morte della signora Giuseppina. Giulia ebbe, così, l’opportunità, sin da ragazzina, di frequentare il poeta e di averlo ospite più volte a Castellanza e di affezionarsi tanto a lui da chiamarlo “zio Mario”.

Della signora Borroni propongo questi inediti versi anch’essi nati in questi tremendi giorni di angoscia.

Nel silenzio delle prime ombre

Nel silenzio delle prime ombre

tra lo sfiorire della luce

e l’apparire della luna

affidare al contatto delle mani

tutto l’affanno di vivere

che si disperde e si scioglie

mentre danza

nella polvere dell’imbrunire

libero il pensiero!

Giulia Borroni (inedito)

In uno schema da poesia prosastica, Borroni si affida più che al ritmo dei versi, a un ordito semantico che regala nell’uso della sinestesia unicità e armonia al testo: “Silenzio delle ombre”, “lo sfiorire della luce”, “polvere dell’imbrunire”. Esemplare il dettato di centro: “affidare al contatto delle mani/tutto l’affanno di vivere” con il conseguente atto finale: “libero il pensiero!” 

Oggi che è vietato per legge, il semplice antico gesto dello stringersi la mano, dell’abbraccio amicale o affettuoso, Giulia Borroni ci regala una lettura sentimentalmente poetica del profondo valore di questo gesto. La sera, momento crepuscolare da sempre foriero di emozioni per poeti di ogni tempo (basterebbe citare soltanto Petrarca, Foscolo o Leopardi), quando la luce del giorno va a morie e affiorano le prime paurose ombre e la luna ci dona il suo amicale chiarore, è quello il momento più d’ogni altri in cui una stretta di mano diventa un gesto che sa di portentoso; sembra quasi che i dolori del giorno, dell’affannoso vivere quotidiano, si disperdano, come balsamo d’amicizia o d’amore per una vita fatta di gioie ma anche di paura, di momenti terribili e dolorosi come questi nostri giorni. Al semplice contatto di due mani che si cercano, “al contatto delle mani/tutto l’affanno di vivere/ che si disperde tutto diventa magia” nasce una lieve dolcissima danza che sconfigge il nero velo della sera e della notte prossima a venire e così il pensiero si fa libero, vola immaginando un mondo diverso fatto di luce e di ritrovata serenità.

Giulia Borroni Cagelli , è nata a Castellanza dove risiede. Ex docente di Lingua e Letteratura Francese negli Istituti Superiori, ama comporre versi sia in lingua italiana che in lingua francese con riconoscimenti e premi anche da prestigiose accademie francesi: Club “ Sophia Poésie” di Valbonne-Antibes-Costa Azzurra; “Société des Poètes Français” a Parigi – Quartiere Latino. Tra le più recenti pubblicazioni, citiamo: Sul cammino di Santiago. Itinerario poetico alla ricerca della sorgente dell’amore divino Montedit, 2006; Vertigine africana-African vertigo, Montedit 2008; Breviario d’amore, Montedit, 2010; Voli di falchi e fischi di marmotte, Tigulliana 2016.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). INFORMACITTÀ COVID-19: aggiornamento del sindaco Vincenzo Servalli di venerdì 29 maggio

Coronavirus. La voce dei poeti: Antonio Avenoso

Continua la mini antologia La voce dei poeti, poesie inedite scritte in questi travagliati giorni. La “voce”, questa volta, è quella del poeta lucano Antonio Avenoso.

A volte

A volte, nessuno crede nella propria vita.

Come una carezza virtuale

i bambini disegnano aquiloni

canticchiano canzoni.

Passerà anche questo giorno

come una lacrima cadrà

in attesa dell’avvento

e tutti riprenderemo ad ascoltare il vento.

Antonio Avenoso (Inedito)

Mi piacere sottolineare che questa poesia nell’apparente veste prosastica, denuncia un interessante gioco d’armonici ritmi dati dall’accorto uso di rime baciate (aquiloni/canzoni vv3-4), (avvento/vento vv.7-8); una rima al mezzo (disegnano/canticchiano vv 3-4). Vibrante intensità positiva, poi, nella scelta delle voci verbali usate: disegnare aquiloni, canticchiare canzoni, riprendere e poi ascoltare, esse sanno regalare alla poesia un soffio di levità, scelta quanto mai felice in questi giorni che sembra mancare a tutti noi l’area vitale, il respiro. Giorni terribili e dolorosi che diventano nella trasfigurazione poetica nei versi di Avenoso, l’occasione per una profonda riflessione sull’uomo, le sue scelte, i suoi errori, le sue presunte certezze. Tutto è in discussione come in tante altre volte quando “nessuno crede nella propria vita” spinti dal credere che sia vita ciò che ha solo parvenza di vita. Questi giorni sembrano non avere più respiro, tutto è immobile, tutto è sospeso, solo, ahimè il dolore e la morte sembrano aver cittadinanza attiva. Ma gli aquiloni e le canzoni dei bambini non si arrendono, vibrano e volano insieme nell’aria con la forza di una “carezza virtuale”. Non è questo che solo un lungo incredibile momento di una sola unica lacrima, come unico è l’uomo ma frutto d’un irripetibile insieme, che vibrerà in attesa della nuova rinascita, che sarà come musica portata da un dolce vento che annunzierà la fine dei giorni del dolore e l’inizio di aurea ritornata respirabile e serena.

Antonio Avenoso (Melfi 1954) è poeta, operatore culturale. Dal suo primo libro di versi “Metamorfosi” del 1977 a oggi, ha pubblicato circa venticinque libri. Tanti anche i premi e i riconoscimenti. Amico non solo di poeti, ma anche di pittori, si occupa anche di critica artistica. Ha firmato per la Rai due sceneggiature: su Orazio e su Federico II di Svevia.