1° festival di Musica da Camera Sant’Apollonia, serata finale: Ma dove va la Musica? Una serata dedicata alle avanguardie
SALERNO. Domenica 8 giugno, alle ore 20, ultimo appuntamento della I edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia. Un evento, questo, nato dalla sinergia del conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, da un’idea di Anna Bellagamba e la Bottega San Lazzaro del professore Giuseppe Natella che ospita la rassegna nella cornice della Chiesa di Santa Apollonia. Oltre quaranta allievi insieme ai propri docenti hanno dato vito ad una intensa settimana di musica che ha rivelato al pubblico il come ci si possa incontrare, ascoltarsi, proporre, accordarsi, conoscersi, guardarsi su di una pagina di musica. Quest’ultima serata sarà interamente dedicata alle avanguardie, una breve riflessione su una difficile domanda: ma dove va la musica? Il programma principierà con il Quartetto op.22 di Anton Webern, uno dei capiscuola della musica contemporanea. Erika Moffa al violino, Massimo Buonocore al clarinetto, Vincenzo Varriale al sassofono tenore con Enrico Vigorito al pianoforte, eseguiranno questi due movimenti Molto Moderato e Con grande slancio, che Webern nel 1930 dedicò all’architetto viennese Adolf Loos, amico suo e di Schoenberg e Berg, nonchè acceso sostenitore della loro causa. Webern si concentra per questo Quartetto sull’impiego della serie dodecafonica a strati, specie nelle forme a specchio. Il frequente uso delle forme originale, retrogrado e relative inversioni a breve distanza dà la continua impressione di un canone per moto contrario, anche se la distanza delle entrate in imitazione varia, entro valori compresi fra 3/8 e 1/16. Si passerà quindi all’Arabesque III di Ichiro Nodaira, interpretato da Deborah Batà al sax contralto con Enrico Vigorito al pianoforte.
Questo pezzo fa parte di un ciclo di opere a cui il compositore giapponese ha dato il titolo Arabesque. In questi lavori nati al principio degli anni ’80 ha cercato di sfruttare i diversi processi di facoltà analitica dell’orecchio.Arabesque III sfrutta i suoni multipli e altre tecniche avveniristiche del sassofono, nonché le risonanze diseguali ottenibili attraverso l’uso degli armonici . È di fondamentale importanza che i due strumenti siano acusticamente uniti e diano l’impressione di un unico corpo di suono, perché l’ intenzione dell’autore è di allargare al massimo lo spettro sonoro, attraverso l’uso di suoni in registro, fuori registro e reali. Cambio di continente e siamo in Brasile insieme al flautista Bonaventura Oliviero e al clarinettista Massimo Buonocore che proporranno il Choro n°2, scritto da Heitor Villa Lobos nel 1924. La parola choro è associata con alcune delle opere del genio brasiliano ed è un termine derivato dal chorar portoghese (“piangere”, “lamento” o “grido”), e si riferisce ad un tipo di musica popolare, principalmente strumentale, che la prima volta a Rio de Janeiro nella seconda metà del XIX secolo. Questa musica era eseguita dai chorões, strumentisti la cui invenzione era molto spontanea con elementi di improvvisazione e virtuosismo. Bonaventura e Massimo evocheranno proprio la figura di due musicisti di strada che si incontrano per incamminarsi sulla via dell’ Hazardous, per dirla in termini cari a certa musica brasiliana, esprimendosi in quella lingua e in quel ritmo, così fascinosamente amalgamati, in un complesso esercizio di traduzione, composizione e interpretazione.
Il sorriso del mare nostrum è racchiuso in Adria che il compositore francese Christian Lauba ha dedicato nel 1985 ad uno dei massimi sassofonisti italiani, Federico Mondelci. Interpreti di questa pagina per due sax alti saranno Deborah Batà e Vincenzo Varriale, a loro il non facile compito di acquarellare quel mar Adriatico speziato di stilemi orientali. La Suite Bourgeoise di Sir Malcolm Arnold, datata 1939, concluderà questa prima edizione del festival Santa Apollonia. Bonaventura Oliviero al flauto, Massimo Buonocore al clarinetto ed Enrico Vigorito al pianoforte, dedicheranno alla platea il preludio e le quattro danze che vanno a comporre l’opera. Il Preludio ricorda una soleggiata atmosfera mediterranea, seguito dal Tango caldo e lirico che si conclude in una vena pastorale. La Dance, originariamente chiamato Whorehouse, evoca le luci di una vivace città. Una appassionata ballad e un rarefatto valzer concluderanno la pagina.(Olga Chieffi)
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