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Cento anni fa Montale pubblicava OSSI DI SEPPIA
E’ il 15 giugno 1925, a Torino esce “Ossi di seppia” di Eugenio Montale pubblicato da Piero Gobetti per le Edizioni di “Rivoluzione Liberale”. E’ l’anno in cui il Fascismo firma leggi speciali e di contro Benedetto Croce prepara il ” Manifesto degli intellettuali antifascisti” cui Montale aderisce.
“Ossi di seppia” comprende ventisette liriche tra cui alcune scritte negli anni 1920/25 accanto ad altre anteriori. Sulla genesi del titolo l’ipotesi che appare più verosimile è quella che il poeta si rifarebbe a quei residui calcarei di seppie che il mare trascina sulla spiaggia, essi diventano l’emblema di una vita ridotta a nulla, come cosa da scartare senza alcun valore. Raccolta che tra l’altro contiene, forse la poesia più nota di Montale “Meriggiare pallido e assorto”composta nel 1916, il poeta aveva solo vent’anni. Anno in cui usciva “Porto sepolto” di Giuseppe Ungaretti.
Ossi di seppia, però, scuote poco l’attenzione della critica più influente. Eppure, in seguito, diverrà un caposaldo della nostra letteratura. Strumento privilegiato e insostituibile nello stile di Montale, è l’uso del “Correlativo Oggettivo”. Quel “Correlativo Oggettivo” che vede nell’opera poetica di un altro grande della letteratura mondiale, in Eliot, la sua consacrazione.
Il grande poeta drammaturgo americano Thomas Sterans Eliot aveva fatto proprie alcune geniali intuizioni di un mediocre artista, un tale Washington Allston, che gli permisero di formulare il concetto di “Correlativo Oggettivo”. Eliot affermava che poiché nel disegno di un artista importanti non sono i nostri sentimenti, ma il disegno che dei nostri sentimenti facciamo, il solo modo di esprimere l’emozione in forma d’arte è trovare un “Correlativo Oggettivo”, in altri termini, una serie di oggetti, una situazione, un insieme di eventi che saranno la formula di quella particolare emozione, tale che quando siano dati i fatti esterni, i quali devono terminare in esperienza sensoria, l’emozione è immediatamente evocata.
Il risultato in Montale è perfetto anche se a volte appare duro alla decifrazione. Suggestivo, affascinante, quindi ma difficile per l’uso originale del “Correlativo” attraverso uno stile originalissimo fatto di ardite invenzioni ritmiche-lessicali. La Struttura Montaliana risulta essere un prezioso ordito di trame armoniche per immagini su immagini in una ricchezza evocativa che ha pochi raffronti nel nostro Novecento. Si deve risalire a Dante (accostamenti non solo per la predilezione che Montale aveva per Dante, ma anche per la lezione dantesca che, specie nelle figure “allegoriche” femminili come la Mosca o la Clizia, illumina la poesia Montaliana).
Ma sono le cose, gli oggetti, che sono rivestiti di nuove significazioni spesso oniriche attraverso una perfezione icastica notevolissima. Montale, in Ossi di seppia, si spinge a una “lettura” ad esempio paesistica, autonoma, sorprendente per felicità di sintesi e acutezza d’indagine allegorica fino al limite di armonie metafisiche. Il lettore è a volte disperso in questo difficile inestricabile disegno Montaliano e finisce col sentirsi “fuori”, confuso in un mare “ermetico”. Da qui il concetto di poesia ermetica in Montale. Ma il suo è un ermetismo tipico, diverso da quell’Ugarettiano o ancor più da quello di Salvatore Quasimodo: ermetismo non di maniera, di stile, ma di contenuto ove per contenuto si deve intendere non astrattezza di contenuti trattati, ma lo “spessore” dell’indagine al limite, come detto, del metafisico, quindi distante da “quotidiano sentire”, attraverso un linguaggio poetico che non può non essere non quello che si conviene a chi partendo, appunto, dal quotidiano, dalle cose più semplici, vede (o riveste) queste ultime di potenzialità tipiche dello specchio, per una realtà che sfugge all’uomo per un disegno di cui nulla sappiamo se non di essere partecipi. Quindi l’oggetto diviene “oggettivo correlativo” di un’immagine avvertita ma non colta nel suo valore escatologico, valore che diventa il motivo della ricerca poetica.
E’ Il Canto della crisi esistenziale dell’uomo contemporaneo, della possibilità di vivere una Realtà di cui si è certi solo “che non siamo” e di “ciò che non vogliamo“. Rapporto angoscioso tra l’uomo e la Realtà in piena sintonia d’ispirazione con quanto veniva “denunciato” da altri Grandi della letteratura mondiale; Joyce, Proust, Musil, Pirandello, Svevo. Quest’ultimo, “scoperto” dal giovane Montale in un articolo del 1925, dette il via alla grande critica Sveviana puntando i riflettori sul dramma dei personaggi di Svevo e della loro “inettitudine” esistenziale. La grandezza artistica di Montale è che lo stile non cede mai nell’improvvisazione, nella casualità: lingua ricchissima ed elegantissima: termini anche di uso comune assumono vesti nuove e affascinanti, a essi sono affiancati termini eleganti, raffinati, proprio della grande tradizione letteraria italiana che, rivestiti di connotazioni inedite attraverso un Canto personalissimo fatto di originali costruzioni sintattiche, aggettivazioni, si mischiano a inventati neologismi per un risultato ultimo che è un elegante “gioco” perfettamente armonico, anche laddove si canta la disarmonia: ” Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia”. Così il poeta nel 1951 (Confessioni di scrittori: intervista con se stessi).
E da quella “disarmonia ” che lo circonda avrà origine il Canto della Non-Esistenza, della sua “Fenomenologia Negativa”, Poetica del Non. Poetica a cui Montale rimarrà fedele durante tutto il corso della sua produzione ebbene recuperi (o tenti di recuperare) accenti di speranza (Memoria) che possono se non contrastare almeno lenire il “male di vivere” . La Memoria negli “Ossi” come appiglio, quindi, come mezzo di sopravvivenza. Nessuna nostalgia di debolezze tardo-romantiche.
Come non citare a questo punto la lezione Proustiana? La realtà per Proust non è più vissuta direttamente, ma nella memoria, nella forza onirica. Nella “Ricerca del tempo perduto” Proust si dibatte tra due poli: quelli del passato e quello del ritrovato che scandiscono il tempo. Montale vuole, più che “ritrovare” attraverso la Menoria, “trovare”. E in questo suo anelito gli sono d’aiuto gli oggetti fondamentali per la demarcazione artistica della sua poetica. Il poeta in questa profonda crisi esistenziale non ha alcuna certezza ontologica nessuna sicurezza escatologica, l’unica certezza la “Metafisica Non”. E gli oggetti diventano l’emblema di questa metafisica. Oggetti così appartenente convenzionali, umili , quotidiani (atmosfere in aria-crepuscolare), prendono vita, danno vita ai suoi temi. L’affanno dell’uomo ingarbugliato in queste trame sconosciute, in questa”Fenomenologia Negativa”, è l’affanno di chi cerca “una maglia rotta nella rete/ che ci stringe, tu balza fuori, fuggi “ (Limine). Tu. Quel “tu” cosi usato da Montale, quel “tu”, quell’altro “io” col quale il poeta dialoga e al quale confida le sue pene e le sue nude speranze, come quando si augura “talora ci si aspetta/di scoprire uno sbaglio di Natura,/il punto morto del mondo, l’anello che non tiene/il filo di disbrogliare che finalmente ci netta/nel mezzo di una verità “ (I limoni) . Illusione quindi nel momento catartico della Memoria salvifica: in “Ossi di seppia”, attraverso la memoria, i ricordi, di poter “recuperare” una vita vissuta ma solo un attimo . ” Cigola la carrucola del pozzo” e subito “si deforma il passato, si fa vecchio, /appartiene ad un altro…” (Cigola la carrucola). Neppure la Memoria può offrire possibilità di scampo e nelle “Occasioni” se ne ha la certezza ” un filo s’addipana “e “Ed io non so ci va e chi resta” (La casa dei Doganieri). L’uomo non sa e procede attraverso il Non, verso il Non , niente conosce se non quello che Non è e nulla vede o si aspetta se non quello che Non sa e quello che Non si aspetta. Rifiuto quindi di ogni possibilità di salvezza, rifiuto di ogni forma di anelito teologico.
Ma proprio questa che viene chiamata”teologia negativa” di Montale riveste il Canto Montaliano di una forza che va al di là del finito,verso una collocazione metafisica dell’uomo. Una sorta di religiosità laica, ove ad esempio, la tristezza appare come divinità che sostiene il poco legame che Montale ha con la vita (Incontro), oppure la “divinità Saggezza ” come porto sereno ” Triste anima passata/ e tu volontà nuova che mi chiami,/tempo e forse d’unirvi / in un porto sereno di saggezza” (Riviere), Ma il clima di Riviere, su cui tanto si è discusso come momento positivo Montaliano, non è che un momento. Tutto ricade nell’abisso della Non -.Esistenza e anche quegli avvenimenti , tragici e luttuosi che il Fascismo e la Seconda guerra Mondiale (Bufera e altro) che sembrano invitare ad una lettura “storicizzata” della poetica Montaliana, sono sommersi dalla “lettura esistenziale” del” male di vivere” che supera ogni contingenza, ogni respiro immanente. Affermava Montale ” L’argomento della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non questo o quell’avvenimento storico (Confessioni di scrittori: intervista con se stessi). L’uomo solo davanti allo “specchio” della Non -esistenza nel duro cammino della vita umana.
La Poetica Montaliana appare sostanzialmente unitaria senza un “prima” e un “dopo”, complessivamente fedele al Canto ispiratore laddove lo stile o i temi sembrano diversificarsi dello stile e dai temi generali come avviene per esempio in “Satura”, ove lo stile diventa più prosastico, discorsivo e l’ispirazione si presenta velata d’ironica contemplazione del reale. Ironia questa che non può, ascriversi a elemento “dissacratorio” delle tematiche del Non, ma ancora di più, accentua la drammatica verità della Non- Esistenza che permea tutta l’opera di Montale.
da Italian Poetry, 6 giugno 2025
Cava de’ Tirreni (SA). Sabato 3 e domenica 4 maggio 2025, Cava de’ Tirreni accoglie l’XI Trofeo Roberto Manzo.
Un fine settimana all’insegna della passione, del ricordo e della spettacolarità. Il 3 e il 4 maggio 2025, Cava de’ Tirreni tornerà ad essere palcoscenico d’eccellenza per l’arte della bandiera con l’undicesima edizione del Trofeo “Roberto Manzo”, organizzato dall’Ente Sbandieratori Cavensi.
Nato nel 2007 in ricordo del giovane sbandieratore Roberto Manzo, il trofeo è oggi un appuntamento fisso per gli appassionati di questa antica arte. La manifestazione si svolgerà nella suggestiva cornice di Piazza Eugenio Abbro, cuore pulsante della città metelliana, che per due giorni si trasformerà in un’arena colorata e vibrante, dove prenderanno vita esercizi carichi di emozione, tecnica e tradizione.
Gruppi partecipanti all’edizione 2025:
– A.S.D. Sbandieratori e Musici Città di Oria
– Alfieri del Cardinal Borghese
– Battitori Nzegna
– Casa Normanna
– San Domenico di Guzman
– Sbandieratori Borgo San Nicolò
– Sbandieratori Cavensi
– Sbandieratori delle Torri Metelliane
– Sbandieratori e Musici Città Regia
– Sbandieratori e Musici Rione Lama
– Sestiere Porta Solestà
Sabato 3 maggio 2025
A partire dalle ore 14.30, tutti i gruppi partecipanti si ritroveranno in Piazza Eugenio Abbro. Il pomeriggio sarà interamente dedicato alle competizioni delle categorie assoluti, con l’inizio previsto alle ore 15.00. Il programma prevede le gare nelle specialità singolo, coppia tradizionale, piccola squadra e musici. Le premiazioni dei vincitori di giornata sono previste intorno alle ore 19.00, al termine delle gare. In serata, a partire dalle ore 21.00, si terrà la consueta cena conviviale presso il ristorante “Le Gopi”, occasione informale e festosa per rafforzare i legami tra gruppi e celebrare insieme la passione condivisa per l’arte della bandiera.
Domenica 4 maggio 2025
La seconda giornata sarà dedicata ai giovani sbandieratori, con le gare delle categorie esordienti, giovanili e under 15. Le attività inizieranno alle ore 09.30, subito dopo il raduno dei gruppi previsto per le ore 09.00. Nel corso della mattinata ci sarà anche spazio per l’esibizione dei Piccoli Sbandieratori, momento simbolico e molto atteso, che racchiude il senso più autentico di crescita, trasmissione e appartenenza.
La manifestazione si concluderà intorno alle ore 12.30, con la cerimonia di premiazione delle categorie giovanili.
Il Trofeo si svolgerà sotto l’egida della Federazione Italiana Sbandieratori e sarà valutato da una giuria federale. Nel corso delle due giornate, saranno oltre 80 le esibizioni giudicate.
Il Trofeo “Roberto Manzo” non è solo una competizione: è un momento di comunità, ricordo e condivisione, un’occasione per tenere viva una tradizione che parla al cuore attraverso il ritmo di tamburi e chiarine e il colore delle bandiere. Un modo concreto per onorare il ricordo di Roberto e trasmettere ai più giovani i valori che animano da sempre il mondo degli sbandieratori.