Ricordo del regista e attore Alessandro Quasimodo, figlio del grande poeta Salvatore Quasimodo.
Ho incontrato più volte l’attore e regista Alessandro Quasimodo scomparso ahimè, in queste ultime ore. La prima fu nel 1990 quando lo intervistai per il mio spettacolo teatrale: “Ed è subito sera”. Omaggio a Salvatore Quasimodo (Sala Morelli, Palazzo Municipale, Amalfi, 29 dicembre 1990) in occasione dei novanta anni della nascita del padre Salvatore Quasimodo (Modica, 1901), l’ultima volta fu a Palazzago nel 2001.
Alla fine di quell’intervista gli chiesi: “Qual é la poesia di suo padre che ama di più?” Mi citò, inaspettatamente, un poesia che ha come tema la morte, ma una morte che ha nella natura umana la salvezza.
“E’ difficile scegliere, ma forse la poesia che amo di più è “ Nessuno”. C’è tutto mio padre lì dentro: questo fanciullo che deve aspettarsi tutto da quello che lo circonda, alberi, insetti, da ogni cosa che ha cuore di tristezza, desiderio quasi di morte pur avendo paura della morte”.
Nessuno
Io sono forse un fanciullo
che ha paura dei morti,
ma che la morte chiama
perché lo sciolga da tutte le creature:
i bambini, l’albero, gli insetti;
da ogni cosa che ha cuore di tristezza.
Perché non ha più doni
e le strade son buie,
e più non c’è nessuno
che sappia farlo piangere
vicino a te, Signore.
(da Acque e Terre (1920-1929), Solaria, 1930)
Ciao Alessandro, che tu sia sciolto “da ogni cosa che ha cuore di tristezza”.
Di seguito, alcuni stralci da quell’intervista (da L’eco di Bergamo, 10 maggio 2001)
“Mio padre si era sentito male verso le 10 del mattino e non essendoci ospedale ad Amalfi, si rese necessario trasportalo d’urgenza a Napoli; ma non fu possibile trovare né un ambulanza né un elicottero della Nato o della Marina di Napoli e neppure una staffetta motociclistica per fare strada: caricato su di un’asse da stiro, giù per le scale esterne dell’Hotel Cappuccini, mancante un ascensore tale da poter contenere una barella, fu trasportato a Napoli in taxi. Era il 14 di giugno del 1968, mio padre, Salvatore Quasimodo moriva poco dopo”.
E’ visibilmente turbato Alessandro Quasimodo nel raccontarmi quelle ultime ore di suo padre; ma questo sole della splendida campagna bergamasca, ove Alessandro, da Milano dove vive, viene ogni fine settimana a riposare dalle fatiche d’attore e regista, sembra voler allontanare quei tristi lontani ricordi.
E’ uno strano pomeriggio di uno strano maggio, tra sole già caldo e pioggia all’improvviso; ed è qui a Palazzago tra un verde magnifico, che Alessandro Quasimodo mi accoglie per quest’intervista in occasione del centesimo anniversario della nascita di suo padre, il poeta Salvatore Quasimodo, che cadrà il 20 agosto di questo 2001. Mi viene incontro sull’uscio di questa sua affascinante abitazione, un vecchio convento risalente al primi anni del ‘500. Tutto perfettamente restaurato.
Per prima cosa mi porta a visitare l’annessa Cappella. Sull’altare troneggia una bella tela del ‘700 con l’immagine di Santo Spiridione, a destra della porta d’entrata, mi mostra una piccola urna murata “sono le ceneri di mia madre”. Maria Cumani che il poeta sposò nel 1948, dopo la morte della sua prima moglie Bice Donetti. Alessandro ha voluto fermamente che la madre riposasse lì in quella piccola chiesa, nascosta, come in un perenne abbraccio, in quest’angolo verde di Lombardia dando corpo ad alcuni versi di suo padre: “ ho nascosto il cuore dentro le vecchie mura,/ per restare solo a ricordarti”…” in questa terra/ di pianura, i prati sono verdi/ come nelle valli del sud a primavera”.
Essere figlio di Quasimodo l’ha agevolato o forse le é pesato?
“Mio padre ha influito nelle mie scelte professionali, nella possibilità che avevo di leggere molto, di andare a teatro precocemente. Tutto ciò mi ha portato ad amare il teatro e le opere letterarie. Passione che ho cominciato a coltivare da quando avevo cinque o sei anni: mio padre era allora critico teatrale del “Tempo”. Ma è stato ed è ancora molto difficile essere figlio di Quasimodo: nel Teatro, alla Rai, c’è l’idea che basta fare il figlio di… e gli esempi certamente non mancano…, ma io con tutte le mie forze ho cercato di liberarmi di questo: non voglio fare il figlio di nessuno. Io credo di avere un valore mio, personale”.
Alessandro, è da poco tornato dagli Stati Uniti dove presso la “Princeton University” si è tenuto un Convegno sulla Poetica di Quasimodo. Cosa prova lei, attore, a leggere le poesie di suo padre? Una legittima emozione o forse fredda professionalità?
“Fredda professionalità, mai; assolutamente. Io sostengo che ho molti padri, non solo Quasimodo: c’è lo stesso impegno, la stessa partecipazione, la stessa emozione anche quando recito Pascoli o D’Annunzio: perché credo in ciò che recito; sono autori che non mi possono lasciare indifferenti, proprio come dei veri padri”
Uno dei più illustri “loci” quasimodiani é senza dubbio, “operaio di sogni” che è anche il titolo di un suo recente, applaudito Recital, in giro per tutta Italia. Suo padre, che poco prima di morire scriveva: ” ascolto volentieri le parole della vita/ che non ho mai inteso, mi fermo/ su lunghe ipotesi”, appare oggi, umile “operaio di sogni” o figura concreta di un uomo che ha ricercato la verità nel reale?
“Quasimodo é un uomo inserito nel suo tempo che esprime ansie, aspettative, domande dei suoi contemporanei. Suo pregio maggiore, la coerenza con se stesso, a volte con aspetti contradditori. Quasi se non ci fossero! Sostenere le cose in cui si crede e accettare le sconfitte, le domande che non avranno mai risposta”.
1959, Premio Nobel. Molte critiche ma anche aperti consensi. In primis, quello di Carlo Bo: “Poeta della maturità che ha cantato l’amore dell’uomo e la fedeltà alla vita”
Il Nobel, Quasimodo, l’ha pagato duramente: invidia, faide e nemici che si è creato non volutamente e non appartenendo a clan letterari, non avendo le spalle coperte da nessun giornale … Ma si paga duramente questa tipo di solitudine”.
Quale fu, secondo lei, il rapporto di suo padre con la Fede. Lui comunista …
“Quasimodo è stato un cristiano di sinistra sempre, era un uomo che non poteva non essere di sinistra. Nessuna meraviglia: egli ha cominciato molto presto questa sua ricerca religiosa. Fin dalla sua prima produzione c’è questa ricerca molto forte. Gli fu chiesto a chi si rivolgesse con il termine di Signore, Signore con la esse maiuscola: Gesù Cristo. Se c’è un interesse sull’uomo, a maggior ragione su un Dio che si fa uomo. In “Thanatos Athanatos” si domanda: la nostra sola certezza é la morte? La risposta è no: non può finire tutto li! E in un bel discorso fatto ad Assisi, affermava: “la preghiera è sempre poesia ma non sempre la poesia è preghiera”.
Chi è il poeta Salvatore Quasimodo?
Un poeta fedele sempre a se stesso pur se le esperienze della vita non possono lasciare indifferenti: l’incontro con l’amore, la guerra, la sofferenza, la soddisfazione di un premio, cose che possono influire, ma non determinano. Egli ha sentito di esprimere quello che aveva dentro di se, la voce che si levava dentro; non è Quasimodo, poeta che cambia e inizia un nuovo periodo. Semmai, se c’é stata frattura, c’è con le “Nuove Poesie” che risalgono all’incontro con Maria Cumani, mia madre. Nuove rispetto a quelle precedenti, come musicalità interna, come recupero di una classicità. Oreste Macrì parlò della sua poetica come“poetica della parola” e poi giudizi di Anceschi, Bo, o Gianfranco Contini che afferma che Quasimodo é uno dei più grandi poeti del 900”.
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