A colloquio con Clara Santacroce e Renata Fusco, la coppia di ferro e di fuoco dell’Arte Tempra. Dopo la Recevuta, al via il 26 ottobre l’Autunno Teatrale
CAVA DE’ TIRRENI (SA). È nato vent’anni fa come un Teatro Musicale Per Ragazzi (T.E.M.P.R.A.), poi il nome ha perso i puntini per indicare la forza dell’Arte, che tempra l’animo, l’intelletto e la persona. Intanto l’Arte Tempra continua a temprare, a scoprire, coltivare, sfornare talenti, a volte anche tali da poter fare la loro bella figura su qualsiasi palcoscenico nazionale.
Il Laboratorio Teatrale Arte Tempra è una scuola di teatro, inteso nel senso più completo di recitazione, canto e gestualità. La sua azione didattica si completa sulla scena con un gruppo di teatro che da anni arricchisce e allieta i nostri autunni ora mettendo in scena i grandi della prosa, tipo Molière, Shakespeare o Ibsen, ora producendo musical armoniosi nei canti e nei movimenti, spettacolari nei costumi, emozionanti nell’effetto.
A fondarlo nel 1994 fu Clara Santacroce, pianista e docente di musica, che dopo le felici esperienze sulla commistione dei linguaggi, condotte dall’Associazione Ars Concentus iniziò un cammino organico verso un teatro di musica e di parole. A lei negli ultimi anni si è aggiunta come Direttrice artistica RenataFusco, diventata nel frattempo una star di livello nazionale, ed anche oltre: basti ricordare Grease da coprotagonista con Lorella Cuccarini, Hello Dolly accanto a Loretta Goggi e Paolo Ferrari, il doppiaggio cantato della protagonista nel film-musical inglese Il fantasma dell’opera, i numerosi spettacoli con un mostro sacro come Roberto De Simone, l’intensa attività concertistica nel campo della musica antica.
Si sono unite, Clara e Renata, in uno slancio d’amore e di passione per il teatro. Ed insieme, ondeggiando tra le mille cose che le uniscono e le cento che le differenziano, stanno partorendo in continuazione gioielli di scena. Insieme le intervistiamo, riportando le risposte come frutto di una sola voce, che è sintesi di diversità, ma anche il battito all’unisono di due persone che conoscono le vette verso cui tendere ed hanno le ali per volare e l’energia battente per far volare.
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Direi di partire non dalla vostra ben nota presenza d’amore e di qualità nel panorama teatrale e culturale cavese, ma dal riconoscimento non eclatante che in questi anni essa ha avuto dalle istituzioni cittadine. Come valutate globalmente il rapporto stabilito con loro?
Corretto, ma senza lievito. Nonostante noi svolgiamo un ruolo fortemente sociale, oltre che culturale, non si è stabilito un rapporto organico fecondo e stabile con il governo della Città. Forse, il momento migliore è proprio l’ultimo, soprattutto grazie all’attenzione del Sindaco Galdi ed alla sua voglia di stabilire con noi un rapporto interattivo, vedi ad esempio il nostro intervento durante le giornate dedicate alla cultura greca o la messa in scena della farsa cavaiola per la Settimana Rinascimentale.
Eppure il Sindaco Galdi all’inizio della consiliatura ha affossato il progetto del grande teatro cittadino, quando era già sul piede di partenza…
Non nascondiamo che in quel momento, come persone innamorate del teatro, abbiamo provato disappunto ed anche dolore e come cavesi ci siamo sentite deprivate di una potenziale ricchezza di stimoli e di immagine. Ma oggi, a distanza di qualche anno, dobbiamo onestamente riconoscere che non fu un attentato alla cultura, ma una scelta tutto sommato di buon senso: Cava non ha bisogno di una sala da seicento posti, che riempirebbe molto sporadicamente e la cui gestione economica non sarebbe sopportabile in tempi come gli attuali. Una bella sala da 300 posti sarebbe l’ideale. In queste valutazioni la passione personale va messa da parte.
A proposito della saletta da trecento posti, non pensate che sarebbe possibile adattare proprio quell’Auditorium “De Filippis” dove realizzate la stagione annuale… e la cui concessione non è quasi mai priva di affannato sudore?
Crediamo che si possa realizzare, e con una spesa realmente moderata, molto inferiore a quella per un impianto ex novo. Sarebbe per la Città un’opportunità culturale ed anche economica, perché da una serie più prolungata di spettacoli ne guadagnerebbe tutto il quartiere.
La vostra recente esibizione a Santa Maria del Rifugio, nel suo cortile e nelle sue finestre, per lo spettacolo della Farsa Cavaiola, unita alle sperimentazioni di Francesco Puccio, suggerisce anche la teatralizzazione di spazi non specificamente teatrali (portici, ville, piazze, casali).
Certo, soprattutto d’estate e soprattutto con il supporto di strutture ora fisse ora mobili. Tutto può essere teatro. Ricordiamo ad esempio Apologia di Socrate nella Cittadella Giudiziaria di Salerno. E le Troiane di Euripide a Santa Maria del Rifugio, gli spettacoli nelle aree archeologiche… Comunque, un teatro “vero” non è sostituibile e diremmo neppure rinunciabile.
A proposito di spettacoli all’aperto, la vostra edizione della Recevuta dell’Imperatore, con la contaminazione di frammenti delle altre Farse cavaiole, è stata una vera e propria chicca estiva. Peccato però rinchiudere uno spettacolo così fastoso, e duro e lungo da preparare, in soli due giorni di programmazione. E per di più con l’uso di costumi così particolari e d’epoca. Ma coi costumi siete abituate a stupire…
Soddisfattissime del risultato, ma è inevitabile la limitazione del tempo e del luogo di programmazione. Uno spettacolo del genere in un ambiente chiuso, e magari angusto, perderebbe la metà del suo fascino. Per quanto riguarda i costumi, nessuno stupore: sappiamo destreggiarci tra riciclaggi e invenzioni. Lo abbiamo sempre fatto, con esiti felici. Del resto, il costume non è un teorema matematico: l’importante è che evochi correttamente un’epoca ed un ambiente. Così come è importante che la scenografia richiami artisticamente le situazioni, anche con semplici evocazioni.
A parte queste difficoltà, affrontare questa prova era un rischio e una scommessa. Quando il Sindaco vi ha chiesto di realizzarla, conoscevate bene le insidie del testo e della lingua.
Come no? Ma le sfide scatenano sempre l’adrenalina giusta in due combattenti come noi. Abbiamo dovuto superare innanzitutto l’insidia di un testo, quello della Recevuta, che, se rappresentato integralmente e da solo, sarebbe stato linguisticamente incomprensibile e noiosamente ripetitivo. Da questo la scelta di variare il copione con episodi e frammenti delle altre farse, in modo da vivacizzare la scena e nello stesso tempo offrire un quadro stimolante della Cava rinascimentale. Poi, non dimenticare che in famiglia abbiamo un certo prof. Francesco Senatore, che sulla Recevuta ha fatto uno studio interessante e di alto livello, rendendoci già da tempo familiare l’argomento. Ci piaceva poi la provocazione di raccontare la visita come una “sòla” imperiale che fa a cazzotti con l’orgoglio un po’ vanesio di un’acritica cavesità. E poi era facile valorizzare gli spunti sulla rivalità con Salerno. Infine, lo spreco-sparizione di danaro pubblico, i litigi tra la gente di potere ed i sospetti di furberie politiche non potevano non stabilire un ponte sorprendente con il mondo d’oggi.
Il ponte c’è stato, ed anche molto apprezzato. Ma con la lingua, come ve la siete cavata? Per farla digerire a tanti ragazzi avete dovuto scardinarla come un macigno da terra…
A parte il fatto che non bisogna mai dimenticare la versatilità dei nostri giovani attori, è vero che soprattutto all’inizio abbiamo dovuto sudare, e non poco. Paradossalmente, è stato meno arduo per loro immergersi nel siciliano tardo ottocentesco del pirandelliano Liolà che nelle radici lontane di quello che, pur essendo il loro dialetto e la loro lingua madre, è completamente altro nei suoni e nei significati. Alla fine ce l’abbiamo fatta, prima cancellando dalla loro mente qualsiasi confronto con il dialetto attuale, poi facendo cogliere il senso delle frasi in modo da evidenziare inflessioni sulle parole chiave, poi, soprattutto, creando uno spettacolo corale in cui, per l’inserimento di musiche e canti, per i movimenti continui dei gruppi in scena, per l’uso espressivo del corpo e le emergenze della voce, il copione originario si è per così dire sciolto nella scrittura di scena di una partitura musicale. E alla fine ci è sembrato proprio che il pubblico sia riuscito a seguire bene lo svolgersi della vicenda ed abbia molto gustato l’insieme.
I complimenti sono venuti da tutti, compresi addetti ai lavori di solito pronti ad alzate arcigne di sopracciglia…Il complimento più bello è forse venuto per voi dalla constatazione del cammino di tanti dei vostri giovani e meno giovani interpreti, che avete accolto da chiocce e che sono diventati sgargianti galletti. E sono cresciuti, dentro e fuori, come attori e come persone.
L’hai detto. Ed è una delle cose che ci rende più felici, anche pensando alla crescita personale, ai superamenti catartici delle timidezze varie attraverso la scena, alla padronanza progressiva del proprio corpo, alla feconda mescolanza di età molto diverse tra loro, con una differenza di trent’anni circa tra i meno ragazzi ed i più giovani. Ma attenzione: galletti belli sì, ma galletti umili, non boriosi. Altrimenti non potremmo convivere…
Sarà derivato un grande beneficio anche dall’inserimento diffuso di danza e canto.
Indubbiamente. Precisiamo però che anche da questo punto di vista non dobbiamo esagerare nelle valutazioni. I nostri ragazzi danzano e cantano, migliorano progressivamente voce e movimento, ma non sono né cantanti né ballerini. Sono attori versatili che sanno utilizzare i vari linguaggi artistici. Del resto, anche se l’inserimento diffuso di musica e danza è recente, non dimentichiamo che la pluralità dei linguaggi artistici era un obiettivo anche dell’Ars Concentus, voluta e fondata da Clara Santacroce. E guardavamo lontano, con compagni di strada qualificati e prestigiosi. Senza contare che, tra noi, Clara all’epoca suonava il piano e Renata studiava danza classica e canto. A proposito di esperti, facci citare, per il presente, ed anche per il recente passato, il contributo preziosissimo dei nostri musici dell’Antica Consonanza, professionisti di lusso, che ci seguono da anni e che prima che colleghi sono diventati amici carissimi, nostri e dei ragazzi.
E, già che ci siamo, ricordiamo il contributo fotografico che oggi ci offre costantemente il nostro Alberto Fusco, maestro della comunicazione visiva, autore della documentazione fotografica di scena e delle nostre bellissime brochure. Anche lui fa parte di quella che consideriamo a tutti gli effetti una squadra, o meglio ancora un gruppo affiatato, dal sapore familiare.
A proposito di famiglia, voi due, naturalmente diverse e così profondamente simili, nell’impostazione del lavoro a coppia vi sommate, vi elidete o vi moltiplicate?
La terza che hai detto. La nostra unione fa la forza, ma una somma sarebbe troppo meccanica come unione.
Sinergia, allora…Una sinergia esplosiva?
Proprio così! Siamo una miscela bollente di amore per il teatro, di follia creativa, di dedizione massima da passione radicata. Ma siamo anche madre e figlia, legate tra loro da un filo d’acciaio e nello stesso tempo pronte a far esplodere del doppio le conflittualità e le divergenze che nascono naturalmente tra due persone che, con storie artistiche ed esperienze diverse, lavorano alla stessa materia. E tanto immerse nel lavoro che a tratti dobbiamo fermare l’onda per risentirci di nuovo madre e figlia.
Alla fine, però, dopo l’eruzione del vulcano, il magma si ricompone e viene fuori un lavoro teatralmente solido, formato applausi…
In fondo, non esplodiamo per vincere l’una sull’altra, ma per costruire insieme un prodotto vincente.
Un prodotto bello, a volte bellissimo, a cui avete abituato i cavesi, ma proverete ad “abituare” anche il pubblico esterno?
Negli ultimi tempi ci stiamo pensando seriamente…
Bene, in attesa che dal cilindro esca fuori una Tempra finalmente in tournée, parliamo del programma che proporrete nel prossimo Autunno teatrale 2014 all’Auditorium “De Filippis” dell’IIS “Della Corte-Vanvitelli” in Viale Marconi, orario fisso (e per fortuna puntuale) ore 19,30 la domenica e 20,00 il lunedì?
Volentieri! Cominceremo domenica 26 e lunedì 27 ottobre, con Gli innamorati, di Goldoni, regia di Renata Fusco.
Domenica 9 e lunedì 10 novembre, primo mix pirandelliano, con Il treno ha fischiato, elaborazione del testo di Clara Santacroce, movimenti scenici di Renata Fusco, regia di entrambe e scene tratte da Il Giuoco delle Parti, Bellavita, La Morsa, L’Uomo, la Bestia e la Virtù, Un matrimonio ideale, Il fu Mattia Pascal.
Secondo mix pirandelliano il 23 e 24 novembre, dal titolo La corda pazza, con stessi autori e realizzatori e scene tratte da Enrico IV, Come tu mi vuoi, Ma non è una cosa seria, La patente, L’Altro figlio, La Favola del Figlio cambiato, Il fu Mattia Pascal.
Il 6 e il 7 dicembre, eccezionalmente sabato(ore 20) e domenica (solito orario), ci avventureremo nel teatro comico della tradizione napoletana: Totonno cerca moglie, ovvero Patrò Tonno d’Ischia, farsa marinara di Agasippo Marcotellis, con la regia di entrambe.
L’11 e il 12 gennaio, Luna d’amor mutevole, divertissement su pezzi d’autore, testo e regia di Renata Fusco.
Gran finale il 25 e il 26 gennaio con la ripresa de L’istruttoria di Peter Weiss, che tanto impatto ha avuto lo scorso anno, con movimenti coreografici di Renata Fusco e regia di Clara Santacroce. Come lo scorso anno, previsto un biglietto d’ingresso: dieci euro, ridotto otto euro per ragazzi, abbonamento cinquanta euro.
Interessante e stimolante, come al solito. Ci saremo, pronti all’applauso, in compagnia con i vostri fan, abituali e non. E con la speranza che presto in compagnia parta anche tutta l’Arte Tempra…
In compagnia con le speranze e le attese si sta sempre bene… Per il resto, vedremo … e speriamo!
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