Antonio Donadio ricorda il poeta Andrea Zanzotto scomparso a metà ottobre.

Di seguito il “riassunto” di un’intervista da me rilasciata al quotidiano l’Eco di Bergamo (19-10-2011) in ricordo del poeta Andrea Zanzotto.

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Ho avuto il piacere di incontrare Andrea Zanzotto in una sola occasione, nel maggio del ‘95 a Roma presso il “Centro Eugenio Montale”, presieduto da Maria Luisa Spaziani. Il poeta non amava viaggiare e raramente si “spingeva” fino a Roma. E quella era un’occasione cui non potevo assolutamente mancare. Frequentavo il Centro da anni, avevo potuto conoscere e frequentare i grandi i poeti del nostro Novecento come Giorgio Caproni, la signora Spaziani, e soprattutto Mario Luzi che “vidi” per più di 15 anni e che nel 1996 scrisse la nota introduttiva al mio libro di poesia “L’alba nella stanza”. Era la prima volta che incontravo Zanzotto. Ricordo quell’incontro, breve ma di grossa forza comunicativa. Uomo di poche parole, discreto, riservato, forse avrebbe anche fatto a meno di questo “giovane collega” che pur si rivolgeva a lui con il dovuto rispetto. Lo chiamai professore, so che se solo avessi usato il termine Maestro, mi avrebbe fulminato da dietro i suoi grandi occhiali. Un suo libro che, uscito pochi anni prima, mi aveva colpito molto era stato “ Filò” scritto per il Casanova di Fellini, pubblicato poi anche con alcuni disegni del grande regista. E sapendo che non amava molto le interviste e soprattutto non amava parlare di sé, “dirottai” l’approccio chiedendogli di Fellini. Fellini era scomparso da poco più di un anno. Mi parve contento e mi rispose: “ Regista geniale, misterioso e magico come – fece una pausa- uno sciamano”. Poi tacque. Mi parve già tanto. Parlare della poetica di Zanzotto con Zanzotto non può che coincidere col parlare del “linguaggio” del suo linguaggio poetico. “Il linguaggio, mi disse, deve ritrovare la sua integrità primigenia e a ciò, oltre ai linguaggi colti, contribuisce il dialetto, specie il petel, quel particolare linguaggio a due, che le mamme trevigiane usano per coccolare i loro piccoli”. Qualcuno, ci fece una foto, sembrò infastidito. Ma non disse nulla. Ovviamente recuperai quella foto. Stava quasi per licenziarmi: mi chiese, cortesemente della mia produzione poetica augurandomi “nuove cose”, ma io non ero ancora contento: “E lei si sente soddisfatto della sua produzione poetica? “ Sembrò stupito da questa mia, forse, sfacciata domanda , ma mi rispose:” Ho avuto sempre la sensazione di aggirarmi intorno a qualcosa senza raggiungerla veramente, leggendo alcune mie poesie, mi è parso di aver toccato quella gratitudine, gratuità che è della poesia. “ Fu già tanto, essersi concesso a quelle mie domande, per un uomo che vissuto ben 90 anni è stato sempre lontano dai riflettori facili o dalle conventicole “pseudo culturali”. Ecco, anche questo mi lascia il poeta Zanzotto: un insegnamento non solo culturale, ma anche etico e politico.

Del grande poeta, voglio solo citare questi pochi versi:

Fiume all’alba

acqua infeconda tenebrosa e lieve

non rapirmi la vista

non le cose che temo

e per cui vivo

 

Incipit di Fiume all’alba “da “Vocativo”, Mondadori 1957

Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo 1921 – 2011)Docente di Lettere, ha vinto il premio Viareggio nel 1979. Uomo schivo e  molto riservato. Poeta originale e personalissimo.


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