Donato come ex voto alla Chiesa di Pregiato uno spettacolare Crocifisso ligneo realizzato in Indonesia da lavoranti musulmani. Forti emozioni durante il rito di consegna
CAVA DE’ TIRRENI (SA). La donazione di un Cristo di legno si è trasformata in un’emozionante elegia di Pace e di Amore.
È avvenuto domenica 6 dicembre, nella Chiesa di San Nicola a Pregiato, frazione di Cava de’ Tirreni, prima della celebrazione dell’Eucarestia ad opera dell’Arcivescovo di Amalfi – cava Mons. Orazio Soricelli.
Circa cinque anni fa, il signor Eriberto Naldini, commerciante del legno, originario di Salerno, residente in Svizzera ed operativo in vari paesi del mondo, tra cui l’Indonesia, essendo riuscito a superare una grave forma di leucemia (ancora oggi per fortuna in progressiva remissione, ai confini di una piena guarigione) anche e soprattutto grazie all’intervento ed alle cure dell’équipe dell’Ospedale di Nocera guidata dal Dott. Alfonso d’Arco, promise di donare al suo “salvatore” terreno ed in omaggio al suo Salvatore divino un Cristo di legno, realizzato in laboratorio sotto la sua personale direzione.
Il Dottore D’Arco accettò, ma con la variante che il dono sarebbe stato smistato nella sua sede naturale, cioè in Chiesa ,e specificamente nel tempio di San Nicola a Pregiato, sua frazione di residenza.
E così, dopo un periodo di preparazione non privo di difficoltà di vario genere, è stata terminata l’opera, un Cristo spettacolare, alto circa tre metri, appoggiato ad una porta-finestra a tre ante, in atteggiamento da Crocifisso ma senza la croce né gli arti perforati e con un volto dolente ma serenamente dolce. Come a dire: “Aprite le porte a Cristo!”
Al momento della consegna, la testimonianza del donatore è stata irrorata dall’emozione gioiosa e lacerante del miracolo della vita da lui recuperata quasi in extremis. Tra rotture di voce e groppi in gola, che hanno umanamente avvolto tutta la platea, il sig. Naldini ha raccontato la sua storia, ha evidenziato lo spirito di fede con cui ha offerto il suo dono ed ha sottolineato come la realizzazione della scultura sia potuta avvenire in un paese radicalmente islamico, cioè l’Indonesia, ad opera di lavoranti islamici e con l’approvazione dell’Imam, che non ha avuto nulla in contrario verso un’effigie rappresentante quello che comunque per un musulmano rimane un Profeta.
Se la testimonianza del signor Naldini ha catturato il cuore e l’anima, quella del Dottor Alfonso D’Arco ha trascinato anche le emozioni della ragione.
Quel Crocifisso per lui, al di là di qualsiasi barriera di fede e con spirito laico, può essere visto da tutti come un Segno profondo di Pace, necessario in questi tristi tempi di sconvolgimenti e di tensioni religiose ed etniche, spiegabili e comprensibili, ma troppe volte forzate ed irrazionali. Quel Crocifisso è un abbraccio ideale e per certi versi naturale tra persone di diversa religione che hanno collaborato ad un fine concordato.
Quel Crocifisso, che evoca un martirio doloroso ed ingiusto, esiste per diffondere un soffio d’Amore buono e giusto e conforme alla dignità della nostra natura.
Quel Crocifisso, ricordando la nostra fragilità di uomini, che il Dottore conosce bene per la sua professione, invita a non sciupare la Vita, unica ed irripetibile, nella ricerca di fatui ed illusori traguardi di ricchezza e di potere e nell’utilizzo di violenze contro gli altri e contro noi stessi che umiliano l’altezza potenziale della nostra dignità. Il volto sereno di quel Crocifisso è il segno di un Uomo che ha vissuto la pienezza dell’essere e ne accetta anche il compimento e l’esaurimento, invitando di riflesso a ricercare una serenità simile anche noi, nel rispetto pieno della Vita.
È stato un discorso breve ma di altissimo profilo, che, pronunciato da laico ma su un pulpito di Fede, ha saputo parlare a tutti ed ha avuto il senso di una parola universale, così come, dall’altra parte, le parole di Papa Francesco sanno arrivare ai cuori dei credenti e dei non credenti.
Sono questi i ponti che nel nostro piccolo dobbiamo perseguire, che sanno abbattere i muri, che nei conflitti di ogni genere, da quelli politici a quelli della vita quotidiana, pur nel riconoscimento pieno di ciò che ci divide, ci aiutano a cercare ed a scoprire ciò che ci unisce.
Ed è da questo Spirito di Ponte che si può ripartire per aprire le porte non solo a Cristo, ma ad ogni forma di Speranza e di Dignità.
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