Musica, calore e sapori del mondo nelle serate a tema del Ristorante Arcara. L’11 dicembre scorso, a tavola con Cuba e le note del Cuban trio. Con mucho gusto

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Le persone che amano mangiare sono sempre le migliori. Forse un po’ troppo drastica, ma comunque significativa a riconoscimento di una mente aperta alle cose belle, la scritta che campeggia su un grande quadro al centro della sala del Ristorante Arcara, nell’omonima frazione collinare di Cava de’ Tirreni, accrescendo il fascino di un pittoresco locale che negli ultimi anni è diventato un appetitoso e pluripremiato spot del mangiar bene.

A farlo volare ha provveduto in passato il suo guru, Fabio Senatore, che da qualche settimana ha passato la mano e, pur senza far mancare i suoi preziosi input, ha ceduto la gestione a Nicola Villano ed alla moglie Loipa Valdes, di origine cubana.

E Nicola, che è giovane e fresco ma non è certo un ristoratore di primo pelo (recentemente ha cogestito il Pub “Il Moro”), si è lanciato nella sfida con un delizioso entusiasmo creativo. Già nel primo mese ha lanciato le serate a tema, ogni venerdì, proponendo fascinosi viaggi nelle gastronomie (esplorate finora la mediterranea, la cetarese e l’americana), accompagnati da una musica anch’essa a tema che pennella i già allettanti colori della serata.

Stasera, 11 dicembre, pur volando in America Latina, Nicola ha deciso di giocare in casa. In scena, I sapori cubani e l’isola di Cuba, il paese di Loipa, la moglie, che può dirigere la cucina, insieme con lo chef Vincenzo, con la stessa rassicurante maestria con cui un cuoco spagnolo spadella la paella o un napoletano può manovrare la pasta e il forno della pizza o preparare un buon caffè.

Nicola ci accoglie con un sorriso gentile e lucente, figlio della speranza commerciale ma soprattutto dell’ orgoglio di Casa Cuba e del piacere di far vedere e gustare ‘a bella cosa, anzi le belle cose dei piatti caraibici.

A condire il tutto, ci pensa la musica speciale del Cuban trio, stasera con il magnifico Pavel Molina Ruiz a fare da ospite d’onore. E sarà un condimento di quelli veramente saporiti, per tutta la serata, con i trascinanti stacchi della musica popolare dell’isola ed anche qualche viaggetto nelle canzoni storiche, tipo Comandante Che Guevara, o in cover napoletaneggianti, tipo XXXX.

Alle nove e trentacinque, sala piena, bocche affamate ed incuriosite, sorrisi promettenti, note avvolgenti. E la cena è servita. Anzi, le cene, perché le tre pietanze, comprensive di carboidrati, proteine e vitamine, sono altrettanti piatti unici. Ma in quantità giustamente assorbibile: è degustazione, non abbuffata.

Si comincia, giustamente, con un classico, l’aperitivo cubano per eccellenza, il cocktail Mojito. Rhum, zucchero di canna, lime, foglioline di menta mixate con sapiente equilibrio e servite con quel fresco di temperatura che allieta il palato e non ammazza i sapori. La chiave giusta per entrare nel clima fascinoso e “magico” che i Caraibi rappresentano nel nostro immaginario. Del resto, non è certo un caso che la parola mojito derivi da mojo, cioè magia. E magico evicatore delle atmosfere cubane lo è sicuramente, dato che è stato ideato in uno dei luoghi simboli dell’Habana, la capitale, la Bodega del Medio, il bar ristorante amato e frequentato da gente come Hemingway e Pablo Neruda. E la sua immagine campeggia, giustamente, nella locandina della serata bene in mostra nelle sale del locale.

La prima pietanza ad essere servita è una combinazione familiare, ma non del tutto, rispetto alla gastronomia italica.

La combinazione prevede infatti delle saporite polpette di carne cotte nel sugo al pomodoro, e qui siamo ancora a casa nostra. Accanto, degli strati di polenta di mais farciti con ragù di carne anch’esso al rosso pomodoro: la polenta appartiene più ai “polentoni del Nord che alla nostra tradizione “pastaiola”, ma è gustosamente italica, e questa harina de maiz, che è preparata alla cubana, è cotta con ottima compattezza ed umidità e insaporita dal piccadillo, un ragù dal sapore tanto netto quanto morbidamente aggraziato. Il terzo ingrediente della combinazione è di quelli che “sparigliano le carte napoletane”: ensala fria, insalata fredda di pasta, tubettini per la cronaca. Già, anche questa è da qualche decennio entrata nella tradizione cubana, ma non è mai entrata in quella italiana, e napoletana in particolare, dove la pasta è alimento a sé e non proteina di condimento o accompagnamento. Chi ama il rosso pomodoro e il caldo maccheronico rimane un po’ sconvolto, ma chi invece sta vivendo il tutto con la curiosità della scoperta se la mangia con gusto sorridente, mescolandola alle polpette o gustandola da sola e comunque apprezzando il sapore pregnante e stuzzicante di cui è portatrice.

La seconda pietanza è l’ajiaco, la zuppa di carne più caratteristica di tutta la zona centrale dell’America Latina.

È una bella ciotolona abbondante di brodo e pezzi di carne suina bovina e di pollo. Noi siamo abituati a separare al momento del pasto il brodo dalla carne, che in questo caso sono uniti. Ma l’insieme non ci perde, anzi: brodo e carne fanno squadra e segnano un accattivante goal del gusto, con la ciliegina della curiosità suscitata dalla presenza di qualche rondella di mais e di banana, che ci ricordano ancora una volta che non siamo in Italia e che il mais per i sudamericani è come il nostro pane mentre la banana non è solo un frutto.

A proposito della banana, è lei al centro della terza servita. La famosa banana fritta: tante rondelle passate in padelle fino a diventare croccanti, i classici tostones. Decisamente sfiziosi e stimolanti: e lo sono ancora di più perché non derivano da banane nostrane e/o per noi usuali, ma dal platano, cioè la banana verde, diffusissima in America Latina e buona per tante pietanze: dal frutto al fritto, dall’arrosto al contorno.

Ad accompagnare la banana fritta un altro cibo cubano doc, l’arroz congris, il riso moro cotto con fagioli scuri. Molto diverso dalla nostra pasta e fagioli e per di più usato soprattutto come accompagnamento della carne, ma perfettamente in sintonia con il gusto latino americano del prezioso legume. Il blocco riso – fagioli che ci viene servito è compatto e saporito, con un retrogusto delicato che deriva da una cottura lenta e delicata dei due ingredienti. Col riso, la pietanza di carne, il maialino arrostito, il puercoasado, da cui cola un leggero strato di grasso che dà gusto alla carne ed anche agli altri due accompagnatori, cioè il tomate, alias il pomodoro, e l’avocado, uno dei frutti-pietanza più diffusi nel mondo latino-americano ed oggi conosciuto pure dai nostri mercati.

Non si chiude con la frutta, ma con uno dei dessert più famosi a Cuba, il pudin de pan, il budino di pane, una stecchetta di mollica caramellata, che non ingombra il palato, anzi lo accarezza con dolce morbidezza e prepara alla grande il sorso finale di rum allo stato puro, che offre per i latino americani la stimolante funzione digestiva che ha per noi la tazzina di caffè.

Alla fine, si torna a casa con un sorriso sazio, come da una bella cena tra amici. E, nel nostro caso, anche da un “viaggio” con amici verso un altro mondo, tanto vicino ma anche tanto lontano. E le papille gustano già il prossimo appuntamento: la serata napoletana di venerdì 18. Jammo ja’!


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