Una sfiziosa e gustosa serata napoletana al Ristorante Arcara, tra pietanze classiche, scagnuzzielli, ragù braciolato e tante risate con Eduardo Guadagno made in Sud

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dopo i viaggi gastronomici negli Stati Uniti, in Spagna ed a Cuba, venerdì 18 dicembre il Ristorante Arcara si è regalato un delizioso venerdì di casa nostra, con menu alla napoletana, un musicista che canta italiano in blues napoletano come Carlo Senatore ed uno scatenato cabarettista Made in Sud come Eduardo Guadagno.

Si entra nella sala accogliente e pittoresca con lo spirito della curiosità di sempre: i cibi sono familiari, ma come saranno cucinati? E gli artisti quanto sapranno coinvolgerci?

Il sorriso di benvenuto sicuro e rassicurante di Nicola Villano, il nuovo patron del Ristorante, è tutto una promessa: “Amici, non rimarrete delusi ed alla fine questo mio sorriso sarà il vostro sorriso”.

E così è stato. Tra sorprese e carte conosciute, la serata è filata liscia, saporita e leggera. A cominciare dalle pietanze, naturalmente.

In un antipasto tutto stuzzicante ed anche gustosamente saziante (semifreddo per specifica scelta dello chef Vincenzo), accanto alle classiche frittelline di fiori di zucca, alle verdurine fritte in pastella (ottimi in particolare i peperoni) ed alla fettina del gateau di patate, spiccano gli scagnuzzielli e troneggia al centro un’originale quadratino di parmigiana di melenzana. Gli scagnuzzielli, cioè rombi di polenta di mais indorata e fritta, erano e sono popolarissimi a Napoli, ma, come se fosse un altro mondo, per lo più ignorati nelle rosticcerie delle nostre parti. Eppure sono delicati e croccanti e da soli riempiono palato e gusto. Forse per questo a Napoli costituivano un pasto, prima che uno stuzzichino, nei tempi in cui il pane quotidiano non era sempre quotidiano e tutto faceva brodo per riempirsi la pancia ed evitare i morsi dell’appetito, o della fame che dir si voglia.

Anche la parmigiana è diversa dalla nostra: noi siamo abituati all’infarinatura ed al bagno nell’uovo prima della frittura. Invece a Napoli, secondo la tradizione antica, privilegiano l’immersione diretta delle fettine nell’olio bollente. Il risultato è comunque da applausi, sia perché la parmigiana è sempre la parmigiana sia soprattutto perché il nostro Masterchef Vincenzo alla frittura ha saputo dare del tu e per di più ha donato al tutto uno stuzzicante ed originale sapore estetico, coprendolo con una retina di sottilissimi fili scuri di buccia di melenzana passati a volo nell’olio bollente.

Tutti e due i primi piatti in programma determinano erotici sospiri di piacere. Appartengono al mondo dei classici più amati dai nostri palati: pasta e fagioli e paccheri al ragù di carne. Nella realizzazione, don Vincenzo ha fatto veramente il Masto. La pasta e fagioli, servita in un piatto molto fondo e leggermente brodosa, è delicata e saporita, grazie al giusto equilibrio degli ingredienti ed alla qualità evidente dei fagioli, di quelli dalla pellicina delicata che si scioglie nella cottura e sciogliendosi incrementa l’avvolgente sapore di questo piatto così completo e così “pranzoso”.

Col ragù torniamo ad una delle pure tradizioni napoletane: il sugo è infatti cotto a peppiatura lenta con la braciola napoletana, completa di una spruzzatina di uvetta e pinoli che creano un delizioso impasto vagamente agrodolce.

Solo da noi braciola è l’involtino, altrove è la fetta di carne passata alla brace. Solo da noi realizza questo splendido matrimonio con Mister pomodoro, per produrre un sugo denso, dal sapore delicatamente forte, dal retrogusto avvolgente, da prendere decisamente “a paccheri”. E paccheri sono, sfiziosamente al dente. Ottimi veramente, anche se, ad essere precisi, nel rispetto della tradizione il ragù si sposerebbe di più con rigatoni o meglio ancora con i ziti spezzati. Ma al gusto la storia interessa poco: ziti, rigatoni o paccheri sono per le nostre parti come Messi, Neymar e Suarez nel calcio…

Il secondo: salsicce e broccoli. Un classico, diremmo quasi “il” classico dei nostri secondi. Non ci sono sorprese nella cottura, ma apprezziamo il piacere della qualità nel taglio della carne a punta di coltello e nell’estetica del piatto, un tris con una invitante bruschetta che sostiene un gomitolo di cime di rapa sovrastate dalla salsiccia.

Come dessert, il babà, naturalmente. E il babà è una cosa seria, come una cosa seria, gastronomicamente, è stato tutto il pranzo.

Ad innaffiare la cena, da una parte un buon aglianico beneventano del Taburno, color rosso rubino e odore gradevole, moderatamente forte ma dal gusto corposo, dall’altra quelli che alla fine si sono rivelate le classiche ciliegine sulla già buona torta della serata, cioè la musica di Carlo Senatore ed i monologhi di Eduardo Guadagno, già SuperMario Bros a Made in Sud e futura stella della nuova serie primaverile della trasmissione su Rai 2.

Carlo Senatore è una vecchia volpe sempreverde di piano, pianola e tastiere affini, comprese quella a fiato.

Ai tasti dà del tu e crea con loro una sinergia totale, come è naturale per un artista delle sette note come lui, che ha suonato con gente come Pino Daniele e James Senese ed ha partecipato alla realizzazione di due film di Renzo Arbore ed a suo tempo era una star tra gli show man della tunisina Hammamet, dove ha ricevuto apprezzamenti ed amicizia anche da Bettino Craxi, che qui era di casa nel periodo della gloria ed in quello dell’”esilio giudiziario” e qui oggi è sepolto nel locale cimitero.

Carlo è musicista, cantante, autore e, da persona scodinzolante alla Vita anche ed a maggior ragione nelle sue non poche tempeste, è capace di trasmettere al pubblico la sua vitalità elettrica ed appassionatamente disincantata. E così ogni suo pezzo ha creato un ponte forte tra piano e pubblico.

Eduardo Guadagno per molti dei presenti è stato una scoperta, piacevolissima del resto. Non era bastata la sua presenza a Made in Sud per farlo conoscere abbastanza, ed allora lui si è presentato con tutta la vivacità e la forza del suo talentuoso mestiere e del suo talento abbracciato dal mestiere. In un’ora circa di intrattenimento, al di là delle singole battute, legate spesso a conoscenze o a paradossi, si può dire che non ha mai perso un tempo comico, sia quando seguiva un suo copione consolidato sia quando sceglieva di improvvisare “ a mestiere” sia quando è entrato in dialogo con il pubblico, senza poter naturalmente prevedere le reazioni dei singoli. E quell’ora è volata via come una gazzosa fresca in un mezzogiorno d’estate. Non è da tutti riuscirci, perché far ridere è infinitamente più difficile che far piangere o scatenare reazioni drammatiche.

Alla fine della serata, volti sazi della piacevolezza complessiva oltre che della gustosità dei cibi, e stomaci non particolarmente appesantiti, grazie alla qualità degli ingredienti, e… cosa che non guasta, portafogli non sgonfiati. Per tutto quello che si è gustato, venti euro sono veramente un soffio di filigrana.

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Molti già pensano al prossimo appuntamento, la cena-degustazione a quattro mani di sabato 26 dicembre, Santo Stefano. Quattro mani per la presenza di due chef … Ma questo non significa che si mangerà il doppio: semplicemente che si mangerà meglio …

Ed il sorriso di Nicola Villano al momento del saluto (della serie: “Avete visto? Avevo ragione io!”) è la speranza di un arrivederci. Concreto, diremmo, date le premesse e le promesse … Alla prossima!


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