Chiusura del reparto di Ostetricia. La questione dell’Ospedale Maria SS. Dell’Olmo è sempre aperta. Ma sono aperte anche le questioni a monte

ospedale-cava-de'-tirreni-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA). Siamo tutti in fervente attesa della imminente sentenza del TAR, che il prossimo 3 febbraio deciderà definitivamente la sorte del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Maria SS. Dell’Olmo di Cava de’ Tirreni, la cui chiusura è stata sospesa, provvisoriamente, in seguito alla decisione presa dal TAR il 5 gennaio scorso.

Quella sospensiva è stata accolta con euforica soddisfazione dai Comitati di lotta per la difesa dell’Ospedale ed è stata vissuta giustamente dall’Amministrazione Servalli come una vittoria almeno provvisoria ma fondamentale e le è valsa l’appoggio pieno delle varie forze sindacali, oltre che dell’opinione pubblica. Tuttavia ha prodotto anche uno scontro tra Vincenzo Viggiani, Direttore dell’Azienda Ospedaliera Ruggi d’Aragona, da cui dipende il Maria SS. Dell’Olmo, e l’Amministrazione di Cava, in quanto, nonostante la ufficiale disponibilità a riaprire il reparto, è ancora tutto bloccato perché comunque manca il personale.

Intanto a Cava non ha perso valore la petizione diffusa il 29 dicembre, avente come primi firmatari Emidio

Maturo, Mario Farano e Maurizio Manzo, nella quale si chiede al Consiglio Comunale di mettere all’ordine del giorno alcuni punti: a) l’impegno a redigere un manifesto che spieghi alla Città la vicenda del nostro Ospedale, invitando altresì i cittadini cavesi a manifestare per le vie della Città contro la chiusura di alcuni reparti e dell’intero Ospedale poi; b) la fissazione di norme rigorose che tendano a migliorare la qualità della vita e le condizioni generali di salute (ad es. verifica e trattamento degli scarichi dei reflui domestici e loro trattamento; controllo delle acque potabili; messa in sicurezza della discarica di Cannetiello; incremento ed agevolazione dei servizi di trasporto); c) l’impegno di perseguire l’obiettivo di avere un Ospedale a norma, in modo da salvaguardare tutti i reparti storici, nonché quello della realizzazione di un pronto soccorso di eccellenza.

Sul web sta anche circolando la richiesta di firmare un altro tipo petizione, relativo al sostegno nei confronti degli abitanti di Lipari perché non siano privati del reparto di Ostetricia, con un disagio ancora più pesante essendo Lipari un’isola e per di più riferimento vicino e diretto di un intero arcipelago, quello delle isole Eolie. Possono in questo caso gli aridi conti essere preferibili alla realtà viva delle esigenze di una popolazione?

Detto questo, e plaudendo comunque all’impegno morale e civile di coloro che a vario titolo si sono dati da fare nei comitati di lotta, perché comunque offrono un segno tangibile di partecipazione e di interesse, ci piace porre qui alcune brevissime osservazioni e questioni:

  • In generale, la gestione attuale della Sanità è determinata non tanto dalla ricerca della

qualità o meno dei servizi, ma soprattutto dalla necessità di risparmiare, considerata la crisi imperante. Chi cerca di farlo non può essere attaccato, perché si trova a dover mettere le pezze ad una situazione pregressa, ma rimangono comunque il rincrescimento, la rabbia e per certi versi anche il rimorso di aver dovuto assistere e dover assistere (e troppe volte senza protestare) allo scempio di tutti gli sprechi e le ruberie che hanno causato o aumentato lo sfascio. E nello stesso tempo aver dovuto assistere e dover assistere allo scandalo etico e politico del privilegiare, da parte governativa e nelle linee internazionali, le spese militari su quelle sociali. E non parliamo di quelle necessarie alla difesa, ma di quelle “indotte” e pure poco funzionali, tipo cacciabombardieri F 35, con i loro circa quindici miliardi impegnati. Ne basterebbero una decina in meno per recuperare circa due miliardi e sanare le magagne ospedaliere di tutta Italia…

  • La chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale di Cava è stata determinata

da un puro calcolo ragionieristico, come quella dell’Ospedale di Lipari, a prescindere da tutto il resto: i parti annuali sono meno di cinquecento, più o meno uno solo al giorno, e quindi il personale impegnato è considerato sprecato. Tale norma non riguarda né la Città, né la Provincia, né la Regione, ma è nazionale e dipende direttamente da disposizioni internazionali. E allora perché ce la prendiamo con i governanti locali, che possono tutt’al più decidere quanto fervore impegnare nella lotta per la difesa, se lasciar correre di fronte ad una norma così netta oppure cercare le vie diplomatiche, o quelle della piazza, o magari incatenarsi davanti ai Palazzi del potere?

  • Non è stata, e non è chiarissima, la reazione della cittadinanza metelliana di fronte alla

situazione.
Pensiamo alle piazze piene quando circa vent’anni fa cominciò ad essere ridimensionato il nostro Ospedale, alla mobilitazione arrabbiata di dieci anni fa, quando si temeva di perdere anche il Pronto Soccorso e si scese in conflitto con il Sindaco Gravagnuolo e non si sapeva se rivolgersi all’Asl, a Padre Gigino o a qualche aiuto divino (ma poi tutto si risolse, forse, con il passaggio all’Azienda Ruggi d’Aragona).

E confrontiamo questa mobilitazione con i gruppetti non certo folti che hanno partecipato alle manifestazioni di piazza.

Eppure la contrarietà nelle conversazioni private e pubbliche non è mai mancata, quasi mai disgiunta dall’osservazione che piano piano a Cava stiamo perdendo tutto, il che almeno in parte è vero e sacrosanto…

  • E allora, perché questa più o meno apparente freddezza?

Varie sono state le interpretazioni. Le principali: a) siamo rassegnati e impotenti di fronte allo sfascio progressivo, della Città, ma soprattutto della Nazione; b) perché ci lamentiamo ora che i buoi sono scappati dalle stalle e non sono più recuperabili?; c) ci lamentiamo della perdita di un reparto che noi cavesi snobbavamo, portando i nostri figli a nascere altrove, dove ci portava il ginecologo?; d) ma se la norma è quella, che ci possiamo fare?; e) l’Ospedale lo abbiamo perso quando si è scelto a livello regionale di potenziare gli altri ospedali viciniori; f) non c’è da piangere più di tanto: in fondo, tra Nocera e Salerno, abbiamo tre ospedali a portata di venti minuti di auto e quindi siamo già sufficientemente coperti, l’importante, è conservare la possibilità di un Pronto Soccorso attivo ed efficiente, e magari con medici specializzati e non improvvisati; g) Perché nei titoli dei cartelli e nei manifesti si parlava di chiusura dell’Ospedale, quando essa riguardava un reparto? Non è troppo strumentale?; h) l’Ospedale di Cava è piccolo e malandato: difficile o quasi impossibile pronosticargli un futuro di qualità.

Tra queste, personalmente, ma senza sottovalutare nessuno dei punti in questione,

propenderemmo per il punto f, aggiungendo che è imperativa la questione del personale. Tanti reparti, in tutto il territorio, funzionano poco e male per mancanza di un numero congruo di addetti: è la ragione per cui, in attesa della sentenza del TAR, non è stato ancora riaperto il nostro. Questa non è solo questione di spesa, ma di scelte politiche pregresse e spesso scervellate. Ciò non toglie che sia una priorità assoluta, per evitare che lo scervellamento sia ancora più grave e imperdonabile.

  • Alle tante interpretazioni, prima di chiudere, ci piace aggiungere, a titolo di discussione, la più

provocatoria, quella del giornale on line Ulisse: i cavesi hanno partecipato poco perché sono intelligenti, hanno capito che si trattava di polemiche e proteste ora politicamente pretestuose ora amministrativamente poco fondate, senza contare che il problema vero non è il reparto di ostetricia, ma sono la condizione generale dell’Ospedale, la necessità di un vero Pronto Soccorso, una politica più lungimirante.

  • Lasciamo aperte le discussioni. Se qualcuno vuole partecipare, la porta di Vivimedia è aperta.

E seguiremo gli eventi con attenzione.

Forse però la lezione che ci dovrebbe rimanere da tutto questo e da tutto quello che succede in

generale è che prima che lasciarci attrarre dall’adrenalina di pancia, pur se a volte é sacrosanta, della rabbia e della protesta, faremmo tutti bene, come governanti e come cittadini, a lasciarci attrarre anche dalla camomilla pensante dell’attenzione, dell’informazione e dell’informazione. In tutti i campi. È molto meno emozionante, ma è altrettanto e ancor più sacrosanta …


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