La cavese Monica Lasaponara pioniera di successo: è “Escape coach”, allenatrice di Fughe da lavori opprimenti e della ricerca di rivoluzioni personali

monica-lasaponara-cava-de'-tirreni-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA).  Aveva uno stipendio di quelli buoni, come manager di una importante rete televisiva: spalle coperte, prospettive di una carriera brillante e gratificante, un inserimento alla grande nel mondo lavorativo e sociale. Quando non si hanno ancora quarant’anni, oggi è come aver vinto il Superenalotto.

Eppure non era soddisfatta, Monica Lasaponara, cavese doc laureata in Scienze della Comunicazione, figlia di Gennaro, storico grintoso mediano della Cavese anni Sessanta, e della Prof. Anna Sergio, ex docente dell’Istituto Professionale, oggi in pensione. Orari defatiganti, stress in ammucchiata permanente, qualità della vita appiattita sul lavoro. E un rischio incombente, del resto oggi molto diffuso: lo smarrimento del sé, la perdita del presente nell’affanno della corsa.

Che fare? Cercare di rassegnarsi alla gabbia d’oro o gettare il cuore oltre l’ostacolo?

Monica ha scelto la seconda soluzione. E nell’impresa non ha impegnato solo il cuore, ma anche tutta la sua intelligenza, la forza creativa e soprattutto il coraggio. Già, perché ci vuole tanto, troppo coraggio a lasciare un posto di lavoro sicuro e remunerativo. Ai tempi d’oggi, per di più. E ci vuole coraggio, nel fare una scelta apparentemente così di pancia, ad affrontare le obiezioni razionali e apparentemente inconfutabili di familiari ed amici. Della serie: sentirsi dire, come minimo, “Sei impazzita?”.

E allora dritta la schiena e grande discesa in campo, grintosa come Papà Gennaro, sapiente come mamma Anna, a lottare per “fare gol alla vita”.

Solo che chi scende in un campo sportivo sa dove lottare e come. Ma Monica si è trovata a scendere in campo senza campo. Doveva inventarselo, il campo. Ci voleva un colpo di genio. E colpo di genio è stato.

Si sta aprendo la strada per diventare la prima Escape coach d’Italia.

In cosa consiste? Semplice: allenatrice di fughe. Perfetto per una “fuggitiva” come lei. Nessuno come lei conosce la voglia di fuggire da una realtà asfissiante anche se comoda. E allora ha creato questa agenzia, del tipo di quelle che negli USA stanno già proliferando: incontri e consulenze per tutti coloro che vogliono cambiare radicalmente vita, anche rinunciando a qualcosa di “solido”.

Il motto? La vita è troppo breve per fare un lavoro che non ci piace.

Il luogo? Roma, la capitale, non una Città qualsiasi.

Gli incontri? Ogni lunedì: sono gli Escape Monday, il lunedì della fuga, il giorno giusto che “al travaglio usato ciascuno in suo pensier non vuol far ritorno…, il giorno che Gianni Mauro e Gabriella Ferri hanno malinconicamente cantato nella bellissima “E torna un altro lunedì…”. Sono incontri gratuiti, con primi approcci singoli o in gruppo e confessioni sui propri disagi e i propri sogni. Poi, chi vuole, può prendere appuntamento per consulenze specifiche, a pagamento., su come attrezzarsi dentro e come cercare fuori di sé le strade per realizzarsi in altro modo.

Naturalmente, come per tutti i i pionieri, la strada non è tracciata, bisogna farsi largo nella “giungla” a colpi di machete e col fiuto dell’orientamento. E gli inizi non sono facili. Ma Monica nel nuovo cammino non è certo impazzita” e per questo il volo lo sta facendo da gabbiano con i piedi per terra. E si è garantita un altro lavoro, molto meno remunerativo, ma sufficiente a coprirle le spalle della vita quotidiana. Il resto, è un sogno da costruire a poco a poco.

È una scalata “da sudare”, ma in questo momento Monica è felice di ogni goccia di sudore che sta versando, sia perché, pur se più povera, è più se stessa e quindi più felice (e non è poco), sia perché sta avendo riscontri notevoli anche in campo nazionale. Tanto per fare un esempio, Radio capital le ha dedicato un’ampia intervista e si sono interessati a lei anche quotidiani o riviste di notevole rilevanza, come Vanity fair o Il Corriere del Mezzogiorno.

Casi come il suo sono emblematici del mondo d’oggi, in cui il lavoro, se non c’è, bisogna inventarselo. E in ogni caso, la rivoluzione informatica in sé richiede forme di lavoro nuove e comunque molto diverse dal passato anche recente.

Comunque, Monica non è certo la prima, e nemmeno l’ultima persona che ha rivoluzionato la sua vita smettendo di forzarsi a credere in quello che faceva e cominciando a cercare di fare quello in cui credeva.

Anche a costo di rinunciare al sicuro e al comodo.

Vogliamo fare qualche esempiuccio? Un certo Francesco d’Assisi, per esempio, e con lui mettiamoci pure l’amica Chiara… E, perché no, un certo signor Ulisse dantesco, che, ritornato finalmente a casa sua ad Itaca, riparte per andare a vedere cosa c’è “oltre”: Fatti non fummo a viver come bruti…

In tempi recenti, vogliamo dimenticare l’abbandono del posto sicuro di Luciano De Crescenzo, di Paolo Villaggio, dello scrittore Donato Carrisi, e non solo… E potremmo, forzando un po’ la mano ,anche citare l’epopea satirica di Checco Zalone sulla disperata difesa del posto fisso in un mondo disperato…

Potremmo citare uno dei guru attuali dell’alimentazione alternativa, il Dott. Piero Mozzi, che con la laurea in Medicina e la certezza di un posto di lavoro sicuro e remunerativo preferì andare alla ventura sul picco collinare di una isolata località del Piacentino, le Mogliazze, dove costruì dal nulla (gli mancava anche l’elettricità) una ricerca prima esistenziale ed aggi medica ed alimentare.

E potremmo continuare a lungo, a corroborare il segno del sogno della nostra Monica Lasaponara.

Gioventù per gioventù, mi piace citare una frase molto bella e stimolante con cui pochi anni fa, quando aveva solo quattordici anni, una mia alunna, Miriam Siani, che tra l’altro abita proprio vicino alla casa paterna di Monica, concludeva un tema sui cerchi che ci stringono e sulla possibilità e la volontà di uscirne.

Il punto non è quanto vivi, ma il modo in cui lo fai. Non vale davvero la pena essere schiavi di Regina Indifferenza o Dannata Monotonia, schiavi della propria vita e quindi di se stessi, se ne possiamo essere padroni. Allora, perché ce ne lasciamo logorare?

Per paura. Perché nella vita umana la paura è il materiale principale con cui è costruito il Cerchio che ci opprime e da cui ci facciamo opprimere. I nostri cerchi sono abbastanza alti da coprire le nuvole bianche e ci sentiamo soli. Diciamo che non siamo amati solo perché non sentiamo la voce dell’Amore fuori dal Cerchio.

Noi diventiamo quello che crediamo di essere. Per questo dobbiamo cercare le scorciatoie. E i punti di fuga. I dardi che ci aprono il cammino sono aiuti divini. Ci portano ai confini del Cerchio… ci rendiamo conto di essere intrappolati. E allora finalmente capiamo.

Non serve un nuovo mondo, ma solo occhi nuovi per osservarlo.

E. aggiungiamo noi, per agire di conseguenza.

Sulla scia, ci auguriamo che anche Monica si avvii a diventare quello che crede di essere perché nel frattempo ha scoperto di poterlo essere. Se ci riesce, aprirà una strada nuova e larga, per sé e per tanti che vogliono trovare strade nuove e larghe nella società e verso se stessi. E allora la Fuga diventerebbe una grande conquista.

Buon viaggio!


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