Su Costellazione Parallela Poetesse italiane del Novecento a cura di Isabella Leardini, Vallecchi 2022

Se un vostro figlio vuole fare lo scrittore o, peggio, il poeta, sconsigliatelo fermamente. Se esiste, intimatogli più fermamente di smettere. Se continua, minacciate di diseredarlo o di togliergli il vostro affetto. Oltre queste tre prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli altri, e lasciatelo fare, aiutandolo moderatamente, cercando di capire, senza troppe parole, il mondo che gli si agita dentro”.


Così Grazia Deledda in un libro di suoi ricordi. “Se vostro figlio… ” credo che la Deledda non facesse distinzione di genere, ma c’è da chiedersi e se, mutuando il titolo del bel libro di Isabella Leardini, questa “costellazione parallela” non ci fosse? Se a voler esser poeta è una donna, lo è e lo è stato una donna? Chi è la donna poeta? ( Guai a dire poetessa ammoniva fermamente Maria Luisa Spaziani della quale ricordiamo l’ insostituibile “Donne in poesia”) . Ma chi è il poeta, femmina o maschio che sia? Ma ancor prima, cos’è la Poesia? Cos’è, per dirla con la Deledda, questo mondo che agita dentro al poeta? Cosa fosse mai la Poesia, lo chiesi a Mario Luzi nella prima mia intervista che il grande poeta mi concesse.

Si era nell’ aprile del 1989 e lo scenario intorno, oggi si direbbe location, sembrava essere fieramente partecipe a un tema così affascinante, lo splendido golfo di Napoli. La risposta mi spiazzò non concedendomi alcuna replica: “ La poesia e la vita al quadrato. Dimmi cos’è la vita e saprai cos’è la Poesia“. “La Poesia è la Vita al quadrato”. Nodale lezione per me giovane poeta e locuzione che divenne poi nel 2014 il titolo di un mio saggio sulla poetica del grande poeta fiorentino.

Eppure il poeta, da sempre, imperterrito insegue l’indicibile, inconsapevole di nulla e di niente attraverso l’uso della parola che si fa urlo, scavo profondo del proprio animo. Parola nata nell’ ungarettiano “delirante fermento” che si fa Poesia: ” Quando trovo/ in questo mio silenzio/ una parola/scavata è nella mia vita/ come un abisso”. E che non ci sia distinzione di genere tra il poeta femmina o maschio, è ben sottolineato dalla Leardini in questo suo volume (Costellazione parallela Potesse italiane del novecento Vallecchi 2022).

E lo fa con una sagace provocazione espressa nel sottotitolo, ma esplicitata chiaramente nell’ampia introduzione: “La scelta di utilizzare fin dal sottotitolo la parola potesse, consapevole che molte autrici oggi rivendicano la maggiore correttezza della forma poete, non è dovuta a ingenuità o soggezione, ma neppure a una pura affermazione della differenza [ ] volutamente e provocatoriamente scelgo di mantener la parola più scomoda e più antica nel nostro immaginario, perché coerente con ciò che desidero affermare: la presenza della storia, non soltanto in valore della differenza ma con esso la necessità di ricostruire e accogliere una tradizione fatta anche di ombre.” Eppure alla fine la Leardini sorprende anche il più avveduto lettore, sovverte persino il significato dello stesso titolo, quasi una verità in absentia: ”…essere una costellazione parallela significa essere finalmente guardate alla stessa altezza. La nostra però è una diversa sfida, per noi e per chi segue i nostri passi il compito è non essere mai più una costellazione parallela“.

In poche parole, esser parti di una Costellazione Unica! Ma veniamo alle poete presenti in antologia: alcune notissime, come Ada Negri, Sibilla Aleramo, Antonia Pozzi, la citata Maria Luisa Spaziani, Cristina Campo, Amelia Rosselli e la molto amata Alda Merini. Altre meno note e altre non inserite.

E a spiegare tale omissione, la curatrice, quasi a mo’ di scusa, ha tenuto a precisare che non ha incluso nomi imprescindibili come quelli di Grazia Deledda o Elsa Morante “ è perché in loro personalmente non ho avvertito la poesia come una vena primaria ma piuttosto come contro canto a un’opera che splende in altra forma”. E di questo “contro canto” la Deledda è stata magistrale interprete ed è per questo che ho ritenuto esemplificativo ricordare in apertura quel suo scritto. E allora, la poesia etichettata come “femminile “? “Non si tratta soltanto del pregiudizio della poesia femminile come emblema di dilettantismo e sentimentalismo, ma di una più sottile gerarchia che investe topoi, temi, forme metriche e lessico: un automatismo interpretativo con cui la poesia delle donne è stata letta, commentata, selezionata.  Il canone è soltanto la conseguenza, il riflesso inevitabile di un vizio di sguardo e di una società “.

Ho scelto di non soffermarmi su alcuna delle poetesse presenti in quest’antologia né su alcuna delle loro liriche, ma faccio un’eccezione per Antonia Pozzi, morta suicida a ventisei anni. Figlia unica di genitori dell’alta borghesia milanese non fu mai ostacolata nel suo scrivere; anzi il padre, entusiasta, si era subito prodigato per trovare un ottimo editore per la giovanissima figlia. Ma tutto ciò non le bastava, neppure una brillante laurea in Lettere ma, per esser donna, sottolinea la Leardini: “pagando il doppio delle tasse scolastiche rispetto ai loro compagni di studi”, sentiva la Poesia essere la sua unica interlocutrice e a essa si rivolgeva con dolorose devote parole: “ Poesia che ti doni soltanto/a chi con occhi di pianto/si cerca- /oh rifammi tu degna di te,/ poesia che mi guardi”. (da Preghiera alla poesia, in Parole, Garzanti 1989).


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