Francesco Romanelli, cavese di San Mauro, alla scoperta del suo paese di origine. Il libro sarà presentato il 9 agosto nella Piazza Chiesa

copertina-san-mauro-la-bruca-francesco-romanelli-salerno-agosto-2014-vivimediaSAN MAURO LA BRUCA (SA) e CAVA DE’ TIRRENI (SA). Francesco Romanelli, cavese di San Mauro, alla scoperta del suo paese di origine. Il libro sarà presentato il 9 agosto nella Piazza Chiesa. 

Sarà gran festa sabato 9 agosto nella Piazza Chiesa di San Mauro La Bruca, nel Cilento, dove Franco Romanelli, oggi cittadino di Cava de’ Tirreni ma originario di questo paese, bancario di professione e giornalista per passione e “professione collaterale”, battezzerà il suo primo libro, San Mauro La Bruca, tra istituzioni, clero e briganti – San Nilo a San Nazario, (Area bluedizioni).

La manifestazione inizierà alle ore 21 e, dopo i saluti del Sindaco di San Mauro, Giuseppe Li Fluri, vedrà gli interventi di Gerardo Di Agostino, Amministratore Unico delle Edizioni Area Blu (che meritoriamente si stanno caratterizzando per pubblicazioni di classe legate al territorio), Ferdinando De Luca, Assessore alla Cultura di San Mauro, Maria Cristina Di Palma, insegnante, Vincenzo Senatore, magistrato. Coordinerà il giornalista Niccolò Nilo Farina, che è di Cava de’ Tirreni ma ha il nome del Santo di San Mauro, a simboleggiare l’ideale gemellaggio che avverrà tra le due città.

L’argomento del libro sta già chiaramente tutto nel titolo “documentario”. Qualche sorpresa viene tuttavia dallo sviluppo del contenuto.

In un volume dedicato al proprio paese di origine da un suo “figlio” che si è stabilito altrove e che custodisce fette profumate di cuore per le sue radici, ci si aspetterebbero memorie personali a valanga, emozioni ad occhi umidi, fattarielli strappasorrisi o strappalacrime o strappatuttedue, carrellate di personaggi trasfigurati affettuosamente nelle nebbie del ricordo.

francesco-romanelli-cava-de'-tirreni-agosto-2014-vivimediaE invece Franco Romanelli ha rinunciato alle oleografie, che a volte possono essere forzate e poco realistiche, ha messo in un cantuccio i raccontini, sia pur simpatici, da bar o da caminetto, si è imposto di non farsi prendere la mano dal cuore e dalle sue emozioni, che comunque bussavano alla porta. E fin dall’inizio si è lasciato guidare dal suo spirito guida giornalistico, andando alla ricerca dell’anima più profonda del suo paese attraverso la storia, le radici religiose, gli ordinamenti civili e amministrativi, le economie e gli stipendi, le diatribe sociali, il tutto rigorosamente raccontato attraverso documenti scovati con pazienza certosina e pupilla vibrante di divertita e appassionata curiosità.

Con questo filo conduttore egli è riuscito a dominare la materia, non gettando le emozioni nell’arena, ma facendo parlare i fatti. Nello stesso tempo, però, con sapiente successione dei capitoli e degli argomenti, ha fatto rientrare dalla finestra svariati colori e “fattarielli” in un primo tempo tenuti in trepida lista d’attesa fuori dalla porta.

Ce lo fa capire fin dalla foto vicina al frontespizio, con l’immagine del mitico zio Nicodemo, dato per morto durante le campagne coloniali dei primi anni del Novecento e poi riapparso “dagli abissi” quasi all’improvviso e diventato testimone di storia e di storie fino alla veneranda età di novanta anni. Ce lo fa capire cominciando il suo viaggio dalla piazza e dai chiazzieri di san Mauro e mostrandoci i particolari del suo sviluppo ed ispirandosi alla cara figura di don Pasquale Allegro, indagatore principe delle vicende cittadine.

Romanelli ci proietta quindi dalla Piazza Chiesa alle chiese, dalla storia di San Mauro Abate, che ha dato il nome al paese, a quei libroni oggi polverosi e misteriosi delle parrocchie che contenevano frammenti fondamentali di vita, trasudanti sudori e speranze, conquiste e fatiche, tra battesimi, matrimoni e funerali: significativi flash di quel passato lungo e grande, sul quale noi ci appoggiamo per godere del presente e guardare più lontano. Ed è proprio di questi punti d’appoggio che Romanelli va alla ricerca.

Come negare, allora, che sia stato un punto di appoggio, per i sammauresi e non solo, il Dott. Pietro De Cusatis, medico di vaglia di metà Ottocento (e diventare medici era un’impresa, per di più da privilegiati), che tra le altre cose curò l’epidemia di colera a Napoli e contribuì allo studio sulla scoperta della misteriosa e terapeutica “acqua emostatica”?

Come non riflettere poi, magari con qualche sorriso ora di compiacimento ora di compatimento di rincrescimento, di fronte ai tanti documenti integralmente trascritti che, come in un documentario TV Anni Cinquanta di Mario Soldati, ci rappresentano le storie di paese, le polemiche per le nomine politiche e civili (vedi le tensioni per il Decurionato), gli scontri a volte aggressivi tra privati (vedi l’incendio del bosco), le critiche della gente comune alla politica (vedi i rimproveri al Sindaco perché non cura gli interessi del Comune), le battaglie per l’appropriazione di una canonica (vedi il grande spazio dedicato alla querelle tra l’Università di San Mauro ed i Parroci Carmine e Pietro De Cusatis) e così via?

Come non commuoversi di fronte al racconto della crudele strage di Bosco come punizione per i moti cilentani del 1828?

Come non vibrare di curiosità quando si apre una finestra sulla presenza e sulle storie drammatiche, a San Mauro e nel territorio, di quei briganti del Sud che forse briganti non erano, ma solo povera gente che combatteva contro quelle che riteneva insopportabili prepotenze?

Come non intenerirsi a scoprire i “meschini” stipendi dei maestri agli albori della Pubblica Istruzione, che, in mancanza di aule, cominciavano in casa propria quel lento cammino che ha portato progressivamente a debellare la piaga dell’analfabetismo: maestri con pochi allievi, scarsi mezzi e tanta disponibilità? È con questi piccoli passi che si è piano piano costruita la nuova Italia. Passi ben poco rumorosi, a volte. Ma, si sa, fa molto più rumore un albero che cade che una foresta che cresce…

Queste ed altre piccole e grandi storie vengono a galla, quasi boccheggianti, dalle ricerche e dai documenti di Franco Romanelli, che, una volta costruite le fondamenta della sua ricostruzione, nella seconda parte del libro vola alto, alla ricerca delle primitive presenze religiose a San Mauro e nel suo territorio. Così, quelle mura dell’Abbazia basiliana di San Nazario, quelle immagini devozionali di San Nilo, il futuro fondatore dell’Abbazia di Grottaferrata, che qui da giovane venne a “seminare”, quasi all’improvviso si animano nell’immaginazione di fronte a quella storia viva e secolare che comunque pulsa dietro le pietre apparentemente fredde di un edificio.

Il viaggio religioso intrapreso da Romanelli si conclude con un excursus ampio e sorprendente: il testo integrale del rito greco di stampo ortodosso secondo la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, che produce stimolanti comparazioni con la nostra Messa. Può sembrare strana, una digressione di questo tipo, eppure essa si integra con lo scopo complessivo di scavo nell’anima lontana di una comunità. E, dato che nell’VIII-IX secolo il territorio di San Mauro fu uno dei punti di sbarco e di ricolonizzazione da parte dei monaci basiliani (monaci cattolici che, quasi sempre, seguivano riti orientali) in fuga dall’Imperatore, dato che le storie di San Nilo e San Nazario appartengono per certi versi sia ai cattolici che agli ortodossi, dato che in tutto il Cilento si sente ancora oggi l’eco delle presenze basiliane, ecco toccata la radice profonda di questa cultura-ponte

A proposito di “ponte”, aggiungiamo che Cava de’ Tirreni, l’altra patria di Romanelli, ha un fortissimo nucleo basiliano nelle colline orientali (Alessia, Croce, Santi Quaranta, Dupino), il che non può non aver inciso sulle sue scelte. Senza contare che San Mauro fu a suo tempo un feudo dell’Abbazia Benedettina di Cava. Così il “gemellaggio” tra le due patrie diventa sempre più forti.

Al di là del gemellaggio, in questo caso non è Cava l’obiettivo di Romanelli: è San Mauro, l’emozione di una vita. Ma questa emozione a sua volta non vuole avere uno sbocco nostalgico nel passato: attraverso la riscoperta della dignità civile e storica della comunità crediamo che egli voglia sottintendere l’esortazione a dare di più e la speranza di una San Mauro capace di attraversare alla grande i decenni futuri.

Quella San Mauro che Romanelli, non lieto di alcuni suoi ritardi rispetto al territorio circostante in gran crescita, auspica sia un vecchio che non dorme, ma riposa ed è pronto finalmente a risvegliarsi ed a riproporre tante ma tante altre belle storie. E, aggiungiamo noi, nuove luci pronte ad essere raccontate dai Romanelli di domani e dopodomani… 


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