Elio Di Donato, un pezzo di storia cittadina nel Castello della memoria

CAVA DE’ TIRRENI (SA). In un angolo della sua centralissima casa, collocata in Corso Umberto, a bacio con Piazza Duomo, c’è un salottino con una vetrata a due ante più grande di tutte le altre, una vetrata occupata completamente dalla presenza e dalla vista del nostro Monte Castello. Questa era la “sua” finestra sul monte più amato. Era il segno della Festa, del Sacramento, della cavesità, delle tradizioni, di quell’identità che nell’arco della vita ha fatto da benzina per il suo cuore di cittadino.

Si è spento qui, il 23 luglio scorso, Elio Di Donato, per un attacco improvviso ed imprevisto, a due passi dalla sede di quell’Ente di Montecastello di cui era Presidente da tre anni, dopo esserne stato uno dei padri fondatori.

Se ne è andato in punta di piedi, come era sempre vissuto, ma con tutti gli onori che aveva sempre meritato: una grande folla commossa, le lacrime di tanti amici e familiari costernati per la perdita del loro “Eliuccio”, le rappresentanze in pompa magna ed in costume storico di tutte le associazioni di Trombonieri e Sbandieratori, gli esponenti dei gruppi folkloristici e delle aziende che contribuivano alla realizzazione della festa, l’omaggio delle più alte autorità cittadine, a cominciare dal Sindaco Marco Galdi, la benedizione delle autorità religiose, Arcivescovo Orazio Soricelli in testa, la messa solenne celebrata in coppia da don Rosario Sessa e Padre Giuseppe Ragalmuto, il ricordo affettuoso letto durante la cerimonia a nome dell’Ente Montecastello dal tesoriere Francesco Loffredo, che ha esaltato stato il suo essere un punto di riferimento fisso, una persona incorruttibile, una costante fonte di genuino sapere sulla Festa che fu, una luce la cui perdita ha lasciato in tutti un vuoto incolmabile.

È morto in piedi, dato che fino all’ultimo si è dato da fare per il Comitato e per l’Ente, ha preso appuntamenti, ha chiacchierato con gli amici del Bar Neve ed ha scambiato impressioni volanti sulla panchina sotto il Sagrato, che sapeva di lui e dei suoi amici “castellani”. E se ne è andato carico di un rispetto e di un affetto, a cui teneva moltissimo e che per lui sono sempre stati l’anima profonda della sua identità personale e sociale.

Anche noi teniamo una storia, anche noi siamo la storia”: così mi disse poche settimane dopo la sua elezione a Presidente, mentre mi offriva il caffè con una “cordialità alla Elio” e si apriva in una conversazione che sperava potesse essere anche la base di un articolo su quel Castello che per sessant’anni è stato giornale storico dell’Ente e della Città. Speranza vana, perché proprio in quei giorni il giornale “era nella bara”. Elio avrebbe anche accettato piccoli compromessi pur di farlo vivere. Ma la sua elasticità non è stata sufficiente…

Anche noi teniamo una storia”…quanta verità in quella frase! E la storia personale Elio se la teneva stretta, con tutte le sofferenze e le difficoltà piccole e grandi, a cominciare dall’infanzia purtroppo deprivata di quel calore unico che solo i genitori possono dare. Con tutte le conquiste piccole e grandi, a cominciare dall’avviamento precoce al lavoro, poi valorizzato al massimo soprattutto nella sua bottega artigianale, dove per anni ha dato e ricevuto l’anima prima di stabilizzarsi in un‘attività più sicura, ma meno creativa, come quello di collaboratore scolastico.

Tra un problema e l’altro, riusciva a coltivarsi la sua più grande conquista, la famiglia, con la moglie Maria e i figli Francesco, Anna e Marcello, all’interno della quale ha fatto germogliare l’umanità e la dolcezza che poi lo hanno fatto amare e rispettare in società. Ha educato e non dominato i suoi figli, ha trasmesso la forza d’animo, l’amore per i grandi valori e le piccole cose, la capacità di apprezzare l’essere quanto e anche più dell’avere. E quando i suoi figli sono cresciuti, si è abbandonato alla loro dimensione con la stesso empatico slancio e, per fortuna, anche col compiacimento dovuto ai loro successi. Non dimentichiamo che Marcello è un fotografo artista di livello internazionale: ed è giusto sottolineare che alcune delle sue opere, pur di quello stile moderno che non sempre si intona con i gusti tradizionalisti, campeggiano tuttora trionfalmente nel salotto buono della casa di Elio.

Anche noi siamo la storia”, egli diceva. Come ha ricordato Francesco Loffredo, con lui se ne è andato un pezzo di storia della Città. Se l’identità secolare di Cava risale negli eventi che si celebrano con la Sagra, se si vive dal profondo del cuore la stessa Fede che ha animato le sue radici, se si dedica una parte consistente della propria giornata alla conservazione delle tradizioni della propria terra, se quelle tradizioni si amano dal profondo del cuore al punto da soffrire quando per i cambiamenti dei tempi si devono dissolvere o snaturare, se si affronta la vita dell’associazione con spirito di servizio e non di potere, se si fa da ponte tra le generazioni e si cerca di trasmettere ai giovani queste passioni, se tutto questo è farsi storia, Elio si è fatto storia nella sua compiutezza.

Non il protagonista da riflettori alla ricerca di applausi, ma il creatore di tasselli e di mattoni esistenziali e sociali. Mattoni costruiti con l’esempio vivente nella vita quotidiana, mattoni intrisi di passione civica, come dimostra ad esempio il fatto che fino all’ultimo egli si preoccupava di come recuperare la campana del castello, dolorosamente sottratta alla collettività da un furto sciagurato, ed anche in questo campo era aperto ad innovazioni elastiche, fedele al suo carattere di persona che sa che nella vita si procede non solo per autostrade, ma anche per vicoli stretti e aggirabili ingorghi.

Era questa una delle lezioni di vita che ci ha lasciati, insieme al ricordo del suo sorriso mite di uomo generoso e affettuoso e desideroso di un ricambio di generosità, disponibilità, riconoscimento, affettuosità.

Un uomo, una persona, prima che un Presidente. Una persona amabile, con tutta la sensibilità delle sue solitarie malinconie e l’energia della sua voglia di comunicazione e di socializzazione.

Ti sia lieve la terra, caro Elio, con tutto il Castello di ricordi che porti con te e la scia che accompagnerà la tua memoria.


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