A colloquio con Nicola Lambiase, ideatore di “Per Aspera ad Astra”: in scena la Divina Commedia … e la lingua napoletana
CAVA DE’ TIRRENI (SA). È arrivato anche alla Chiesa dell’Abbazia benedettina di Cava de’ Tirreni, alle ore 19 del 20 aprile, lo spettacolo Per aspera ad astra”, in cui Nicola Lambiase recita a memoria, ed anche in lingua napoletana, alcuni canti della Divina Commedia.
Nicola Lambiase è un oncologo affermato, che svolge il suo lavoro da ventiquattro anni in maniera appassionata e professionale. I suoi pazienti sono suoi amici, lui non vuole essere chiamato dottore, preferisce il suo nome di battesimo.
È un melomane ordinato, non gli piacciono le bugie, non gli piacciono i danni procurati dall’abuso della libertà. Subito gli chiedo che cos’è la libertà, e lui non riesce a fare a meno di rispondermi in terzine:
«Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.»
Sì, perché lui conosce ben undici canti della Divina Commedia a memoria.
Questa storia inizia qualche anno fa, nell’autunno del 2011, grazie all’allora presidente dei Lions di Mercato San Severino avv. Maria Pia Arcangelo, Nicola incontra gli alunni delle scuole medie superiori per parlare loro della prevenzione primaria del cancro.
Questo male, da lui tanto studiato, gli riporta alla mente esattamente quello che succede nelle corsie degli ospedali.
«Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.»
«Questo testo si presta in maniera bifronte ad essere interpretato con quello che noi facciamo tutti i giorni in ospedale,» mi confida Nicola con un amaro sorriso, aggiungendo: «Anche noi medici, i paramedici, gli operatori sanitari e l’intero staff ospedaliero entriamo ogni mattina in una città dolente:
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai,
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle
facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’ aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira.»
Tutto è iniziato con l’aver imparato a memoria questo canto, che è il terzo della Divina Commedia, rappresentato a Palazzo Vanvitelli di Mercato San Severino. Nell’ottobre 2012 poi è stata la volta della Chiesa di Santa Croce a Spiano, con tre canti, accompagnato dai movimenti coreutici della scuola di ballo. Quella volta la Divina Commedia fu rappresentata in dialetto napoletano. Nicola inizia poi ad aggiungere altri canti alla sua memoria, fino ad arrivare a saper recitare 11 canti, quasi sempre con l’accompagnamento al pianoforte di Patrizia Bruno.
L’obiettivo del progetto è quello di trasmettere cultura, promuovere e far conoscere le bellezze artistiche e architettoniche della Regione Campania, che agli occhi di Nicola è la più ricca di luoghi incantevoli e paradisiaci. Infatti la location è un particolare scelto con cura per questi happening: sono sempre luoghi nobili, fortemente evocativi e capaci di coinvolgere ampiamente il tessuto emotivo dell’audience. Panorami, architetture, storia.
Da dove viene il nome del tuo progetto?
Per aspera ad astra è una frase di Lucio Anneo Seneca che ci dice che attraverso le asperità si raggiungono le stelle. Ebbene ognuno di noi fa un viaggio nella vita. Il viaggio fatto per eccellenza è quello compiuto da Dante che attraverso le asperità dall’inferno, passando per il purgatorio arriva fino alla visione salvifica del paradiso.
Qual è il motivo per cui hai scelto Dante?
Io ho fatto gli studi classici. Dante ha scritto un’opera incredibile. Endecasillabi e rime incatenate, 34 canti dell’Inferno, 33 del Purgatorio e altri 33 del Paradiso. È la manifestazione del genio, è una follia il solo pensarci. Lui l’ha fatto.
Cosa ti emoziona di più quando reciti i versi di Dante?
Mi emoziona incrociare lo sguardo di chi resta ammutolito e rapito da quello che dico. Dai versi di Dante interpretati da me. Se la poesia è un dono, io ho il compito di perpetuarlo.
Qual è la cosa più difficile che ti trovi ad affrontare?
Comunicare le cattive notizie. Ti posso garantire che la difficoltà diventa estrema se parliamo di malattia neoplastica in persone molto giovani.
Dove trovi soddisfazione nel tuo lavoro?
Nell’accompagnare un amico fino alla fine. In un modo o nell’altro. Un po’ come Virgilio, se posso osare.
Cosa c’è dopo la morte?
Niente. Si smette di combattere. La morte è la fine di un’esistenza. Anche se a ben pensarci, forse un po’ di energia la rilasciamo nel cosmo. Chissà, forse qualcosa resterà.
Hai paura della morte?
No. Ho paura della sofferenza.
Che cos’è l’inferno?
L’inferno è anche il posto in cui lavoro ma soprattutto la necessità di libertà e amore. Il male oncologico è un male totale, non è solo una malattia d’organo o che comporta dolore. È una malattia che coinvolge in primis il paziente ma anche amici e familiari. È una malattia dell’anima. Io credo che piuttosto che accanirsi terapeuticamente, io sono del parere che un’alta qualità della vita debba essere preservata quanto più possibile.
Qual è il paradiso che c’è sulla terra?
Quello in cui noi crediamo, quello per cui combattiamo. Gli ideali, i valori che ci portiamo dentro. L’amore. Quelle cose per cui saremmo disposti a morire.
Se nella tua visione dopo la morte non c’è niente, come fai a credere in Inferno, Purgatorio e Paradiso?
Infatti io non ci credo. Per me non vengono dopo la morte: interpreto il viaggio di Dante come un percorso metaforico di vita.
In cosa credi?
Sono agnostico. Non è vero finché non tocco.
E voi, ci credete che Nicola vi racconta a memoria la Divina Commedia? Non resta altro che vedere per credere. A Cava de’ Tirreni, ma non solo… Questi primi show sono solo l’inizio
(Gabriella Sorrentino)
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