Presentato, a cura della Inner Wheel, il libro “Insieme, scrivendo”: italiani e immigrati uniti per raccontare l’integrazione, e non solo. Tra gli autori, i “cavesi” La Valle, Di Domenico e Boncea
EBOLI (SA) e CAVA DE’ TIRRENI (SA). Tra i detriti dolorosi e le rovine della Prima Guerra Mondiale, si possono ritrovare anche dei semi che sarebbero poi diventati alberi fiorenti ,capaci di rendere decisamente più bello il giardino della storia.
Un posto d’onore lo merita l’emancipazione della donna, già cominciata prima della Guerra col movimento delle suffragette ma poi , grazie alla supplenza delle donne rispetto agli uomini impegnati nel conflitto di massa, è esplosa a tutti i livelli, sia nel campo del lavoro che in quello delle organizzazioni sociali. Non ne sono state esenti grandi associazioni internazionali., come il Rotary Club. Le mogli, le madri, le figlie che l’avevano gestito durante la guerra e nei primi tempi successivi fondarono infatti nel 1924 a Manchester l’Associazione Inner Wheel, termine che significa ruota interna, a consacrarne la nascita come costola autonoma del Rotary stesso. Da allora, è stato un proliferare in tutti i continenti fino a farne la più grande associazione di service femminile esistente.
A guidare le sue attività, alcune stelle polari irrinunciabili: spicca la cultura dell’internazionalità, come base per l’incontro tra i popoli e le nazioni.
Su questa linea si è inserita alla perfezione la prima iniziativa del neonato Club Inner Wheel di Eboli, fondato e diretto da Gabriella Pastorino, dinamica motrice a Battipaglia e dintorni di iniziativa culturali, oltre che titolare della Casa Editrice Noitre, che ha già alle spalle numerose pubblicazioni ed è una di quelle irrinunciabili fucine di autori ed artisti emergenti, da valorizzare “localmente” per poter poi eventualmente spiccare il volo “globalmente”.
Insieme, scrivendo, è il titolo della pubblicazione, presentata il 26 maggio emblematicamente al Moa di Eboli, cioè al Museo dello sbarco, ed in una città dove l’integrazione finora nella maggior parte dei casi non è stata un sogno, ma una positiva realtà.
Insieme si sono ritrovati, nel volume, autori italiani e stranieri, con un occhio particolare di riguardo a quegli immigrati che si stanno inserendo positivamente nel nostro tessuto sociale, a dimostrazione che “insieme si può”.
Le socie dell’Inner Wheel hanno scelto racconti significativi di tredici autori, di cui in questa edizione sei sono stranieri viventi in Italia: i rumeni Lucian Boncea e Carmen Palaghita, la bulgara Violeta Dulcheva, l’algerino Amara Lakhous, il cubano Alexis Fernandez Lopez, l’ucraina Valentina Silka. Sette sono italianI: Sabrina di Agresti, Pasquale Di Domenico, Maria Francese, Alessandra Gallotta, Paola La Valle, Giuseppe Lauriello, Maria Luisa Pisani.
La lettura dei racconti è scorrevole, gradevole e stimolante. Gli argomenti trattati, pur nella loro varietà, sono convergenti sui temi dell’accoglienza, della disuguaglianza sociale, della promozione della dignità umana,della ricerca del sé, in piena coerenza con lo spirito dell’Associazione e con gli intenti del volume. Senza entrare nei dettagli dei singoli racconti, per comprensibili necessità di spazio, un volo di uccello sui singoli lavori crediamo sia necessario per gettare ulteriore luce su questa propositiva pubblicazione.
Valentina Silka, ucraina, con “La mia terra lontana”, intona un inno nostalgico al tempo in cui il suo paese faceva parte della Grande Unione Sovietica: non si era ricchi individualmente, ma almeno si tenevano le spalle coperte e non c’era bisogno di cercare terre lontane per risolvere il problema del pane quotidiano…Un richiamo epocale che fa ancora discutere e comunque tanto riflettere.
Tuttavia, per quanto la riguarda, lei, in Italia da diciotto anni, riesce a non sentirsi doppiamente esule: il nostro Paese l’ha accolta e da diciotto anni lei, con tutta la sua famiglia, riesce a sentirsi “una di noi”.
Violeta Dulcheva, fotografa, scrittrice e poetessa bulgara, autrice in patria di svariate e apprezzate pubblicazioni, da più di dieci anni vive a Salerno e promuove iniziative con le associazioni di cui fa parte, come il Centro Artisti Salernitani e l’Associazione italo-bulgara. Un saggio delle sue qualità poetiche è rappresentato dal monologo poetico qui pubblicato, Il silenzio bianco, riferito ai fiocchi di neve, la cui caduta diventa una delicata nevicata dei ricordi ed una passeggiata sulle strade della sua vita, in un coinvolgente ed evocativo flusso di coscienza tra passato e presente. Nevica il silenzio bianco e la voce del suo silenzio l’aiuta a cercare un porto di pace e di abbraccio verso il mondo e verso la vita, oltre tutte le tempeste ed alla luce di un io finalmente ascoltato.
Il rumenoLucian Boncea, da oltre dieci anni in Italia, dove, dopo un periodo di notevole travaglio, ha trovato amicizia, solidarietà e condivisione nella collettività di Cava de’ Tirreni, dove lavora e vive con la moglie Daniela, sposata lo scorso anno. I brani presentati sono tratti dal suo libro autobiografico La vita di un immigrante, in cui racconta tutto il suo cammino dalle ombre dei primi tempi ai tormenti “lavorativi”, alla tentazione di scappare e tornare in patria, fino all’inserimento pieno ed alla conquista in bellezza del grande amore. Il messaggio del suo libro, alla fine, è l’invito a tutti, migranti e “indigeni”, a riflettere che “inserirsi si può”, ma senza diffidenze pericolose, da nessuna delle due parti.
Sul tema dell’accoglienza insiste anche l’algerino Amara Lakhous, che nel racconto L’ingiustizia quotidiana denuncia il limite identitario in cui vengono rinchiusi gli immigrati di seconda generazione: nati in italia,ma non considerati italiani perché i genitori sono stranieri. È la questione dello ius soli, che ci auguriamo venga al più presto risolta. Amara potrà dare una gran mano alle battaglie civili, perché fin da piccolo ha imparato ad impegnarsi per i suoi ideali di dignità umana e di superamente tra le differenze. Emarginato dall’algeria, da dove è “andato vianel 1995 per venire a Roma, è diventato un italiano d’Algeria, che racconta storie importanti di immigrazione, sa arabizzare l’italiano e italianizzare l’arabo e soprattutto è,ciliegina sulla torta, è uno scrittore affermato, capace anche di vincere Il Premio Flaiano e il Premio Rocalamore-Leonardo sciascia, nel 2006, con il romanzo: Scontro di civiltà per un ascensore as Piazza Vittorio”. E il titolo è tutto un programma…
Ci emoziona a fondo, in E io ascolto il Mahatma, l’odissea di Carmen Palaghita, una rumena costretta, come tanti, a lasciare il suo paese impoverito, formato solo da bambini e da persone anziane e sottoposta ad un duro alternarsi di speranze e disillusione fin dal suo arrivo in Italia. Ma ha avuto, come Lucian e come capita non di rado, la fortuna di trovare un’imprenditrice di origini marocchine, Fatiha Chakir, ed un’organizzazione, l’Unitalsi, che le hanno permesso un’integrazione più facile e serena. Oltre che trasmettere emozioni, il suo racconto è anche una ricca e feconda lezione, utile per affrontare vittorie e sconfitte, come dimostrato dalla frase ghandiana di apertura e dall’invito ad affrontare la vita a trecentosessanta gradi, cercando sempre di rialzarsi e comunque di andare oltre se stessi.
Emozionante anche il “viaggio” che facciamo con il cubano Alexis Hernandez Lopez: egli ci racconta Quel giro in bicicletta che fece al suo paese con l’animo scombussolato per l’imminente partenza alla ricerca di una vita nuova nel paese da sempre sognato, l’Italia, dove si era da tempo accasato suo fratello. L’inserimento lavorativo, grazie a lui, è stato possibile, ma quello sociale e “mentale” è stato duro: nostalgia canaglia, pensiero fisso ad una realtà come quella cubana dove tutto era immobile e senza speranze, difficoltà di sentirsi italiano fino in fondo. Ma Alexis è uno che ha imparato a vincere anche le sconfitte, fino alle grandi vittorie di oggi: l’incontro con la magnifica Adelaide, ricercatrice e donatrice di “stelle”, , il matrimonio, la nascita di una bambina, i giri in bicicletta per Torino, ma stavolta in tre,la felicità. E una fusione sempre più forte tra la famiglia cubana e quella italiana. E le aperture di Obama che stanno facendo respirare una nuova aria a Cuba. La felicità. Bello scoprirla, stupendo viverla. È bello per il lettore viverla con chi la vive…
Tra gli italiani, apre non a caso Alessandra Gallotta, con E così sei finalmente tornato, la storia di una migrazione tra partenza e ritorno, tra luci ed ombre, ma anche con un affetto ed un amore che sopravvivono a tutte le attese e a a tutte le temprste. E con una frase bellissima nel finale: Il sogno di chi parte mantiene in vita le persone che restano e aspettano il ritorno di chi è partito. Una frase che può valere per ogni forma di migrazione, di ogni tempo.
La nostra Paola La Valle, cavese doc e brillante colonna di Vivimedia.eu, stimolante blogger esistenziale con il suo “La vita a foglietti” e battezzata scrittrice con il recente Diario di un re e cento rose, col racconto Il viaggio ci immerge nel doloroso dramma dei migranti per mare, spinti dai sogni, inghiottiti dalle acque e dall’avidità degli uomini. La scrittrice racconta come suo solito con il realismo dell’occhio clinico e la passionale emozionalità della penna. E ancora una volta ci coinvolge in pieno. Ma ancora una volta, come dice il poeta Armenante, i sogni dei migranti sono comete di sudore vagabondo…
Se con Paola La Valle navighiamo nel mare delle lacrime della storia, con la giovanissima Maria Francese, colo tredici anni, navighiamo invece nel mare della fantasia horror, ma un horror e una fantasia non fii a se stesse. In Io ci sono sempre ci racconta di uno strano colloquio con una tomba e di una discesa cercata e rifiutata verso la morte e della lotta perdente contro di essa da parte di un militare che prima aveva vinto tante battaglie. E chiude con una meditazione sulla morte come elemento naturale di un ciclo vitale e per certi versi anche come u inizio: riflessione gradevolmente sorprendente da parte di una tredicenne, sia pur ricca di talento come la nostra Maria ha dimostrato di essere.
Sempre a contatto con il mondo della natura e con la morte, ma con altri intenti, Sabina Di Agresti, scrittrice e critica letteraria, residente a Torino, nelle sua Note selvagge su un’impressione d’amore ci propone un ruspante ed annoso duello tra un uomo ed un lupo, o una lupa, che devastano le campagne: uno scontro quasi epico, alla Moby Dick. Alla fine il lupo muore, ma vince la battaglia della dignità. E per il lupo uomo si apre una nuova vita…
Se la Di Agresti ci conduce tra ampie distese boscose e altipiani collinari, il medico di Montecorvino Pugliano Maria Luigia Pisani effettua un vorticoso ed emozionato zoom in un angolo ristretto nel mondo dei ricordi: Il viottolo del borgo è quello della sua adolescenza e della sua giovinezza, stagione speciale fatta di incontri, passeggiate, permessi accordati e permessi negati, fazzoletti di cielo tra casa e campanile, profumi e umori che tuttora caratterizzano un’anima. E il naufragar le è agrodolce in questo mare…
Con la fascinosa bonomia affabulatoria che caratterizza i suoi studi, le sue conferenze e anche le semplici conversazioni, il Dottor Giuseppe Lauriello, primario emerito di pneumologia, studioso di medicina storica, ci immerge nel mondo de La scuola medica di Salerno tra fede e leggenda, intrecciando tre storie tutte da scoprire. Ambientatenel Medio evo e tratte dalla tradizione popolare o da testi agiografici, mescolano fantasia, horror, spiritualità e bisogno del divino in un’epoca in cui la scienza, anche la più evoluta, si ferma davanti ai limiti del tempo, ben lontani da quelle attuali. E proprio in questo contrasto sta l’intrigante elettricità dell’impianto narrativo.
Il libro termina, forse non a caso, con L’obbedienza, il racconto di formazione di Pasquale Di Domenico, amico e collaboratore da anni di Gabriella pastorino nel cammino di Noi Tre, e autore di libri, in gran parte autobiografici, che aprono sipari fascinosi e ricchi di umanità su quella civiltà contadina da cui Di Domenico proviene (è nativo di Sant’Anna di Cava de’ Tirreni) e della cui identità si sente ancora fortemente intriso, avendola riprodotta, ma senza l’ansia del pane quotidiano, nella sua tenuta di Montecorvino Pugliano. Ne L’obbedienza, affettuosa bilancia tra le necessità e le scomodità della severità educativa, ci racconta una trasgressione pericolosa di un ragazzino, che disobbedisce ad un divieto della madre e si sperde in un bosco. Non sarà divorato dal lupo né salvato da un cacciatore, ma la sua avventura servirà alla madre per farlo crescere raccontandogli una favola vera.
Ed una favola vera è anche quella del Club Inner Wheel, che non ha bisogno dei comandi e delle direttive, essendo sì una costola rotariana ma anche un’associazione che, come la donna da Adamo, ha compreso, rivendicato e custodito la sua autonomia.
La favola dell’Associazione di Eboli è cominciata da poco, ma tutto lascia pensare che avrà un crescere maturo ed un lieto fine. Con la speranza di non incontrare “lupi”. E poi, perché mai dovrebbe avere una fine?
Buon viaggio, Inner Wheelers!
- La consegna del libro a Lucian Boncea
- Pasquale Di Domenico legge il suo racconto
- Gabriell Pastorino saluta Lucian Boncea e la moglie Daniela
- I pacchi di libri in attesa della consegna
- La consegna dei libri a Pasquale Di Domenico
- Lucian Boncea e Violeta Dulcheva
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