Il filo rosso tra musica e arte, terreno e divino, razionalità e misticismo in “Le note del sacro”, un profondo e suggestivo pamphlet di Marco Di Serio

mv-marco-di-serio-cava-de'-tirreni-ottobre-2016-vivimediaSALERNO. Le note del sacro scorrono lungo un percorso infinito: la distanza è irriducibile, ma il movimento è necessario. E da questo movimento si crea l’elettricità della tensione tra slancio umano e assenso divino. È una tensione creativa in cui si sente l’onda permanente di quelle dita che si avvicinano tra loro nella donazione dell’energia vitale, immortalate nella meravigliosa michelangiolesca Creazione dell’uomo che vola nella volta della Cappella Sistina. Si crea così un dialogo fitto fremente e inesauribile tra sacro e profano che procedono uguali e distinti nell’esplorazione appassionata e misteriosa di un universo senza tempo, lontano eppure flessibile e percepibile con la forza di un’irrinunciabile umanità.

È in questo gioco di espressioni del testo e di possibili cuciture, di parole e di percezioni, di filosofia meditata e di musica ineffabile, che secondo noi si può cercare l’anima profonda del saggio Note del sacro, che il salernitano Marco Di Serio, germanista e traduttore, ha recentemente pubblicato con la Casa Editrice Campanotto di Roma e sulla cui copertina ha significativamente inserito una Santa (Cecilia) che suona uno strumento ad arco.

Il saggio tratta di alcuni brani ed autori europei di musica sacra attraverso un dialogo di tre personaggi, Therese, Theodor e Paulus (nomi non a caso tedeschi, a sottolineare la grande matrice di questo tipo di musica), corredato da versi, piccoli accenni narrativi, note critiche. Nel dialogo, fondato su un incontro più che su uno scontro ( i tre rappresentano l’anima razionale, quella religiosa e quella mistica, intuibile nel nome “aviliano” di Teresa), si fanno continui riferimenti a pietre miliari come ad esempio Bach, Mozart, Bruckner, Messiaen, con citazione delle loro opere più significative, al cui ascolto contestuale viene sollecitato il lettore. Il discorso si amplifica attraverso richiami pertinenti e parallelismi molto suggestivi con i grandi della pittura (Botticelli e Beato Angelico per tutti) o del cinema (magnifico un richiamo ai pittorici e musicali silenzi di una scena del bergmaniano Sussurri e grida).

Le osservazioni che l’autore effettua attraverso le parole dei tre personaggi sono “ad onde concentriche”, perché svariando su varie chiavi interpretative determinano un cammino intimo dall’umano fino al divino alla luce dell’eterno, quell’eternità che rimbomba come un tuono, come in una celebre cantata di Bach.

È interessante il filo del discorso, perché parte come assunto paradossalmente dall’inviolabile purezza dell’Assoluto, al quale era più facile avvicinarsi quando la rappresentazione religiosa era il tutto incantato dell’anima e della vita, come appare chiaro dalle immagini dell’Arte medioevale, anche di quella iconica orientale, dove domina la figura della Vergine. La Vergine dal Rinascimento in poi sarà contaminata dall’umanizzazione, ma questo, se da una parte è un limite, dall’altro arricchisce di contenuti, in quella fusione tra sacro e profano che diventa il seme e il fiore più saporito dell’arte e della musica.

Terreno e ultraterreno si toccano e si vivificano a vicenda. L’uno non oscura l’altro. Del resto, come sostiene Di Serio, Dio ci mette la creazione, l’uomo i nomi e le caratteristiche, così come in un Cantus firmus può godere delle tante variazioni tonali dell’esecuzione. Modernizzando, hardware e software in altre chiavi…

Tutta la scrittura del libro cerca di trasmettere il sapore di questa commistione che è figlia della storia e dell’umanità, è scintilla del cielo e voglia di superare l’angoscia del buio, magari con un canto che quel buio lo scova e lo addomestica.

È una scrittura di nicchia, ma accattivante, raffinatissima, figlia di uno scrupoloso ed appassionato labor limae e nello stesso tempo di una sottinteso sottofondo musicale, come se nella descrizione di un’opera l’autore fosse in ascolto diretto delle note e ne traesse l’ispirazione per la trance poetica. Questa a sua volta si traduce in parole ricche di connotazioni e sfumature liriche, perché le parole in lui servono anche a negare il valore totalizzante della parola, sostituibile dalle percezioni più o meno leggere dell’ineffabile. Così, pur se con i nostri limiti, si può cogliere l’ incanto rispetto agli splendori e alle piaghe della Creazione ed alla luce impalpabile in cui siamo immersi, una volta in toto, oggi con la mediazione della ragione, che nello stesso tempo riduce e illumina.

Di Serio non cerca mai la frase ad effetto, così come rifiuta la melodia calamita o il cerebralismo che tutto inaridisce.

La razionalità di Theodor, il misticismo di Teresa, la religiosità di Paulus sono la trinità che permette di viaggiare in questo universo sonoro, letterario e artistico. E così le note del libro, sulla scia della percezione che l’autore stesso prova nell’approcciare gli argomenti, contornano ondulazioni che si colgono come un respiro, salmodiano sul mondo, stillano come una dichiarazione d’amore al mondo e all’oltre. E tutto risulta nuovo, pur nell’identico, in un unico abbraccio che avvolge il battito dei cuori, e la devozione finalmente esce dal suo infelice dormiveglia, dal suo compiaciuto feticismo e prende respiro…

È il brivido del sacro, signori. E Di Serio con questo prezioso pamphlet questo brivido lo fa suo e riesce a trasmettercelo “sul serio”…


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