LAURINO-BATTIPAGLIA (SA). Alla scoperta-riscoperta del pittore Amerigo Schiavo, ad un anno dalla scomparsa

Emozione e commozione a Laurino per la manifestazione “Questa è casa mia!”, in cui è stata ricordata la figura umana e artistica di Amerigo Schiavo, pittore e scultore laurinese scomparso un anno fa a Battipaglia, dove risiedeva da qualche tempo, dopo una lunga permanenza a Roma.

La manifestazione, promossa dalla famiglia Schiavo e patrocinata dal Comune di Laurino, si è svolta lunedì 19 agosto nella sala dei convegni dello storico convento francescano di Sant’Antonio, alla presenza del Sindaco Romano Gregorio, della madre di Amerigo, Ada, delle sorelle Almerica, Cinzia, Elvira Lina e Rossella e di un nutrito stuolo di familiari, amici e conoscenti. Ha condotto e relazionato lo scrivente, Franco Bruno Vitolo, accompagnato dalle letture di Almerica Schiavo, sorella di Amerigo e attrice di teatro, dalle musiche del pianista Fabio Schiavo, dagli interventi e dalle testimonianze del Sindaco Romano Gregorio, del Presidente della Pro loco, l’ex Sindaco Gaetano Pacente, della giovane Fiamma, nipote dell’artista, dell’amico Bruno, di Luca Archibugi, documentarista RAI e prestigioso autore di teatro, appositamente venuto da Roma.

Non c’è stato solo il commosso, emozionato ed emozionante ricordo dell’esistenza di una cara persona, ma anche, e diremmo soprattutto, la scoperta-riscoperta di un artista di vaglia dalla scoppiettante e fantasiosa intelligenza creativa.

Formatosi in Accademia sul modello suggestivo dei grandi artisti dell’Avanguardia e della Transavanguardia, in seguito, con i toni fortemente chiaroscurali della sua umanità e con uno stile originale sospeso l’astratto e il realismo lirico, è esploso come lava da un vulcano in circa cinquemila opere, di cui non poche degne di entrare del salotto buono dell’arte moderna. Molte di queste sono state mostrate in video nel corso della manifestazione, ed è emerso tutto un mondo parlante, ora di forme umane e naturali riconoscibili e comunicative, ora di immagini e concrezioni informali o simboliche, ora di giocosa ironia, ora di avvolgenti oscurità, ora di aggrovigliati colori di un’anima a tinte forti che riusciva ad esprimersi soprattutto con spifferi di silenzio.

Un mondo vario e complesso, così come prismatica era la dimensione esistenziale di Schiavo. Un mondo di mattanze a caccia dell’ultimo mostro in filanti grovigli sanguigni, o di occhi di donna che si profilano come buchi neri, ma anche di sguardi incrociati e complici nell’incontro tra un giovane sognante ed un cane scodinzolante.

Un mondo di radici abbraccianti, trasfigurate nei vari colori del cuore, tra profili di monti, fioriture di frutti e agrodolci stilettate di cipressi.

Un mondo di edenici tuffi e perduti Eden, di angeli svolazzanti in falsi movimenti e demoni divoranti.

Un mondo di sbarre e lontananze, ma anche di abbracci dolci e/o vagheggiati, come quelli delle sue (Ma)donne con bambino, in cornici colorate o contornate di nero, o con lo sfondo cosmico del firmamento nel più dolce afflato dell’amore-affetto-protezione.

Tutto questo con tocchi di colori e di forme a volte stilizzati, a volte distonicamente esplosivi, con accoppiamenti analogici alla Magritte, destrutturazioni di immagini alla Cézanne, deformazioni formali alla Picasso, fantasiosi voli alla Chagall, ma pur sempre elaborati alla Schiavo, diremmo quasi “schiavizzati”, se non fosse impropria questa evocazione di prigionia per un artista che si è tuffato nella creatività per cercare, anche nel fondo degli abissi, la sua personale libertà.

È proprio per tale elettricità di emozioni e capacità di espressione che prima lo abbia candidato ad entrare nel salotto buono dell’arte contemporanea.

Perché tale “entrata” avvenga, occorre comunque fare un’adeguata e meritoria operazione di memoria, di studio e riconoscimento della sua arte. Sarebbe giusto che il primo passo in tal senso fosse fatto proprio dalla sua terra. Per questo al termine dell’incontro è partita la proposta di effettuare una retrospettiva antologica delle sue opere (in una mostra e poi in un catalogo più completo di quelli, parziali, tuttora esistenti) e di indire un concorso annuale intitolato a lui.

Sarebbe un tributo buono e giusto alle sue qualità… ed anche l’inizio della rinascita di una persona che purtroppo non è stata ricambiata dalla vita con lo stesso slancio con cui l’ha amata.


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