Cava de’ Tirreni (SA) – Lamezia (CZ). Lettere d’amore ai tempi del coronavirus. Incoronata la squadra del “De Filippis – Galdi”

E Alfonso Di Somma vince con un monito della Luna agli Umani: “Avete rubato questo mondo ai vostri figli


È decisamente una “squadra fortissimi” quella degli studenti del Liceo “De Filippis Galdi” di Cava de’ Tirreni. Quando partecipano ad un concorso eccoli lì, sempre in zona scudetto o Champions League.

Belle vittorie, belle affermazioni, ma l’importante non è che vincano, è che i loro campioni sono pur sempre la punta dell’iceberg di un lavoro costantemente di stimolo e di qualità prodotto da tutto l’Istituto. I fiori e i frutti, in fondo, sono pur sempre imprescindibili dall’humus del terreno di coltura…

L’ultima fioritura è venuta a Lamezia, dove il locale Lions Club aveva lanciato un Concorso nazionale riservato alle scuole sul tema Lettere d’amore ai tempi del coronavirus: l’accoppiata vincente di un argomento di stringentissima attualità e di un sentimento come l’amore che coinvolge a tutto tondo i giovani, sia per il calore dei sentimenti connessi, sia per il turbinio degli ormoni in piena azione aerobica.

I nostri campioncini del “Galdi” se ne sono tornati con il cestino pieno di premi:

Sul podio, Alfonso Maria Di Somma (con “Tramontata è la luna”), diciottenne in odore di maturità ( V B Classico), e Letizia Savarese (con “Cara Itaca”), germoglio del primo anno (I B Classico), appena spuntato e già pieno di petali. I loro lavori saranno ovviamente anche pubblicati sul volume curato da Grafichè Editore, così come la “Lettera al Covid 19” di Ilaria Mancino (quarta A di Scienze Umane) e la lettera di Franziska Dura, 4 B classico, che ha ottenuto una menzione speciale. Segnalazioni speciali anche per Kateryna Odnorih (1 C classico), Francesca Paolillo (2 B classico), Luisa Calenda (4 A linguistico), Anna e Claudia Adinolfi, Anna Boccitto, Angela Imparato, Gaia Marzano, Paola Rescigno (3 A Scienze Umane), Ilaria Bisogno (4 A musicale).

A confermare come questi riconoscimenti non vengono dal caso, alcune eclatanti concomitanze. Alfonso Maria Di Somma, medaglia d’argento, e Franziska Dura, menzione speciale, sono anche i vincitori assoluti dei due premi più importanti assegnati agli studenti di Cava nella prima parte di questo tormentatissimo anno scolastico.

Di Somma, con un racconto bellissimo sulla conversione “etica” di un ragazzo immerso nella mala, confermando il trionfo dell’anno precedente, ha vinto “alla Ronaldo” il Concorso “Le parole sono ponti”, dedicato alla memoria dell’indimenticabile prof. Elisabetta Sabatino. Franziska ha fatto il pieno di scudetti al Premio Badia (miglior concorrente, migliore prova creativa, miglior tweet), classificandosi seconda nella prova di Critica. In più, nel 2019, Alfonso si era classificato sul podio del Concorso Nazionale “La Piazzetta”, a confronto con adulti di tutta Italia, mentre Franziska ha ottenuto una menzione speciale al Concorso Nazionale “Disarmiamo l’ignoranza”, anche questo aperto a tutte le età, giungendo a pari merito con un ultraottantenne narratore del Nord Italia.

Credo però che la conferma più grande venga dalla lettura diretta degli scritti di questi ragazzi.

Senza far torto a nessuno, a titolo di esempio prendiamo in considerazione solo la Lettera di Alfonso Maria di Somma, Tramontata è la Luna. Il suo titolo si proietta nella notte dei tempi, nei versi della poetessa Saffo, che, pur vissuta duemilacinquecento anni fa, rimane pur sempre “una di noi”. Da quei versi egli prende lo spunto per una “strigliata d’Amore e di Rabbia” dell’Astro d’Argento nei confronti di noi terrestri.

Lo sguardo della Luna, intenso come quando è piena e sembra che ci voglia entrare in casa, è rivolto sulla storia umana e sulla dimensione stessa dell’essere umano, che tante volte ha acceso la luce dell’amore ma troppe volte l’ha spenta ed ha mostrato la sua difficoltà ad “essere umano veramente”.

Il respiro dei secoli, parole “da teatro della vita” quelle della Luna: “Coi miei raggi illuminavo la polverosa piana di Troia, quando gli uomini erano dei e gli dei uomini, portando speranza alle fatiche di Eracle e a quelle di Schindler; c’ero ad illuminare le pennellate notturne di Van Gogh e ad ascoltare il canto del pastore errante dell’Asia, c’ero a dare il tempo ai battiti del cuore di tutti gli ascoltatori dei notturni di Chopin e Beethoven, ero io a brillare sull’infelice amore di Tosca e prima degli indovinelli di Turandot, fui io la lanterna a scaldare i cuori di Amore e Psiche, l’unica silente testimone dei baci rubati di Romeo e Giulietta, sono io a splendere ugualmente sui virtuosi e sui peccatori, sui miracoli di San Francesco e sulle avventure di don Giovanni. Purtroppo sono sempre io a vegliare ogni volta che l’uomo si è macchiato e ricade nella colpa di Caino, perché ogni volta che succede è la più oscura di tutte le notti, ma per ogni Abele io verso una mia piccola lacrima d’argento ed ogni notte ne inondo il cielo. È questo il modo per dire che l’Universo ha a cuore i suoi figli, sempre. Ho brillato nel fango, sul freddo e sulla paura dei soldati nelle trincee e sul tepore delle comode case, sui grossi ventri assopiti di chi da lì, da candidi letti di lana, comandava sui fronti.“

E poi, dopo altri tocchi illuminanti come questi, i tocchi e i rintocchi del dubbio e della saggezza.
“Vi conosco da sempre, eppure non smetterete mai di stupirmi, forse è per questo che è difficile amarvi ma impossibile odiarvi: come è possibile che la stessa specie abbia scritto “L’infinito” e sganciato la bomba atomica? La stessa mano che ha scritto la Bibbia ha lasciato la penna e ha premuto il grilletto…”

E il discorso alla fine da storico diventa incisivamente etico e profondamente umano, intriso di evangelico trasporto.

Mi verrebbe da ridere a veder sbuffare qualcuno di voi, “stremato” dal troppo stare in casa, se non fossi impegnata a piangere per tutti gli altri che non hanno un tetto sotto il quale consumare un pasto caldo e per quelli che non hanno un pasto, né caldo né freddo.

Nessuna felicità è possibile per l’umanità finché “il nostro vicino rimarrà a digiuno”.

La nostra Felicità, ci ammonisce la Luna, è nascosta dietro il sorriso di chi grazie a voi non ha più freddo, perché Felicità è una pietra che brilla di più, riflessa negli occhi del tuo prossimo, è quel riflesso il bagliore divino e dolce è la vita, che cantava Pindaro (e io c’ero quando lo cantava), è quel riflesso che illumina d’immenso, che fa gridare al Dottor Faust, rivolto all’attimo: “Sei così bello, fermati! Gli evi non potranno cancellare l’orma dei miei giorni terreni. Comprendendo una gioia tanto grande, io godo ora l’attimo supremo”.

Non manca alla fine la speranza d’Amore, scatenata dalle contraddizioni dell’emergenzavirus.

Affido ai primi raggi del sole queste mie parole: esse mi incalzano: fa’ che quest’alba che sta per sorgere sia l’inizio di un nuovo giorno, un giorno di risveglio, di rinascita, di cambiamento… e se mai al tramonto ti sentirai solo o triste o perso, alza gli occhi e mi troverai, amata e fedele compagna al tuo destino.

Da sempre e per sempre tua”…

Ed è solo una parte di questo viaggio affascinante ed emozionante, di questa Luna della coscienza. L’arco di storia e di umanità che in poche pagine le parole di Alfonso Di Somma sono riuscite a coprire è una lezione di cultura anche per il mondo degli adulti ed ha tutto il sapore del Grande monito che viene dalla Vita Vissuta di fronte alle luci purtroppo lontane della Vita possibile ed alle ombre purtroppo vicine della Vita Temuta così come è stata preparata dall’Uomo di oggi.

Terribili le parole della Luna: “Non avete ereditato questo mondo dai vostri antenati, ma l’avete rubato ai vostri figli: fossi in voi, inizierei a preoccuparmi delle condizioni in cui lo restituirete…

Vengono i brividi a pensare che tutto questa dimensione che taglia il Cuore e la Mente sia stata prodotta da un giovane di soli diciotto anni. E vengono i brividi anche quando da tali esempi si capisce quale giardino di fiori la scuola stessa sa produrre e potrebbe produrre, e quali sterpaglie invece troppe volte lascia che coprano il suo fertile terreno. A pensarci, se fossi la Luna, mi spegnerei e me andrei, per protesta.

Ma, pensando ai fiori che comunque nascono, non resta che dire “Chapeau!”, abbracciare tutti questi fiori e sperare che “i fiori coprano sempre di più le sterpaglie del giardino”…

Non solo a scuola, ma nel mondo intero …


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