ambiente & territorio

 

Cetara parla inglese. Al via il progetto “Do you speak English?”

cetara-dal-mare-vivimediaCETARA (SA). Al via a Cetara il progetto “English Project – Do you speak English?” promosso dall’associazione “Amici del Forum dei Giovani” e dal Forum dei Giovani di Cetara, in collaborazione con il Comune e con la Parrocchia di San Pietro Apostolo, che ha messo a disposizione i propri spazi per poter svolgere le lezioni. L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo e sostenuta dall’assessore alla Cultura e al Turismo Angela Speranza. Lunedì 18 gennaio parte ufficialmente l’EP, che nasce per ampliare l’offerta di servizi presenti sul territorio e perseguire gli obiettivi presenti nel Progetto integrato per la qualità del comparto turistico “Qualità Cetara”, promosso dal sindaco Secondo Squizzato, in collaborazione con gli operatori del settore turistico. “Qualità Cetara” ha lo scopo di migliorare l’offerta nel borgo marinaro, sempre più meta di turisti stranieri che decidono di trascorrere le vacanze in Costiera amalfitana. L’obiettivo è quello di offrire un corso di lingua inglese, finalizzato all’apprendimento delle nozioni fondamentali per i più piccoli, e di concetti specifici del settore turistico per gli operatori e per quanti hanno intenzione di arricchire il proprio bagaglio culturale. Il corso è quindi suddiviso in fasce d’età, partendo dai bambini di 4 anni, e avrà la durata di 4 mesi. Per chi vorrà, è previsto un quinto mese di preparazione per sostenere un esame che, a fronte di un esito positivo, permetterà di ricevere un attestato di lingua riconosciuto in tutt’Europa. “Ieri si sono ufficialmente chiuse le iscrizioni e abbiamo registrato numeri importanti: ben 100 iscritti, tra cui 32 commercianti, per i quali il corso è gratuito perché offerto dal Comune di Cetara, proprio nell’ambito del progetto Qualità Cetara”, ha affermato con viva soddisfazione l’assessore Speranza, che si avvarrà della collaborazione dell’esperto linguistico Giovanna Della Porta. (Claudia Bonasi)

Smog Napoli. Legambiente: in una fase d’emergenza utili, ma non sufficienti i provvedimenti adottati

goletta-verde-web-legambiente-vivimediaNAPOLI. “Da giorni i livelli di esposizione dei cittadini agli inquinanti nell’aria rimangono elevati e ancora ben oltre le soglie consentite dalla normativa. In una fase d’emergenza sono necessari ma non sufficienti gli interventi che riguardano il blocco delle auto, la riduzione delle temperature dei sistemi di riscaldamento sia per edifici privati che industriali. Per raggiungere migliori livelli di vivibilità e liberare i nostri centri urbani dalla cappa inquinante è prioritario mettere finalmente mano a nuove politiche di mobilità incentrate su uno svecchiamento del parco autobus puntando su mezzi al metano , su un trasporto pubblico locale moderno, treni per pendolari e mobilità alternativa. Il trasporto pendolare, anche interno alla città, dovrebbe essere una priorità delle politiche di Governo, perché risponde a una esigenza reale e diffusa dei cittadini e perché, se fosse efficiente, spingerebbe sempre più persone ad abbandonare l’uso dell’auto con vantaggi ambientali, climatici e di vivibilità delle nostre città. Invece nella nostra regione il trasporto pubblico campano è un vero e proprio incentivo all’uso privato dell’automobile come dimostrano la riduzione del numero dei pendolari che usano il trasporto pubblico: si stima che in tre anni si sono persi circa 196mila pendolari che tradotto significa più auto in circolazione, più traffico, più smog nelle nostre città”. In una nota Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania commenta emergenza smog a Napoli. 

In Campania, secondo i dati di Leganbiente, sono 431 i treni in circolazione sulla rete regionale . L’età media dei convogli in circolazione sulla rete regionale è di 17,3 anni ed il 78,3% dei treni ha più di 20 anni di età. In Campania tra il 2010 e il 2015 il taglio ai servizi ferroviari è stato pari al 15% a fronte di un record di aumento del costo dei biglietti pari al 23, 75 % con un servizio che non ha avuto alcun miglioramento. Nonostante la regione Campania negli ultimi anni si è dotata di 63 treni tra nuovi e completamente ristrutturati, ci sono ancora troppi treni metropolitani e tram troppo vecchi: a Napoli sono 81 il numero dei treni metropolitani con una età media di 23 anni, mentre il 43,2% dei treni ha più di 20 anni.

“Le nostre città – conclude Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania – devono tornare a respirare, ad essere più verdi, ed essere delle fucine di innovazione. Ripensare i centri urbani, migliorare la qualità di vita e dell’aria significa prima di tutto ripartire dal trasporto pubblico, che si conferma essere un passaggio strategico per il cambiamento dei nostri centri urbani. Oramai da anni nella nostra regione si sta celebrando il funerale del trasporto pubblico e così nel silenzio delle istituzioni si sta peggiorando in maniera decisiva la qualità di vita delle persone e delle città con conseguenze inimmaginabili dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Basta pensare alla situazione della Circumvesuviana,  una autentica vergogna italiana, dove  tra , treni fatiscenti, vagoni stracolmi, riduzione delle corse e  per i  pendolari che dalla provincia di Napoli diventa sempre più difficile entrare nelle carrozze e in tanti stanno abbandonando il treno per tornare all’automobile”.

Rapporto Ecosistema Scuola 2015: Legambiente presenta l’indagine annuale sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi scolastici

goletta-verde-web-legambiente-vivimediaNAPOLI. La scuola campana? Una fotografia tra luci e ombre. Una situazione che in graduatoria vede Napoli 41a prima tra le grandi città del sud, Avellino al 44 posto, Salerno a metà classifica al 52o posto mentre Benevento manda dati incompleti e Caserta solo quelli riguardanti sulla zezione degli impianti sportivi e pertanto entrambe non sono presenti in classifica.

Anche quest’anno la fotografia scattata da Ecosistema Scuola 2015, l’indagine di Legambiente sullo stato di salute dei 500 edifici scolastici campani frequentati da circa 120mila studenti presenti nei 3 capoluoghi di provincia è poco rassicurante: il 39% delle scuole dei tre comuni capoluoghi è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974.

Solo 9,8% degli edifici è stato costruito con criteri antisismici, sul 28,3% è stata eseguita la verifica di vulnerabilità antisismica, percentuali troppo basse se consideriamo che ci troviamo in una regione dove il 91,1% delle scuole è in aree a rischio sismico. 

Anche i dati sulle manutenzioni e soprattutto sugli investimenti sono negativi. Secondo il rapporto di Legambiente, a fronte di una necessità di interventi di manutenzione urgenti del 55,1% (16 punti sopra la media), linvestimento per la manutenzione straordinaria è in media di 7mila euro ad edificio (quasi 34 mila il dato nazionale). Promossa la scuola campana sulle certificazioni: i comuni provvedono a dotare le scuole di quasi tutte le certificazioni, da quella di idoneità statica (100%) e di agibilità (95,2%) a quella igienico sanitaria (100%).Ancora indietro per quanto riguarda il certificato prevenzione incendi, solo il 44,7%. E’ sul fronte dei servizi che i Comuni dovrebebro investire maggiormente : solo il 7,6 delle scuole viene ,garantito il servizio di scuolabus (25,8% la media nazionale), sono solo l1,6% le scuole raggiungibili su pista ciclabili. Una buona attenzione viene invece garantita alla sicurezza nelle aree antistanti le scuole visto che il 79,7% degli edifici è posto in Zone 30, contro il 12,9% della media italiana. Luci e ombre per le buone pratiche. La raccolta differenziata di tutti i materiali è il vero elemento positivo visto che oltre il 90% delle scuole campane prese in esame, la pratica con dati prossimi al 100% per quanto riguarda plastica e carta. Nelle mense scolastiche invece la media di prodotti biologici è solo del 30% (oltre 20 punti percentuali sotto la media) mentre in nessuna vengono somministrati pasti interamente bio. In Campania l’ uso delle rinnovabili nelle scuole stenta a decollare solo sul 5,1% sono infatti installati impianti che per il 91,2% sono solari fotovoltaici e per il 7,7% solari termici.

“La presentazione di questa XVI edizione di Ecosistema Urbano – dichiara Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania avviene in un contesto in evoluzione segnato da una maggiore attenzione e sensibilità al tema dell’edilizia scolastica, dalla pubblicazione, seppur parziale, dei dati dell’anagrafe scolastica e dai finanziamenti per la manutenzione straordinaria e ordinaria. Ma questi interventi non bastano: la messa in sicurezza e la riqualificazione energetica degli edifici scolastici devono essere uno degli obiettivi prioritari di questa Regione e un’occasione dalla quale partire per creare un altro sviluppo, per contribuire alla rigenerazione urbana, ma soprattutto per far uscire l’edilizia scolastica italiana dall’attuale stato di emergenza in cui si trova. Intervenire sugli edifici scolastici, sulla loro manutenzione sono tra le opere più importanti e davvero utili per sbloccare l’Italia e darle un nuovo futuro. La nostra indagine – conclude Buonomo di Legambiente- ha come obiettivo sensibilizzare e informare ma soprattutto rappresenta uno stimolo politico affinché le nostre scuole diventino luoghi di eccellenza, portatrici di una cultura del cambiamento e attente ai bisogni strutturali, ambientali ed educativi”.

Dalla fotografia di Ecosistema Scuola 2015 buona la posizione di Napoli (41º) che risulta prima tra le grandi città del sud. L’indagine su Napoli riguarda 436 edifici scolastici per una popolazione scolastica di 92mila studenti. Solo nel 30% è stata eseguita la verifica di vulnerabilità sismica , mentre solo 27 edifici sono stati realizzati secondo criteri antisismici. Tutti gli edifici hanno il certificato di agibilità, di collaudo statico, di agibilità igienico sanitaria e sono dotati di porte antipanico e hanno effettuato prove di evacuazione. Sono 202 gli edifici che sono in possesso di scale di sicurezza e 28 quelli che hanno i requisiti richiesti dalla normativa in materia di accessibilità. Il 42 % degli edifici scolastici sono dotati di giardini e area verde fruibile. Il 59% degli edifici necessitano di interventi urgenti di manutenzione straordinaria per adeguamento alle norme e per eliminazione rischi, principalmente per impiantistica e prevenzione incendi. Ben il 77% degli edifici scolastici dispongono di strutture sportive. In tutti gli edifici napoletani si pratica la raccolta differenziata e tutte le mense sono servite da pasti biologici. Il 100% degli edifici scolastici hanno una rete wifi.

Buona performance di Avellino al 44posto, dove sono stati 27 gli edifici monitorati per un popolazione scolastica di oltre 6500 ragazzi. Solo dieci edifici sono costruiti secondo criteri antisismici e solo su undici è stata eseguita la verifica di vulnerabilità sismica. Tutti hanno il certificato di idoneità statica e agibilità igienico sanitaria e sono dotati di porte antipanico, dotati di impianti elettrici a norma. In nessun edificio scolastico sono presenti strutture con amianto. Sono sette gli edifici che necessitano di interventi urgenti di manutenzione straordinaria per adeguamento alle norme e per eliminazione rischi. In tutti si pratica la raccolta differenziata e in 16 edifici si servono pasti biologici.

Salerno si assesta metà classifica al 52posto. Nel capoluogo salernitano il monitoraggio è stato effettuato su 45 edifici scolastici frequentati da circa 12mila ragazzi. Solo il 28% degli edifici sono stati costruiti secondo criteri antisismici, solo su un edificio è stata eseguita la verifica di vulnerabilità sismica. Quarantadue edifici sono dotate di porte antipanico, tutti gli edifici sono dotati di impianti elettrici a norma . Solo un edificio scolastico ha effettuato prove di evacuazione mentre il 26 % degli edifici sono sprovvisti di certificato di prevenzione incendi. In tutti gli edifici si pratica la raccolta differenziata, e si servono pasti biologici. Solo due edifici utilizzano fonti d’energia rinnovabile. Sono 14 gli edifici con giardini e area verde fruibile e 23 gli edifici scolastici che dispongono di strutture sportive aperte anche al pubblico in orario extrascolastico.

Ecosistema Urbano: “Il territorio, gestione, tutela e opportunità”, il convegno organizzato da Legambiente e dal Comune

legambiente-vivimediaBENEVENTO. Città allagate e territori sempre più fragili, resi vulnerabili dal riscaldamento globale, dal crescente consumo di suolo e da una gestione del territorio, urbanizzato e non, che non ha mai messo la prevenzione del rischio idrogeologico al primo posto. È quanto sta accadendo ormai in Italia, colpita da fenomeni atmosferici sempre più intensi, frequenti e localizzati, che ogni anno provocano alluvioni, smottamenti e frane causando vittime e danni. Le immagini dell’alluvione di Benevento dello scorso ottobre, in Campania, ma anche l’ondata di maltempo che nello stesso mese ha colpito Olbia, Pisa, Cassino, solo per citarne alcune, hanno drammaticamente riportato all’attualità il problema del rischio idrogeologico in Italia e l’urgenza di avviare una serie di interventi per la tutela e la valorizzazione dei territori. Un esempio? Avviando una rigenerazione urbana, programmando interventi mirati per la tutela e la messa in sicurezza dei territori e politiche dimitigazione che garantiscono anche una migliore risposta agli eventi climatici estremi;ed ancora definendo un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, rilanciando le aree interne e puntando sulla forza dei territori,molte cose potrebbero cambiare disegnando così una nuova “geografia urbana” più green e sostenibile.

Di questi temi si è parlato oggi a Benevento nel convegno “Ecosistema Urbano. Il territorio, gestione, tutela e opportunità” organizzato da Legambiente e dal comune di Benevento. La città campana avrebbe dovuto ospitare lo scorso 26 ottobre la conferenza di presentazione di Ecosistema Urbano XXII edizione, ma dopo l’alluvione che ha colpito pesantemente la città, Legambiente ha deciso di rimandare l’evento al 4 dicembre, proponendo un convegno sul tema della tutela, gestione e valorizzazione del territorio e premiando i vincitori dell’ultima edizione di Ecosistema Urbano. E proprio da Benevento, che lentamente sta tornando alla normalità, oggi Legambiente ha ribadito l’importanza di considerare la difesa del suolo e le politiche di prevenzione un tema prioritario del Paese e dell’agenda politica. È la prima vera grande opera pubblica da mettere in campo. 

“Le città – dichiara Rossella Muroni, direttrice nazionale di Legambiente – rappresentano il nodo intorno a cui si intrecciano e dipanano le emergenze umane, ambientali, sociali e culturali del nostro tempo e insieme lo scenario di soluzioni possibili e praticabili. La crisi urbana e i cambiamenti climatici ci obbligano a ripensare in modo diverso il territorio e le città, immaginando un futuro che guardi alla rigenerazione urbana, ad uno nuovo tipo di mobilità urbana, a scelte di vita sostenibili. E in questo futuro è importante che vi sia anche un cambio di passo da parte della politica attraverso nuovi interventi territoriali e politiche ad doc a partire da un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che contenga indicazioni concrete per mettere in sicurezza le persone e adattare i territori e le realtà urbane. I cambiamenti climatici stanno determinando impatti sempre più evidenti nelle città, con rischi per le persone e problemi che in Italia sono resi ancor più drammatici dal dissesto idrogeologico, da scelte urbanistiche sbagliate e dall’abusivismo edilizio. Per questo è imprescindibile ridurre le emissioni di gas serra e investire per la messa in sicurezza dei territori, due obiettivi fondamentali che devono essere fissati in modo obbligatorio nell’accordo internazionale che uscirà dalla COP21 di Parigi”. 

“Abbiamo fortemente voluto questo appuntamento a Benevento per rinsaldare, proprio da questo territorio, recentemente martoriato, i principi cardine della salvaguardia ambientale – commenta Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania -. Il nuovo modello di sviluppo che di fatto la crisi ci impone di scegliere, dovrà puntare su una economia a basse emissioni, sulla corretta gestione del territorio per la sicurezza dei cittadini e delle imprese, sulla valorizzazione delle tipicità agricole ed artigianali. Un ruolo fondamentale sarà giocato dalle aree interne, sulle quali occorre scommettere e nelle quali rientrano anche città come Benevento. Serve combattere il pervasivo abuso di territorio, operare per la necessaria messa in sicurezza, valorizzare il patrimonio storico e culturale, favorire la permanenza dei giovani”. 

Il convegno, presentato oggi presso il Palazzo Paolo V, si è aperto con i saluti di Fausto Pepe, sindaco di Benevento, Michele Buonomo presidente di Legambiente Campania e di Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente. A seguire le tre sessioni tematiche: la prima dedicata al rischio idrogeologico e moderata da Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, con gli interventi di Denis Maragno, Università Iuav di Venezia Gestione del Rischio e Giulio Conte, Ambiente Italia.

La seconda “Il territorio: quale politica quale difesa” che ha visto, tra gli altri, anche la partecipazione di Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, Mauro Grassi, Unità di missione Italia Sicura, Fulvio Bonavitacola, vice presidente Regione Campania. La terza tavola “Il rilancio del territorio, le opportunità delle aree interne”, moderata da Sebastiano Venneri, di Legambiente, ha visto tra i presenti Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, Domenico Liotto, Referente Aree interne – Regione Campania, Gennarino Masiello, Vice Presidente nazionale Coldiretti, Michele Di Maio, Sindaco di Calitri, Stefano Landi, Master MMT – Università LUISS Roma, Cosimo Rummo, Presidente e Amministratore delegato Pastificio Rummo. Infine le conclusioni dell’Onorevole Umberto Del Bassi De Caro, sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture. 

Rischio idrogeologico e politiche territoriali – In Italia sono circa 6 milioni i cittadini che vivono o lavorano in aree ad alto rischio idrogeologico. Una condizione che interessa il 10% della superficie del territorio nazionale e l’82% dei comuni italiani. I danni legati alle emergenze idrogeologiche degli ultimi 16 mesi ammontano a 7,9 miliardi di euro, secondo i dati di Italia Sicura, e da maggio 2013 sono stati aperti 40 stati di emergenza, di cui 14 ancora in corso. Dati che evidenziando quanto sia urgente intervenire al più presto attraverso politiche territoriali ad hoc e risorse adeguate. Per Legambiente gli oltre 600 milioni di euro, per i 33 interventi urgenti contro il rischio idrogeologico resi disponibili dal Governo, sono un’importante e positiva novità, ma rischiano di essere insufficienti rispetto all’ingente mole di danni e alla diffusa presenza di territori a rischio in Italia. Bisogna destinare maggiori fondi alla prevenzione per diminuire i costi delle emergenze. Legambiente ricorda che gli interventi di prevenzione del rischio sono un investimento in termini ambientali ed economici. Si stima che ogni euro di investimenti pubblici ne sviluppa 6. Inoltre la gestione del territorio, attraverso presidi territoriali e il coinvolgimento dei soggetti interessati e delle diverse discipline tecnico-scientifiche permette di creare nuova occupazione a partire da quelle aree, come le aree interne, che oggi sono le più disagiate sotto questo punto di vista. Per questo l’associazione ambientalista oggi ha ribadito l’urgenza di definire un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che dia indicazioni concrete per attuare le politiche di adattamento a partire dalle città, e che dialoghi con il programma delle misure di riduzione del rischio che si stanno mettendo in campo. 

Rigenerazione urbana e valorizzazione aree interne: Durante il convegno si è poi sottolineato l’importanza diavviare nelle città italiane una vera e propria rigenerazione urbana basata su: mobilità nuova e sostenibile per uscire dalla morsa di traffico e smog, ecoquartieri per rigenerare le periferie, riqualificazione energetica e statica per rilanciare il patrimonio edilizio. Per l’associazione ambientalista la rigenerazione urbana è fondamentale per fermare il consumo di suolo, per riportare qualità e identità dei centri urbani rispondendo alle sfide delle trasformazioni socio-economiche, dei cambiamenti climatici e degli inderogabili impegni in campo energetico.

E se nelle città è importante pensare ad un rinascimento urbano, dall’altra parte è fondamentale valorizzare e rilanciare le aree interne del Paese, luoghi di bellezza e culle di buone pratiche sostenibili. Qui le comunità locali stanno costruendo società resilienti, attrezzate a rispondere alle nuove emergenze climatiche e a prevenirle grazie a strumenti e politiche di mitigazione che favoriscono la crescita di nuove imprese, professionalità e specializzazioni sul territorio in grado di dare risposte strutturali a danni di abbandono e spopolamento, di degrado dei paesaggi e del patrimonio edilizio, di dissesto idrogeologico, cattiva pianificazione, consumo di suolo, perdita di capitale umano e incapacità a formare le giuste competenze per le economie dei territori. 

La sfida della qualità nel Bacino del Sarno

legambiente-fiume-sarno-(3)-ottobre-2015-vivimediaANGRI (SA). Il bacino del Fiume Sarno copre un territorio di 483 kmq (pari al 5% della superficie della Regione Campania), 3 province, 38 comuni nei quali si concentrano la significativa pressione demografica, la mancanza di infrastrutture fognarie-depurative primarie, le contraddizioni del sistema produttivo agricolo e industriale che oscilla tra eccellenze e illegalità, la diffusione piccoli e grandi ecoreati in tutto il bacino, l’inefficacia della pianificazione urbanistica, e la complessità della gestione del rischio idrogeologico.

Il bacino del Fiume Sarno oltre alle numerose criticità ambientali presenta però numerose eccellenze agroalimentari conosciute in tutto il mondo e che rappresentano un patrimonio da tutelare. Si comincia dall’Alto Sarno con la Cipolla Ramata di Montoro; nell’agro Nocerino-Sarnese il pomodoro San Marzano e il cipollotto nocerino sono il fiore all’occhiello del territorio; sul versante del bacino a ridosso dei Monti Lattari spiccano il pomodoro Corbarino a Corbara, la Pasta di Gragnano e Provolone del Monaco nel comune di Corbara, il vino nei comuni di Lettere e Gragnano; infine sul versante vesuviano il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, i vini vesuviani Catalanesca e Lacryima Christi.

Le eccellenze agroalimentari del Bacino del Sarno resistono grazie alla passione ed al lavoro quotidiano di imprenditori agricoli che nonostante tante difficoltà continuano ad essere sentinelle di un territorio martoriato.

Le buone pratiche, le prospettive future, la sfida per tornare al fiume saranno al centro dell’incontro promosso da Legambiente con la collaborazione dell’Istituto Profagri di Salerno giovedì 3 dicembre alle ore 9,30 presso l’Auditorium del Complesso Santa Maria di Costantinopoli, in via dei Goti ad Angri (Sa). Partecipano Alessandro Turchi, dirigente PROFAGRI Salerno; Cosimo Ferraioli, sindaco del Comune di Angri; Giancarlo Ingenito, Presidente del circolo Oikos di Angri; Antonio Giannattasio, direttivo Legambiente Campania; Francesca Montuoro, Leonia circolo Legambiente Valle del Sarno; Luana Mattiello, presidente del circolo Leonia di Legambiente; Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania; Eduardo Angelo Ruggiero, Dani Coop Sarno; Nicola Barbato, Gaia Agricola; Aldo Savarese, Sabox; Lorenzo Montoro, Montoro Erbe Sarno; Marco Contursi, Slow Food Agro nocerino sarnese; Giorgio Zampetti, responsabile scientifico Legambiente

Nel corso dell’iniziativa saranno promosse azioni a sostegno del progetto Torniamo alla fonte, il crowdfunding su Eppela per la riqualificazione del lungofiume di Foce a Sarno, promosso nell’ambito della campagna Bellezza Italia promossa dal Gruppo Unipol e da Legambiente.