Coronavirus: La Voce dei Poeti

 

CORONAVIRUS. La voce dei poeti: Giuseppe Langella

Questa rubrica di cultura poetica che propone di volta in volta versi di poeti noti e meno noti, prosegue con “PANDEMIE” di Giuseppe Langella.


Pandemie

A Guido Oldani

La Terra è un otto volante, una giostra

che si contendono a spinte e sgambetti

i più ambiziosi per mettersi in mostra.

È anche un cesto di posti mai visti,

da offrire a pacchetti in pasto ai turisti.

Per la finanza, invece, è biancheria

da strizzare a oltranza, finché ne avanza.

 

Per tutti gli altri è un grande frullatore,

dove ogni cosa vortica e si ammucchia,

si urta e si miscela senza posa;

anche i virus: quello a forma di mina,

nato, Dio sa come, in pancia alla Cina,

sta facendo una strage d’innocenti,

seminato nei cinque continenti.

 

Sfocia ogni crisi in una pandemia:

questa è la legge del mondo globale,

il tempo del realismo terminale.

Giuseppe Langella


Il poeta affronta il doloroso tema del Coronavirus con il triste sorriso che caratterizza la poesia satirica alla luce del tradizionale motto latino “castigare ridendo mores” che delinea lo scopo principale d’ogni opera satirica. Il poeta quindi non “scherza” su un cosi terribile morbo al fine di dilettare futilmente il lettore, ma per indicare a lui e ancor più ai governanti, alcuni esecrabili aspetti del mondo contemporaneo mettendo in discussione, come causa di questa pandemia (e di tutte le pandemie di ogni genere – da qui il titolo al plurale) la legge del mondo globale. Tema questo molto caro a Langella, punto centrale di quel movimento detto del Realismo terminale, fondato da Guido Oldani circa dieci anni fa, in cui si denuncia che la Terra è in piena pandemia abitativa. L’uomo si ammassa in immense megalopoli in cui la Natura è stata messa ai margini, inghiottita, violentata.

Poesia, frutto di un’originale traslitterazione poetica alla luce, però, di una ben riconoscibile tradizione letteraria. Pandemie è composta da diciassette versi divisi in tre strofe (le prime due di sette versi, la terza di tre); la lunghezza dei versi è variabile così come l’intreccio di rime, a volte alternate (vv. 1-3); più numerose le baciate (vv. 4-5; 10-11; 12-13; 16-17); rime al mezzo, come ad esempio (vv. 6 -7 finanza-oltranza-avanza) o consonanze ( vv. 4-5 visti-turisti); essenziale risulta, poi, il sapiente uso dell’ enjambement. Il poeta ironicamente ci parla della Terra dapprima come un ottovolante irridendo gli ambiziosi e un turismo preconfezionato per la gioia della finanza pubblica, poi come un frullatore dove tutto “si ammucchia, /si urta e si miscela senza posa “ anche – e qui diventa serio- i virus, quello nato “in pancia alla Cina” che miete morti innocenti in tutto il mondo. Nella terzina finale, la voce del poeta si fa severa: questa pandemia non è frutto della natura maligna o del caso cieco e violento, ma dell’uomo con le sue scelte economiche sociali e politiche. Una denuncia, un grido, rivolto a tutti noi, ma sopratutto “a chi governa” per salvare quest’otto volante che è la nostra Terra.

Giuseppe Langella ( nato a Loreto nel 1952 vive a Milano) poeta e  critico letterario. E’ docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Ha pubblicato varie monografie e articoli scientifici su autori dell’Ottocento e Novecento italiano in particolare sulla cultura militante risorgimentale e sull’ermetismo novecentista. Tra le sue recenti pubblicazioni citiamo: Giorno e notte. Piccolo cantico d’amore (San Marco dei Giustiniani,2003); Il moto perpetuo (Aragno,2008, vincitore del Premio Metauro); La bottega dei cammei (39 profili di donna dalla A alla Z), Interlinea, 2013; Reliquiario della grande tribolazione. Via crucis in tempo di guerra (con tavole d’artista e nota di Franca Grisoni), Interlinea, 2015.

Coronavirus. La voce dei poeti: Dante Maffia

Dopo i versi di Plinio Perilli e di Antonio Donadio (Coronavirus (Covid-19), ecco la voce di Dante Maffia.

( L’ inedito di Antonio Donadio pubblicato in anteprima sul nostro giornale il 12 marzo scorso, è stato pubblicato, in questi giorni, da altre testate, in questo caso, cartacee: LA REPUBBLICA Milano di oggi 23 in una rubrica curata da Maurizio Cucchi e IL QUOTIDIANO DEL SUD nell’ampio articolo/recensione di Paolo Romano in data 22 ultimo scorso. n.d.r)

Da un’intera silloge di Maffia, giuntami via mail, dal titolo Corona senza regno composta da ben otto poesie e “33 haiku per una corona vigliacca”, ho scelto

IN QUARANTENA

Che voglia di vita, amore mio!

Che voglia di correre sul prato

e gridare l’ho vista la primula,

è timorosa

ma con l’occhietto vispo.

Che voglia di andare in riva al mare

e sfidarlo, fargli sentire

che chi oltre al corpo ha l’anima

è più forte

di chi ha solo il corpo.

Che voglia di cantare, amore mio,

le canzonette frivole,

bevendo il caffè sulla veranda!

Che voglia di farti una carezza

senza paura

che ti contagi

o sia contagiato.

Essere tutti e due un solo raggio

del sole che stamani ha i reumatismi.

Quando se ne andrà la scrofa indecente?

Quando finirà la missione?

Ci dica almeno chi l’ha mandata,

faccia un nome.

Tutto passa, tu dici.

È vero,

passa indifferente,

in alto,

anche la luna nuova.

Che voglia di vita, amore mio.

Dante Maffia

(da Corona senza regno, marzo 2020)

Nessun commento da parte mia. Che si alzi alta la sola Voce della Poesia.

Dante Maffia  (nato a Roseto Capo Spulico (CS), il 1946 vive a Roma). E’ poetaromanziere e saggista italiano. Numerose le sue pubblicazioni sia di poesia che di narrativa e saggistica come tanti i premi e i riconoscimenti: nel 2004 Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito della medaglia d’oro alla cultura della Presidenza della Repubblica. Maffia è stato candidato al Premio Nobel dalla Regione Calabria.

CORONAVIRUS (Covid-19)

Coronavirus. Nulla d’aggiungere. Tutto, ahimè, è noto, spaventosamente, noto.
Solo due poesie nate in questi terribili giorni con l’augurio che quanto prima ritorni il normale ritmo del nostro vivere quotidiano.

La prima L’Amore immune -giuntami via mail- dell’amico poeta Plinio Perilli. Ringraziandolo del dono, mi scuso se riporto (per ragioni di spazio) solo due delle nove lunghe strofe.

 

da L’Amore immune

[ ]

Così oggi il “corona-virus” ci cambia

la prossemica: niente più abbracci,

virili, complici, amicali, sensuali…

Niente baci e bacetti. Tolleranza zero,

del sema al soma: fine alle smancerie

spesso oziose che hanno accompagnato,

comunque i riti, i gesti de la civilisation.

[ ]

Oggi anzi un Ministro ce lo ordina! Non

fondersi, non abbracciarsi. Oh, sarebbe

festa nefasta, orgia dei batteri, un rave

dissennato di tutti i microbi… Perfino

il semplice T’amo, torni ad essere solo

un verso; velenoso magari, come l’Odi

arcigno di Catullo: mero omaggio con cui

l’Uomo anche all’Amore resta immune…

Plinio Perilli

 

Covid-19 In attesa della primavera

In questo giorno
di lontana primavera
s’impossessa d’attoniti silenzi
l’atteso primo tiepido raggio.

Così lungamente lunga
questa notte
di macabre danze e grida
d’orribile guitto balzato nel sonno.

Avremo domani
occhi meraviglia ancora
al ritmo di ritrovate nenie cantate
per le genti di sempre.

Antonio Donadio (Bergamo, 7 di marzo 2020)