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CAVA DE’ TIRRENI (SA). Storie di donne che hanno preferito il parto all’aborto in “Abbiamo detto sì” di Angela Pappalardo

Premetto, per correttezza, che appartengo non al mondo di quelli che ritengono la legge 194 sull’interruzione di gravidanza una catastrofe sociale e un’istigazione al delitto, ma a quelli che la ritengono una conquista di civiltà per uno stato laico. Tuttavia con altrettanta chiarezza premetto che apprezzo comunque l’azione di coloro che, senza fare crociate, si avvicinano alle donne in predicato di aborto per convincerle a non farlo ed eventualmente anche per offrire un sostegno materiale per la gestione del parto. Le apprezzo per due motivi di fondo: perché sono comunque coerenti con l’interpretazione cattolica dell’inizio-vita già al momento della fecondazione e perché, contrariamente allo stereotipo mentale diffuso, l’aborto è quasi sempre un trauma anche per chi sceglie di farlo. Non a caso uno dei primi slogan delle donne al tempo della battaglia per la legge era: “Noi non vogliamo abortire, ma vogliamo l’aborto”. Un conto è la scelta individuale, che è scientifica ed etica, un conto il diritto alla maternità consapevole e accettata.

Questo lungo mio preambolo mi sembrava necessario per sottolineare con piacere l’uscita del libro Abbiamo detto sì (Edizioni Punto Famiglia), curato da Angela Pappalardo, già operatrice sociale del Comune di Cava de’ Tirreni, esperta di Bioetica (di cui è docente all’Università della Terza Età) e da molti anni attivista del Movimento per la Vita.

Il libro, che tra l’altro contiene una prefazione di Marina Casini, Presidente nazionale del Movimento per la Vita, e la postfazione di Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Cava e Amalfi, è una raccolta di storie vere di donne che, alle soglie dell’interruzione di una gravidanza non voluta, un po’ per la tormentata inquietudine che l’accompagna e un po’ per l’azione di persuasione della Pappalardo stessa oppure di altre compagne del Movimento, un po’ per la spinta morale e i complessi di colpa suscitati dalla fede cattolica, hanno privilegiato la maternità e sono state gratificate dagli esiti della loro scelta. 

E così con lei impariamo a conoscere tante donne e con loro i figli germogliati dalla scelta. Federica, due volte recuperata alla gravidanza e poi per fortuna anche all’agiatezza economica … , Caterina, cattolica e col convivente ebreo …, Tatiana, che col Progetto Gemma viene aiutata sia a far nascere e sostenere non solo il figlio in gestazione ma anche i figli rimasti in Ucraina …, Filomena, che deve sostenere anche l’opposizione capricciosa della figlia contro il nascituro e alla fine viene sostenuta da una squadra di volontari e da un sogno con Padre Pio … , Maria, che grazie all’offerta di un alloggio accetta di partorire e poi avrà anche altri cinque figli …, Luca, figlio di Lucia, recuperato alla vita “per una ciocca di capelli” e poi felicemente riconosciuto da grande … e così via.

Queste storie sono raccontate con pacata ma intensa partecipazione di emozione e di fede da Angela Pappalardo, che, a suo dire, le ripropone per creare un argine alla corrente abortista maggioritaria, proponendo situazioni compensative rispetto ai buchi e alle offerte della legge 194, e anche presentando dei paradigmi positivi. Infatti ricorda che esistono organizzazioni pronte a dare una mano alle ragazze in bilico (Le difficoltà non si risolvono eliminando la vita, ma eliminando le difficoltà: è il motto del Movimento), sollecita le persone di buona volontà a diventare volontari per la vita, e, nel parlare di storie vere, evidenzia il calore che nasce dal sorriso anche di una sola vita salvata.

D’altro canto, Mons. Soricelli nella sua postfazione, oltre ad incoraggiare l’opera di Angela e del Movimento, richiama una figura carismatica come Madre Teresa di Calcutta, che nel discorso per il ricevimento del Nobel lasciò uno spazio importante per la condanna dell’interruzione di gravidanza, scelta equiparata da lei ad un omicidio.

Nell’insieme, questo è un libro che, per la sua decisa scelta di campo, potrebbe non essere amato da tutti, eppure è interessante e costruttivo, pienamente organico all’etica e alla bioetica cattolica e altrettanto pienamente dialettico rispetto alle altre visioni del mondo che e della scienza che circolano in questo campo. Oltre ad accoglierlo con piacere, salutiamo con altrettanto piacere il ritorno alla scrittura di Angela Pappalardo, che dopo esordi interessanti seguiti da anni di silenzio, ha ripreso in mano penna e tasti. E in pochi mesi ha già vinto il Concorso “Maria SS. Dell’Olmo” e pubblicato le sue storie, che guardano ben oltre i confini della nostra Città. Anche questa è una scelta di Vita …


Egregio signor Direttore della rivista Vivimedia,

sono Angela Pappalardo, esperta di Bioetica , responsabile di un “Centro di aiuto alla vita” , autrice del libro “Abbiamo detto sì”, che sulla Vostra rivista è stato recensito il 3 aprile 2019 dal vostro Redattore Franco Bruno Vitolo.

Le scrivo per chiederle di inserire sulla Sua rivista una precisazione relativa proprio a quell’articolo.

In esso, infatti, la presentazione ed il commento del libro sono stati preceduti da un preambolo in cui, per correttezza intellettuale, il giornalista manifesta il suo parere personale riguardante la legge 194 (che non gli sembra catastrofica come invece appare agli antiabortisti) e le politiche relative all’interruzione della gravidanza, che gli sembrano comunque un’opportuna protezione della donna, fermo restando che l’aborto non può e non deve essere inteso come un meccanismo di contraccezione, tanto è vero, afferma Vitolo, che le stesse femministe dicevano di volere l’aborto, anche se non volevano abortire.

Egli lo presenta come un necessario preambolo prima di presentare il libro, che ovviamente è di tutt’altro tenore, il che non dispiace allo stesso Vitolo, che apprezza comunque l’impegno sociale ed umano in esso sotteso, anche se non ne condivide la tesi di fondo.

Purtroppo, la veste grafica con cui l’articolo è stato impaginato (il preambolo in corsivo, introdotto da due virgolette, sotto la mia fotografia) ha generato un imbarazzante equivoco, in seguito al quale sembra che il pensiero del giornalista sia il mio, essendo invece la mia concezione della legge 194, e dei suoi effetti a livello individuale, sociale e culturale, completamente diversa, e quindi di tenore alquanto negativo.

Io non metto minimamente in discussione la buona fede del giornalista e della rivista. Le chiedo però di pubblicare questa mia precisazione, o allegata all’articolo ripubblicato, oppure come semplice lettera personale, in modo da ristabilire il giusto equilibrio per me e per il mio rapporto con gli interlocutori e soprattutto con le interlocutrici.

Sono sicura che Lei capirà pienamente la mia esigenza e mi auguro che possa procedere al più presto alla soddisfazione della mia richiesta.

In attesa di un riscontro, cordialmente la saluto e La ringrazio per l’attenzione mostrata nei miei confronti.

Cava de’ Tirreni, 6 luglio 2020        Angela Pappalardo

CAVA DE’ TIRRENI (SA). I suoni dell’universo in “Revolution”, l’ultimo CD del pianista Marco Volino, l’Einaudi metelliano

A distanza di tre anni dall’uscita di “Anamnesis”, raccolta di dodici brani per pianoforte che raccontano il ridestarsi dell’anima, il compositore e concertista cavese Marco Volino ha presentato il suo nuovo lavoro, dal titolo “Revolution”. Dopo un’originale e accurata ricerca relativa ai suoni primordiali dell’Universo e alla loro combinazione con la natura evoluta di oggi, il musicista li ha trasformati in suggestive, emozionali ed emozionanti melodie, combinando con maestria il pianoforte e l’elettronica sperimentale.

Con questo album, in cui soddisfa i palati più raffinati e nello stesso tempo tocca il cuore di chi vuole solo abbandonarsi al fluire delle note (sul modello di pianisti e compositori come Ludovico Einaudi, Ennio Morricone, Philip Glass e Yann Tiersen), ha fatto un ulteriore passo avanti nel salotto buono della musica nazionale.

Ha già al suo attivo prestigiose e apprezzate esibizioni, non solo nel territorio: tra le altre, a Milano, a Villa Guariglia a Raito, all’Anfiteatro Comunale di Baronissi, a Cava nell’artistico chiostro dell’Abbazia Benedettina. È questo il risultato di una formazione di alta qualità, culminata con la guida, a Milano, di un maestro prestigioso come Roberto Cacciapaglia, più noto come Ruby, tastierista del grande Franco Battiato.

Attualmente ha un contratto con la storica Casa Discografica “Top Records” di Milano e la sua musica viene ascoltata dovunque sulle principali piattaforme digitali come Spotify, Itunes e Youtube.

Domenica 31 Marzo è stato trasmesso il concerto tenutosi il 16 Dicembre 2018 presso il Chiostro di San Francesco di Cava de’ Tirreni, all’interno della 5a edizione di CavaVino. È stato condiviso da RTC Quarta Rete, da Radio Cava New Generation e dalla pagina ufficiale FB dell’artista, forte di quasi ventimila sostenitori. Pertanto sarà possibile risentirlo quando si vuole su FB e su You Tube. In questa circostanza il Maestro Volino è stato affiancato alle tastiere dal talentuoso pianista e compositore cavese Ernesto Tortorella. Due musicisti ancora giovani, già con un bell’avvenire dietro le spalle, già capaci di far parlare i tasti, eseguendo, interpretando e componendo. Due musicisti già decollati e destinati a volare …

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Le emozioni adolescenziali e la conquista dell’autostima alla premiazione del Concorso scolastico “Le parole sono ponti”, dedicato a Betty Sabatino

Le piccole grandi domande sui cambiamenti nella vita quotidiana (i primi servizi fuori casa da solo…) e nelle relazioni sociali, comprese le prime uscite con gli amici, i dubbi e le incertezze sull’effettiva capacità di affrontare la vita nuova… (Sto diventando grande, prosa di Francesco Criscuolo – IV Circolo – Santa Lucia – Classe V A).

La paura di rompersi in questa fase della vita piena di nuove sensazioni, quando i desideri avanzano e i pensieri inseguono, ma, nonostante il brivido di freddo, le stelle polari rimangono la bellezza e l’innocenza. E nella loro cristallina sinteticità brillano i versi come raggi di piccole stelle… (Un brivido di freddo, poesia di Ludovica Memoli – I.C. “Carducci –Trezza” – classe II D)

La crisi morale e culturale di un giovanissimo soldato, cresciuto ed educato nel culto della guerra e della gloria, che durante il battesimo del fuoco, affrontato comunque con senso del dovere, da una parte scopre le mistificazioni propagandistiche a cui è stato sottoposto, dall’altra, pur a costo della vita, facendo appello alle sue radici, esalta la dignità umana nel momento di una scelta estrema. Il tutto in un racconto in stile “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, elaborato con la nettezza e l’incisività di un talento già in fase di avanzata maturazione. (Avanti, Savoia!, di Alfonso Maria Di Somma – Liceo Classico “Marco Galdi” – classe IV B).

Sono questi i contenuti, stimolanti già a prima vista, dei testi vincitori nelle tre sezioni del sesto Concorso Scolastico “Le parole sono ponti”, organizzato dal Comune di Cava de’ Tirreni in memoria della carissima professoressa Elisabetta Sabatino, troppo presto volata via, grande maestra di dialogo, umanità e saggezza, fantasiosa innovatrice didattica.

La cerimonia di premiazione, condotta dallo scrivente, è stata effettuata a Palazzo di Città venerdì 8 marzo, come sempre in occasione della Giornata della Donna, con la presenza e gli interventi, oltre che dei familiari stretti e di tanti studenti, docenti, amici e parenti, del Sindaco Vincenzo Servalli, dell’Assessore alla Pubblica Istruzione Armando Lamberti, della Presidente del Consiglio Comunale Lorena Iuliano. Ad illuminare la lettura le voci calde, duttili e convincenti di Giuliana Carbone e Manuela Pannullo, targate Arte Tempra, giovani ma già consumati animali di scena.

A conservare la memoria della giornata, come sempre la pubblicazione di un allegro opuscolo, curato graficamente da Gaetano Guida, contenente i testi premiati. La scelta dei vincitori, il cui elenco è allegato in appendice all’articolo, è stata operata da una giuria formata da Paola Sabatino, Barbara Sabatino, Gabriella Liberti, dalla Dirigente dell’ IIS “Filangieri” Raffaella Luciano e dallo scrivente, Franco Bruno Vitolo.

Le opere vincitrici sono solo la punta dell’iceberg di una serie di spunti e di riflessioni provenienti dai numerosissimi lavori presentati per l’occasione ed incentrati sui temi delicatissimi dell’autostima, della gestione di emozioni, sentimenti e paure nella fase cruciale della crescita adolescenziale e della comunicazione che l’accompagna. È su queste basi che si costruiscono i ponti con se stessi e tra se stessi e il mondo, anche se troppe volte si finisce con l’ergere muri sconfortanti di solitudine, depressione o incomunicabilità.

Sono venute fuori vere e proprie lezioni di vita, che assumevano sempre più colore e calore al pensiero che sono nate in quel luogo-ponte per eccellenza che è la scuola, magari in quei momenti in cui più si abbassano le frontiere del ruolo tra insegnanti ed alunni e più si sentono le voci della persona che è in loro ed in ognuno di noi. Sono i momenti che Elisabetta Sabatino amava di più, per arricchire ed arricchirsi in un intenso reciproco afflato.

Non solo lezioni e riflessioni generali, però, ha offerto la cerimonia della premiazione, ma anche significative finestre sulle questioni nodali che caratterizzano la vita intima e sociale degli adolescenti, che, come hanno sottolineato alcune delle opere premiate, è per certi versi un mondo a parte, di difficile interpretazione da parte del mondo degli adulti, già spesso peccatori per scarsa empatia. Ed è anche il ponte tra le coccole rassicuranti del porto e il fascinoso ma rischioso veleggiare nell’oceano, in cui si cerca di rimanere aggrappati ai bambini che si era in precedenza. Alla fine però la stella polare rimane pur sempre la voglia di conoscersi, la trepidante speranza di riuscire a completare il volo verso se stessi e manifestarlo al mondo e al proprio io, pur con tutto il mistero che questo comporta,

A lasciare la scia più forte sono stati come sempre soprattutto quei momenti speciali di emozione “che non ha voce”, che esplodevano ogni volta che si rievocavano la figura di Betty e la sua calda percezione della vita. Hanno raggiunto l’acme nella fase di apertura, con un video esaustivo, coinvolgente ed emozionante creato da Anna Paola De Luca, seguito dalla lettura di una poesia di Enrico Mosca, e nel finale, quando a semicerchio, come in una dolce preghiera del cuore, come sempre si è letto un testo che evoca la sua figura.

Al termine, un emozionato arrivederci, con la speranza che la giornata sia stata, come voleva essere, soprattutto un ponte verso il futuro. È tanto triste che Betty se ne sia andata tanto presto e non ci sia più, ma è anche tanto bello che comunque ci sia stata e ci sia ancora. Ci vogliono pur sempre gambe e cuori per far camminare le sue parole… e costruire ponti.


Ed ecco l’elenco dei premiati di quest’anno.

Sezione “Scuola Primaria”: 1) Francesco Criscuolo (IV Circolo – Santa Lucia); 2) Tommaso Francesco Di Domenico (Scuola Opera Pia “Di Mauro”); 3) Rosalba Celentano (II Circolo – Via Balzico) – Segnalazioni di merito: 3) Mattia Andretta (IC Carducci Trezza – San Lorenzo) – Lucia Vitale (IV Circolo – Santa Lucia); Valentina Mancusi (II Circolo – Via Balzico); Anna Siani (IV Circolo – Epitaffio) – Vittoria Giordano (IV Circolo – Epitaffio)- Martina Mollo (II Circolo – Via Balzico). 

Sezione “Scuole Medie”: 1) Ludovica Memoli (ICCarducci Trezza – classe III H); 2) Benedetta Mazzotta (Scuola “Balzico”, Santa Lucia – classe III M); 3) Sophie D’Amato (IC Giovanni XXIII – classe II F) – Segnalazioni di merito: Michela Di Martino (IC Giovanni XXIII – classe III H); Roberta Siani e Marika Siani (SM “Balzico” – classe I B); Paola Santoriello (ICCarducci Trezza – classe II D), Francesco Stanzione (ICCarducci Trezza – classe III C); Ginevra Karol Ferrara (SM “Balzico” – classe III B),

Anna Di Marino, Benedetta Ferrara, Arianna Esposito (Scuola “Balzico”, Santa Lucia – classe I N).

Sezione “Scuole Superiori”: 1) Alfonso Maria Di Somma (Liceo Classico “Marco Galdi” – classe IV B); 2) Franziska Dura (Liceo Classico “Marco Galdi” – classe III B); 3) Beatrice Avallone (Liceo Linguistico “De Filippis” – classe II BL); – Segnalazioni di merito:Marianna Cannavacciuolo (Liceo Classico “Marco Galdi” – classe IV B); Daisy Michelle Giulia Pisapia (Liceo Linguistico“De Filippis” – classe II BL); Anna Paola De Luca (Liceo Scientifico “A.Genoino” – classe III E), Rita Spinelli (IIS “Filangieri” – classe IV D); Anna De Sanctis e Giulia Senatore (Liceo Linguistico“De Filippis” – classe I A L).

Salerno-Accumoli. Casa della Cultura nella terremotata Accumoli: iniziati i lavori!

Esulta il Maric, promotore dell’iniziativa. Il Presidente Vavuso: “Sarà la primavera di un territorio”.


È un’emozione grandissima. Da settembre 2016 abbiamo cominciato a sperare nella realizzazione di qualcosa che potesse darci la possibilità di stare un’altra volta insieme. L’arancione dei bandini è oggi il colore più bello del modo.” Queste parole di Michelangelo Cirmi, presidente dell’Associazione Illica Onlus, arrivano dirette al cuore perché esprimono l’emozione e la commozione della comunità di Illica, frazione di Accumoli, devastata dal terremoto dell’agosto 2106. Sono infatti arrivate le prime ruspe, che hanno cominciato a preparare il terreno per la Casa della Cultura, primo passo della ricostruzione e della nuova vita della comunità dopo tante sofferenze. In qualche settimana, prepareranno la platea di cemento sulla quale sarà collocato l’edificio con tutte le strutture necessarie. Il taglio del nastro è previsto nel corso della prossima primavera. 

Promotore di  questo evento, il MARIC (Movimento Artistico per il Recupero delle Identità Culturali), gruppo di creativi dell’Arte, della Letteratura, dell’Immagine e della Musica, nato a Salerno e guidato da Vincenzo Vavuso, noto artista salernitano nonché sottufficiale dell’Esercito italiano. Dall’autunno del 2016 ha lanciato una raccolta di fondi per Accumoli con l’ obiettivo di donare ad una comunità dispersa, un luogo di incontro e di speranza per ricostruire, oltre alle case, una identità che viene da lontano.

Grazie anche e soprattutto all’incrollabile tenacia di Vincenzo Vavuso, leader del movimento, il Maric sta raccogliendo fondi attraverso iniziative culturali e artistiche di vario genere ed ora è allo sprint finale per tagliare il traguardo.

Nel cammino ha avuto sostegni importanti, non solo da singole persone, ma anche da enti o aziende che hanno offerto un contributo fondamentale. A loro va il sincero e profondissimo ringraziamento del Presidente e dei componenti del Movimento. In primo luogo la Ditta Industrial Starter, che ha offerto una somma considerevole. Infatti dopo vari incontri tra Vavuso e i responsabili dell’azienda, si è convenuto sull’erogazione di fondi da utilizzare per la nobile causa: proventi ricevuti in beneficenza dai dipendenti della stessa azienda. Si sono poi accodate l’Associazione Onlus di Illica, anch’essa con un importante contributo economico a sostegno del progetto, la Regione Lazio, che sta provvedendo alla platea, l’Azienda Arti Grafiche Boccia di Salerno, sempre vicina in tutti i modi all’iniziativa, così come l’US Salernitana 1919, e tanti altri ancora, che sarebbe troppo lungo elencare e ai quali va il pensiero riconoscente del MARIC.

Una volta completata l’opera, il Movimento continuerà ad alimentarla attraverso un filo diretto di scambi, di partecipazione e di eventi, che sanciranno negli anni questo bel gemellaggio amico che si è instaurato tra il Gruppo artistico e la comunità di Accumoli in generale e di Illica in particolare.

Il primo gesto che compirò, sarà collocare nella casa della Cultura quella scarpetta che trovai tra le macerie proprio ad Illica. Quella scarpetta era il simbolo di anni e vite tarpate nel fiore. Mi auguro che presto diventi il simbolo e il fiore di speranze recuperate e della rinascita di un intero territorio.” Parole emozionate ed emozionanti, pronunciate dal Presidente Vavuso con gli occhi liquidi e con una scarica di battiti del suo cuore panzer.

Parole che facciamo nostre, con tutto lo slancio possibile.

E che nasca veramente un fiore tra le spine… e dai semi dell’ombra fiorisca finalmente la luce …

Hope-Fame di vita all’ex Seminario: sulla scena le crisi del mondo moderno targate Arcoscenico

E per il cartellone congiunto a Mimmo Venditti e Luigi Sinacori sarà dato il Premio “Ponte Giovane”.


CAVA DE’ TIRRENI (SA).  Adesso partiamo …

E sono partiti veramente. Sulla scena, i migranti sui barconi, nel viaggio della speranza e della disperazione.

Nella vita, i giovani emergenti e rampanti della Compagnia Arcoscenico, fondata e diretta da Luigi Sinacori, che dopo una decina di spettacoli a sketch o comico-farseschi con vaghe venature storiche o sociali, hanno fatto il grande salto verso un teatro d’impegno civile, di ricerca esistenziale, di linguaggio letterario, con tocchi di realtà misti a momenti surreali o metaforici. E, con un titolo fortemente evocativo, è nato Hope, fame di vita, il secondo spettacolo della Compagnia nel cartellone congiunto 2018-19 con Il Piccolo Teatro al Borgo di Mimmo Venditti, in scena nella sala dell’ex Seminario in Piazza Duomo a Cava de’ Tirreni.

Il terzo, un memoriale del volto comico della compagnia, è previsto per il 16 e il 17 febbraio.

Hopeè un atto unico diviso in tre quadri distinti, nel tempo e/ nello spazio, ma uniti appunto alla tematica del dramma sociali ed esistenziali che affliggono la nostra epoca e che, più in generale, tormentano l’uomo dal momento in cui ha preso coscienza del suo essere.

Il primo quadro, Adesso partiamo, con testo di Mariano Mastuccino, si richiama al dramma dei migranti e dei barconi che affondano. È il quadro più spettacolare e immediato, sia per la coralità della rappresentazione scenica, fatta di movimenti a tutta scena, giochi di luci e chiaroscuri, accordi di chitarra (di Lorenzo Cammarano) e passi di danza (di Laura Cammarota) ben inseriti nell’insieme, alternanza delle battute, concitate e a periodi brevi ed incisivi, tra tutti gli attori della compagnia: Luigi Sinacori, Mariano Mastuccino, Gianluca Pisapia, Licia Castellano, Francesca Cretella, Federico Santucci, Luigi Sinacori, Maria Fiungo.

Il contenuto è coinvolgente e attuale. Canta la disperazione della fuga da tante nuvole di fumo, da bombe già sganciate, da quelle che cadranno. Dalla guerra. Quale guerra? Non certo di chi parte, perché chi parte la subisce, non la fa. Meglio salire su un barcone, anche se inscatolati come sardine. Vanno via dalla guerra, verso l’Italia, dove non c’è la guerra. Ma la guerra ha tante forme, non solo quella delle armi. La guerra è dappertutto….

Il pezzo è stato scritto sette anni fa, quando ancora era facile approdare sulle nostre coste, quando però la Chiesa non aveva ancora goduto delle aperture attive di papa Francesco. Cosa avrebbe il nostro autore messo sulla bocca dei partenti oggi?

Una cosa non è cambiata: il disagio, il naufragio, la morte in mare, la morte in gruppo. Ed il lento cammino verso la sepoltura nelle onde, grazie sia alla regia di Luigi Sinacori sia alla recitazione, raggiunge momenti di partecipata emozione, ottenendo l’effetto magico tipico del teatro della dislocazione fantastica, perché su quelle onde, sotto quelle onde ci finiscono tutti: personaggi, attori, pubblico…e purtroppo anche la realtà della nostra tormentata società…

Per la stessa magia, nel secondo quadro, Vagone di emergenza, il teatro esce fuori dalla storia e ci proietta in una dimensione in cui l’esistenza è quasi border line. Sono tre emarginati o sono semplicemente tre esseri umani quei tre personaggi chiusi in un metaforico vagone ferroviario: un rifugio obbligato, una pausa di attesa oppure, come è più probabile, una ragnatela di disagio esistenziale e di stralunato amore per la vita rispetto ad una vita che proprio non li ama? Parlano quasi a vuoto, come se stessero in una bolla di non senso esistenziale. Eppure il loro cuore è pieno: di dolore, di smarrimento, dell’attesa di uscire fuori… ma per andare dove?

Si farebbe male a storicizzare questa situazione. Si rende un maggiore omaggio al testo se vi si sentono gli echi del teatro dell’assurdo di stampo esistenziale, percependovi la beckettiana attesa di un Godot, o anche la chiara citazione della santanelliana Uscita di emergenza, quel modernissimo Santanelli controcorrente, quasi mai rappresentato a Cava, l’ultima volta proprio da Venditti, una ventina di anni fa (L’isola di Sancho).

Nel quadro sinacoriano i due protagonisti si consumano inquieti in quel vagone che costituisce la loro prigione ma anche il loro utero di protezione, presi da una smania di uscire, che però non li porta mai oltre la soglia di quello sbarramento ferroso e freddo.

Sono avvolti da un silenzio totale. Anzi, da tanti silenzi, tali da fare nel cuore un rumore che non permette nemmeno di dormire. O forse uno di loro tutt’al più chiude gli occhi… per pregare… anzi pregare di non aprire più gli occhi la prossima volta che li avrebbe chiusi. Tra i primi due si crea una elettrica dialettica: perché dei due uno cerca di dormire e pregare veramente, vuole sentirsi vivo, ascolta con piacere anche il silenzio rotto dal fruscio del vento, considera bello sognare, insomma vuole conservare l’illusione di sentirsi vivo. L’altro non sente queste scosse, si considera l’ombra di se stesso, ma alla fine si lascerà prendere anche lui dalla fame di vita… e gusterà l’antipasto della speranza. Il terzo uomo, che si trova in una carrozza adiacente, è cieco dalla nascita e vive in una buia solitudine, ma si consola pensando che non gli può mancare ciò che non conosce e che anche una voce che gli parla può dargli un pizzico di luce. Anche lui, pur nello smarrimento, ha fame e mastica quello che può…

Bisogna fare decisamente i complimenti per questo pezzo, ambizioso e di buon eito, sia per la scrittura, in un misurato bilico tra ombre e luci, tra realtà e metafora, che va ben al di là del sentire giovane di un men che trentenne come Sinacori, sia per l’ambientazione, scarna ed evocativa, sia per la recitazione mai oltre le righe dello stesso Sinacori, di Mariano Mastuccino e Gianluca Pisapia.

Per la qualità del pezzo e lo spirito di pur nebulosa speranza che lo pervade, avrebbe potuto essere questo il quadro conclusivo dell’opera, che invece si chiude con Specchioriflessa, di Mariano Mastuccino, una multimetafora a più piani e più spazi e più personaggi: frammenti sparsi di quello strano puzzle che è la dimensione umana. All’interno di una stanza anonima che potrebbe essere un bar si confrontano con dialoghi ora realistici ora stralunati, Silvia e Giulia, la prima “finalmente intollerante”, in lamentoso brontolio contro tutto e tutti: in fondo, però, è un’insoddisfatta del matrimonio, del sesso, e forse anche della sua salute malferma. Più vitale, Giulia va alla ricerca di ciò che è bello, o almeno tale le appare, come un giro di turisti sulla ruota o il cane dell’amica Marta che raccoglie briciole sotto il tavolo. Un altro avventore, Giulio, fino a quel momento silenzioso, si scatena in un monologo sul naufragio di una zattera, che rappresenta il naufragio di un’intera società dove la paura e il bisogno finiscono con l’incattivire gli animi e fare dell’uomo un lupo contro l’uomo. Quasi di rimando, la scena si chiude con uno scontro anche fisico tra Silvia e Giulia, con Silvia che accusa Giulia di prendersi gioco di lei. Uno scenario doloroso, che richiama il naufragio dei migranti del primo quadro.

Nello scorrerei tre quadri, il vertice dell’energia, paradossalmente, viene dato dalla dialettica dei tre emarginati nel vagone di emergenza. Come a dire, se nella cantina non splende il sole, siamo pur sempre capaci di dipingerlo… È la fame, signori. La fame della speranza, l’ultima dea, la vera alternativa alla paura. La paura ci fa prigionieri, la speranza ci apre la finestra della libertà.

E speranza sia anche quella che viene sia dalla Compagnia Arcoscenico, per la quale l’emergenza significa voglia e possibilità di emergere, sia dal ponte col quale ha stabilito per la stagione un canale direttissimo di collaborazione insieme con i veterani del Piccolo Teatro al Borgo: cartellone unico, cinque spettacoli a testa, sala comune, condivisione delle fasi organizzative, scambio di esperienza e di amicizia. Questo ponte è stato molto apprezzato in Città dalle persone di buona volontà e opportunamente ha ricevuto anche un magnifico riconoscimento ufficiale. Il 15 marzo, nella Sala d’Onore di Palazzo di Città, al termine di un convegno con personalità di livello nazionale come Don Enzo Fortunato e il giornalista Borrometi, MimmoVenditti e Luigi Sinacori, e di rimando i due gruppi che rappresentano, riceveranno dall’Associazione Giornalisti “Lucio Barone” il premio ComunICARE – Ponte giovane, destinato in coppia a figure di prestigio della seconda e terza età che promuovano iniziative di qualità con giovani emergenti. Lo scorso anno il premio è stato dato a Federico Buffa (tanto nomine…) con Elena Catozzi, coautori insieme del libro Rizzoli sulla vita di Mohamed-Ali, alias Cassius Clay.

E che questo Ponte e questo Premio siano un vero viatico nel cammino verso le colline dei sogni. Intanto, cin cin e… applausi! Anzi, possibilmente … bis!