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Pasquale Di Domenico vince ad Eboli con il romanzo “Il costo della libertà”, storia di un emozionante cammino di riscatto

EBOLI (SA), MONTECORVINIO PUGLIANO (SA), CAVA DE’ TIRRENI (SA). Non solo orgoglio di campanile, non solo soddisfazione affettiva o compiacimento per la gioia di una persona che lo merita, ma anche una profonda emozione generazionale. Questo abbiamo provato alla notizia che il nostro Pasquale Di Domenico, originario di Santa Lucia di Cava de’ Tirreni, cavese per nascita e per formazione e attualmente “ranchero” a Montecorvino Pugliano, con il suo romanzo autobiografico Il costo della libertà ha vinto il primo premio assoluto al Concorso internazionale di Poesia e Narrativa Il saggio – Città di Eboli, con la seguente motivazione:L’Autore parla di libertà e la sua è la dottrina di Socrate: quella del Bene Supremo. Infatti vale la pena di vivere una vita in cui continuamente si cerchi di capire e di essere capiti (Exetàzein).

Quel Bene Supremo di cui parla motivazione non è nel romanzo un valore astratto, ma la ricchezza dei valori che hanno contrassegnato il cammino di una vita intera e che hanno permesso al nostro Di Domenico di tagliare a braccia alzate, pur se con il corpo madido di sudore, traguardi da sempre agognati e perseguiti, grazie anche alla rete degli affetti, con tutto l’ottimismo della volontà, la forza della tenacia, l’intensità dell’amor proprio, la ricchezza inesauribile dell’Amore.

Il libro significativamente presenta in copertina l’ingresso suggestivo di una villa di campagna, che da cinque anni, rappresentando il regno dell’autore e della sua famiglia, è la spettacolare ed amata materializzazione dei suoi sogni. È il segno della Libertà, anzi delle Libertà: autonomia economica, spazio vitale, spazio di lavoro agricolo ed artigiano senza vincoli e senza ansie, gestione del tempo, ospitalità generosa e saporita, coltivazione dell’amore, dell’affetto e delle amicizie senza pressioni o condizionamenti, dolce e matura fruttificazione della Vita.

Ogni pietra, ogni oggetto, ogni mobile, ogni fiore ed ogni foglia sono ad immagine e somiglianza suoi e della moglie Amalia: ed hanno un sapore, un colore, un calore, un’anima che rassicurano chi li ha plasmati e trasmettono energia a chi li percepisce da sé o ne prende coscienza attraverso le loro parole, che descrivono fatti e cose ma generano nel cuore continue onde di luce, come una vite ad espansione.

È la luce la chiave di quest’anima, perché si contrappone alle ombre da cui nasce e da cui si è liberata, ombre delle difficoltà superate nell’affrontare un cammino vincente lungo una vita.

È la luce di Itaca per “Pasquale – Ulisse”, quando si volta indietro e alle spalle sente le voci e i rumori di un’infanzia ricca di valori, ma anche di defatiganti battaglie, paure, fatiche, smarrimenti.

Risente il suo scalpiccio mattutino di quando aveva quattro anni e prima di andare a scuola doveva meritarsi il banco girando la ruota delle corde artigianali di Santa Lucia.

Riprova la fatica di vivere di tempi in cui in alcune famiglie si trattava di scegliere se mandare il figlio a scuola o comprare un cappotto.

Riassapora la nuvola del disagio quando tutto era poco e tutto era contato e niente era scontato.

Gli ritorna spontaneo tenersi con le mani i pantaloni, che gli cascano perché sono tenuti su solo da una corda e non da una cintura.

Rivive la ricerca di slanci affettivi in una famiglia che, come quelle di allora, non aveva né tempo né predisposizione per il calore delle coccole, ma riteneva che coccolare fosse soddisfare le necessità dei bisogni primari. Riascolta la voce dei professori autoritari, l’imperio delle gerarchie familiari indiscutibili, la fatica fisica e mentale di dare una mano alla squadra di casa (due genitori e nove figli) e nello stesso tempo di aprire una strada ai suoi sogni. E quella strada aveva un nome solo: scuola & studio, studio & scuola, fino in fondo, fino alla laurea, fino alla cattedra di insegnante. Superando tutti i limiti di un retroterra culturale difficile, attrezzandosi a vincere le sconfitte ed a sfruttare al massimo le vittorie.

Riassapora il gusto agrodolce delle lacrime che nei momenti di maggiore smarrimento gli colavano pesantemente leggere sulle labbra.

Eppure, soprattutto oggi che il cammino si può valutare nella sua globalità, come un panorama di grande respiro appare sempre più chiaro a chi sale verso una cima, anche le sofferenze e le paure di ieri sembrano più feconde perché accompagnate dalla consapevolezza di essere nello stesso tempo cresciuto con un’identità culturale e morale chiara, netta, utile, a volte quasi necessaria, per imparare a lottare, a vincere le sfide, a navigare senza perdere le sue illuminanti stelle polari.

È stato questo il prezzo della libertà.

Dai semi dell’ombra è fiorita la luce.

Una luce, però, generazionale. E qui torno all’assunto iniziale.

Pasquale Di Domenico è nato nel 1950 ed appartiene alla generazione ed al periodo più fortunati della storia d’Italia: il passaggio dalla società contadina a quella industriale e quindi dalla povertà, o dall’economia di sussistenza, generalizzate e diffuse al benessere altrettanto generalizzato e diffuso.

Un mondo di sacrifici dei padri ripagati dalle conquiste dei figli, anch’essi coltivati a base di utili sacrifici. Un mondo di padri contadini e figli professionisti. Il mondo in cui, appunto, da bambini si doveva sudare nei campi per poter almeno, o al massimo mangiare, e da grandi ci si può permettere di avere ville e terreni da coltivare solo per hobby. Un mondo in cui, dopo una Guerra devastante, per anni sono fioriti la Pace, il Lavoro, perfino le Pensioni. Un mondo non certamente tutto da esaltare, ma che ha permesso conquiste che prima era follia sognare. Un mondo che è passato dalla stalla alle stelle, anche a costo di perdere tutto il benefico odore delle stalle e di non capire fino in fondo la luce delle stelle.

Quel mondo siamo noi, che apparteniamo alla generazione di Pasquale. Noi, che abbiamo conquistato le stelle ed ora piano piano stiamo trascinando le prossime generazioni verso nuove stalle, senza che neppure ci siano abituate. Un cammino a ritroso che ci angoscia e ci spaventa.

Ma almeno possiamo voltarci indietro e guardare i Pasquale che ce l’hanno fatta. E sono stati tanti, non certo uno su mille.

E allora viene spontaneo un sorriso: “Però, comunque sia andata, è stato bello!…è bello! … potrebbe essere ancora bello, anche se in un modo diverso!”

È da questa bellezza, da questa ricchezza, che possiamo trarre gli auspici per un rinnovata speranza. Una di quelle che non vogliono morire.

Perciò, Pasquale e noi siamo uniti in una stessa emozione.

Perciò, Pasquale “è” noi …

Presentazione del libro “La pelle nuova” di Giovanna Rispoli

giovanna-rispoli-cava-de'-tirreni-dicemvre-2014-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA). Venerdì 12 dicembre, alle ore 18, presso l’Aula di Rappresentanza del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, in Piazza Abbro, sarà presentato il libro La pelle nuova, una raccolta di poesie scritte da Giovanna Rispoli. Interverranno il Sindaco Marco Galdi ed i poeti Salvatore Pasquale ed Elvio Angeletti. Le liriche saranno lette da Maria Siani, Andrea Tabacco, Andrea Croce, Amalia Santoriello, Marina Mazzini, Amnnachiara Ruggia, che, oltre che amici, sono compagni dell’autrice nel Gruppo Folkloristico Scacciaventi-Croce e nell’attività teatrale del gruppo in esso formato.

L’accompagnamento musicale sarà affidato ad Alessandro Falcone. Condurrà la serata Franco Bruno Vitolo.

Giovanna Rispoli è una trentatreenne poetessa cavese, che durante l’adolescenza, ai tempi del Liceo Scientifico “A.Genoino”, si era fatta notare per l’attività creativa e per lo spirito di partecipazione. Poi, per una serie di motivi, un lungo periodo di silenzio poetico, interrotto circa due anni fa, quando lei si è rivestita di una “pelle nuova” ed ha ritrovato il suo spirito lirico. E sono venuti partecipazione a concorsi, recital, inserimento in antologie e soprattutto riconoscimenti, premi e vittorie, tra cui spiccano l’inserimento nel Museo Epicentro di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e le medaglie d’oro ai Concorsi nazionali “La Piazzetta” (2013 e 2014) indetto dal Centro Artisti Salernitani e “Natale ieri ed oggi”, indetto dall’Accademia Grassi di Salerno.

Le poesie di Giovanna Rispoli sono caratterizzate da un linguaggio armonioso, chiaro e comunicativo e da un fuoco costante che le anima, sia che parli della sua pelle nuova, sia che accenni alle ferite del dolore, sia che si esalti di fronte al calore regalatole sia dall’amore per il marito Alessandro (la sua “metà per sempre”) e per i figli Manuel Antonio e Francesco, sia dall’affetto per le sue famiglie e per il ricco gruppo di amici che costituiscono la sua rete protettiva e ne stimolano lo spirito di combattente e di persona innamorata della vita al di sopra di ogni nuvola che possa attraversarla.

Il Premio Badia festeggia la Decima. Marianna Porfido fa il pieno delle vittorie. Sul podio anche Luciana Adinolfi e Simone Cuccaro. E lo scrittore Gungui fa il pieno di simpatia

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Alla grande la serata finale del Premio Letterario Badia di Cava de’ Tirreni, il Concorso ideato nel 1992 da Annamaria Armenante e da Salvatore Russo ed oggi giunto alla sua decima edizione, organizzato dal Comune di Cava de’ Tirreni e basato sulla lettura di romanzi contemporanei italiani da parte di una giuria di studenti, che giudicano e danno i voti e, sulla base di recensioni e di una prova finale estemporanea di analisi e creatività, vengono giudicati da una Commissione Scientifica.

La Giuria dei giovani ha messo sul podio, tra gli scrittori, nell’ordine Massimo Gramellini (con” Fai bei sogni”), Francesco Gungui (con “Pensavo di scappare con te”) e Fulvio Ervas (con “Se ti abbraccio non avere paura”). Presieduta dal prof. Antonio Avallone, coordinata da Franco Bruno Vitolo e da Mena Ugliano (Biblioteca Comunale) e composta dai docenti Maria Pia Vozzi, Anna Maria Senatore, Mariella Lo Giudice, Rosa Rocco, Gabriella Liberti, dalla Direttrice dei Musei Provinciali Barbara Cussino, dagli esperti esterni Agnello Baldi, Elvira Santacroce, Chiara D’Amico e dal rappresentante del Forum dei Giovani Pietro Paolo Parisi, la Commissione Scientifica, ha emesso i suoi verdetti finali, che sono stati proclamati nel corso della giornata finale del 29 novembre (incontro studenti scrittori al mattino e gala con premiazione la sera) nella spettacolare e storica Sala del Consiglio Comunale, alla presenza del Sindaco Marco Galdi e del neo Assessore alla Pubblica Istruzione Clotilde Salsano.

I verdetti hanno creato un podio alla grande. Tre per tre: tre studenti, tre graduatorie, tre coppe per tre graduatorie, e fanno nove!

Marianna Porfido (Liceo Scientifico “A.Genoino”), Luciana Adinolfi (Liceo Linguistico Psicopedagogico “De Filippis”) e Simone Cuccaro (Liceo Classico “Marco Galdi”) hanno fatto un en plein mai visto finora al Premio Badia di Cava de’ Tirreni edizione 2014.

Sul podio di tutte e tre le graduatorie (migliore analisi del testo, migliore prova creativa e classifica assoluta) ci sono infatti loro tre, e solo loro tre. E tra loro Marianna Porfido ha santificato ulteriormente l’en plein, sia risultando prima in tutte e tre le graduatorie sia doppiando il terzo posto ottenuto tre anni fa quando, lei e la compagna di classe Miriam Siani, nonostante fossero entrambe ancora alunne del biennio, avevano occupato rispettivamente il terzo e secondo posto, superando studenti di età ben più matura della loro. Decisamente, la classe non è acqua…

Marianna, volando alle pagine del testo al cinema e alla psicanalisi alla Letteratura italiana, ha analizzato con lucidità e respiro culturale un frammento di “Pensavo di scappare con te”, di Francesco Gungui, lo scrittore piazzatosi secondo nella graduatoria scrittori stabilita con i voti della giuria di studenti. E, come prova creativa, sulla scia dell’incidente della protagonista del romanzo, ha raccontato in soggettiva la caduta libera e disperata di una ragazza che sceglie “di buttarsi”, in un crescendo drammatico che si stempera all’improvviso alla fine quando si scopre la reale ambientazione, secondo uno schema di sorpresa del racconto breve, che Marianna ha incamerato fin dai primi tempi del Liceo.

Luciana Adinolfi (seconda nella graduatoria assoluta e nella sezione Analisi, terza in quella creativa) ha emozionato la giuria, formata dai membri del Comitato Scientifico, elaborando con periodi brevi e pregni di illuminanti aperture concettuali e di vibranti e poetiche connotazioni l’analisi di un frammento di “Se ti abbraccio non avere paura”, di Fulvio Ervas, che racconta la storia vera del viaggio in motocicletta nelle Americhe di un padre, Franco Antonello, e del figlio autistico Andrea. Sulla scia, ha ricreato dei dolci e svanganti versi in soggettiva, con la voce di un figlio che si affida alla guida del padre per entrare senza paura in quel mondo di mirtilli che è il mondo altro dell’autismo e di coloro che vi si relazionano.

Simone Cuccaro (terzo nella graduatoria assoluta e nella sezione analisi, secondo in quella creativa) ha trattato un frammento dall’autobiografico Fai bei sogni della star giornalistico-televisiva Massimo Gramellini, in cui lo scrittore narra il vuoto ricco di tensione e di senso di abbandono causatogli dalla perdita della madre in tenerissima età, che solo in piena maturità scoprirà essere stato causato dal suicidio. E finalmente perdonerà, sentendola vicina a sé, finalmente. Cuccaro ha ben interpretato proprio questa dimensione, inventando una poesia in cui la madre carezza il figlio con le parole, garantendogli la sua vicinanza, e ragionando, rispetto al testo, sull’importanza per l’uomo di combattere i propri fantasmi, perché non sono esterni, ma, come diceva Eduardo, i fantasmi siamo noi.

Accanto ai tre dominatori, tante prove non vincenti, ma ugualmente belle e spesso stimolanti. Come quelle dei tre vincitori d’Istituto, Miriam Sorgente (ITC “Della Corte”), Alessandro Giordano (ITG “Geometri”), Margherita Palladino (IIS “Filangieri”), o della giovanissima e promettente “genoina” Giorgia Zenobio, autrice di un monologo “Jazz rock”, applaudito con molto calore dal pubblico e letto brillantemente in sala da Mariano Mastuccino, uno dei lettori appartenenti al gruppo, magnificamente movimentatore e collaboratore, dei “Fiori del Vesuvio” .

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Bella di sorrisi e lucente di coppe, la foto finale del Premio Badia 2014. Tutti insieme, studenti trionfanti e finalisti contendenti, genitori gongolanti e professori festeggianti tra autorità congratulanti. Al centro, ciliegina sulla torta e torta lui stesso, lui, Francesco Gungui, lo scrittore venuto da Milano e premiato per il suo romanzo, Pensavo di scappare con te: sotto la sua barba giovane, la freschezza trascinante di un’energia comunicativa che lo ha premiato quasi più del suo romanzo.

Fin dalla mattina, infatti, all’incontro con gli studenti, è stato “con” loro e uno di loro e poi in brevissimo tempo è diventato uno di noi, uno che in fondo è sempre stato qui. E il suo raccontare la storia di una ragazza timida e bloccata che rivoluziona in meglio la sua vita grazie allo sblocco da sindrome frontale in fondo è stato il racconto della farfallizzazione di ognuno di noi, dal silenzio dell’introversione ai gradevoli rischi della sincerità e della comunicazione. Ma lui, Gungui, è sempre stato qui, perché il fresco trentaquattrenne padre di due figli è anche un figlio dei sogni e di scelte ardite di vita e di scrittura nel suo cammino di Ulisse senza Itaca, eppure pieno di Itache, così come ogni giovane, e ogni essere umano, che, pur in tempi potenzialmente paralizzanti, scopre quanto sia importante non rassegnarsi alla passività e “pensa di scappare con la Vita”, verso la Vita.

Bella di sorrisi e lucente di coppe, la foto finale del Premio Badia 2014. Bella della luce di talenti emergenti che hanno saputo dominare la scena nel momento dell’intrattenimento e lasciare la scia di un ammirato ricordo.

Gabriele Casale, talento dell’Arte Tempra di Clara Santacroce, appena ventenne, ma con alle spalle un curricolo di prestazioni di alto livello che tocca tutti i secoli della storia del teatro, con l’incisività e la brillantezza da “bucatore di scena” che lo contraddistinguono, ha letto un monologo satirico di Claudio Bisio sulle nostre manie consumistiche e “clonatrici” non solo di pecore da esperimento.

Giacomo Casaula, anche lui ventenne, con la sua talentuosa band musicale, ha entusiasmato il pubblico ora “rinogaetanizzandosi” sulla scia del profetico e oggi mitico cantante troppo presto strappato alle scene ed alla vita, ora “rigaberizzandosi” alla riscoperta e sulla scia del grandissimo showman, scomparso anche lui troppo presto. Voce, movenze, tonalità, ammiccamenti, presenza fisica, tonalità, intonazione: tutto di alto livello e con un tasso di crescita progressiva galoppante alla Furia cavallo del West.

E Giacomo è un figlio del “Badia”, essendo stato tra i vincitori dell’ultima edizione. Come è figlia del Badia anche Giusella De Maria, sorridente madrina della giornata, che lo ha vinto sia da studentessa che da scrittrice e che oggi è il primo autore cavese a pubblicare su Mondadori. Il suo “io non sono ipocondriaca” è una chicca tutta da gustare e da riflettere.

Presentazione del Catalogo delle opere, di Elena Ostrica

catalogo-elena-ostrica-salerno-novembre-2014-vivimediaSALERNO. Giovedì 27 novembre, alle ore 16,30, a Salerno, nello spettacolare e prestigioso Salone dei Marmi di Palazzo di Città, in Piazza Amendola, sarà presentato il Catalogo delle opere della pittrice salernitana Elena Ostrica (Ed. Ripostes).

Interverranno il Prof. Francesco D’Episcopo, docente di Letteratura Italiana presso l’Università di Napoli, le dirigenti scolastiche proff. Antonella Sparano e Emilia Persiano, il Prof. Maurizio Vitiello, docente della Fondazione “Humaniter”, la giornalista Rita Occidente Lupo, la Dott. Anna Carelli, editrice dell’opera. L’intrattenimento musicale sarà offerto dai maestri Mimmo Farina e Antonio De Martino. La conduzione e la relazione introduttiva saranno affidati al Prof. Franco Bruno Vitolo, curatore del catalogo.

La pubblicazione e la presentazione di questo volume rappresentano il coronamento di una “vita d’arte”. Sono oltre cinquant’anni che Elena Ostrica dipinge, scrive poesie, esibisce le sue opere in mostre personali e collettive, ottiene riconoscimenti in tutto il territorio nazionale, con puntate significative anche all’estero, come una mostra di successo in Lussemburgo. E sono vent’anni che Elena Ostrica, dopo averlo fondato, dirige il CAS (Centro Artisti Salernitani), che rappresenta un radicato punto di riferimento per la vita cittadina ed attraverso il quale ha organizzato numerosissime manifestazioni pubbliche e partecipato ad eventi di natura letteraria ed artistica.

Il Catalogo serve però anche, e forse soprattutto, a fissare nel tempo la produzione di alta qualità della pittrice, unitaria nello spirito ma diversificata in figurativo classico, acquerello, figurativo simbolico, immagini paesaggistiche, e caratterizzata da colori caldi e pervasivi, da figure ed immagini spesso stilizzate e sfumate, dal gioco mediato tra definito ed indefinito, da una contemplazione a volte quasi magica della natura, da onde tonali liberatorie ma tenute sotto controllo dalla mano ferma della ragione. Una pittura ispirata dai maestri impressionisti e paesaggisti del secolo XIX e dalle grandi avanguardie del secolo XX, ma alla fine, come si addice agli artisti di vaglia, molto caratterizzata da uno stile personale che ben esprime le pur contraddittorie suggestioni dell’esistenza e la potente, armoniosamente disarmonica, energia della vita.

Lectura Dantis Metelliana: il Poeta ed il Poema visti con gli occhi e i pennelli di Salvatore Sabatino e Giuliana Armenante

CAVA DE’ TIRRENI (SA). La Lectura Dantis, già ricca di suo, quest’anno ha mostrato delle frizzanti novità ed alcune faville (conferenze nelle scuole, relatori di “varia umanità”, argomenti stimolanti e “modernizzabili”) che, se matureranno negli anni a venire, potranno veramente fecondare un gran fuoco.

Riservandoci di parlare in futuro dei contenuti in una sintesi globale da proporre ad inizio dicembre ed anticipando l’intenzione di un discorso speciale sulla presenza giovane e brillante di una scrittrice come Bianca Garavelli, che ha permesso anche una bella “jam session” con gli studenti, segnaliamo qui, in rapporto alla sezione riservata agli artisti e curata dal Presidente della Lectura Paolo Gravagnuolo, la presenza di due creativi cavesi che, pur avendo centellinato finora le loro “esibizioni”, hanno mostrato di avere tanto da dire e tanto ancora da dare. Parliamo di Salvatore Sabatino (11 novembre) e di Giuliana Armenante (25 novembre). 

Salvatore Sabatino, pittore, ceramista, incisore, serigrafo, ha mostrato due ritratti di Dante. Il primo in tecnica mista, con il Poeta di profilo, in una posa classica e tradizionale, ma con una veste vagamente modernizzabile: l’immagine emerge con nettezza, in linea con la formazione dell’artista, da incisore e da ceramista. La seconda opera, elaborata in tecnica di China, è un ritratto di Dante con la corona d’alloro, come si addice ai “poeti laureati”, in una posa che richiama quella con cui spesso è stato rappresentato Giulio Cesare, per il quale l’alloro voleva esprimere la gloria militare. Anche quest’opera, come ha evidenziato Paolo Gravagnuolo, risente particolarmente del gusto “scultoreo” dell’autore.

Salvatore Sabatino, nato a Cava il 16 maggio 1937, autodidatta, ha acquisito grande esperienza e formazione quale disegnatore bozzettista presso le “Arti Grafiche Di Mauro”, per poi arricchire, grazie alle grosse capacità manuali, il bagaglio tecnico, lavorando prima in Italia (Ceramica C.A.V.A., Ceramica C.E.V.I., Colorificio Ceramico SEDI) e poi in Germania. I suoi lavori in ceramica (grandi vasi all’altezza di 130-150 cm. incisi su terracotta, in bassorilievo e decorati a mano) fanno parte di collezioni private in Italia e all’estero: e giustamente, essendo delle creazioni di notevole effetto scenico e di gradevole gusto estetico.

Dilettandosi anche di pittura ed avendo prodotto opere di diversa natura e tecnica, ha esposto in varie mostre collettive ed ultimamente ha eseguito un dipinto per la Chiesa di San Giuseppe al Pennino, raffigurante appunto San Giuseppe col bambino. Ha poi realizzato per la Chiesa di Vetranto il dipinto Maria Maddalena, la penitente, integrato da un originale dell’artista cinquecentesco Fra’ Raffaele Romano.

In questo periodo sta lavorando per una sua personale, il cui vernissage non dovrebbe essere poi tanto lontano. 

Giuliana Armenante ha illustrato una visione dantesca targata Giovanni Pascoli, da presentare la sera del 25 novembre in coincidenza con la conferenza dedicata al rapporto tra Giovanni Pascoli e Dante Alighieri.

Un lavoro pienamente conforme al suo stile, caratterizzato da giochi fantasiosi ed intrighi a volte quasi inestricabili di forme e di colori, che creano nell’animo un vortice a ragnatela, da cui in partenza ci si sente quasi storditi, ma avvertendo alla fine uno stimolo potente verso la liberazione della fantasia e delle energie interiori.

In questo caso, ispirandosi alla rappresentazione che Giovanni Pascoli ha fatto della visione del Paradiso come conquista di un oltre solare al di là delle più o meno tenebrose foreste del vivere, ha illustrato l’immagine del Sole di Dio e della Rosa dei Beati presente negli ultimi tre canti Paradiso attraverso la creazione di sbocchi improvvisi di luce al di là di grovigli disseminati a ragnatela. Ha creato come ponte tra le due parti un viso di donna bifronte, di cui la parte sinistra, più oscura e mimetizzata, è rivolta verso l’intrigo tormentoso della “foresta di segni”, mentre la parte destra, limpida e netta, è tutta tesa verso il liberatorio cammino della luce: un evidente significato allegorico, in puro stile dantesco. Tanto intensi sono i grovigli quanto inequivocabile e chiara è la distesa di luce che li supera e, pur collocata in un angolo della tela, finisce con l’assumere una posizione centrale. Nel complesso, un bell’effetto pittorico ed una fusione interessante tra testo dantesco, elaborazione pascoliana non limitata al puro cristianeggiare e colorite forme “giulianesche” che personalizzano l’insieme senza snaturarne l’essenza.

Giuliana Armenante, nata a Cava nel 1966, grazie alla formazione presso l’Accademia d’Arte di S. Giovanni a Teduccio diretta da Armando Marra, si è progressivamente perfezionata come costumista, scenografa e pittrice. Ha avuto spesso modo di mettere a frutto la propria creatività, ora con gli sgargianti costumi ad esplosive coloriture tonali inventati per alcuni spettacoli teatrali (ad esempio, L’uccello grifone), ora con dipinti in tempera, acrilici e materiale da riciclo, dallo stile inconfondibile “a ragnatela di colori”, usati anche per illustrazioni di libri, come Oltre la tenda, di Lolita D’Arienzo..

Queste opere hanno trovato spazio in qualche caso anche all’estero: un’esposizione temporanea a Den Haag, in Olanda, ed un’altra a Rue de Rivoli, a Parigi. Recentemente, nel 2012 ha esposto delle opere presso la Galleria de “Il lavoro tirreno” di Lucio Barone, nel 2013 è stata in mostra al Carpe diem di Salerno. Al di là del sogno d’Arte, attualmente lavora nella Piazza Duomo di Cava, gestendo con il compagno Alfredo de Bonis lo storico negozio di orologi fondato da Achille De Bonis.