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Anno nuovo 2012. Diamo uno “sguardo “al passato. Una poesia scritta per il primo gennaio 1900.
”Vita di luce” (Pel nuovo anno)
E’ il Novo Anno … ghirlanda
Ancora ignota di novelli fiori,
Che il Signore ci manda,
Di speranze, d’affetti e di dolori.
E noi con pensier novi,
Con nova forza e attività novella.
Che a noi ed altri giovi,
Guardiamo al foco che la vita abbella”
Giuseppina Del Carretto
Sono solo le prime due strofe, la poesia è molto lunga (30 quartine). Poesia tratta da un libro “Strenna “ del 1900 (vedi foto) edito dal periodico “La donna e la famiglia” stampato a Genova (Tipografia della gioventù). Costava 3 lire. Da notare i fregi liberty della copertina. Conteneva: Il calendario per l’anno 1900 e “Letture Femminili”: racconti, poesie, pensieri, aforismi. Una sana e fidata compagna per il nuovo anno. Poesia molto semplice, intrisa di comune spirito religioso: il nuovo anno è visto come una ghirlanda di cui ignoriamo i fiori se non che saranno nuovi; ce li manda il Signore, ci sono fiori di speranze, di affetti ma anche di dolori. Ma noi, con forza nuova, non ci spaventiamo e attendiamo che tutto quello che verrà, giovi a noi e agli altri perché sarà come un fuoco (il fuoco di Dio) che farà bella la nostra vita. Ho scelto questi versi a mo’ di esempio per rilevare quanto essi siano lontani dalla poesia del Novecento. Solo dopo pochi anni (1916) Ungaretti scriverà “Il porto sepolto” opera che ha rivoluzionato tutta la poesia del passato secolo.
Giuseppina Del Carretto
Poetessa, crediamo molto popolare a suo tempo, ma della quale oggi non si sa nulla.
20 anni fa, esattamente il 6 febbraio 2002, moriva il poeta Padre David Maria Turoldo. Ricordiamolo con la stupenda: “Canta il sogno del mondo”.
Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta
(nessuno saluta
del condominio,
ma neppure per via).
Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene.
E del bene degli altri
godi e fai
godere
Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
-se necessario-
dividi.
E vai,
vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta
Vai di paese in paese
e saluta
saluta tutti
il nero, l’olivastro
e perfino il bianco.
Canta il sogno del mondo:
che tutti i paesi
si contendano
d’averti generato.
David Maria Turoldo
da “O sensi miei….Poesie 1948-1988”, Rizzoli 1990
“Canta il sogno del mondo”, lirica-salmodia di Padre David Maria Turoldo. Elegante strutturazione, tipica della cifra Turoldiana. Poesia “ facile” ed insieme terribilmente difficile: “ama, saluta, perdona, dona, comprendi, dimentica e ricorda, godi e fai godere, dividi, canta”. In sintesi il vademecum del vero cristiano o semplicemente di chiunque si definisca Uomo. Dalla piccola (non meno dolorosa) testimonianza: “nessuno saluta /del condominio,/ma neppure per via” alla denuncia del nostro egoismo, dello stolto nazionalismo, del latente razzismo in “Vai di paese in paese/e saluta /saluta tutti /il nero, l’olivastro /e perfino il bianco.” Saluta perfino il bianco! Quel bianco, noi bianchi, carichi di storia gloriosa ma anche di vergognose terribili nefandezze; ancora più degli altri, dobbiamo meritare il saluto! Ma qual è il sogno del mondo? “che tutti i paesi/si contendano/d’averti generato.” Essere figlio senza patria perché figlio di tutte le patrie, portatore di amore universale.
David Maria Turoldo nacque a Coderno del Friuli nel 1916 e morì nel 1992 a Fontanelle di Sotto il monte, paese natale di Giovanni XXIII,(BG). Originale poeta, fu un prete “scomodo”: dapprima aveva scelto di partecipare personalmente alla resistenza e poi scomodo per le sue coraggiose omelie dal pulpito del Duomo di una borghese opulenta Milano degli anni ’60/70.
Il 6 aprile 1912 moriva Pascoli. Il ricordo di Antonio Donadio.
QUEL MESE D’APRILE TANTO AMATO
Se Giovanni Pascoli avesse potuto scegliere un mese per la sua morte, chissà, forse avrebbe scelto proprio il mese di aprile. Un mese tanto caro al poeta e assieme tanto doloroso quasi, simbolo ancor e più del Mistero, fonte e dolore nella Poetica Pascoliana. E’ il mese della primavera, della rinascita della natura. Il mese dell’amore. Quell’amore, umano, passionale, che Pascoli quasi gelosamente, tenne a celare, ma che poi emerge intensamente in alcune sue liriche, solo a volerlo cercare. E’ il caso della lirica “Canzone d’aprile”.
Giovanni Pascoli ( San Mauro di Romagna ,1855- Bologna 1912)
Canzone d’aprile
Fantasma tu giungi,
tu parti mistero.
Venisti, o di lungi?
ché lega già il pero,
fiorisce il cotogno
laggiù.
Di cincie e fringuelli
risuona la ripa.
Sei tu tra gli ornelli,
sei tu tra la stipa?
Ombra! Anima! Sogno!
Sei tu …?
Ogni anno a te grido
con palpito nuovo.
Tu giungi: sorrido;
tu parti: mi trovo
due lagrime amare
di più.
Quest’anno…oh! Quest’anno,
la gioia vien teco:
già l’odo, o m’inganno,
quell’eco dell’eco;
già t’odo cantare
Cu … cu.
Da “Myricae” , Giusti, 1894
E’ una poesia che appare contrassegnare tutto l’ardore, la passione, ma anche il dolore, l’inganno dinanzi all’amore. E l’amore non solo è parte di quel Mistero, ma, per Pascoli, è anche il mistero: ecco torna la stagione primaverile, l’animo del poeta si gonfia d’attesa, di speranza; giungerà l’amore? Anche quest’anno giunge, ma come “Fantasma” misterioso. La natura è già in totale fremito: il pero e il cotogno sono in fiore, qua e là cinciallegre e fringuelli, ….ma il poeta chiede -e si chiede-, ma sei “Ombra Anima o Sogno”? Eppure quest’anno sembra diverso: c’è una donna nel suo cuore; la gioia è lì a portata di mano. E’ solo un attimo e il poeta timoroso, impaurito, rinnova il suo dolore: come ogni anno, “con palpito nuovo” sorride all’amore e poi, come sempre, si ritrova con “due lagrime amare di più”. Eppure il cuore del poeta quasi si spande come un’eco per tutta la campagna circostante e già si sente cantare il cuculo: è l’uccello annunciatore d’amore. Non solo porta la primavera, ma è il galante interlocutore d’amore delle ragazze le quali chiedono, gonfie d’attesa, se arriverà l’amore, il matrimonio. Ma anche questa volta il poeta sarà disilluso, ancora si arresterà dinanzi al mistero. E’ l’apice della sua Poesia. Pascoli “si sente chiamato” alla rappresentazione del Mistero, straziato nell’animo dal dramma che è dramma universale. Solo la fratellanza umana, l’amore fra fratelli, fra genti, può cercare se non di sconfiggere tanto dolore che inonda “ quest’atomo opaco del Male”, almeno mitigarlo. Ed è questo un grande atto d’amore.
Il “Grazie” di Donadio alla nostra Redazione e alcuni versi tratti dal suo ultimo libro “Come uccelli in volo”.
Grazie! “VIVIMEDIA” è stato tra i primi organi d’informazione a dare notizia del mio ultimo libro ed oggi (1 marzo) è il “CORRIERE DELLA SERA” a parlarne con l’intervista “Donadio, solo un poeta può tradurre un poeta”. Fa sempre molto piacere quando “qualcuno” si occupa dei tuoi lavori, quasi un “miracolo”, poi, se si tratta di Poesia.
E allora ecco alcune poesie tratte da “ R.Tagore COME UCCELLI IN VOLO Scrittura in versi di Antonio Donadio, Edizioni Paoline 2012”
A chi lo ama il mondo si fa piccolo.
Esile canto.
Bacio d’eterno.
**
Come un viandante
il mondo si ferma un momento alla mia finestra.
Mi fa un cenno
e poi scompare.
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L’esistere è continua sorpresa.
E sorpresa è la vita.
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Un piccolo bambino è l’uomo.
Il suo potere
è poter crescere.
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All’uscio batte
chi vuol far del bene.
Aperto è l’uscio
per chi ama.
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Sembrano le colline
tante grida di bambini con le braccia alzate
che cercan d’afferrar le stelle.
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Resta fuori di casa anche la verità
se chiudi la porta a tutti gli errori.
**
E’ morte ciò che si esaurisce.
E’ perfetta fine l’interminabile.
**
Non ha tempo
per essere veramente buono
chi troppo è assorto
a fare il bene.
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Crudeli son gli uomini.
Buono è l’Uomo.
“San Liberatore” di Alfonso Gatto e commento per l’inaugurazione del “Viale dei poeti” di Vietri sul Mare.
A proposito del “Viale dei poeti” a Vietri sul Mare, non posso che congratularmi con il sindaco e con quanti hanno contribuito alla riuscita di tale iniziativa. Nulla importa se l’idea non è nuovissima (altri paesi hanno fatto cose simili, come ad esempio, il Comune di Ceraso dietro la direzione del critico e poeta Vincenzo Guarracino), resta ampiamente meritoria: 1) Dare “voce “ ai Poeti e alla Poesia; 2) Ricordare i Grandi che hanno scritto sul Comune di Vietri; 3) Nobilitare e rilanciare così e, ancor più, la propria terra; 4) Permettere a tanti, colti o anche “distratti”, di godere, in un posto meraviglioso tra il cielo e il mare, l’odore dei limoni e lo Scoglio della Divina, della “lezione” di quanti furono e, ci auguriamo, possano ancora essere guida nel nostro limitato cammino di uomini. E che dire, poi, di Alfonso Gatto? Tutti lo conoscono o…. forse, pochi veramente? Gatto, per chi non lo ricordasse, ha vissuto parte della sua fanciullezza a Marini, frazione della nostra Città. In molte sue poesie, esplicite o “nascoste”, si ritrovano ampie testimonianze di quegli anni e di quei posti. Forse Cava ha mai pensato di ricordarlo come “cavese”? Con una targa? Una manifestazione? A me non risulta. Come non risulta che siano stati ricordati degnamente altri Grandi che sono stati a Cava e/o hanno scritto su Cava, in primis Bernardo e Torquato Tasso e poi la Craven, Vittoria Aganoor Pompili, il premio nobel Giorgio Seferis (ricordiamo la nota lirica “Ultima tappa, Cava dei Tirreni, 5 ottobre 1944”), il più grande poeta greco vivente, Titos Patrikios (che ho avuto modo di conoscere e di parlare con lui di Cava), Salvatore Di Giacomo (fortunatamente una targa lo ricorda sulla facciata dell’Hotel Scapolatiello), ma anche altri, semmai meno noti. E allora se Cava sonnecchia, ben venga la poetica alba radiosa che si alza dal Comune di Vietri sul Mare.
Di Alfonso Gatto. ho pensato di proporre lo scritto in prosa poetica “San liberatore”. Ovviamente è il “nostro “ San Liberatore, nella valle di Alessia, poco più su di Marini.
E’ uno splendido “quadretto” di San liberatore dei primi anni del secolo scorso (pubblicato in Poesie, Vallecchi 1941). Si legga attentamente. Nessun commento da parte mia. Solo un accenno per la chiusa: “Indirizzivo nella mia carne, dormivo ridente ed intero”. ( Da notare l’elegante gioco allitterativo nei gruppi sillabici ruotanti intorno alla “r“ con una rima al mezzo: Indirizzivo / dormivo ). Il giovanissimo futuro poeta, lì tra i nostri monti, benché intirizzito nel corpo, se ne dormiva con il sorriso sulle labbra, ma ancor più, nei pensieri e nei sogni di fanciullo e godeva del suo sentirsi “intero”, della pienezza di quello che era allora e, immaginava, sarebbe stato un domani. E non è forse bello pensare che tali sensazioni gli siano stati “regalati” dalla nostra terra cavese? Non sarebbe auspicabile (e penso poco oneroso) ad esempio, riprodurre tale poesia e porla nella piazza di Marini o di San liberatore?
Alfonso Gatto (Salerno 1909- Orbetello, Grosseto, 1976) Non voglio aggiungere altro. Mi auguro che qualcuno vada a ricercare sue notizie, la sua opera poetica e anche i suoi scritti di grande giornalista.