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“CAVA DE’ TIRRENI: con 1.200 figuranti, in costumi del ‘600, per presentare ai più la Fede, la Storia, il Folklore e la Cultura del popolo cavese.

Quanti sanno che dopo il notissimo carnevale di Rio de Janeiro, è la Città di Cava de’ Tirreni, sita a otto chilometri a nord da Salerno e venti a sud da Pompei, nella provincia di Salerno, ad esprime il più elevato numero di persone, fra uomini, donne e bambini, in costume rinascimentale, per rimembrare ai contemporanei, un evento che si ripete da secoli nei: “Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento”, per l’avvenuto ”Miracolo Eucaristico” dell’autunno del 1656?.

Stamani, 12 giugno 2023, nel Salone d’Onore del Palazzo di Città, con il Sindaco Vincenzo Servalli, alla presenza di un folto numero di giornalisti, la realtà cittadina organizzatrice: l’Ente Montecastello, ha presentato il calendario che scandirà la 367ª edizione (1656 – 2023).

Un Calendario ricco di eventi:

Mercoledì 14 Giugno, alle ore 20:00 con a “Fiaccola della Fede” che i tedofori del Centro Sportivo Italiano condurranno dal Colle di Sant’Adjutore, sede del secolare Castello in fase di restauro, a Piazza Vittorio Emanuele III per l’accensione del “BRACIERE DELLA FEDE”.

Giovedì 15 giugno, alle ore 08:00, Santa Messa nella secolare Chiusa della Santissima Annunziata, a seguire lo sparo degli storici “pistoni” a cura degli archibugieri che attornieranno il Colle di Sant’Adjutore e alle 20:30 la pia Storica Processione, col Santissimo Sacramento, come don Angelo Franco fece nell’autunno del 1656, principiando dalla Chiesa della Santissima Annunziata per giungere al terrazzo superiore del seicentesco Castello, affinché il Celebrante impartisca l’annuale Santa Benedizione al popolo della valle.

Venerdì 16 giugno, alle ore 21:00, “Corteo degli appestati” per le vie del secolare Borgo Porticato e alle ore 22:00 la Rappresentazione teatrale sul sagrato della Parrocchiale Chiesa di Sant’Adjutore: “1656 La Grande Pestilenza”.

Sabato 17 giugno, alle ore 18:30, “Benedizione dei Trombonieri e dei Gruppi Folkloristici”, per oltre 1.200 figuranti in costumi del ‘600; a seguire lo sparo dei “pistoni” nel Parco Falcone e Borsellino, adiacente il Palazzo di Città e alle 23:30 Spettacolo Pirotecnico dal Colle di Sant’Adjutore. 

La Città di Cava de’ Tirreni e le sue non comuni peculiarità

Poche, se non rare, Città della “nostra Bella Italia” hanno caratteristiche eguali a quelle di Cava de’ Tirreni! 

Nel passato è stata agli albori della gloria, quale: Città Regia, Città Fedelissima, Città Eucaristica e, nell’ultimo decennio, Città del Folklore; vediamole insieme.

1. Città Regia sin dal 10 Luglio 1432, ovvero Città demaniale, cioè alle dirette dipendenze della Casa regnante, ovvero infeudabile, come dispose la Regina Giovanna II d’Angiò – Durazzo (Zara il 25 Giugno 1373 – Napoli 2 Febbraio 1435), quando successe sul Trono del Regno di Napoli al defunto suo fratello, Re Ladislao d’Angiò – Durazzo (1414).

Infatti la Città di Cava, il toponimo Città di Cava de’ Tirreni origina dal 23 Ottobre 1862, non è mai stata sotto la diretta egida di un Re, di un Principe, di un Duca, di un Marchese, di un Conte o di un Barone.

L’ultimo tentativo di porla sotto la sua “reggenza” fu il Principe Pietro Antonio Sanseverino di Salerno, osando chiederla al Sovrano Carlo V d’Asburgo, quando questi il 22 Novembre 1535 transitò per la nostra Città; ma gli andò male! 

2. Città Fedelissima dal 4 Settembre 1460, come riportato nella lettera acclusa alla “Pergamena in Bianco”, entrambe a firma del Re Ferdinando I d’Aragona, detto anche Ferrante, per aver, i nostri avi, mantenuto i devastanti “guasti” inflitti dagli angioini alla Città di Cava dal 20 al 28 Agosto 1460, con l’aiuto militare del Roberto Sanseverino, Principe di Salerno.

3. Città Eucaristica dall’autunno del 1656, per il “Miracolo Eucaristico”, che consentì la fine della peste bubbonica;

4. Città del Folklore dal 26 Giugno 2011, prima in Italia, per voto unanime della Federazione Italiana Tradizioni Popolari (F. I. T. P.), nel rispetto del Decreto Legislativo n. 460 del 1997, quale Ente attivo al Tavolo Tecnico del Ministero dei Beni e Attività Culturali.

È attorniata da 18 Frazioni pedemontane, l’ultima in ordine di tempo Sant’Anna all’Oliveto, tutte “sorte” prima del mille e con altrettante Chiese parrocchiali, tutte della stessa epoca.

È gelosa custode dei resti mortali di:

a) 4 Santi, i primi Abati del Cenobio Benedettino Cavense: Alferio, Leone, Pietro e Costabile, a quest’ultimo si deve l’attuale “cittadina” di Castell’Abate, alle porte del Cilento, mentre all’Abate Pietro la costruzione del Castello che cinge tutt’oggi l’attuale Frazione del Corpo di Cava, con alte mura, otto bastioni e due porte d’accesso al maniero;

b) 8 Beati, che come i citati quattro Santi, sono stati anch’essi Abati del citato Cenobio: Simeone, Falcone, Marino, Benincasa, Pietro II, Balsamo, Leone II e Leonardo;

c) 3 Servi di Dio: Padre Giulio Castelli, l’Abate Mauro De Caro ed il Redentorista Pietro Paolo Cafaro.

Di tali 15 personaggi del “mondo ecclesiale” ci riserviamo, a breve, di dare puntuali informazioni, significando che solamente i resti mortali dei Servi di Dio: Padre Giulio Castelli e del Redentorista Pietro Paolo Cafaro non riposano nel Cimitero della millenaria Abbazia Benedettina della Santissima Trinità del Corpo di Cava.

I registri dello Stato Civile dopo il concilio di Trento del XVI secolo

Con l’arrivo di Napoleone Bonaparte nel Regno di Napoli (1805-1815) venne introdotto il cosiddetto Codice Napoleonico, entrato in vigore in Francia il 21 Marzo 1804, che aveva lo scopo di porre fine alla complessa tradizione giuridica dell’Ancien regime (antico regime).

Il Codice era articolato in un titolo preliminare e tre libri dedicati rispettivamente alle persone, ai beni e alla proprietà.

In esecuzione delle disposizioni stabilite dal Codice Napoleonico, relative ai diritti della persona e della famiglia e, in particolare, agli atti dello Stato Civile, il 29 Ottobre 1808 venne emanato nel Regno di Napoli, dal regnante del tempo, Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte, il Decreto di istituzione dello Stato Civile.

In ogni Comune vennero predisposti tre differenti registri:

a) uno per le nascite e le adozioni;

b) uno per i matrimoni;

c) uno per gli atti di morte,

ogni atto veniva trascritto gratuitamente, mentre venne fissata la tariffa di un carlino per l’estrazione di copia dal registro.

Ciascun registro veniva compilato in doppia copia, una custodita presso l’Archivio Comunale l’altra, alla fine di ogni anno, veniva inviata al Tribunale della Provincia ed è proprio questa seconda copia che ancor oggi è conservata presso l’Archivio di Stato, presso le rispettive province del Mezzogiorno d’Italia, ex Regno di Napoli e/o Regno delle Due Sicilie.

Prima del Codice Napoleonico, le nascite, i matrimoni e le morti venivano annotate in distinti registri tenuti dai Parroci, presso le rispettive parrocchie, istituiti ad esito del Concilio di Trento tenutosi dal 1545 al 1563, che non durò affatto 18 anni, ma solo 4, i restati 14 anni furono periodiche interruzioni.

Prima dell’istituzione di detti registri, ancor oggi consultabili presso gli Archivi Parrocchiali di tutto il mondo cattolico cristiano, le nascite, i matrimoni e le morti non veniva annotate in alcuna scrittura.

E’ con l’entrata in vigore del Codice Napoleonico che gli atti di nascita, matrimonio e morte venivano e vengono provati esclusivamente con certificati estratti da detti Registri, mentre per l’epoca precedente, come abbiamo detto, facevano e fanno fede le annotazioni nei Registri Parrocchiali, ma attestavano, come attestano, la sola amministrazione dei Sacramenti e degli Atti Religiosi, secondo quanto previsto dalla Chiesa cattolica; il matrimonio religioso non poteva, come oggi non può essere celebrato se non dopo quello civile, officiato dall’Ufficiale di Stato Civile e qui vi è una novità risalente all’anno 2000!

Col Decreto del Presidente della Repubblica del 3 Novembre 2000, n. 396, a officiare il matrimonio civile può essere un qualunque cittadino che abbia i requisiti per l’elezione a consigliere.

E’ bene sapere che l’istituto dell’elezione a consigliere trova applicazione nei riguardi di coloro che siano stati condannati, senza sentenza passata in giudicato, per alcuni gravi delitti connessi al fenomeno mafioso o al traffico d’armi e droga, alcuni delitti dei pubblici ufficiali, reati commessi con abuso di potere o in violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, che siano stati comunque condannati, definitivamente, per uno stesso reato non colposo a pena non inferiore a due anni, oppure che siano stati colpiti da misure definitive di prevenzione inerenti a pericolosità di tipo mafioso.

Per concludere ricordiamo che lo Stato Civile fu istituito nel Mezzogiorno d’Italia, ex Regno di Napoli e/o Regno delle Due Sicilie, da Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte, sul trono napoletano dal 1808 al 1815, in applicazione, appunto, del Codice Napoleonico e collegati Decreti del 22 e del 29 Ottobre 1808.

Allo spirare del decennio francese (1805 – 1815) fu Ferdinando I di Borbone, Re delle Due Sicilie, ad ordinare agli Ufficiali dello Stato Civile di prendere nota dei battesimi e delle benedizioni nuziali dietro presentazione dei certificati che i Parroci erano tenuti ad inviare alle rispettive Sezioni Municipali; allo stato i Parroci, affinché si provveda alle annotazioni nei Registri dello Stato Civile, trasmettono solamente i certificati di avvenuto matrimonio religioso.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). La Madonna dell’Olmo de Panucuocolo

La sua storia, quasi dimenticata, ci ricorda come venivano annualmente eletti i Sindaci e come si provvide alla prosecuzione della costruzione della Chiesa di Santa Maria Incoronata dell’Olmo (de Panicuocolo), poi Basilica Minore Pontificia.

Le traduzioni dal Latino ci sono state “offerte” dall’amabile e ammirata concittadina, la Professoressa Patrizia T., storica Docente di Greco e di Latino.

Come detto in tant’altri scritti, per non pochi secoli del lontano passato, il Sindaco della Città di Cava (il toponimo di Città di Cava de’ Tirreni origina dal 23 Ottobre 1862) veniva eletto annualmente, ovvero restava in carica un solo anno, per singolo Distretto, detti anche Province, che qui ricordiamo: Sant’Adjutore, Mitiliano, Corpo di Cava e Pasculano.

Infatti, il 29 Settembre 1487, gli Eletti dell’Università, riunitisi col permesso del Regio Capitano, elessero il nuovo Sindaco, in successione al Sindaco uscente: Landolfo Casaburi (Settembre 1486 – Settembre 1487).

All’uopo affermarono: “”…et quia electio ipsius Sindici spectat ad homnes provinciae Corporis Cavae et membro rum, et Universitas Civitae nominaverunt Fabritium de Curti de Cava pro Sindico dictae Universitas tis Cavae habet jus confirmandi; qui quidem homines dictae provinciae nominaverunt Fabritium de Curti de Cava pro Sindico dictae Universitatis Civitatis Cavae. Et propterea praefati Electi unanimiter congregati pro maiori et saniori parte coram nobis eumdem Fabritium ordinaverunt””.

La traduzione: “”…e poiché l’elezione dello stesso Sindaco riguarda gli uomini della Provincia del Corpo di Cava e dei membri, anche l’Università della Città di Cava ha il diritto di confermare; i quali uomini in vero della detta Provincia nominarono Fabrizio de Curtis di Cava come Sindaco della detta Università della Città di Cava. E perciò i soggetti Eletti unanimemente riuniti, secondo la maggioranza e l’anzianità, davanti a noi ordinarono il medesimo Fabrizio…””.

Nel corso della successiva elezione dei nuovi eletti per l’anno 1487 – 1488, l’Università, per ciascuna delle quattro Province/Distretti, nominò un Eletto con un sostituto, ciò al fine di avere sempre un rappresentante per ciascuna Provincia/Distretto.

Leggiamo il seguito:

Rimembrando a noi stessi che la prima pietra per l’edificazione della Chiesa dedicata alla Madonna dell’Olmo, come testimonia la lapide posta sulla porta laterale della Basilica stessa, fu posta da San Francesco di Paola, nel 1482, durante il passaggio per la “nostra” Città, ma rileviamo che dopo circa sei anni la costruzione stentava ad essere completata.

Infatti, l’8 Aprile 1488 l’Università, riunitasi con le usuali modalità, approvò la proposta avanzata dal Sindaco de Curtis, riguardante il completamento della Chiesa di Santa Maria Incoronata dell’Olmo: “”…fabrica incepta in Eccclesia Sanctae Mariae Virginis de Panicuocolo eget pecunia ad complendam ipsam fabricam, et pro eus expeditione ad postulationem multorum civium petat eidem Universitati subventionem pecinuae pro expeditione dictae fabricae et pro salute animarum hominum dictae Universitatis…””.

La traduzione: “”cominciata la costruzione della Chiesa di Santa Maria Vergine dell’Olmo c’è bisogno di denaro per completare questa costruzione e per il suo completamento a richiesta di molti cittadini, chiedo alla medesima Università una sovvenzione per il completamento di questa costruzione e per la salvezza delle anime degli uomini di detta Università””.

L’Assemblea deliberò: “”…sponte, Universitatis audita et intellecta dicta petitione in gabella molendini et farinae aditit tornensem unum pro quolibet thumulo exigendum ab hominibus dictae Universitatis pro anno uno completo incipiedo a die nono praesenti mensis in antea, quem admodum ut exigitur tornensis alius impositus per dictam Universitatem…””.

La traduzione: …””spontaneamente, udita e compresa la richiesta dell’Università nella tassa del mulino e della farina aggiunge un tornese per qualsiasi quantità da esigere dagli omini di detta Università per un anno completo cominciando dal nono giorno del presente mese in avanti che almeno sia richiesto un altro tornese imposto dall’Università…””.

E’ appena il caso di segnalare che tutte le Chiese cavesi sono state edificate, restaurate e ampliate con provvidenza cittadine.

Epidemie e pestilenza a Cava de’ Tirreni

Da quando l’uomo ha memoria, la popolazione è stata sempre vittima inerme di pestilenze e carestie.

Col prezioso ausilio della Dottoressa Beatrice Sparano, deputata principe dell’Archivio Storico Comunale della Nostra nutrita Biblioteca, pubblichiamo il presente documento, che il tempo ci aveva fatto dimenticare e dal quale, in breve, si rileva che, causa la carestia del 1734, la nostra Città ebbe un’elevata mortalità, non sappiamo se maggiore o minore della peste del 1656, tanto che le salme vennero “sotterrate” in fosse comuni; alla luce di ciò, l’Intendente del Principato Citeriore chiese al Sindaco della Città di Cava (il toponimo di Città di Cava de’ Tirreni origina col Regio Decreto n. 935 del 23 Ottobre 1862) di destinare detti vari luoghi cittadini a Camposanti.

Salerno 29 ottobre 1811

L’Intendente della Provincia di Principato Citra

Al Sindaco del Comune di Cava

Sig. Sindaco,

dal vostro rapporto del 19 dell’andante, vengo informato dei vari luoghi siti in cotesto comune, nei quali venivano sepolti i cadaveri di coloro che morirono nell’anno 1764, epoca della epidemia, e di coloro che se l’hanno appropriati e messi a coltura.

Poiché continui sono i clamori di molti abitanti di alcuni villaggi di cotesto comune per le soventi infermità che soffrono le di loro famiglie a causa della mancanza di un Camposanto, in dove dar sepoltura a cadaveri di quei che giornalmente nell’Ospedale muoiono.

Considerandone in effetti la necessità di questa formazione per la salute pubblica, v’incarico di far subito procedere ad una dettagliata perizia, per i lavori, e spesa vi occorre per la riduzione di detti luoghi a Camposanto.

Me la rimetterete indi per le provvidenze ulteriori

Ho l’onore di salutarvi distintamente

Per l’Intendete assente

Il segretario generale

Macente(?)

Da una “piccola” ricerca sull’epidemia dell’anno 1764, eseguita dalla Dottoressa Sparano, in un articolo: ” La carestia del 1764: intemperanze climatiche e cattiva gestione delle risorse di Maria Antonietta del Grosso”, si legge:

Secondo la testimonianza di Fabio Donnabella, il quale nel cominciare la Descrizzione (sic) dell’anno 1763 e 1764 non solo precisava l’andamento delle stagioni, ma era convinto che la congiuntura agricola davanti ai suoi occhi – tutti abbiamo memoria corta e buona dose di egoismo – fosse la più grande catastrofe di tutti i tempi:

L’anno 1763 fu caosa ed apportò la grandissima carestia e fame del seguente anno 1764.

Carestia non mai sperimentata maggiore, mai intesa e mai letta essere accaduta così generale e così lunga della creazione del Mondo….

Nei mesi di gennaro, febraio, marzo e aprile non nevigò, non fece freddo e neppure piové, di maniera che quell’Inverno sembrò una continua primavera e non si potè conservare neve nella montagna della Stella.

Entrato poi il mese di Maggio cominciò a piovere, a fare freddo e grandinare e la pioggia era sempre accompagnata da empetuosi venti e sempre dirotta, e durò questo continuo mal tempo per tutto la mità di Giugno; doppo la mità di Giugno anche seguitò per qualche tempo, lo che fu caosa che venne a mancare lo çrimo frutto della terra, che è la seta, sussecutivamente mancò ogni sorta di frutto’ …

L’inclemenza del tempo con pioggia di tipo alluvionale e gravi nubifragi provocavano anche lo straripamento di fiumi e torrenti e l’inondazione dei terreni limitrofi, così come capitò nella città di Benevento: circa le copiose incessanti piogge seguite nel corrente anno 1764 nel territorio di questa città, onde essendo a dismisura cresciuto il torrente che passa sotto il ponte volgarmente detto delle Tavole, si impetuosi sono stati gli urti che esso ha dato ai rispettivi argini e deviando dal naturale suo letto è giunto a scorrere nella vicina pubblica strada

… L ‘infertilissima raccolta sortita nel trapassato agosto 1763, dirivata dalla copiosità de grandi piogge cadute nel mese di settembre ed ottobre del 1762, tempo di seminar grano, che si pensava esser venuto il diluvio universale; nei mesi di maggio, giugno e luglio di detto anno 176,3 tempo di seminar grano d’india ed altre vittuaglie vi sortì tanto imminente caldo e gran nebbie derivate dalle dette acque che parve incendiarsi il mondo: per la qual cagione battuti gli seminati ben bene dalle acque e in cotta la terra dal sole e fatto il terreno più duro di un sasso i grani si mantennero smorti …

Vedendo la terra così avara di frutti, non solo contadini e “massari”, ma chiunque guardava lo spettacolo di campi così sterili, capiva subito che si prospettavano tempi molto difficili, nonché si convinceva che “l’aria e la terra fussero state avvelenate e maledette per li peccati”.