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ROMA. INGV e scoperta di gas metano abiotico a Genova, più diffuso del previsto

Giuseppe-Etiope-vivimediaIl metano (CH4) che si estrae dai giacimenti petroliferi e che influenza insieme al petrolio l’economia mondiale, è prodotto dalla degradazione della sostanza organica contenuta nelle rocce sedimentarie, per opera di microrganismi (metano microbico) o della temperatura (metano termogenico). Complessivamente questo metano è detto “biotico”, perché all’origine vi è sempre un materiale biologico. In rocce non sedimentarie, ovvero in quelle ignee formate a grandi profondità sotto la crosta terrestre, può però formarsi metano abiotico o abiogenico, il quale si produce indipendentemente dalla presenza di materia organica. Da tempo questo metano abiotico è noto nelle esalazioni vulcaniche, nei sistemi idrotermali e in microscopiche inclusioni nei minerali di certe rocce, ed è prodotto da reazioni inorganiche, in genere sopra i 200°C. Le sue quantità sono generalmente molto basse, dell’ordine di poche parti per milione o al massimo di alcune unità percentuali, non sufficienti per uno sfruttamento commerciale. 

Grazie ad una ricerca condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma negli ultimi cinque anni è stato però scoperto che il metano abiotico è presente in quantità percentuali, fino all’80-90%, in certe rocce ignee (peridotiti) che affiorano sulla superficie terrestre a seguito dei movimenti tettonici del pianeta, e che sono state alterate dal contatto con l’acqua piovana; questa alterazione, detta “serpentinizzazione” (a causa della formazione di un minerale secondario detto “serpentino”), produce idrogeno (H2) che combinato con  anidride carbonica (CO2) forma metano attraverso la reazione di Sabatier: CO2 + 4H2 = CH4 + 2H2O. Questa reazione in genere avviene in presenza di catalizzatori metallici ed è riproducibile in laboratorio. Una sua variante, un po’ più complessa, la reazione Fischer-Tropsch, fu usata durante la seconda guerra mondiale dai tedeschi per produrre “benzina sintetica”. 

La ricerca dell’INGV, coordinata dal geologo Giuseppe Etiope in collaborazione con vari istituti di ricerca internazionali, ha portato alla scoperta di quattro aree in Europa dove sono presenti notevoli quantità di metano abiotico: dal 2008 al 2011 sono state trovate rilevanti quantità di metano abiotico in Turchia, nel sito archeologico di Chimera; solo nel 2012 tre scoperte sono avvenute in Grecia, Portogallo e in Italia. Nel nostro paese il metano abiotico è stato trovato in sorgenti sulle colline che sovrastano Genova, in particolare nelle Terme di Genova ad Acquasanta. Questi studi, pubblicati su sei diverse riviste internazionali (bibliografia in calce all’articolo), tra cui la prestigiosa Reviews of Geophysics, mettono in luce che il metano abiotico è più diffuso di quanto previsto. 

“Non dobbiamo confondere queste scoperte con la teoria del petrolio abiogenico, proposta in passato da alcuni ricercatori russi e americani” spiega Etiope, “il gas naturale dei giacimenti commerciali è certamente biotico; ciò che abbiamo rilevato è però che gas abiotico, diverso da quello tradizionale, è prodotto naturalmente in rocce ignee a bassa temperatura, al di sotto di 100°C, in quantità significative e in numerose aree.” 

“Questo fatto ha almeno tre importanti implicazioni: in varie parti del mondo i serbatoi dei giacimenti di gas naturale sono costituiti almeno in parte da queste rocce serpentinizzate, le quali possono rilasciare gas abiotico nel giacimento; dunque una piccola parte del gas nel giacimento potrebbe essere abiotico. Non possiamo, in questa fase della ricerca, affermare che questo gas abiotico sia in grado di formare giacimenti autonomi ed essere sfruttato commercialmente, dobbiamo ancora capire la velocità di generazione del gas e le reali quantità in gioco. 

La seconda implicazione è che questo gas potrebbe essere prodotto su altri pianeti, in particolare su Marte, dove sono state scoperte rocce serpentinizzate simili a quelle terrestri. 

Terzo, la reazione di Sabatier è uno dei tasselli fondamentali per l’origine della vita; la reazione che parte dalla CO2 e produce CH4 rappresenta il passaggio dalla chimica inorganica a quella organica; diversi scienziati della NASA ritengono infatti che la serpentinizzazione sia alla base dell’origine della vita sulla Terra. Il fatto che questo passaggio, da chimica inorganica a organica, possa avvenire a basse temperature suggerisce che l’origine della vita non è legata necessariamente a sistemi idrotermali, come ipotizzato nelle teorie della NASA. Il metano prodotto a basse temperature, anche sui continenti, può avere innescato il ciclo organico alimentando i primi batteri.

Giuseppe Etiope, è Primo Ricercatore all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma. Autore di più di 140 studi sul gas naturale, inclusi 84 articoli su riviste ad elevato impatto internazionale (selezionate dall’Institute for Scientific Information), ha coordinato varie ricerche in tutto il mondo sull’origine e migrazione degli idrocarburi, sui loro effetti nell’atmosfera e per l’esplorazione petrolifera. A lui si devono i dati delle emissioni geologiche globali di metano in atmosfera, oggi adottate negli inventari ufficiali dei gas serra dell’Agenzia Federale per l’ambiente degli Stati Uniti (EPA) e dall’European Environment Agency. Tra i suoi recenti studi vi è quello del “metano pesante”, una forma della molecola CH4 arricchita di isotopo pesante dell’idrogeno, il deuterio, e del metano abiotico nelle rocce serpentinizzate. (Sonia Topazio)

Bibliografia.

Etiope G., Vance S., Christensen L.E., Marques J.M., Ribeiro da Costa I. (2013). Methane in serpentinized ultramafic rocks in mainland Portugal. Marine and Petroleum Geology, http://dx.doi.org/10.1016/j.marpetgeo.2013.04.009

Etiope G., Sherwood Lollar B. (2013). Abiotic methane on Earth. Rev. Geoph., doi: 10.1002/rog.20011. 

Etiope G., Tsikouras B., Kordella S., Ifandi E.,Christodoulou D., Papatheodorou G. (2013). Methane flux and origin in the Othrys ophiolite hyperalkaline springs, Greece. Chem. Geol., http://dx.doi.org/10.1016/j.chemgeo.2013.04.003 

Boschetti T., Etiope G., Toscani L. (2013). Abiotic methane in the hyperalkaline springs of Genova, Italy. Procedia Earth and Planetary Science, 7, 248-251 http://dx.doi.org/10.1016/j.proeps.2013.02.004. 

Etiope G., Ehlmann B., Schoell M. (2013). Low temperature production and exhalation of methane from serpentinized rocks on Earth: a potential analog for methane production on Mars. Icarus, http://dx.doi.org/10.1016/j.icarus.2012.05.009 

Etiope G., Schoell M., Hosgormez H. (2011). Abiotic methane flux from the Chimaera seep and Tekirova ophiolites (Turkey): understanding gas exhalation from low temperature serpentinization and implications for Mars. Earth Plan. Sci. Lett, 310, 96-104. http://dx.doi.org/10.1016/j.epsl.2011.08.001

ROMA. INGV – NIED: firmato accordo di collaborazione con i giapponesi

giappone-INGV-Patane-agosto-2013-vivimediaNell’aprile del 2013, in occasione della visita all’Osservatorio Etneo-Sezione di Catania dell’INGV del Dr. Eisuke Fujita del NIED, specialista in ricerche nel campo della fisica del vulcanismo, visita mirata a svolgere alcune ricerche in collaborazione nei settori della vulcanologia e della sismologia vulcanica, il Dott. Mauro Coltelli e il Dott. Domenico Patanè, Direttore dell’INGV-OE, hanno pensato di promuovere un più stretto accordo di collaborazione tra due delle più importanti strutture di ricerca al mondo nell’ambito della sismologia e della vulcanologia.

Tale proposta, prontamente e fortemente supportata sia dal Prof. Stefano Gresta, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che dal Prof. Yoshimitsu Okada, Presidente del National Research Institute for Earth Science and Disaster Prevention (NIED), ha portato alla ratifica a Tsukuba, sede del NIED, dell’accordo di collaborazione (Memorandum of Understanding, MoU) tra i due Enti.

Come l’INGV, il NIED, sin dalla sua istituzione, ha condotto diversi progetti nell’ambito dei terremoti, dei vulcani e dell’ambiente. In particolare, il NIED dopo il terremoto di Kobe del 1995 ha fruito della possibilità di condurre diversi grandi progetti di ricerca, favoriti dagli ingenti finanziamenti del governo giapponese nell’ambito della politica di prevenzione e riduzione del rischio sismico sull’intero territorio nazionale. Tra i tanti progetti, occorre menzionare  quello che ha permesso al NIED di costruire la più grande tavola vibrante tridimensionale (3-D) al mondo denominata “E-defence”, nella città di Miki vicino Kobe. Questa permette di analizzare, simulando le condizioni reali dei più forti terremoti, la risposta tridimensionale dinamica di strutture ed edifici in scala reale e i processi di rottura e distruzione, permettendo quindi di calibrare e validare le capacità di progettazione di strutture terremoto-resistenti. Nel 2007, il CNR IVALSA insieme ad altre istituzioni fecero un eccezionale test su un edificio di 7 piani costruito in legno con sistema X-Lam, evidenziando come  questo, dopo 10 terremoti consecutivi, aveva mantenuta inalterata la struttura.

Anche nel campo della vulcanologia, il NIED, come l’INGV, oltre a promuovere la ricerca, si occupa del monitoraggio di alcuni vulcani attivi giapponesi che ricadono sotto la giurisdizione del Governo Metropolitano di Tokyo, quali il Monte Fuji che sovrasta la città di Tokio, il Miyakejima e l’Izu Oshima, situati su due isole di fronte alla baia di Tokio.

Alla cerimonia del 27 luglio a Tsukuba per la ratifica del MoU, tenutasi presso la sede del NIED, hanno partecipato oltre al Presidente Prof. Yoshimitsu Okada, il Dr. Eisuke Fujita, il Dr. Shoji Sekiguchi (Direttore del Earthquake and Volcano Research unit), il Dott. Mauro Coltelli e il Dott. Domenico Patanè in rappresentanza  dell’INGV. Dopo la cerimonia sono state visitate la sede del NIED ed alcune delle sue infrastrutture di ricerca.  In una di queste è situata una tavola vibrante 1-D che permette di eseguire test su modelli di strutture in scala 1/3, che sono preparatori per pianificare i test sulla tavola 3-D “E-defence”. E’ stata anche visitata un’altra infrastruttura che rappresenta il più grande impianto sperimentale al mondo per simulare le precipitazioni piovose e i loro effetti sul terreno. Tale apparato può produrre precipitazioni d’intensità compresa tra 15 e 200 mm/h ed è utilizzato per condurre ricerca sulle frane, sulle colate detritiche torrentizie, sull’erosione del suolo, sulle inondazioni in area urbana, ecc.

La firma del MoU (memorandum d’intesa), come affermato dal Presidente dell’INGV Prof. Stefano Gresta, in un suo commento “rappresenta un importante primo passo per la collaborazione tra i ricercatori dei due istituti”. Sulla stessa linea il Presidente del NIED Prof. Yoshimitsu Okada ha commentato che l’accordo è una grande opportunità per “poter promuovere ricerche in cooperazione e scambiare conoscenze”, e come possa essere considerato di buon auspicio il fatto che la firma sia avvenuta nell’anno in cui i due vulcani Etna e Fuji sono stati contemporaneamente nominati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. (Sonia Topazio)

PONTECAGNANO FAIANO (SA). Bilancio positivo per la campagna di ricerca e scavo dell’università del Molise al parco Eco archeologico

ricerca-e-scavo-parco-eco-archeologico-campagna-agosto-2013-vivimediaIl  Parco Eco archeologico di Pontecagnano Faiano è stato teatro in questi giorni dell’annuale campagna di ricerca e scavo condotta dall’Università degli Studi del Molise con la direzione della  professoressa Mariassunta Cuozzo, docente di Etruscologia e Archeologia italica presso l’Università del Molise e l’Università di Napoli “L’Orientale”.

Il progetto è stato portato avanti dall’anno 2010 adottando la formula dello scavo-scuola; la campagna appena conclusa ha visto la partecipazione di oltre 30 studenti provenienti dal Molise, dall’Università degli Studi di Salerno, dall’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, coordinati dalla professoressa Cuozzo affiancata dal dottore Carmine Pellegrino dell’Università di Salerno e dal dottore Marco Giglio dell’Università di Napoli “L’Orientale”. Grazie all’ospitalità del Comune di Pontecagnano Faiano, guidato dal sindaco Ernesto Sica, al sostegno economico alle operazioni di scavo fornito dal Rotary Club e al supporto logistico garantito da  Legambiente è stato possibile  accogliere anche due studentesse universitarie spagnole, Marta  Tudela Alcàntara e Maria Teresa Valderrana Zafra,  interessate ad una futura partecipazione alla “Picentia Summer School”.

Il progetto dell’Università degli Studi del Molise si avvale dell’apporto fornito dal Laboratorio di geofisica applicata dell’Università del Molise diretto da professore Paolo Mauriello e mira, attraverso campagne sistematiche di scavo e prospezioni geofisiche, all’individuazione delle  fasi dell’abitato antico del sito etrusco-campano di Pontecagnano Faiano comprese tra l’età del Ferro e  l’età Classica e alla verifica delle ipotesi ricostruttive per l’impianto di epoca-ellenistico-romana di Picentia.

Le indagini geofisiche sono state seguite dallo scavo archeologico sul versante Nord del Parco. Tali verifiche hanno ampliato la conoscenza del quartiere residenziale di età arcaica e classica (V-IV) già emerso durante gli scavi 2010-12 con strutture murarie in blocchi orientate NO/SE ed E/O e piani pavimentali. Le indagini hanno, inoltre, portato alla luce in entrambi i saggi ampi tratti di un asse stradale NE/SO con due o tre fasi sovrapposte databili tra il V e la fine del IV sec. a.C. 

Il primo cittadino Ernesto Sica ribadisce che “l’amministrazione comunale è particolarmente impegnata a promuovere e sostenere ogni occasione di crescita per il nostro territorio”. 

Dello stesso avviso l’assessore alle Politiche culturali Francesco Pastore: “La campagna di ricerca e scavo organizzata dall’Università degli Studi del Molise e il progetto Picentia Summer School sono rivolti ad una più ampia valorizzazione dell’immenso patrimonio storico-culturale della nostra città e della sua identità e rappresentano un importante momento di crescita e confronto per tanti giovani. Gli interessanti risultati già raggiunti e la proficua sinergia tra istituzioni sono uno stimolo in più per proseguire in questa direzione con grande determinazione”. 

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Oltre all’esatto toponimo, ha lo stemma definitivo

stemma-definitivo-cava-de'-tirreni-vivimediaRe Ferrante I d’Aragona nella sua lettera (sei pagine) del 22 settembre 1460.

Il nostro attivismo di ricercatore storico (nonché giornalista-pubblicista), sostenuto dalla sensibilità, lungimiranza e laboriosità dell’Avv. Prof. Marco Galdi, nostro Primo Cittadino, a seguito della Delibera (all’unanimità) del Consiglio Comunale del 16 luglio 2013, ha consentito a Cava de’Tirreni, città dal 7 agosto 1394, per volere di Papa Bonifacio IX Tomacelli, di ottenere il capitolino definitivo riconoscimento del suo unico, storico e reale stemma.

Il 18 dicembre 2012, la dr.ssa Ilva Sapora, dell’Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, preso atto del contenuto della puntuale relazione (all’uopo da noi stilata e completa di allegati), rimessale dal Sindaco Galdi, comunicò a quest’ultimo che, previo approfondito esame, discussione ed approvazione dell’apposita Commissione Consiliare e conseguente Delibera del Consiglio Comunale, la nostra città avrebbe ottenuto il suo definitivo stemma, con la precisazione che la corona civica risulterà ornata da cinque fioroni d’oro e non turrita, fortemente simile alle corone gigliate in uso nel XV secolo, e che le armi o pali aragonesi risulteranno ben rappresentate nel numero e nell’ordine di esposizione; ovviamente cinto dal ramo di alloro e di quercia.

Assolte entrambe le incombenze burocratiche, già trasmesse alla Presidenza del Consiglio capitolino, attendiamo ora il tanto bramato D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica), a firma del Presidente Gianni Letta, controfirmato dal Presidente Giorgio Napolitano.

Finalmente, lo possiamo dire, trascorsi 552 anni, 9 mesi e 4 giorni dal 22 settembre 1460, la Città di Cava de’Tirreni potrà definitivamente fregiarsi del suo unico e vero stemma.

È stato così, anche definitivamente corretto l’errore commesso all’indomani dell’unità d’Italia, quando il Re Vittorio Emanuele II, dispose che le città ed i comuni conferissero i propri stemmi presso il civico museo di Stato. Il Sindaco Trara Genoino, per ottemperare a tale disposizione reale, conferì l’incarico ad un mastro decoratore, rimasto ignoto. Di qui il ripetersi dell’errata raffigurazione dello stemma, cosa che poteva essere ovviata se il nostro decoratore si fosse recato nel chiostro dei Padri Filippini della Madonna dell’Olmo o nella Chiesa della Municipalità (l’attuale Santuario di San Francesco e Sant’Antonio), ove sono ben conservati: in marmo, legno e pietra, non pochi esatti cinquecenteschi stemmi cittadini.

Con la definitiva indicazione dell’esatto toponimo cittadino (Cava de’ Tirreni e mai più Cava dei Tirreni) lungo l’autostrada ed al casello dell’A3 – Napoli / Salerno e viceversa – ed alla stazione ferroviaria, come l’esatta rappresentazione del civico stemma, possiamo affermare, quale cittadino che ama la propria terra: “missione compiuta!”

INGV ROMA. Casamicciola 1883, un terremoto che ha fatto storia nel dibattito scientifico e sulle modalità di soccorso e gestione dell’emergenza

 

Casamicciola: il terremoto del 1885

Casamicciola: il terremoto del 1885

Era il 28 luglio. A 130 anni dal terremoto che colpì l’isola d’Ischia, il volume Casamicciola 1883. Il sisma tra interpretazione scientifica e scelte politiche a cura di Giuseppe Luongo, Stefano Carlino, Elena Cubellis, Ilia Delizia, Francesco Obrizzo, esperti di vulcanologia, geofisica, ambiente e urbanistica, dell’Università di Napoli “Federico II” e dell’Osservatorio Vesuviano – Sezione di Napoli dell’INGV, pubblicato dalla casa Editrice Bibliopolis nel 2012,  partecipa al Primo Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica, bandito dall’Associazione Italiana del libro. 

Il saggio è stato presentato alla comunità scientifica e ad un pubblico sensibile ai problemi dei rischi naturali all’Osservatorio Vesuviano-INGV, alla Feltrinelli di Napoli, a Casamicciola nella terra del terremoto, a Torre del Greco, città vesuviana tra le più esposte al rischio vulcanico e alla Biblioteca Antoniana di Ischia, con un lusinghiero successo, per  la folta e attenta partecipazione.

Non è mancata la presentazione del volume a Roma, nel luogo dove vennero prese le decisioni politiche e promulgate le norme sui soccorsi nella fase dell’emergenza e sulla ricostruzione. La presentazione si è svolta il 27 settembre del 2012  presso il Senato della Repubblica, Palazzo Bologna,  in  Via di S. Chiara 4,  con interventi del Prof. Stefano Gresta, Presidente INGV, Giuseppe Luongo, Emerito Università di Napoli “Federico II”, Annibale Mottana, Accademico dei Lincei, Paolo Nerozzi, Vice Presidente Commissione Lavoro del Senato, Luigi Nicolais, Presidente CNR, Domenico Pantaleo, Segretario Nazionale FLC-CGIL. Il dibattito scientifico ha avuto come moderatore il giornalista scientifico Franco Foresta Martin. 

Nel volume la parte introduttiva  è dedicata al clima culturale e al dibattito in Parlamento per la promulgazione dei provvedimenti in favore della comunità colpita dal sisma, che permette di cogliere l’intesa tra scienziati e decisori politici nei primi decenni dell’Italia unita. Nei capitoli successivi segue l’analisi critica dei contributi degli scienziati alla comprensione del fenomeno ed alle tecniche per la mitigazione del rischio sismico in un’area vulcanica e delle azioni del Ministro dei Lavori Pubblici finalizzate al soccorso e alla ricostruzione.

Protagonisti di questa “vicenda” politico-scientifica, archetipo di altre che seguiranno nel nostro paese, sono illustri personaggi del mondo scientifico, quali: Henry James Johnston-Lavis, impegnato professionalmente come medico e studioso dei fenomeni sismici e vulcanici; Luigi Palmieri, direttore dell’ Osservatorio Vesuviano, che realizzò un originale e primo sismografo elettromagnetico; Michele Stefano de Rossi, il primo a introdurre una moderna scala di intensità per i terremoti e a promuovere una rete sismica in Italia; Giuseppe Mercalli, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che propose una nuova scala delle intensità dei terremoti e la classificazione delle tipologie eruttive universalmente riconosciute; Giulio Grablovitz, fondatore e direttore dell’Osservatorio Geodinamico di Casamicciola, e il  Ministro dei Lavori Pubblici, Francesco Genala. (Sonia Topazio)

Scheda: Titolo: “Casamicciola milleottocentottantatre. Il sisma tra interpretazione scientifica e scelte politiche“ Autori: Giuseppe Luongo, Stefano Carlino, Elena Cubellis, Ilia Delizia, Francesco Obrizzo Editore: Bibliopolis – Edizioni di filosofia e scienze. Via Arangio Ruiz 83 – 80122 Napoli Tel. 081664606 Fax 0817616273 e-mail: info@bibliopolis.it www.bibliopolis.it pp.282 con XXX tavole a colori fuori testo. Prezzo: 35 euro