Aprile, 2012

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Anno nuovo 2012. Diamo uno “sguardo “al passato. Una poesia scritta per il primo gennaio 1900.

Vita di luce”  (Pel nuovo anno)

 

E’  il Novo Anno … ghirlanda

Ancora ignota di novelli fiori,

Che il Signore ci manda,

Di speranze, d’affetti e di dolori.

 

E noi con pensier novi,

Con nova forza e attività novella.

Che a noi ed altri giovi,

Guardiamo al foco che la vita abbella”

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Giuseppina Del Carretto

Sono solo le prime due strofe, la poesia è molto lunga (30 quartine). Poesia tratta da un libro “Strenna “ del 1900 (vedi foto) edito dal periodico “La donna e la famiglia” stampato a Genova (Tipografia della gioventù). Costava 3 lire. Da notare i fregi liberty della copertina.  Conteneva: Il calendario per l’anno 1900 e “Letture Femminili”: racconti, poesie, pensieri, aforismi. Una sana e fidata compagna per il nuovo anno.                                                                                Poesia molto semplice, intrisa di comune spirito religioso: il nuovo anno è visto come una ghirlanda di cui ignoriamo i fiori se non che saranno nuovi; ce li manda il Signore, ci sono fiori di speranze, di affetti ma anche di dolori. Ma noi, con forza nuova, non ci spaventiamo e attendiamo che tutto quello che verrà, giovi a noi e agli altri perché sarà come un fuoco (il fuoco di Dio) che farà bella la nostra vita. Ho scelto questi versi a mo’ di esempio per rilevare quanto essi siano lontani dalla poesia del Novecento. Solo dopo pochi anni (1916) Ungaretti scriverà “Il porto sepolto” opera che ha rivoluzionato tutta la poesia del passato secolo.

Giuseppina Del Carretto

Poetessa, crediamo molto popolare a suo tempo, ma della quale oggi non si sa nulla.

20 anni fa, esattamente il 6 febbraio 2002, moriva il poeta Padre David Maria Turoldo. Ricordiamolo con la stupenda: “Canta il sogno del mondo”.

Ama

saluta la gente

dona

perdona

ama ancora e saluta

(nessuno saluta

del condominio,

ma neppure per via).

 

Dai la mano

aiuta

comprendi

dimentica

e ricorda

solo il bene.

 

E del bene degli altri

godi e fai

godere

 

Godi del nulla che hai

del poco che basta

giorno dopo giorno:

e pure quel poco

-se necessario-

dividi.

 

E vai,

vai leggero

dietro il vento

e il sole

e canta

 

Vai di paese in paese

e saluta

saluta tutti

il nero, l’olivastro

e perfino il bianco.

 

Canta il sogno del mondo:

che tutti i paesi

si contendano

d’averti generato.

 

David  Maria  Turoldo

da “O sensi miei….Poesie 1948-1988”, Rizzoli 1990

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“Canta il sogno del mondo”, lirica-salmodia di Padre David Maria Turoldo. Elegante strutturazione, tipica della cifra Turoldiana. Poesia “ facile” ed insieme terribilmente difficile: “ama, saluta, perdona, dona, comprendi, dimentica e ricorda, godi e fai godere, dividi, canta”. In sintesi il vademecum del vero cristiano o semplicemente di chiunque si definisca Uomo. Dalla piccola (non meno dolorosa) testimonianza: “nessuno saluta /del condominio,/ma neppure per via” alla denuncia del nostro egoismo, dello stolto nazionalismo, del latente razzismo in “Vai di paese in paese/e saluta /saluta tutti /il nero, l’olivastro /e perfino il bianco.” Saluta perfino il bianco! Quel bianco, noi bianchi, carichi di storia gloriosa ma anche di vergognose terribili nefandezze; ancora più degli altri, dobbiamo meritare il saluto! Ma qual è il sogno del mondo? “che tutti i paesi/si contendano/d’averti generato.” Essere figlio senza patria perché figlio di tutte le patrie, portatore di amore universale.

David  Maria  Turoldo nacque a Coderno del Friuli  nel 1916 e morì nel 1992 a Fontanelle di Sotto il monte, paese natale di Giovanni XXIII,(BG). Originale poeta, fu un prete “scomodo”: dapprima aveva scelto di partecipare personalmente alla resistenza e poi scomodo per le sue coraggiose omelie dal pulpito del Duomo di una borghese opulenta Milano degli anni ’60/70.

Il 6 aprile 1912 moriva Pascoli. Il ricordo di Antonio Donadio.

QUEL MESE D’APRILE TANTO AMATO

Se Giovanni Pascoli avesse potuto scegliere un mese per la sua morte, chissà, forse avrebbe scelto proprio il mese di aprile. Un mese tanto caro al poeta e assieme tanto doloroso quasi, simbolo ancor e più del Mistero, fonte e dolore nella Poetica Pascoliana. E’ il mese della primavera, della rinascita della natura. Il mese dell’amore. Quell’amore, umano, passionale, che Pascoli quasi gelosamente, tenne a celare, ma che poi emerge intensamente in alcune sue liriche, solo a volerlo cercare. E’ il caso della lirica “Canzone d’aprile”.

Giovanni Pascoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovanni Pascoli ( San Mauro di Romagna ,1855- Bologna 1912)

 

Canzone d’aprile

 

Fantasma tu giungi,

tu parti mistero.

Venisti, o di lungi?

ché lega già il pero,

fiorisce il cotogno

laggiù.

 

Di cincie e fringuelli

risuona la ripa.

Sei tu tra gli ornelli,

sei tu tra la stipa?

Ombra! Anima! Sogno!

Sei tu …?

 

Ogni anno a te grido

con palpito nuovo.

Tu giungi: sorrido;

tu parti: mi trovo

due lagrime amare

di più.

 

Quest’anno…oh! Quest’anno,

la gioia vien teco:

già l’odo, o m’inganno,

quell’eco dell’eco;

già t’odo cantare

Cu … cu.

Da “Myricae” , Giusti,   1894

E’ una poesia che appare contrassegnare tutto l’ardore, la passione, ma anche il dolore, l’inganno dinanzi all’amore.  E l’amore non solo è parte di quel Mistero, ma, per Pascoli, è anche il mistero: ecco torna la stagione primaverile, l’animo del poeta si gonfia d’attesa, di speranza; giungerà l’amore? Anche quest’anno giunge, ma come “Fantasma” misterioso. La natura è già in totale fremito: il pero e il cotogno sono in fiore, qua e là cinciallegre e fringuelli, ….ma il poeta chiede -e si chiede-, ma sei “Ombra Anima o Sogno”? Eppure quest’anno sembra diverso: c’è una donna nel suo cuore;   la gioia è lì a portata di mano.  E’ solo un attimo e il poeta timoroso, impaurito, rinnova il suo dolore: come ogni anno, “con palpito nuovo” sorride all’amore e poi, come sempre, si ritrova con “due lagrime amare di più”.  Eppure il cuore del poeta quasi si spande come un’eco per tutta la campagna circostante e già si sente cantare il cuculo: è l’uccello annunciatore d’amore. Non solo porta la primavera, ma è il galante interlocutore d’amore delle ragazze le quali chiedono, gonfie d’attesa, se arriverà l’amore, il matrimonio.  Ma anche questa volta il poeta sarà disilluso, ancora si arresterà dinanzi al mistero. E’ l’apice della sua Poesia. Pascoli “si sente chiamato” alla rappresentazione del Mistero, straziato nell’animo dal dramma che è dramma universale. Solo la fratellanza umana, l’amore fra fratelli, fra genti, può cercare se non di sconfiggere  tanto dolore  che inonda “ quest’atomo opaco del Male”,  almeno mitigarlo. Ed è  questo un grande atto d’amore.