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CASTEL SAN GIORGIO e CAVA DE’ TIRRENI (SA). Luisa ed Emilia, l’agenzia giovane che non c’era. Gran festa il 23 marzo per lo show room della NSS: eventi, banchi vendita e performance artistiche

Nella ricerca piena di affanni del lavoro giovanile occorre dotarsi di tanta fantasia e tanta elasticità, oltre che della disponibilità ad usare solo alla lontana il titolo di studio che pur con tanta fatica si riesce a conseguire.

È quello che hanno fatto Luisa Vignes, una ventiseienne di Cava de’ Tirreni, laureata in scienze dell’educazione, animatrice baby fin da ragazza appassionata di wedding (l’arte di preparare matrimoni e feste) e Emilia Caiazza, ventottenne studentessa di giurisprudenza di Siano, animatrice baby e cantante (col nome d’arte di Emilyca voice), che hanno creato un sodalizio imprenditoriale sfruttando hobby e passioncelle collaterali.

La loro creatura, nata dopo una scuola di alta professionalizzazione con il grande wedding man Enzo Miccio, si chiama Agenzia N.S.S. wedding party planner ed ha sede in un ampio show room, in via Palmiro Togliatti a Trivio di Castel San Giorgio, all’uscita dell’autostrada, a pochi metri dal Mobilificio Salvati.

La sede sarà inaugurata il 23 marzo p.v., a partire dalle ore 19, con una gran festa color verde speranza, tutta sorrisi ed emozioni. Più che una festa, un maxi show, nel corso del quale sarà mostrato tutto quello di cui le nostre due gabbiane sono state e saranno capaci di offrire. Buffet leccabaffi con le più originali creazioni della N.S.S. su tovaglie ed arredi preparati ad arte … bomboniere, confetteria e tutto quello che serve per dire che fare in modo che la festa sia ancora più festa…articoli da regalo con realizzazioni floreali… …arredi d’interno e design raffinati…cosmetici di classe…parrucchieri e truccatori in azione per un look “da attrazione fatale”…saltimbanchi giocolieri con il fuoco…aerei ballerini con i veli…un flash moda per abbigliamento da cerimonia… spettacoli da circo e spettacoli con l’acqua, trampolieri…e naturalmente tanta animazione, a cominciare da quella baby…e altrettanto naturalmente tantamusica e canzoni, a cominciare da quelle della sinuosa Emily the voice, che farà da presentatrice della serata, anzi, dato che sarà anche protagonista prima, da “presentattrice” …

Insomma, un party ed un parto della grande bellezza che Luisa ed Emilia sperano di conquistare con la loro iniziativa. A loro tanti auguri, di farcela…con la speranza semiseria che non valga il detto uno su mille ce lafa, non solo perché la percentuale a livello sociale sarebbe troppo bassa, ma anche perché loro sono due…

A parte gli scherzi, buon viaggio e cin cin!

VIETRI SUL MARE e CAVA DE’ TIRRENI (SA). Domenico Piccirillo, con D’Annunzio alla Beffa di Buccari. Un convegno sulla figura del marinaio-soldato, vietrese di origine … ma anche un po’ cavese

«Un altro è di Vietri, è di quella costiera d’Amalfi divinissimamente modulata dalla voce glauca delle Sirene. E sta come uno che sogni o trasogni, perché la Fata Morgana crea soltanto per i suoi neri occhi di morituro l’immagine del paese come un frutteto florido che galleggi sul fiore del mare».

Descrizione poeticamente immaginifica, come il suo autore, il Poeta Vate Gabriele D’Annunzio.

Il soggetto in questione è un nostro compaesano, Domenico Piccirillo, nato a Vietri nel 1897 da padre vietrese e madre cavese (Angela Maria Adinolfi) e poi sposato nel 1920 con una cavese (Elvira Catozzi, con cui ebbe quattro figli). La sua figura, meritoriamente riscoperta e valorizzata negli ultimi mesi per iniziativa del critico-storico-giornalista-curiosologo Vito Pinto, è un pezzo di storia nazionale.

Egli infatti, come marinaio della Reale Marina Militare, fu uno dei trenta che “osarono l’inosabile”, che parteciparono, insieme col poeta-soldato Gabriele D’Annunzio e sotto la guida di un comandante granitico ed esperto come Costanzo Ciano, ad un episodio “mitico” e per certi versi determinante della Prima Guerra Mondiale, la Beffa di Buccari, vale a dire l’incursione notturna, avvenuta il 10 febbraio 1918, di tre Motonavi anti Sommergibili, i famosi MAS, nella Baia di Buccari presidiata dagli Austriaci.

L’episodio, terminato con un lancio simbolico di siluri e con il rilascio in mare di una bottiglia con all’interno un messaggio sbeffeggiante scritto da D’Annunzio stesso, anche se non si tradusse né in una battaglia vincente né nella distruzione di navi nemiche, ebbe un effetto elettrico e benefico per il morale italico, che era sceso ai minimi dopo la disfatta di Caporetto. Si capì che gli Austriaci non erano invulnerabili e che l’Italia aveva coraggio e spirito d’iniziativa per “potere ancora”.

La Canzone del Carnaro, scritta da Gabriele D’Annunzio proprio per celebrare l’impresa, diventò in pochissimo tempo popolarissima, a cominciare dal celeberrimo incipit “Siamo trenta con la sorte e trentuno con la morte”, che ricalca l’altrettanto popolare Erano trecento eran giovani e forti di “spigolante” memoria, ma per fortuna con un esito più felice di quello che accompagno la Spedizione di Sapri di Carlo Pisacane. E lo stesso Gabriele D’Annunzio, con la promozione e la partecipazione diretta ad un gesto così coraggioso e rischioso, toccò l’acme della sua già elevatissima popolarità di poeta-scrittore-attivista politico-soldato-leader di massa.

Egli raccontò l’esperienza della Beffa in un opuscolo, in cui descrisse le figure di molti dei suoi compagni, tra cui Domenico Piccirillo. A loro egli lasciò un cimelio del cuore: il gagliardetto tricolore autografato con l’acronimo Memento Audere Semper (Ricordati di osare sempre) con cui aveva ribattezzato il termine MAS.

Proprio questo cimelio, insieme con una copia autografata dell’opuscolo, è stato protagonista della mattinata vietrese in cui è stata rievocata la figura di Domenico Piccirillo, alla presenza di nipoti e familiari, di cui uno, che ha il suo stesso nome, è oggi un cavese doc, abitando in via Garzia, a cento metri dal Palazzo di Città.

Davanti a loro, con gli interventi del prof. Alfonso Croce dell’Università di Salerno, di Vito Pinto, del Sindaco di Vietri Franco Benincasa, del Dr. Bruno Catino (Presidente dell’Ass. Marinai d’Italia) e del sottoscritto scrivente, per iniziativa del neonato Circolo della stampa e stampa estera, fondato e diretto da Alfonso Bottone, si è svolto nella Sala del Consiglio di Vietri sul mare un emozionato ed emozionante convegno, che, rievocando la storia della Guerra e della Beffa, ha scoperto il fascino di un figlio della Costiera tutto da valorizzare, di una figura come quella di Domenico Piccirillo che pur nel suo piccolo appartiene al numero di coloro che “hanno fatto l’Italia”.

Di Domenico Piccirillo si è detto che non è stato solo il marinaio della Beffa. Anzi…

Egli a diciassette anni si arruolò volontario nella Reale Marina Militare, in qualità di mozzo, e poi fu promosso sottocapo torpediniere per meriti di guerra.

Fu infatti volontario anche nell’azione bellica punitiva in mare aperto contro le navi austroungariche Budapest e Wien (16 novembre 1917), oltre che nell’impresa di Trieste del dicembre 1917, quando con altri diciotto marinai e su due MAS affondò la corazzata austriaca Wien.

Dopo la guerra, e dopo il matrimonio con la cavese Elvira Catozzi, lasciato il mondo militare, diventò ferroviere, ed anche in questo campo si distinse per un’impresa a suo modo speciale: fu infatti il primo macchinista a guidare il locomotore elettrico che collegava Napoli con Salerno. Gli ultimi anni li visse a Napoli, dove morì per polmonite il 21 gennaio 1946.

Alla fine della manifestazione, un senso di orgogliosa pienezza ha invaso i presenti, in maggioranza vietresi, compresi gli alunni delle scuole. Di questa fierezza si è fatto interprete il Sindaco Benincasa, che, ascoltando le richieste di intitolazione di una strada a Domenico Piccirillo, si è impegnato a realizzare al più presto questo riconoscimento buono e giusto.

Ma sarebbe cosa buona e giusta che anche Cava si muovesse in tal senso. Cava, che ha dato i natali alla mamma ed alla moglie di Domenico. Cava, che ospita il nipote e la sua famiglia. Cava che, non dimentichiamolo, ha dedicato un terzo circa delle sue strade a giovani cavesi caduti nella Prima Guerra Mondiale …

CAVA DE’ TIRRENI (SA). San Giuseppe in un Pozzo di disagi, lesioni del manto stradale e degrado delle tubature: proteste.

Alfredo e Pasquale Senatore, davanti al fontanone di San Giuseppe al Pozzo,  mostrano i rappezzi e il degrado del manto stradale

Alfredo e Pasquale Senatore, davanti al fontanone di San Giuseppe al Pozzo, mostrano i rappezzi e il degrado del manto stradale

Un manto stradale continuamente in preda a crepe, affossamenti e avvallamenti causati da avarie d’acqua delle tubazioni sottostanti.

Un manto stradale sottoposto a pressioni e schiacciamenti dovuti al passaggio degli automezzi pesanti, che per di più causano tutt’intorno, e quindi anche nelle case, scosse di tipo sismico, fastidiose e rumorose, soprattutto nelle ore di riposo, e tutt’altro che innocue, viste le lesioni che contenta ma inesorabile costanza si aprono nei musi delle case circostanti.

Un manto stradale continuamente sottoposto a rappezzi, che incerottano le ferite solo provvisoriamente e per pochissimo tempo.

Un manto stradale indifeso quando è più sano e trattato con uno spirito da seconda classe e con interventi non a regola d’arte, di cui l’ultimo è solo un sinistro esempio.

Un manto stradale che è stato rifatto negli ultimi tre anni per ben tre volte (ad esempio, in occasione del passaggio del giro d’Italia) sia dal Comune di cava de’ Tirreni che dal Commissariato di riferimento del Sarno, ma proprio per le condizioni suindicate si trova nella condizione permanente del rifacimento tutto da rifare.

Questa è la desolante condizione del tratto di strada nazionale che attraversa la località di San Giuseppe al Pozzo, in particolare la zona che si trova tra la Chiesa ed il cosiddetto “fontanone”, dove tra l’altro si può “ammirare” anche lo storico (e degradato) arco nei pressi del quale si svolse a fine Settecento la battaglia di Santa Lucia contro i Francesi, così come è rappresentata dallo spettacolare affresco di Clemente Tafuri che campeggia nella Sala di rappresentanza del Comune.

Un momento della manifestazione del 14 marzo organizzata dai cittadini di San Giuseppe al Pozzo. Al tavolo, Pasquale Senatore e Pasquale Scarlino

Un momento della manifestazione del 14 marzo organizzata dai cittadini di San Giuseppe al Pozzo. Al tavolo, Pasquale Senatore e Pasquale Scarlino

Per ridurre la desolazione, gli abitanti del luogo si sono costituiti in Comitato (i cui primi cinque firmatari sono Alfredo Senatore, Salvatore Senatore, Fioravante Murante, Sergio Bove, Alfonso Vitale, mentre il portavoce, prima di fatto poi anche ufficiale è l’avv. Pasquale Senatore) e da mesi sono mobilitati in azioni di denuncia e di protesta. Hanno sottoscritto in gradissimo numero un appello, perché venga il più presto possibile realizzato un raccordo a regola d’arte del manto stradale per tutta la mezza carreggiata per quindici metri, dal civico 209 al civico 215, che poi sarebbe anche la parte sulla quale si procede, con cadenza quasi mensile, da un rappezzo all’altro.

Con una richiesta di più ampio respiro, nell’appello vagheggiano una soluzione radicale del problema attraverso la sostituzione dei tubi della condotta non idonei a sopportare il carico dei mezzi pesanti.

In assoluto, ma sapendo bene che le contingenze economiche per ora non lo permettono, auspicherebbero una ristrutturazione complessiva di tutto il sistema delle fognature e dei pozzi di scarico, che nella zona, pur caratterizzata da svariati capannoni industriali, è molto disagevole, sia per i miasmi puteolenti sia per la mancanza di tubature anche in luoghi nevralgici, come sono quelli in prossimità delle aziende.

Le prime due richieste però non sono da libro dei sogni, così come non lo è quella di evitare il traffico di autocarri ed autoarticolati, dirottandoli, nel transito tra Cava e Nocera, attraverso la vicina via Pasquale Santoriello, molto più attrezzata per sopportare pesi e passaggi gravosi.

Se anche questo fosse problematico, e non crediamo che lo sia particolarmente, sarebbe almeno doveroso imporre dei limiti di velocità in prossimità del tratto interessato: ne guadagnerebbero immediatamente sia la qualità del manto stradale sia la qualità della vita degli abitanti.

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L’assessore ai Lavori Pubblici e Vicesindaco Gaetana Lazzerotti

I cittadini di San Giuseppe, in pubblica riunione nel corso del pomeriggio (presieduta da Pasquale Senatore e dal consigliere di opposizione Pasquale Scarlino), hanno preso atto con soddisfazione di quella che è comunque un’apertura di speranza.

Un elemento molto incoraggiante è la presenza dei rappresentanti dell’Ausino, perché, mentre il puro riasfaltamento del manto stradale sarebbe un puro rappezzo pronto come gli altri a sfaldarsi al più presto, un rinnovamento, sia pure parziale, delle tubature, almeno nella zona più abitata, sarebbe il primo tassello, necessario e non costosissimo, di un’azione che nel tempo (e soldi permettendo) potrebbe poi portare ad una soluzione più ampia e radicale del problema, nei termini suindicati.

Certo, sarebbe stato preferibile che all’assemblea partecipasse almeno un esponente dell’Amministrazione (e pure l’invito c’era stato, ed anche “caldo”). Certo, i problemi di San Giuseppe al Pozzo non si fermano qui: la già citata puteolenza da fognature inadeguate, rimborsi di espropri che attendono da anni, strade e stradine trascurate e degradate, troppe “distrazioni” degli enti competenti….Ma il primo segnale richiesto c’è stato.

Sarà la “svolta buona”?

Attenderemo insieme che venga primavera … e allora si vedrà.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Premio “Badia”, distribuiti agli studenti i tre libri finalisti. E a fine marzo uscirà il libro di Giusella De Maria edito da Mondadori

Il gruppo degli studenti giurati, dei docenti, degli organizzatori istituzionali e dei commissari in dopo la consegna dei libri alle delegazioni.

Il gruppo degli studenti giurati, dei docenti, degli organizzatori istituzionali e dei commissari in dopo la consegna dei libri alle delegazioni.

Dopo un concepimento faticoso, due aborti ed un lungo travaglio, dovuti non alla volontà dei singoli ma alle anguillesche fughe e giochi a nascondino delle risorse economiche necessarie, finalmente è partita la decima edizione del Premio Letterario “Badia di Cava de’ Tirreni”.

Lunedì 10 marzo, nella Sala di Rappresentanza del Comune, sono state consegnate alle delegazioni di studenti e docenti delle scuole superiori cavesi le copie dei tre libri scelti alla fine del 2012 dalla Commissione Scientifica, coordinata per conto del Comune dalla Dott. Filomena Ugliano e composta a suo tempo dal Presidente del Distretto Scolastico prof. Antonio Avallone, dall’Isp. Agnello Baldi, dalla Direttrice della Biblioteca Comunale Teresa Avallone, dalla rappresentante della Biblioteca Provinciale Barbara Cussino, dagli ideatori del Premio Annamaria Armenante e Salvatore Russo, dai docenti Fabrizia Ricciardi, Annamaria Senatore, Roberta Carleo, Pellegrino Gambardella, Rosa Rocco, Anna Sergio, dagli esperti esterni Elvira Santacroce, Chiara D’Amico, Giusella De Maria, Franco Bruno Vitolo, Emiliano Sergio.

I magnifici tre sono: Fai bei sogni, di Massimo Gramellini (Ed. Mondadori), il romanzo best seller gratificato dalla vendita record di oltre un milione di copie, poetica autobiografia di un giornalista al top, che racconta traumi e sogni dall’infanzia alla grande maturità attuale, ponendo come elemento di rottura la precoce e drammatica perdita della madre, la cui causa gli è stata nota solo dopo quarant’anni; Se ti abbraccio, non avere paura, di Fulvio Ervas (Ed. Marcos y Marcos), diario vero del viaggio in motocicletta nelle Americhe di un padre con il proprio figlio adolescente affetto da autismo, un viaggio intenso alla ricerca del sé, della comunicazione, dell’amore; Pensavo di scappare con te, di Francesco Gungui (Ed. Mondadori), la vicenda frizzante della crescita di un’adolescente bloccata nelle relazioni sociali, che in seguito ad un incidente, affetta da sindrome frontale, comincia a dire tutto quello che pensa, senza freni inibitori…e la cosa alla fine causerà dei piccoli tsunami, sconvolgenti ma benefici per tutti, a cominciare da lei.

Entro il 31 maggio i giurati studenti dovranno leggere i tre libri, dare un voto alle singole opere e consegnare una relazione critica su una delle tre. Da ogni istituto saranno scelti tre relazioni, i cui autori si sfideranno nel mese di settembre in una gara estemporanea di critica testuale e di creatività legata ai tre libri finalisti. A fine novembre, gran gala con la premiazione sia degli scrittori, secondo la votazione degli studenti, sia degli studenti, valutati dalla Commissione Scientifica, la cui composizione sta subendo nel tempo leggere variazioni (sono subentrate le prof. Maria Pia Vozzi, Maria Lo Giudice, Gabriella Liberti al posto di Fabrizia Ricciardi, Roberta Carleo, Anna Sergio, oltre a Pietropaolo Parisi).

Nel corso della cerimonia di distribuzione dei libri, condotta da Mena Ugliano e presieduta dall’ Ass. alla Pubblica Istruzione Clelia Ferrara, dalla Direttrice della Biblioteca Comunale Teresa Avallone, dall’ex Presidente del Distretto Scolastico Antonio Avallone e dalla rappresentante della Biblioteca provinciale Barbara Cussino, sono state spiegate ai ragazzi le modalità del concorso, sono stati presentati i tre libri attraverso dei filmati targati You Tube, è stata annunciata la nascita di un blog tutto dedicato al Premio e curato da Chiara D’Amico. Inoltre sono stati ricordati i voli di alcuni partecipanti alle precedenti edizioni del Badia, tra cui il più eclatante è senz’altro quello di Giusella De Maria, a suo tempo vincitrice di una sezione del “Badia” come studentessa, poi nella scorsa edizione terza con il suo romanzo d’esordio Suona per me e da quest’anno ufficialmente entrata (prima narratrice cavese di sempre) nella scuderia della Mondadori con il suo secondo romanzo, Io non sono ipocondriaca, in uscita a fine marzo. Insomma, un volo cominciato nell’aria del “Badia”. Difficile trovare una notizia battesimale migliore di questa …

  

Salerno. “Rabbia e silenzio”, di Vavuso: un libro d’arte che brucia un grido infuocato contro la decadenza della Cultura e dell’Arte

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La copertina non cartonata di “Rabbia e silenzio”

All’esterno, un raffinato involucro cartonato in fondo nero, con titolo ed autore nella parte alta, mentre nella parte inferiore emergono schizzi rosso fuoco in leggera sovrimpressione materica, sui quali si stagliano, in linee parallele, due piccole strisce di carta di libro increspate e bruciacchiate ai margini.

Si apre l’involucro ed appare subito il chiaro del volume, la cui copertina, in fondo bianco, è dominata dall’immagine reale a grandezza naturale e dalla sua proiezione ingrandita di uno scarpone che schiaccia dei libri bruciacchiati e sgualciti poggiati su rami spogli, mentre a terra se ne diffondono le scaglie. In quarta di copertina, la stessa immagine a specchio, con una frase dell’autore culminante in un’accusa di disperata speranza: Invece di cercare di essere chiari opponiamo oscurantismo al buio fitto.

Nei due risvolti di copertina, in bianco e nero, particolari di una ragnatela metallosa che imprigiona pagine di libro bruciacchiate.

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La Cultura imprigionata e maltrattata: un classico di Vincenzo Vavuso, l’anima di “Rabbia e Silenzio”.

Insomma, un libro che non è solo un libro, ma è anche e soprattutto un’opera d’arte, con tutti i crismi dell’opera d’arte: dall’unicità alla lavorazione creativa, dal gusto dell’occhio alle suggestioni nella mente e nel cuore, dalla confezione alla copia numerata.

Questo libro è anche un’opera d’arte che non è solo un’opera d’arte, ma soprattutto un libro, per la forma e, naturalmente, per le idee in esso espresse.

Tali idee meritano un’attenzione speciale, sia perché rappresentano un momento fondamentale dell’evoluzione intellettiva di Vavuso (le cui precedenti opere, più astratte, erano concentrate sulla ricerca cromomaterica dell’infinito che ci circonda), sia perché si collocano, in posizione speculare e da angolazione di raffinata confezione editoriale , come complementari rispetto al messaggio, più scoperto ed immediato, presente nella mostra dallo stesso nome, emblematica del salto di qualità dell’artista, esposta di recente a Salerno e poi a Roma e pronta per altre tappe prestigiose (Trieste, Gualdo Tadino, Miami, Udine, Sanremo…), già in avanzato stato di cantierazione.

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Fotoritratto dell’artista salernitano Vincenzo Vavuso.

Come si vede, lo stesso spirito enunciato nelle copertine esterne e nelle variazioni interne del libro.

I vuoti di alcune pagine sono pieni di grida non parlate, perché esprimono le forme della devastazione, la denuncia dell’emozione profonda che è generata dalla coscienza di questa decadenza e che a sua volta genera una rabbia sorda e senza parole ed un silenzio assordante, nel cui ventre si possa generare la necessità di una reazione costruttiva. Da qui l’alternanza tra bianco e nero, come a dire la possibilità di scelta dell’uomo tra luce ed ombra, tra coscienza della coscienza e accettazione dell’incoscienza.

È forte la polemica attraverso le istallazioni della Mostra, è fortissima nei segni e nelle parole che emergono dal libro. Sotto tiro la decadenza di un’intera Civiltà dell’Uomo, per di più proprio da parte della Civiltà Sociale che più aveva fatto sperare di realizzarla. Sotto tiro una corrotta politica antiuomo, che nel curare lo strapotere dell’ambito economico-partitico, sta distruggendo consapevolmente la Cultura e l’Arte, pilastri della Dignità umana.

Vavuso teme il nero profondo, assorbente, che gli nega i colori – scrive in Rabbia e silenzio il critico Angelo Calabrese, che ha anche curato l’editing del libro – Grida con tutto il fiato della sua sensibile interiorità…ma il bianco è perduto, il nero incalza luttuoso…e allora non resta che mostrare il rogo delle proprie ferite, le ustioni che partono dall’intimo e forano la tristezza della vita sottratta alla vita.”

È un de profundis tragico, ma non definitivo.

Se la coscienza della coscienza prevarrà sull’accettazione dell’incoscienza, forse la linea tra il bianco e il nero sarà ancora attraversabile a vantaggio del bianco.

Ma dipende da noi.

E anche questa è la missione dell’Arte: stravolgere il cuore con la forza dell’emozione e far risorgere la mente attraverso la luce della ragione.

Vavuso se ne fa artefice e per certi versi vate. Anche per questo Rabbia e Silenzio non è solo un libro d’arte che si fa toccare e guardare, ma è soprattutto l’arte di un libro che aiuta a capire…e ad agire.