Ottobre, 2021

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Cava de’ Tirreni (SA). Dalla Germania a Cava, per Mamma Lucia

Sabato 30 ottobre incontro col prof. Lutz Klinkhammer, Vicedirettore dell’Istituto Storico Germanico di Roma. Prevista anche la proiezione di filmati inediti.


È sempre forte il filo rosso che lega la storia di Cava de’ Tirreni e del suo territorio alla Germania ed alla straordinaria azione di Mamma Lucia, che recuperò nel dopoguerra centinaia di salme di soldati caduti durante la battaglia dello sbarco.

A rafforzarlo ulteriormente, è prevista per sabato 30 ottobre una visita ufficiale del prof. Lutz Klinkhammer, prestigioso docente di Storia Contemporanea e Vicedirettore dell’Istituto Storico Germanico di Roma, il quale sta effettuando, in collaborazione con l’Ufficio storico del Comando Generale della Guardia di Finanza di Roma, una ricerca, de visu, sui luoghi di quella che possiamo definire la “Battaglia di Cava”, ad indicare lo scontro lungo e cruento che vide il progressivo sfondamento, da parte degli Alleati sbarcati a Salerno, della barriera montuosa costiera, controllata dai Tedeschi.

In tale ambito, il prof. Klinkhammer approfondirà la conoscenza “diretta” di Mamma Lucia e dei luoghi in cui operò, una conoscenza, del resto, che è già cominciata qualche mese fa, esattamente a maggio u.s., con una prima visita ufficiosa a Cava se’ Tirreni ed alla tomba della “Madre dei caduti”, oltre che sul campo di battaglia di Dragonea e ad alcuni bunker in zona Vetranto – Castagneto del caposaldo di Molina di Vietri.

Il primo appuntamento è previsto alle ore 10, con l’accoglienza da parte del Sindaco Vincenzo Servalli ed una visita del Palazzo di Città, ricco di storia, di arte e di cultura.

Alle 10,30 circa, un breve incontro con la stampa e con i rappresentanti di alcune associazioni, nel corso del quale, oltre al confronto con le ricerche in atto, saranno presentati stralci di un filmato assolutamente inedito riguardante Mamma Lucia e i tempi della Guerra.

Poi, con la guida dei membri del Comitato “Figli di Mamma Lucia”, mediatore dell’incontro, ci sarà lo spostamento a Monte Castello, per una visita alla grotta dove Mamma Lucia rinvenne i primi caduti ed allo storico colle, con relativa “beatificazione delle pupille” per quel panorama che copre decine di chilometri spaziando dal Vesuvio al mare di Vietri. Quindi, “beatificazione delle papille” con pranzo “mediterraneo” in un ristorante della Serra.

Per concludere, visita al Borgo ed agli altri luoghi di Mamma Lucia, in primis la Chiesetta di San Giacomo, dove lei custodiva le salme e che poi fu affidata alle sue cure, ed il memoriale in marmo di Ugo Marano nella Piazzetta del Purgatorio.

Quindi, il prof. Klinkhammer proseguirà il suo cammino con le tappe che riguardano gli altri luoghi e memoriali del settembre del 1943, tra cui il museo dello sbarco e di Salerno Capitale.

Sarà la fine della visita, ma anche l’inizio di un rapporto estremamente stimolante e che si spera possa essere ricco di sviluppi ed anche foriero di nuove prospettive per il nascente Museo di Mamma Lucia.

Per approfondimenti sulla figura del Prof. Lutz Klinkhammer:

LutzKlinkhammer – Wikipedia

DHI Roma: PD Dr. LutzKlinkhammer (dhi-roma.it)

Cava de’ Tirreni (SA). Cavese finalmente cinica e concreta, si riavvicina alla vetta della classifica

La Cavese voleva e doveva mettersi alle spalle il gravissimo scivolone di domenica scorsa col Troina per dare un forte segnale all’ambiente e alle dirette concorrenti per la vittoria finale del campionato.

Mister Ferazzoli sapeva che un altro passo falso gli avrebbe fatto cadere addosso, di rimbalzo, un vero e proprio macigno che lo avrebbe potuto schiacciare. Invece grazie a tantissima grinta di uno scatenato Koné e all’ottima prova in cabina di regia di Romizi la squadra ha saputo reagire e chiudere positivamente la sfida con il Biancavilla di capitan Catania, incamerando tre punti pesantissimi e riprendendo confidenza con il profumo inebriante della vittoria.

La sfida però non si è dimostrata subito facile da liquidare. Gli ospiti hanno fatto soffrire per almeno una quarantina di minuti i loro avversari e a complicare i piani ci si sono messi anche i legni della porta difesa da Governali. A imprecare contro la malasorte sia Allegretti sia Koné, quest’ultimo letteralmente indemoniato, a caccia del suo primo centro.

La partita a scacchi alla lunga ha messo in luce la superiorità tecnica dell’undici bleu foncé ma anche qualche leziosismo di troppo, che in qualche altra occasione di questi tempi si è pagato caro ma che ieri al Simonetta Lamberti è stato solo accolto con qualche mugugno di troppo sugli spalti. Il campionato di serie D è soprattutto concretezza, determinazione, forza fisica. Atteggiamento mentale che la squadra di Ferazzoli ha spesso fretta di dimenticare a discapito della ricerca di fraseggi, eleganti sì ma infruttuosi. E così contro il Biancavilla se ne è andata tutta la prima parte di gara, nella quale il pallino del gioco è sempre stato saldamente nelle mani degli aquilotti ma senza trovare il gol del vantaggio. Gol che è arrivato finalmente solo a una manciata di secondi dal primo quarto d’ora della ripresa, e grazie a un’invenzione del solito furetto Koné che si è inserito alla grande sulla fascia destra d’attacco e ha bucato l’ottimo Governali con una fucilata micidiale.

Una volta fatta breccia nel muro difensivo erto dai siciliani è stato un compito facile facile chiudere la partita con una sequenza micidiale di azioni che si sono susseguite nei 20 minuti successivi. Dieci minuti dopo l’eurogol dell’ivoriano c’ha pensato infatti Allegretti al raddoppio. Una manciata di minuti prima si era divorato il gol dopo aver fatto il vuoto dietro di lui e nel cuore della difesa avversaria.

Bomber di razza protagonista di grandi giocate ma anche capace di mangiarsi il gol più facile del mondo Allegretti ha bruciato al 24’ st tutta la retroguardia ospite andando a chiudere alle spalle di Governali un filtrante pallone-assist di Carbonaro.

Grande la sua gioia ed emozionante la corsa di tutta la squadra a festeggiare insieme alla panchina la palla della sicurezza. Palla che invece in Sicilia era mancata. Il suggello finale poi lo ha messo Diaz, appena entrato in campo ma subito micidiale.

Archiviata la sfida con il Biancavilla ora la trasferta di Castrovillari già bussa alle porte.

Domenica in Calabria torna una classica sfida tra le due compagini. E sarà certamente, questa sì, una prova del nove per la Cavese.

Cava de’ Tirreni (SA). E’ solo pari col Giarre al Lamberti. Cade anche l’imbattibilità della porta aquilotta

Che questo campionato non sarebbe stato solo una bella passeggiata lo sapevano tutti. E che vestire i panni della capolista sin dalle prime battute non sarebbe stato un fardello agevole e da portare altrettanto.

La sfida con una delle poche bestie nera della storia centenaria della Cavese, il Giarre, ieri lo ha testimoniato in tutta la sua crudezza.

Gli aquilotti dovranno, ogni turno che passa, fare i conti sempre di più con la dura realtà della serie D, rappresentata da squadre avversarie che si chiudono a riccio, pronte ad alzare alte barricate dinnanzi alla propria porta pur di non scoprirsi più di tanto, ma soprattutto da una classe arbitrale troppo spesso non all’altezza, come nel caso del signor Tomasi della sezione di Lecce, sotto la sufficienza più che per aver decretato il penalty del definitivo 1-1 in favore dei siculi (la mano galeotta di De Caro c’è stata sulla punizione di Arcidiacono) per aver perso lucidità nelle fasi successive distribuendo cartellini a iosa e sbattendo fuori dal campo capitan Altobello con un rosso diretto che poteva sicuramente risparmiarsi.

Il mezzo passo falso contro il Giarre è un campanello d’allarme nel futuro bleu foncé? Speriamo di no. Ma a dirlo senza ombra di smentita sarà la prossima trasferta in calendario a Troina. Ferazzoli sa bene che sarà il crocevia della sua stagione e di quella della Cavese.

Bisognerà dimostrare sul campo di aver digerito prontamente il pari col Giarre e di averlo messo alle spalle senza alcuno strascico sul piano nervoso. Il gruppo si cementa così, uscendo fuori più unito che mai dalle delusioni e dalle difficoltà piuttosto che per le vittorie e per i momenti sì finora vissuti.

Dalle difficoltà e dalle cadute ci si deve rialzare più forti e determinati di prima. E l’occasione sarà proprio quella che ci si appresta a vivere a Troina.

Per puntare decisi al pronto ritorno del calcio professionistico bisognerà superare ostacoli ben più impegnativi del Giarre e mettere in tasca più punti possibili fino a gennaio, quando, come spessissimo accade nel calcio dilettantistico, molte formazioni in funzione della loro posizione e delle speranze o meno di centrare gli obiettivi prefissati alla vigilia molleranno o si rafforzeranno e gli equilibri fino a quel punto emersi saranno completamente stravolti

A recitare il proprio ruolo dovrà essere anche il pubblico biancoblù. Intorno alla squadra vincente dei primi quattro turno si è creato un bel clima e l’entusiasmo si è tradotto in una discreta affluenza sugli spalti dello stadio amico stimato domenica in circa 1300 spettatori.

Due punti persi in casa e il primo gol subito stagionale non possono essere trasformati in una tragedia.

E soprattutto la squadra e il tecnico non devono essere messi in discussione e sotto processo.

Critiche ci siano, vivaddio, ma costruttive.

Cava de’ Tirreni (SA) – Salerno – Pontedera (PI). Concorso Maric in Toscana: trionfano cavesi, salernitani e costaioli

Abbiamo preso atto con grande piacere della risonanza avuta dalle vittorie a raffica ottenute dai poeti e scrittori cavesi alla Terza Edizione del Premio nazionale “Disarmiamo l’ignoranza”, che si è svolto a Pontedera, in provincia di Pisa.

È importante tuttavia anche rimarcare che questa manifestazione assume una storia e dei significati che vanno oltre le vittorie dei singoli.

Innanzitutto, il nome, Disarmiamo l’ignoranza, è di per sé tutto un programma ed è anche il grido di battaglia dell’Associazione che l’ha lanciato, il MARIC (Movimento Artistico per il Recupero delle Identità Culturali) e naturalmente del suo fondatore, il Maestro Vincenzo Vavuso, che prima del Maric si era caratterizzato proprio per le sue istallazioni fortemente polemiche contro l’Incultura e l’Indifferenza che corre il rischio di imbottigliare la nostra società come in una ragnatela.

Inoltre il Maric, nato a Salerno, non è un’Associazione ordinaria, ma è nata nel 2016 pensando alla grande e cose grandi ha fatto. Potremmo citare grandi mostre nei luoghi più prestigiosi della Campania e non solo (Castel dell’Ovo i Navigli di Milano, tanto per fare dei nomi), ma pensiamo soprattutto al fatto che è riuscita, nel 2019, a dotare la terremotata Accumoli di una Casa della Cultura in muratura, nel 2019, in un territorio ancora dominato dai prefabbricati!

Il fatto stesso che la premiazione di un concorso promosso dal Maric si sia svolta in Toscana è indice degli orizzonti aperti dal dinamismo di un’Gruppo che è nato venendo da lontano e guardando lontano.

Ed è stato tutto bello, lì a Pontedera, dove si sono ritrovati i vincitori provenienti da fuori Toscana e il gruppo organizzatore, guidato dalla Coordinatrice Stefania Maffei e dal Presidente Franco Donatini, che ha gestito l’ospitalità con squisita efficienza e amica signorilità.

Per noi campani ed in particolare per noi cavesi, la giornata poi è stata addirittura trionfale, data la raffica di premi che si è abbattuta sul gruppo, in particolare, come già detto, sui creativi provenienti dalla nostra Cava de’ Tirreni.

Tra questi, la parte del leone l’ha fatta il giovanissimo e talentuoso Alfonso Maria Di Somma, che ha conseguito due primi premi e una menzione speciale.

Il suo racconto Lettera dalla Luna non solo ha vinto la sezione Aiutiamo la Terra, ma è anche risultata l’opera più votata di tutte le sezioni. E non c’è da meravigliarsi: è una splendida “operetta morale” di stampo leopardiano, in cui la Luna scrive ai terrestri ricordando le meraviglie intellettuali e storiche compiute nei secoli e ammonendoli a non sciupare tutto con l’affossamento ambientale della Casa Comune e le disumanità di vario tipo nei rapporti tra i popoli e con le persone.

Gemello nella vittoria, il racconto Uno sguardo nel mio abisso (primo posto nella sezione a tema libero) presenta la vicenda emblematica di un giovane e valido studente che, schiacciato dalle difficoltà economiche e affettive in famiglia e tormentato dalle disuguaglianze sociali rispetto ai compagni, finisce con lo scegliere la malavita, salvandosi proprio nel punto di quasi non ritorno anche grazie alla cultura scolastica e alla presenza fisica e morale di un docente di riferimento.

La menzione ottenuta poi con la poesia Come un uccello completa il quadro, rivelando la capacità di una pregnanza lirica intensa e coinvolgente.

Se a questo aggiungiamo che a soli diciannove anni Alfonso ha già vinto vari concorsi non solo tra i pari di età ma anche, come questo, in sfida con gli adulti, non resta che applaudire il suo bell’avvenire dietro le spalle, sperando che il futuro sia degno di queste splendide radici.

In galoppante collezionismo di premi ed in esaltante turismo poetico in tutta Italia per raccoglierli e farseli consegnare, Stefania Siani, già vincitrice lo scorso anno, non si è smentita neppure in questa edizione del Concorso.

Con Le onde anomale del destino ha vinto la sezione Una vita non basta, proponendo un canto esistenziale che da un lato il senso di disagio di fronte al tempo che scorre e degrada le cose come colori che colano / perdendo brillantezza e luce, dall’altro crea un lirico varco imbrattando i muri di nuove case in cerca di calde tonalità di rosso.

Ha lasciato il suo segno anche nella graduatoria assoluta delle poesie in lingua a tema libero, piazzandosi seconda con Ho imparato a dipingere, dove realizza un’ emozionata congiunzione tra parola, immagine e colore, imparando a dipingere schegge di emozioni ma sapendo che comunque dalle mani sfuggirà quel che ha dipinto.

Doppio podio anche per Annamaria Farina, non nuova a vittorie in questo concorso.. Primo posto nella sezione “Giallo – Al buio” con Roaring twenties, i ruggenti anni venti, un suggestivo noir che attraverso l’indagine di un vecchio poliziotto mette a fuoco il marcio di certi ambienti ruggenti, ma moralmente decrepiti. Per lei, poi, secondo posto nella Sezione “Fantascienza – L’estraneo”, con il racconto Ivo, la cui vicenda, raccontata in prima persona e con uno sguardo inizialmente da moderno Gulliver, tratta il recupero da un sarcofago di un essere supertecnologico e non umano. Gli scontri di mentalità e di potere con i terrestri saranno devastanti.

A fare brillantissima compagnia a questi campioni, la campionessa Teresa D’Amico, vincitrice nella Sezione poesia in lingua a tema libero, che con il Il sogno si è fermato ha cantato il contrasto tra reale e ideale, dipingendo il mondo come una spianata grigia, una bugia vestita di eleganza, uomini pieni di spigoli e ferite, e intonando, come dice la motivazione, “una lirica di alto profilo interiore.”

La “scala reale” cavese è stata completata da Antonio Armenante, che nella Sezione Fotografia ha conquistato un brillante secondo posto con una suggestiva immagine, una delle tante che lui scatta nei suoi percorsi mattutini tra la natura e se stesso. In coerenza con la sua profonda spiritualità, è riuscito a cogliere un raggio di luce tra gli alberi che si dilatava a forma di croce in uno scenario quasi irreale.

Nel palmarès finale, che ha visto di fatto un derby tra toscani e campani, brillante anche il risultato di altri creativi del territorio, soprattutto nelle poesie in vernacolo.

Due premi per il talentuoso giovane vietrese Alessandro Bruno, diventato fresco cavese, essendosi sposato e trasferito a Cava proprio nel giorno della premiazione! Per lui, vittoria nella sezione “Tema libero” con una vivace rievocazione del ruolo della “Vrasera”, quel braciere che ancora brucia nei suoi ricordi e nella sua identità familiare. Terzo posto per lui nella sezione Sogno, con una colorita riaffermazione del valore della finestra vera sulle finestre di “Fessbùk”: è il “sogno della realtà” tutto da riscoprire.

Doppio premio per Rosalba Fieramosca, di Salerno. Terzo posto nelle poesie in vernacolo a tema libero, con ‘E pprete ‘e mare, in cui queste pietre, che fanno male a camminarci a piedi nudi, assumono il ruolo simbolico dei mali della vita e sono sopportabili diversamente a seconda dell’età e della disposizione d’animo. Per Rosalba, terzo posto anche nelle poesie in lingua a tema libero, con “Guarderemo il tramonto”, la tenera elegia coniugale di una coppia che comincia a chiedersi chi dei due “partirà” per primo, ma nello stesso tempo è ben ferma nel sentire il proprio amore come qualcosa che va oltre i confini della vita stessa.

La salernitana Pina Sozio, gloriosa veterana della poesia in lingua e in vernacolo, ha lustrato il suo collo con la medaglia d’argento nella sezione Sogno, dove con grande tenerezza equipara il faticosissimo parto di una migrante su una spiaggia ad un dolente presepe umano.

Ha emozionato e commosso il primo premio nella sezione Sogno in vernacolo. Ha vinto Mario Mastrangelo, con ‘O ccuttone cu ‘a vocca, in cui sogna una morte indolore, come quando le nonne spezzavano il filo con la bocca, dopo aver cucito. Due mesi dopo aver presentato la poesia al concorso, se ne andato via proprio così, lasciando una grande scia di rimpianti… e di grandi opere (otto splendidi libri di poesie in vernacolo e una raccolta di racconti in lingua di alto livello).

Non poteva mancare un premio fotografica per un’abitante del set più bello del mondo, la Costa d’Amalfi. Lucia Ruocco ha vinto nella Sezione a tema libero con un’ immagine molto suggestiva di un’alba ad Atrani, suo paese di residenza, oltre che con una foto-messaggio di mani bianche e nere unite in un gesto solidale.

Insomma, una bella raccolta di soddisfazioni, ma soprattutto l’occasione non solo di una gita deliziosa per una gita splendida nella Regione più carica di storia e di arte, ma anche di un incontro fecondo tra gli itineranti e il gruppo dei toscani organizzatori. Un incontro di amicizia che promette voli di futuro.

A proposito di futuro, già si vibra in vista della prossima edizione, che si svolgerà, pare, a Salerno. E pare in una grande sede industriale, oggi oggetto di uno spettacolare restyling proprio grazie ad un’iniziativa del maestro Vavuso e degli artisti del Maric. Insomma roba alla grande, da far battere il cuore già da ora.

Ma attendiamo che le rose fioriscano. E saranno rose rosse e senza spine, ne siamo certi …

Cava de’ Tirreni (SA) – Milano. La scomparsa di Raffaella Marchese, dolce leonessa della Terza Età

In tre libri, ha raccontato il suo cammino ruggente dal fiele al miele.


La notizia della scomparsa di Raffaella Marchese a Milano ha profondamente colpito anche quei cavesi che tanti anni fa, quando lei viveva nella nostra città, hanno avuto modo di conoscerla e di volerle bene e di quelli come noi che più recentemente le sono stati vicini nella presentazione di un suo libro in occasione dei suoi “ritorni” nella Città dove ha vissuto in giovinezza.

Raffaella era una persona affettuosa, solare, esuberante, una che apprezzava tutto il fiore della vita perché aveva conosciuto anche tante spine e, soprattutto nella prima parte, ha dovuto districarsi tra le spine, riuscendo a trasformare le lacrime in spicchi di luce ed a conquistarsi una terza età da principessa, in compagnia dei suoi splendidi figli e dei suoi studi di recupero, che, pur tardivi, le avevano permesso di scrivere e pubblicare ben tre libri di memorie personali.

Per questo,ci è caro ricordarla su queste pagine. Prima della mia nota personale, un pensiero caldo e affettuoso di Rosanna Rotolo, che, come altri di noi del resto, non aveva mai perso i contatti con lei e, che, come tutti noi, conserva viva nel cuore la forza del suo calore e della sua sensibilità (FBV).


Una straordinaria donna d’Amore

È passata al di là del velo di materia Raffaella Marchese.

Donna straordinaria, pregna di valori e di immense virtù.

Donna, madre e scrittrice, Raffaella ha elargito a piene mani Amore con l’innocenza e la genuinità di un animo grande.

L’amore era infatti l’ingrediente principale della sua esistenza; amore per i suoi tre figli, Antonino, Ernesto, Francesco, figli, pilastri di una vita; Amore per la cultura, soprattutto Amore per la vita.

Una vita raccontata dai suoi libri:

La pipa di terracotta, appassionato ricordo degli affetti e dei travagli dell’infanzia e dell’adolescenza, fino ad un matrimonio carico di rimpianti per un amore “impossibile”.

Alle quattro del mattino, in cui racconta le angherie subite prima da un padre autoritario ed anaffettivo e poi da un marito violento e dispotico, il tutto però ampiamente compensato dall’amore per i suoi tre figli, ai quali ha dedicato l’incipit: “Voi che illuminate l’alba di ogni giorno”. Tutte le emozioni represse, le violenze subite, hanno trovato respiro in quell’angolo recondito dell’anima, in quel posto segreto del cuore per tradursi in afflato d’amore.

L’ultimo libro, L’immensità del tempo, è un quaderno di pensieri, ricordi, immagini ed emozioni emergenti dal cuore immenso di una donna, il cui emblema era il sorriso.

Ti voglio ricordare, cara amica dell’anima, con le parole di Walt Withman:

Niente è mai veramente perduto,

o può essere perduto.

Nessuna nascita, forma , identità

nessun oggetto del mondo

nessuna vita,

nessuna forza,

nessuna cosa visibile.

L’apparenza non deve ostacolare,

né l’ambito mutato confondere il cervello.

Vasto è il Tempo e lo Spazio,

vasti i campi di natura…

Bonarietà, tolleranza, empatia, le chiavi di accesso a te, Raffaella, al tuo mondo d’amore, in cui ogni ombra viene dissolta dal sorriso della bambina eterna che ti porti dentro. (Rosanna Rotolo)


Risalire, donare, amare: il gran volo di Raffaella con i suoi figli e i suoi libri

Un romanzo, anzi più romanzi in una vita sola, anzi in più vite. Tale l’esistenza di Raffaella Marchese, che il 3 agosto scorso si è spenta a Milano, nel giardino appena sfiorito dei suoi novantadue anni.

Nata e cresciuta a Battipaglia, poi vissuta a Cava per vari anni, l’ultimo mezzo secolo di vita lo ha trascorso in Lombardia, in una parabola ascendente, nonostante gli anni che passavano.

Infatti, dopo un’infanzia e un’adolescenza non prive di affetti, ma cariche anche di travagli e forzate sottomissioni “al femminile”, in primis la rinuncia alla scuola e all’amore dei suoi sogni, dopo un matrimonio non desiderato e poi in tanti momenti carico più di ombre che di luci, accettate e sopportate anche queste “al femminile”, quando è arrivata alla soglia della terza età, ha fatto la sua grande rivoluzione. E ha preso finalmente l’appuntamento con Raffaella, coi i suoi desideri e i suoi bisogni.

Una svolta doppiamente rivoluzionaria, perché avvenuta non allontanandosi dalla famiglia, ma stravolgendone l’assetto senza distruggerla, anzi fortificandola.

Oramai ultrasettantenne, prese le distanze dal marito, senza però creare muri, ma rafforzando i ponti relazionali e affettivi, e andò a vivere da sola, per godersi la sua “vita nuova”. In questa vita il primo, anzi il primissimo posto lo occupavano i suoi tre gioielli, i figli Antonino, Ernesto e Francesco, che lei aveva allevato con tutto l’amore di una madre felice e con la forza di quell’amore che le era mancato. Era consapevole che una madre, se ama fino in fondo, lancia i suoi figli il più in alto possibile, dove possono e dove vogliono, e nello stesso tempo cerca di stare vicina e volare accanto a loro.

E così ha fatto. Li ha allevati come una chioccia di sole e li ha fatti volare, tutti e tre, a volte anche molto, molto in alto. Basti pensare che il primogenito, Antonino Di Pietro, è un dermatologo di fama nazionale, che scrive sulle riviste più diffuse e qualificate, appare spesso anche in Rai, ha tra i suoi clienti le star più popolari dello Spettacolo e della Cultura.

Proprio lo studio di Antonino ha rappresentato una delle basi di lancio della sua vita nuova: lì è andata per anni, quasi fino agli ultimi tempi, ogni mattina, puntualissima, a collaborare alla segreteria ed alle relazioni tra i clienti. Essendo solare, carica di energia e prorompente di vivacità e simpatia, ha fatto amicizia con tutti: era proprio impossibile non volerle bene. Tra gli ospiti dello studio, c’era anche Piero Chiambretti, che, avendone assaporato tutto il pepe e la carica umana, quando gli è toccato di presentare il Festival di Sanremo, nel 1997, se l’è addirittura portata con sé, facendola intervenire ogni giorno in un angolino del Doposanremo!

Ma la parte più sostanziosa della nuova vita di Raffaella non è stata questa, bensì la svolta che lei ha dato alla sua vita culturale. Da ultrasettantenne, è tornata a scuola! Ha frequentato le serali, ha studiato con la passione di un’innamorata, ha fatto regolarmente gli esami, ha intensificato le letture, che del resto non le erano mai mancate, e ha scritto tre libri, che insieme formano il romanzo, anzi i romanzi della sua vita e della sua anima sempre pregna di delicate vibrazioni e profonda sensibilità.

Il primo, La pipa di terracotta, ricorda la sua infanzia e l’adolescenza, con le imposizioni ricevute in famiglia, pur se non scevre da tensioni affettive, , la convivenza affettuosa con i nonni, il lavoro di casa e di bottega che cominciava alle quattro del mattino, l’incontro con un ragazzo che aveva risvegliato e stimolato tutti i suoi sogni, la forzata rinuncia a questo sogno. Alla fine, un matrimonio più sopportato che supportato, vissuto all’insegna del rimpianto, a cominciare da quella prima notte in cui, come nella sua adorata canzone Voce ‘e notte, la persona dell’amore sognato rimane “fuori” a cantare il suo rimpianto, mentre lei “dentro” vive il rapporto reale sognando l’amore rimpianto…

È rimasto indelebile nella nostra memoria il momento della presentazione qui a Cava, in Biblioteca Comunale. Cominciate proprio al suono di Voce ‘e notte, furono quasi due ore a battito di cuore, in cui ribollivano in lei tutte le emozioni che aveva raccontato, palpitavano con lei i sorrisi di tutti gli amici cavesi che aveva ritrovato per l’occasione.

E troneggiava la meravigliosa presenza di tutti e tre i suoi figli e delle loro mogli, venuti apposta con lei da Milano per testimoniare alla loro madre amatissima e amantissima la gioiosa condivisione di un momento che era il segno di un riscatto lungo una vita intera.

Oramai la strada si era aperta e venne fuori anche il secondo libro, Alle quattro del mattino”, in cui racconta le luci e le ombre del suo matrimonio e la scelta finale di una vita autonoma con i suoi gioielli, senza rancore per il marito, ma anzi conservando e coltivando, pur senza convivenza, tutti i rapporti paterni. Un gesto ulteriore d’amore e anche di perdono, che teneramente è stato compensato da un nuovo tipo di rapporto con lui e poi, dopo la sua morte, dalla scoperta che egli teneva stabilmente nel portafogli la sua foto …

Insomma, anche questo un libro per lei “epocale”, che fu presentato in una sede per lei “epocale”. Niente meno che nella Sala dei ricevimenti dell’Albergo “Principe di Savoia” di Milano, con la presenza nobilitante e affettuosa dell’ex Direttore di Gente Sandro Mayer! Una sede bellissima e prestigiosa, una delle più prestigiose d’Italia. Basti pensare che contemporaneamente, in una sala adiacente, stava presentando il suo ultimo film nientemeno che Penelope Cruz!

Quella sera non c’era l’emozione del “riscatto”, come per il primo libro, ma c’era la dolcezza della favola. Quella sera la principessa era lei, che per tanti anni aveva dovuto sopportare il peso di sentirsi cenerentola. E il Principe Azzurro era l’Amore, l’Amore dei suoi figli, l’Amore di lei per i suoi figli e per la Vita…

Il terzo libro, L’immensità del tempo, è stato il compimento di una parabola. Una volta raccontata la sua storia, ha messo in stampa frammenti del suo pensiero, delle sue esperienze nella scuola, delle sue esperienze familiari. Un piccolo, sentito puzzle della sua anima.

Poi, il tempo delle pubblicazioni si è interrotto, ma è continuato quello sempre intenso della sua vita familiare e pure “lavorativa” nello studio di Antonino.

Alla fine, sulla sua inesauribile vitalità, ha vinto la Natura.

E gli ultimi tempi sono stati un lento cammino verso la notte. Ma anche in quella notte rimarrà luminosa la scia che lei ha saputo tracciare nelle vite dei suoi familiari, così come era luminosa la scia tracciata da loro nella sua vita. Una sacralità degli affetti che aveva la sua sede materiale nella sua casa: un tempio dell’amore, costellato, muro dopo muro, mobile dopo mobile, cassetto dopo cassetto,di fotografie, bigliettini, oggetti della loro bella vita insieme. Ma la sede reale era nel cuore ed è rimasta ora nel paradiso della memoria, dove lei occupa un posto in primissima fila.

È grande il dolore per la sua assenza, ma nulla può cancellare la gioia che ha donato la sua presenza. Una gioia che cammina sulle gambe di tutti i suoi figli e di tutti i familiari. Una gioia che non smetterà di profumare. E lei comunque ci sarà ancora … (Franco Bruno Vitolo)