Ottobre, 2021
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Cava de’ Tirreni (SA). Cavese finalmente cinica e concreta, si riavvicina alla vetta della classifica
La Cavese voleva e doveva mettersi alle spalle il gravissimo scivolone di domenica scorsa col Troina per dare un forte segnale all’ambiente e alle dirette concorrenti per la vittoria finale del campionato.
Mister Ferazzoli sapeva che un altro passo falso gli avrebbe fatto cadere addosso, di rimbalzo, un vero e proprio macigno che lo avrebbe potuto schiacciare. Invece grazie a tantissima grinta di uno scatenato Koné e all’ottima prova in cabina di regia di Romizi la squadra ha saputo reagire e chiudere positivamente la sfida con il Biancavilla di capitan Catania, incamerando tre punti pesantissimi e riprendendo confidenza con il profumo inebriante della vittoria.
La sfida però non si è dimostrata subito facile da liquidare. Gli ospiti hanno fatto soffrire per almeno una quarantina di minuti i loro avversari e a complicare i piani ci si sono messi anche i legni della porta difesa da Governali. A imprecare contro la malasorte sia Allegretti sia Koné, quest’ultimo letteralmente indemoniato, a caccia del suo primo centro.
La partita a scacchi alla lunga ha messo in luce la superiorità tecnica dell’undici bleu foncé ma anche qualche leziosismo di troppo, che in qualche altra occasione di questi tempi si è pagato caro ma che ieri al Simonetta Lamberti è stato solo accolto con qualche mugugno di troppo sugli spalti. Il campionato di serie D è soprattutto concretezza, determinazione, forza fisica. Atteggiamento mentale che la squadra di Ferazzoli ha spesso fretta di dimenticare a discapito della ricerca di fraseggi, eleganti sì ma infruttuosi. E così contro il Biancavilla se ne è andata tutta la prima parte di gara, nella quale il pallino del gioco è sempre stato saldamente nelle mani degli aquilotti ma senza trovare il gol del vantaggio. Gol che è arrivato finalmente solo a una manciata di secondi dal primo quarto d’ora della ripresa, e grazie a un’invenzione del solito furetto Koné che si è inserito alla grande sulla fascia destra d’attacco e ha bucato l’ottimo Governali con una fucilata micidiale.
Una volta fatta breccia nel muro difensivo erto dai siciliani è stato un compito facile facile chiudere la partita con una sequenza micidiale di azioni che si sono susseguite nei 20 minuti successivi. Dieci minuti dopo l’eurogol dell’ivoriano c’ha pensato infatti Allegretti al raddoppio. Una manciata di minuti prima si era divorato il gol dopo aver fatto il vuoto dietro di lui e nel cuore della difesa avversaria.
Bomber di razza protagonista di grandi giocate ma anche capace di mangiarsi il gol più facile del mondo Allegretti ha bruciato al 24’ st tutta la retroguardia ospite andando a chiudere alle spalle di Governali un filtrante pallone-assist di Carbonaro.
Grande la sua gioia ed emozionante la corsa di tutta la squadra a festeggiare insieme alla panchina la palla della sicurezza. Palla che invece in Sicilia era mancata. Il suggello finale poi lo ha messo Diaz, appena entrato in campo ma subito micidiale.
Archiviata la sfida con il Biancavilla ora la trasferta di Castrovillari già bussa alle porte.
Domenica in Calabria torna una classica sfida tra le due compagini. E sarà certamente, questa sì, una prova del nove per la Cavese.
Cava de’ Tirreni (SA). E’ solo pari col Giarre al Lamberti. Cade anche l’imbattibilità della porta aquilotta
Che questo campionato non sarebbe stato solo una bella passeggiata lo sapevano tutti. E che vestire i panni della capolista sin dalle prime battute non sarebbe stato un fardello agevole e da portare altrettanto.
La sfida con una delle poche bestie nera della storia centenaria della Cavese, il Giarre, ieri lo ha testimoniato in tutta la sua crudezza.
Gli aquilotti dovranno, ogni turno che passa, fare i conti sempre di più con la dura realtà della serie D, rappresentata da squadre avversarie che si chiudono a riccio, pronte ad alzare alte barricate dinnanzi alla propria porta pur di non scoprirsi più di tanto, ma soprattutto da una classe arbitrale troppo spesso non all’altezza, come nel caso del signor Tomasi della sezione di Lecce, sotto la sufficienza più che per aver decretato il penalty del definitivo 1-1 in favore dei siculi (la mano galeotta di De Caro c’è stata sulla punizione di Arcidiacono) per aver perso lucidità nelle fasi successive distribuendo cartellini a iosa e sbattendo fuori dal campo capitan Altobello con un rosso diretto che poteva sicuramente risparmiarsi.
Il mezzo passo falso contro il Giarre è un campanello d’allarme nel futuro bleu foncé? Speriamo di no. Ma a dirlo senza ombra di smentita sarà la prossima trasferta in calendario a Troina. Ferazzoli sa bene che sarà il crocevia della sua stagione e di quella della Cavese.
Bisognerà dimostrare sul campo di aver digerito prontamente il pari col Giarre e di averlo messo alle spalle senza alcuno strascico sul piano nervoso. Il gruppo si cementa così, uscendo fuori più unito che mai dalle delusioni e dalle difficoltà piuttosto che per le vittorie e per i momenti sì finora vissuti.
Dalle difficoltà e dalle cadute ci si deve rialzare più forti e determinati di prima. E l’occasione sarà proprio quella che ci si appresta a vivere a Troina.
Per puntare decisi al pronto ritorno del calcio professionistico bisognerà superare ostacoli ben più impegnativi del Giarre e mettere in tasca più punti possibili fino a gennaio, quando, come spessissimo accade nel calcio dilettantistico, molte formazioni in funzione della loro posizione e delle speranze o meno di centrare gli obiettivi prefissati alla vigilia molleranno o si rafforzeranno e gli equilibri fino a quel punto emersi saranno completamente stravolti
A recitare il proprio ruolo dovrà essere anche il pubblico biancoblù. Intorno alla squadra vincente dei primi quattro turno si è creato un bel clima e l’entusiasmo si è tradotto in una discreta affluenza sugli spalti dello stadio amico stimato domenica in circa 1300 spettatori.
Due punti persi in casa e il primo gol subito stagionale non possono essere trasformati in una tragedia.
E soprattutto la squadra e il tecnico non devono essere messi in discussione e sotto processo.
Critiche ci siano, vivaddio, ma costruttive.
Cava de’ Tirreni (SA) – Milano. La scomparsa di Raffaella Marchese, dolce leonessa della Terza Età
In tre libri, ha raccontato il suo cammino ruggente dal fiele al miele.
La notizia della scomparsa di Raffaella Marchese a Milano ha profondamente colpito anche quei cavesi che tanti anni fa, quando lei viveva nella nostra città, hanno avuto modo di conoscerla e di volerle bene e di quelli come noi che più recentemente le sono stati vicini nella presentazione di un suo libro in occasione dei suoi “ritorni” nella Città dove ha vissuto in giovinezza.
Raffaella era una persona affettuosa, solare, esuberante, una che apprezzava tutto il fiore della vita perché aveva conosciuto anche tante spine e, soprattutto nella prima parte, ha dovuto districarsi tra le spine, riuscendo a trasformare le lacrime in spicchi di luce ed a conquistarsi una terza età da principessa, in compagnia dei suoi splendidi figli e dei suoi studi di recupero, che, pur tardivi, le avevano permesso di scrivere e pubblicare ben tre libri di memorie personali.
Per questo,ci è caro ricordarla su queste pagine. Prima della mia nota personale, un pensiero caldo e affettuoso di Rosanna Rotolo, che, come altri di noi del resto, non aveva mai perso i contatti con lei e, che, come tutti noi, conserva viva nel cuore la forza del suo calore e della sua sensibilità (FBV).
Una straordinaria donna d’Amore
È passata al di là del velo di materia Raffaella Marchese.
Donna straordinaria, pregna di valori e di immense virtù.
Donna, madre e scrittrice, Raffaella ha elargito a piene mani Amore con l’innocenza e la genuinità di un animo grande.
L’amore era infatti l’ingrediente principale della sua esistenza; amore per i suoi tre figli, Antonino, Ernesto, Francesco, figli, pilastri di una vita; Amore per la cultura, soprattutto Amore per la vita.
Una vita raccontata dai suoi libri:
La pipa di terracotta, appassionato ricordo degli affetti e dei travagli dell’infanzia e dell’adolescenza, fino ad un matrimonio carico di rimpianti per un amore “impossibile”.
Alle quattro del mattino, in cui racconta le angherie subite prima da un padre autoritario ed anaffettivo e poi da un marito violento e dispotico, il tutto però ampiamente compensato dall’amore per i suoi tre figli, ai quali ha dedicato l’incipit: “Voi che illuminate l’alba di ogni giorno”. Tutte le emozioni represse, le violenze subite, hanno trovato respiro in quell’angolo recondito dell’anima, in quel posto segreto del cuore per tradursi in afflato d’amore.
L’ultimo libro, L’immensità del tempo, è un quaderno di pensieri, ricordi, immagini ed emozioni emergenti dal cuore immenso di una donna, il cui emblema era il sorriso.
Ti voglio ricordare, cara amica dell’anima, con le parole di Walt Withman:
Niente è mai veramente perduto,
o può essere perduto.
Nessuna nascita, forma , identità
nessun oggetto del mondo
nessuna vita,
nessuna forza,
nessuna cosa visibile.
L’apparenza non deve ostacolare,
né l’ambito mutato confondere il cervello.
Vasto è il Tempo e lo Spazio,
vasti i campi di natura…
Bonarietà, tolleranza, empatia, le chiavi di accesso a te, Raffaella, al tuo mondo d’amore, in cui ogni ombra viene dissolta dal sorriso della bambina eterna che ti porti dentro. (Rosanna Rotolo)
Risalire, donare, amare: il gran volo di Raffaella con i suoi figli e i suoi libri
Un romanzo, anzi più romanzi in una vita sola, anzi in più vite. Tale l’esistenza di Raffaella Marchese, che il 3 agosto scorso si è spenta a Milano, nel giardino appena sfiorito dei suoi novantadue anni.
Nata e cresciuta a Battipaglia, poi vissuta a Cava per vari anni, l’ultimo mezzo secolo di vita lo ha trascorso in Lombardia, in una parabola ascendente, nonostante gli anni che passavano.
Infatti, dopo un’infanzia e un’adolescenza non prive di affetti, ma cariche anche di travagli e forzate sottomissioni “al femminile”, in primis la rinuncia alla scuola e all’amore dei suoi sogni, dopo un matrimonio non desiderato e poi in tanti momenti carico più di ombre che di luci, accettate e sopportate anche queste “al femminile”, quando è arrivata alla soglia della terza età, ha fatto la sua grande rivoluzione. E ha preso finalmente l’appuntamento con Raffaella, coi i suoi desideri e i suoi bisogni.
Una svolta doppiamente rivoluzionaria, perché avvenuta non allontanandosi dalla famiglia, ma stravolgendone l’assetto senza distruggerla, anzi fortificandola.
Oramai ultrasettantenne, prese le distanze dal marito, senza però creare muri, ma rafforzando i ponti relazionali e affettivi, e andò a vivere da sola, per godersi la sua “vita nuova”. In questa vita il primo, anzi il primissimo posto lo occupavano i suoi tre gioielli, i figli Antonino, Ernesto e Francesco, che lei aveva allevato con tutto l’amore di una madre felice e con la forza di quell’amore che le era mancato. Era consapevole che una madre, se ama fino in fondo, lancia i suoi figli il più in alto possibile, dove possono e dove vogliono, e nello stesso tempo cerca di stare vicina e volare accanto a loro.
E così ha fatto. Li ha allevati come una chioccia di sole e li ha fatti volare, tutti e tre, a volte anche molto, molto in alto. Basti pensare che il primogenito, Antonino Di Pietro, è un dermatologo di fama nazionale, che scrive sulle riviste più diffuse e qualificate, appare spesso anche in Rai, ha tra i suoi clienti le star più popolari dello Spettacolo e della Cultura.
Proprio lo studio di Antonino ha rappresentato una delle basi di lancio della sua vita nuova: lì è andata per anni, quasi fino agli ultimi tempi, ogni mattina, puntualissima, a collaborare alla segreteria ed alle relazioni tra i clienti. Essendo solare, carica di energia e prorompente di vivacità e simpatia, ha fatto amicizia con tutti: era proprio impossibile non volerle bene. Tra gli ospiti dello studio, c’era anche Piero Chiambretti, che, avendone assaporato tutto il pepe e la carica umana, quando gli è toccato di presentare il Festival di Sanremo, nel 1997, se l’è addirittura portata con sé, facendola intervenire ogni giorno in un angolino del Doposanremo!
Ma la parte più sostanziosa della nuova vita di Raffaella non è stata questa, bensì la svolta che lei ha dato alla sua vita culturale. Da ultrasettantenne, è tornata a scuola! Ha frequentato le serali, ha studiato con la passione di un’innamorata, ha fatto regolarmente gli esami, ha intensificato le letture, che del resto non le erano mai mancate, e ha scritto tre libri, che insieme formano il romanzo, anzi i romanzi della sua vita e della sua anima sempre pregna di delicate vibrazioni e profonda sensibilità.
Il primo, La pipa di terracotta, ricorda la sua infanzia e l’adolescenza, con le imposizioni ricevute in famiglia, pur se non scevre da tensioni affettive, , la convivenza affettuosa con i nonni, il lavoro di casa e di bottega che cominciava alle quattro del mattino, l’incontro con un ragazzo che aveva risvegliato e stimolato tutti i suoi sogni, la forzata rinuncia a questo sogno. Alla fine, un matrimonio più sopportato che supportato, vissuto all’insegna del rimpianto, a cominciare da quella prima notte in cui, come nella sua adorata canzone Voce ‘e notte, la persona dell’amore sognato rimane “fuori” a cantare il suo rimpianto, mentre lei “dentro” vive il rapporto reale sognando l’amore rimpianto…
È rimasto indelebile nella nostra memoria il momento della presentazione qui a Cava, in Biblioteca Comunale. Cominciate proprio al suono di Voce ‘e notte, furono quasi due ore a battito di cuore, in cui ribollivano in lei tutte le emozioni che aveva raccontato, palpitavano con lei i sorrisi di tutti gli amici cavesi che aveva ritrovato per l’occasione.
E troneggiava la meravigliosa presenza di tutti e tre i suoi figli e delle loro mogli, venuti apposta con lei da Milano per testimoniare alla loro madre amatissima e amantissima la gioiosa condivisione di un momento che era il segno di un riscatto lungo una vita intera.
Oramai la strada si era aperta e venne fuori anche il secondo libro, Alle quattro del mattino”, in cui racconta le luci e le ombre del suo matrimonio e la scelta finale di una vita autonoma con i suoi gioielli, senza rancore per il marito, ma anzi conservando e coltivando, pur senza convivenza, tutti i rapporti paterni. Un gesto ulteriore d’amore e anche di perdono, che teneramente è stato compensato da un nuovo tipo di rapporto con lui e poi, dopo la sua morte, dalla scoperta che egli teneva stabilmente nel portafogli la sua foto …
Insomma, anche questo un libro per lei “epocale”, che fu presentato in una sede per lei “epocale”. Niente meno che nella Sala dei ricevimenti dell’Albergo “Principe di Savoia” di Milano, con la presenza nobilitante e affettuosa dell’ex Direttore di Gente Sandro Mayer! Una sede bellissima e prestigiosa, una delle più prestigiose d’Italia. Basti pensare che contemporaneamente, in una sala adiacente, stava presentando il suo ultimo film nientemeno che Penelope Cruz!
Quella sera non c’era l’emozione del “riscatto”, come per il primo libro, ma c’era la dolcezza della favola. Quella sera la principessa era lei, che per tanti anni aveva dovuto sopportare il peso di sentirsi cenerentola. E il Principe Azzurro era l’Amore, l’Amore dei suoi figli, l’Amore di lei per i suoi figli e per la Vita…
Il terzo libro, L’immensità del tempo, è stato il compimento di una parabola. Una volta raccontata la sua storia, ha messo in stampa frammenti del suo pensiero, delle sue esperienze nella scuola, delle sue esperienze familiari. Un piccolo, sentito puzzle della sua anima.
Poi, il tempo delle pubblicazioni si è interrotto, ma è continuato quello sempre intenso della sua vita familiare e pure “lavorativa” nello studio di Antonino.
Alla fine, sulla sua inesauribile vitalità, ha vinto la Natura.
E gli ultimi tempi sono stati un lento cammino verso la notte. Ma anche in quella notte rimarrà luminosa la scia che lei ha saputo tracciare nelle vite dei suoi familiari, così come era luminosa la scia tracciata da loro nella sua vita. Una sacralità degli affetti che aveva la sua sede materiale nella sua casa: un tempio dell’amore, costellato, muro dopo muro, mobile dopo mobile, cassetto dopo cassetto,di fotografie, bigliettini, oggetti della loro bella vita insieme. Ma la sede reale era nel cuore ed è rimasta ora nel paradiso della memoria, dove lei occupa un posto in primissima fila.
È grande il dolore per la sua assenza, ma nulla può cancellare la gioia che ha donato la sua presenza. Una gioia che cammina sulle gambe di tutti i suoi figli e di tutti i familiari. Una gioia che non smetterà di profumare. E lei comunque ci sarà ancora … (Franco Bruno Vitolo)