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Alla Mediateca Marte i “Segni del colore e dell’anima” di Marc Chagall: una mostra di respiro europeo, ad incanto di pupilla
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Alla sua nascita, la Mediateca Marte aveva esordito alla grande, con una mostra fotografica del prestigioso regista inglese Peter Brook. Poi, tante iniziative artistico – culturali di vario genere, sempre a livello, accompagnate ad un inserimento ogni giorno più radicato nella vita cittadina, in particolare dei giovani, che ne hanno colto e vivificato lo spirito di dinamica modernità caratterizzante fin dalle origini.
In questi giorni, ci sembra che abbia toccato il top di questi primi quattro anni di vita, con un’iniziativa che dona qualità, slancio e immagine non solo al Marte, ma a tutta la Città.
La mostra Marc Chagall, segni del colore e dell’anima, in esposizione dal 28 marzo al 28 giugno, curata e presentata con la consueta, appassionata perizia da Ada Patrizia Fiorillo, coordinata, con tutte le attività collaterali, da quel fresco motore scoppiettante che sta diventando Matilde Nardacci, oltre che riguardare uno degli artisti più cult del mondo (non a caso una sua retrospettiva sta illuminando l’anno dell’EXPO, prima a Milano ed attualmente a Roma), ha in sé un livello tale che la colloca di diritto tra i grandi eventi dell’anno in tutto il Centro sud.
Si tratta di 77 tavole divise in cinque cicli,, tra litografie e acqueforti, realizzate tra gli anni ’20 e gli anni ’50 ( più una litografia a colori, Chagall monumentale, del 1973, e l’acquaforte L’asino con il mazzo di fiori, del 1968), anni centrali nella lunghissima vita dell’artista russo – ebreo poi naturalizzato francese, che nacque a Vitebsk, nella Russia zarista, nel 1887, e morì in Francia, vicino Nizza, nel 1985, quindi a quasi cento anni di vita.
Certo, non ci sono i quadri, quelle tele che, per la loro esplosiva vitalità e la profetica modernità, ne hanno fatto un mito della Storia dell’Arte, come la deliziosa Mucca con l’Ombrello o i meravigliosi inni all’Amore ed a sua moglie Bella nel periodo parigino. Non ci sono le mirabolanti decorazioni che oggi danzano in alcuni degli edifici più importanti del mondo (a cominciare dall’Opera di Parigi).
Ma ci sono i lavori di grafica con cui egli ha illustrato opere internazionali e nobilitato le nuove e rivoluzionarie potenzialità offerte dalla riproducibilità di un opera d’arte. Soprattutto, ci sono immagini ed echi di tutte le anime che componevano il grande puzzle della sua magica creatività.
Nel ciclo illustrativo de Le anime morte di Gogol si avverte lo spirito profondo delle sue radici russe, che tra natura e cultura gli ispirano figurazioni graffianti e dettagli grotteschi, a rappresentare quel mondo di svuotati notabili e piccoli proprietari nel tempo della decadenza di una società imperiale che egli conosceva bene e con cui proprio non si poteva identificare. Graffiti favoriti dalla natura stessa delle acqueforti, la cui struttura primaria, come è noto, è data da incisioni su lastre metalliche.
Più vicine alle fantasie sognanti con cui l’artista è oramai fissato nel nostro immaginario sono le figurazioni degli animali nella sezione di illustrazione delle favole di La Fontaine. Qui la fantasia si crea i suoi spazi ideali e così le forme animali, nelle loro movenze ora giocose ora aeree ora semplicemente meditabonde e pensose, assumono vita di favole che vengono da memorie lontane e si perdono, senza perdere consistenza, nel gioco del futuro.
Giochi metamorfici, atmosfere misteriose, pupille dilatate con spirito da poetico fanciullino, la vena costante di uno humour controllato ed appassionato, e poi tante figure simboliche, esalanti i profumi del sogno, della speranza, dell’amore: è qui l’anima di Chagall, che pervade tutta la mostra. La sentiamo viva nelle figure legate a La Fontaine e nella serie Chagall 1957, e ci rendiamo conto che cambia solo “la veste” nelle numerose opere legate ad eventi, fatti e personaggi biblici, che nella mostra occupano ben due cicli (La Bibbia e Dessins pour la Bible). Qui, pur nella solennità dei fatti accennato o raccontati, la classica elettricità chagalliana vibra non nonostante l’argomento religioso, ma a causa proprio di esso, dato che egli considerava la Bibbia l’opera d’arte dell’eccellenza, sia per il colore e la straordinarietà degli eventi presentati, sia per il grande mistero ad essi sotteso. E lo dimostrano pienamente tavole ad alto tasso evocativo e figurativo, come il Paradiso, la danzatrice o le meditazioni del Profeta Elia.
Insomma, una piccola sinfonia di tematiche e di variazioni stilistiche, che, pur se con evidenza minore rispetto ai quadri, riflette la lezione delle grandi scuole artistiche che hanno segnato l’arte di Chagall: dal realismo russo alle prime faville dell’avanguardia europea, dal cubismo ai fauves, da Kandinsky a Matisse fino a quel surrealismo di cui egli era impregnato intimamente e naturalmente. Eppure, nonostante tutti questi echi, alla fine, come succede per le grandi personalità, Chagall è rimasto sempre Chagall: non imitatore, ma inimitabile nelle forme e nello spirito.
Perciò il genietto che lo ispirava aleggia comunque in ogni angolino della mostra, nelle sale consacrate ed anche negli omaggi di scultori contemporanei che occhieggiano in un corridoio, tra cui spiccano una deliziosa e fantasiosa borsetta di Maria Giovanna Benincasa, un aereo giocoliere tutto chagalliano classico di Enzo Bianco e un pellicano in ceramica di Adriana Sgobba, che si accompagna ad una delle sue classiche figure femminili fantasiose e ri-formate, con le braccia armoniosamente strutturate in modo da aprire e chiudere idealmente il braccio della brocca su cui è sviluppata la figura.
Ed è comunque un genietto di vitalità estrema, perché in fondo la grande lezione di arte-vita che Chagall ci ha lasciato sta proprio nella forza di attraversare tutto, anche il dolore, ma uscendone ogni volta con rinnovato colore.
Quel colore elettrico che egli seppe così meravigliosamente rappresentare nella celeberrima Passeggiata, con la sua Bella svolazzante tra le dita; quel colore che, anche quando sembrava volato via, riuscì sempre a rimanergli incollato tra le dita, almeno con un respiro, che fosse il respiro della gioia o anche il respiro della preghiera e della tristezza, e della preghiera della rinascita …
- Dal ciclo dedicato a Chagall 1957
- Il Paradiso, tavola del ciclo dedicato alla Bibbia
- Il pellicano di Adriana Sgobba, e La borsa, di Maria Giovanna Benincasa
- Il Sindaco Marco Galdi cin la curatrice Ada Patrizia Fiorillo all’inaugurazione della mostra
- La creazione della donna
- La prof. Fiorillo guida i visitatori nel percorso
- Matilde Nardacci, coordinatrice di tutte le attività connesse alla Mostra
- Omaggio a Chagall
- Tavola del ciclo biblico
- Tavola del ciclo dedicato alle favole di La Fontaine
- Un giocoliere chagalliano dell’artista Enzo Bianco
“La scuola ne parla”: dieci giorni dedicati alla legalità dall’ IIS “Vanvitelli – Della Corte”. La manifestazione finale, con musica e corteo, si è tenuta il 28 marzo in Piazza Duomo
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Vent’anni fa, nel pieno di una finalmente decisa reazione contro la criminalità organizzata e sulla scia dei tremendi attentati contro i giudici Falcone e Borsellino e non solo, per iniziativa di Don Ciotti e di altri benemeriti dell’impegno civico, nacque l’Associazione “Libera, contro tutte le mafie”. E tra le prime iniziative sollecitò l’istituzione annuale di una Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie da promuovere in particolare nelle scuole: 21 marzo, inizio della primavera e quindi di una rinnovata speranza, quella di poter far camminare sulle gambe dei giovani le idee e gli ideali di “grandi e forti” cittadini che hanno perso la vita per l’affermazione di una società più giusta.
La Giornata si ampliò presto e diventò in qualche caso una settimana. O anche dieci giorni, come nel caso dell’IIS “Della Corte-Vanvitelli” di Cava de’ Tirreni, che quest’anno ha promosso un’iniziativa stimolante ed innovativa, La scuola ne parla. Dieci giorni di manifestazioni, mostre, incontri, proiezioni, performance teatrali, concorsi, ognuno dalle 10 alle 12 e con una partecipazione della classi interne a rotazione e, a turno, di altri sei istituti: IC di Roccapiemonte, II Circolo e IV Circolo di Cava, IC “Giovanni XXIII”, IC “Balzico”, Opera Pia “Di Mauro”.
Ha trattato temi forti come usura e criminalità (con Libera ed i suoi rappresentanti), le contaminazioni della Terra dei Fuochi (con don Maurizio Patriciello), le difficoltà e la dimensione umana dei senza fissa dimora (con Antonio Armenante), il coraggio di lottare anche a costo della vita (con un ricordo di Peppino Impastato), la creatività a difesa dell’ambiente e come diffusione di ideali (con una mostra concorso di realizzazioni su base ecologica, con materiale da riciclo: opere tutte bellissime!). Ed ha ottenuto così vari risultati: una ricaduta notevole su quasi mille studenti, una risonanza ampia in tutto il territorio, la messa in circolo di fondamentali valori civici, il senso del potenziale protagonismo a qualsiasi età, la scoperta di mondi e dimensioni troppo spesso sconosciuti a ragazzi ed a scuole in tutt’altre faccende affaccendati…
La ciliegina sulla torta è stato il corteo finale di sabato 28 marzo, conclusosi sullo spettacolare Sagrato della Concattedrale, alla presenza del Sindaco Marco Galdi, dell’Ass. Clotilde Salsano e del Parroco don Rosario Sessa, con la partecipazione di tutte le scuole intervenute nel corso delle giornate, il colore folklorico dei Trombonieri di Santa Maria del Rovo, la festosa premiazione dei vincitori nel concorso creativo ecologico (per le Primarie, nell’ordine, II Circolo-Epitaffio, IV Circolo, Opera Pia Di Mauro; per le Medie, SM “Balzico”, IC “Roccapiemonte”, SM “Giovanni XXIII”), la deliziosa armonia dei musicisti in erba, che si sono esibiti dalle 9,30 fin oltre mezzogiorno (le foto allegate fanno tutte riferimento a quest’iniziativa). Una bella mattinata, non poco disturbata però da un clima invernale e da un vento a tratti infernale, il che ha anche determinato un leggero anticipo della premiazione dei ragazzini, tra cui tantissimi provenienti dalle primarie, con progressivo svuotamento della piazza, a danno soprattutto delle ultime esibizioni: il piccolo grande coro della SM “Balzico” e la lunga performance dello “squadrone” di Roccapiemonte, che si era preparato con moltissima cura, intorno ai suoi cantori e musicisti, guidati da Francesco Bevilacqua, un “talentinho” di soli tredici anni che sta imparando a dare del tu agli strumenti, soprattutto all’amatissima batteria, e che, se maturerà in progressione come promette, farà presto parlare di sé.
Comunque, al di là degli svuotamenti e delle assenze, hanno avuto ugualmente modo di farsi ammirare, tutti.
Alla fine, soddisfazione piena espressa da parte degli organizzatori, guidati dalla Dirigente dell’IIS “Vanvitelli- Della Corte” Franca Masi e dai docenti preposti, Giusy Del Prete e Pellegrino Gambardella. Una soddisfazione che ha a tambur battente aperto lo sguardo sulla continuazione futura di questa iniziativa pionieristica e tanto ricca di potenzialità. La prima parola è stata quindi “Arrivederci al prossimo anno!”, ovviamente con l’intento di “parlarne ancora, di più e meglio”.
Ma già quest’anno può essere contenta, la scuola, di quanto ne ha parlato, e di quanto la Città ha parlato della scuola che ne ha parlato. Ci auguriamo che a parlarne tanto, durante i prossimi mesi, siano proprio i ragazzi, e magari non ne parlino solo, ma le idee e gli ideali affrontati li facciano veramente camminare.
Ognuno sulle proprie gambe …
- Da sin. la prof. Giusy Del Prete, la Dirigente Franca Masi, don Rosario Sessa
- La sfilata dei Trombonieri di Santa Maria del Rovo
- Studenti in concert
- La Dirigente Franca Masi e il Sindaco Marco Galdi
- Il Maestro di Musica Giacomo Monco in azione
- L’albero delle idee e dell’Amore
- La prima Coppa dei Campioni consegnata
- La gioia di essere campioni
- Felici di stare ‘ncoppa
- Il volo della Solidarietà e della Pace
- La Giovanni XXIII nel Paradiso dei vincitori
- In attesa della standing ovation
- Festeggiamenti in Circolo
- Lo squadrone di Roccapiemonte
- Roccapiemonte in attesa di suonarcele
- Una tastiera per tre
- Franco Bevilacqua filmato dall’orgoglioso Papà
- Franco Bevilacqua, il talentinho
Al CUC “Sempre amore”, di e con Federica Santoro: solitudini che si toccano, tra case chiuse e professori badanti
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Due giovani prostitute dipendenti da una “casa chiusa” del futuro prossimo venturo, un professore siriano di filosofia, costretto dalle contingenze politiche ad andare via dal suo Paese ed ora a lavorare come badante e “pulire il culo delle persone ricche”. E tanta, tanta musica …
Solo loro i quattro protagonisti di Sempre amore, la pièce teatrale andata in scena al CUC il 31 marzo (con replica il 2 aprile) scritta, diretta e recitata da Federica Santoro: una rentrée molto significativa per lei, che, anche se vive a Roma, è cavese superdoc, di origine e di formazione.
È figlia d’arte di Raffaele Santoro, avvocato di professione ma attore per passione (con Mimmo Venditti), oltre che creativo performer esistenziale nella vita quotidiana, e di Rosa Salsano, insegnante di professione, ma anche lei cresciuta sulle tavole di scena di Mimmo Venditti, dove tra l’altro ha esordito anche la stessa Federica, ancora poppante, nella cesta-culletta di “Mio marito aspetta un figlio”.
Da adolescente, Federica ha scoperto in sé notevoli doti come artista e come cantante ed ha studiato e si è formata sia nel Gruppo del Liceo “Marco Galdi” sia alla “corte” del Maestro Michelangelo Maio, con cui ha interpretato anche dei musical show, in primis il bellissimo Mamma Lucia, dedicato alla nostra magnifica madre dei caduti, simbolo della maternità universale.
Sulla scia, in un progressivo affinamento della voce e della personalità scenica, tante serate anche come solista, nei locali del territorio.
Quindi, il gran salto a Roma, per studi più approfonditi e tentare il gran salto di qualità. Pur dovendo superare ostacoli di varia natura, sono venuti momenti di stimolo e di soddisfazione non indifferenti. Primo tra tutti, la partecipazione, il 21 gennaio 2011, a I Raccomandati, la trasmissione di Carlo Conti che vedeva dei big lanciare dei giovani emergenti ed esibirsi con loro. E, rivedendo con gli occhi della memoria Federica che canta accanto ad Orietta Berti, senza per niente sfigurare (anzi…), Io ti darò di più e Tu sei quello, canzoni difficili ed impegnative, ci scorre ancora oggi un frizzante brivido di emozione.
Tornando allo spettacolo al CUC, esso rappresenta il segno di un’ulteriore evoluzione artistica, accompagnata da una positiva consapevolezza delle proprie possibilità di “show woman multitasking”, alias di artista e autrice eclettica.
E spicchi considerevoli di talento in maturazione si notano a più livelli nella pièce.
Innanzitutto nella scelta dell’argomento. Una trama minimalista, ma efficace nella sua semplicità. Le due ragazze trascorrono con l’amico musulmano, e non è la prima volta, la domenica, giorno di riposo anche per loro. Il loro pranzo e la loro compagnia vengono interrotte da una telefonata di Carlo, il “datore di lavoro” della casa chiusa, che chiede di offrire una prestazione straordinaria per un cliente importante. Dovrebbe andare Cécil (Domenica Di Sanzo), ma poi al suo posto si “immola “Nina (Federica Santoro), che ha capito quanto pesi all’amica l’interruzione e quanto può assorbirla lei. Ma, al ritorno, ha un crollo emotivo… Poi, per fortuna, il senso dell’amicizia avrà la meglio.
Una trama del genere, nonostante la durata breve di soli quarantacinque minuti, richiede un impegno registico ed attoriale notevole.
I tre attori sono stati convincenti e sono riusciti a comunicare, col detto e col non detto, l’anima dei personaggi. In particolare, Olmo Mazzoni (Amal), pur se italianissimo e lui stesso esuberante, ha conservato un accento orientaleggiante senza mai eccedere, come se avesse lui stesso ascendenze oltre il Mediterraneo: ed alla fine è apparso ben plausibile come personaggio “altro”.
Domenica Di Sanzo (Cécil), molto raccolta in se stessa, col corpo prima che con le parole ha trasmesso la voglia di non rinunciare a coccolare la propria sensibilità, nonostante che col corpo, prima che con le parole, sia costretta nella vita a trasmettere tutt’altro che sensibilità interiore.
E Federica, con le parole, con i silenzi, con il canto e con un non facile equilibrio tra femminilità ostentata e cuore imprigionato, è riuscita ad interiorizzare efficacemente il personaggio, che, come diremo, è forse il più complesso della pièce.
Dal punto di vista registico, invece, nonostante la capacità di mantenere con calma le fila della narrazione, è emersa qualche piccola ingenuità: ad esempio, la lunghezza, eccessiva nonostante la musica, del prologo iniziale con l’imbandimento senza parole della tavola, oppure la lentezza un po’ statica di alcuni movimenti, soprattutto degli attori non recitanti. Efficaci invece i silenzi, che bene esprimono lo stato d’animo più profondo, e la loro interazione con la musica, a creare atmosfere e definire gli stati d’animo oltre la superficie.
Come dicevamo, l’opera offre particolari spunti proprio per l’argomento, il testo e le tematiche ad esso sottese.
Innanzitutto, la piccola coalizione di tre persone che, in modo diverso, sono emarginate e come tali soffrono l’insoddisfazione per una condizione che, ad essere ottimisti, si può sopportare solo non lasciandosi rubare la speranza. La pièce diventa, allora, in piccolo, una specie di “giornata particolare di scoliana memoria”, quando venne rappresentato nell’Italia fascista anteguerra l’incontro tra una casalinga ed un gay. Ed è significativo che in questo terzetto ci siano due emarginate donne e italiane doc ed un migrante esterno e musulmano.
L’amicizia tra loro però è solo un piccolo palliativo rispetto alla solitudine umana, sociale ed esistenziale che tutti e tre soffrono, con consapevolezza diversa, sulla pelle e nel cuore.
Amal (Olmo Mazzoni) è un musulmano ben diverso dallo stereotipo che ci viene costantemente trasmesso e che, più o meno giustamente, ci rende tremanti e diffidenti. Citando il Corano, esalta l’uguaglianza tra uomini e donne, frammenti del creato a pari titolo, si mostra tollerante sia confrontandosi con mentalità diverse (troppo libere o con troppo poca dignità le due ragazze?), sia di fronte ad una scenata dell’amica Nina, aggressiva e apparentemente lesiva della sua dignità di uomo. E, nonostante siano dieci anni che vive in condizioni di estremo disagio, non si è fatto rubare né la speranza (il suo nome significa proprio speranza) né il desiderio di provare “sempre amore”. Ma il senso di solitudine emerge forte dalle sue parole quando si raccoglie nel suo dolore o quando parla della condizione di esule con toni da malinconia universale, per cui una volta perse le proprie radici ogni posto è uguale per portarvi il tuo doloroso fardello.
Cécil sembra apparentemente la meno travolta dalla cognizione e dalla percezione del dolore. Forse perché anche lei non rinuncia al sogno di un’utopia, come quella che, nonostante la professione ed oltre la semplice scopata, possa scattare la molla dell’amore tra lei ed un uomo, ad esempio il suo datore di lavoro, con cui lei esce a volte.
Ma, così facendo, è la più forte o la più fragile? La pièce da questo punto di vista ci lascia il dubbio irrisolto, essendo incentrata di più sull’irruenza e la capacità di scendere in campo, anche esistenzialmente, di Nina e Amal.
Già, Nina. È proprio lei il personaggio più controverso, più complesso, più coinvolgente. Non a caso Federica questo ruolo lo ha riservato per se stessa: e si è affidata in buone mani.
Nina è la prostituta che di fronte ad Amal si vanta di avere scelto lei il suo mestiere mentre lui non ha scelto l’esilio, però ci accorgiamo che alla fine anche la sua scelta è tutt’altro che soddisfacente e quindi è una scelta subita ad opera di un’umanità che mostra ben poco della sua umanità verso la puttana o il migrante che pulisce il culo ai ricchi.
Nina è la donna vissuta, ma ancora inseguita dal bisogno di sogni e bambole dell’infanzia e come tale ancor più dilaniata nel contrasto tra ideale e reale. È la lavoratrice che con apparente disinvoltura rinuncia alla sua domenica per non farla pesare troppo all’amica, però quando torna a casa si rinchiude in un mutismo esplosivo prima di scatenare un pianto lacerato e lacerante. È la chiacchierona che interloquisce con più forza nelle discussioni, fosse anche per chiedere il basilico al posto dell’origano nel sugo della salsa al pomodoro, è la persona che nello sfogo non lesina né rabbia aggressiva né parole lesive, è la passionale che non rinuncia a cantare le sue emozioni. Ma il canto le esce dall’ugola dolce e sommesso, come una ninnananna dall’impossibile rassicurazione o un’emozione che sa tanto di aggrovigliato groppo alla gola. E sa anche umiliarsi di aver umiliato, e chiedere scusa senza chiedere scusa, solo addolcendo i toni o dando appuntamento alla prossima settimana, con l’aria rassegnata di chi comunque è consapevole di dover volare basso per sempre.
Uno spettacolo senza possibilità di luce, allora?
Non diremmo, perché per ognuno dei personaggi Federica autrice ha delineato della autodifese o delle più o meno realistiche vie di scampo. Ed anche perché il finale, con quell’appuntamento malinconico, è anche la ripromessa di un’amicizia che, nella solidarietà tra emarginati, rimane un’irrinunciabile ancora di salvezza. Ma anche, e forse soprattutto, perché c’è lei, la musica. La quarta protagonista. Che nelle note avvolgenti, soffuse, teneramente malinconiche e intimamente tenere, che siano quelle classiche del Duke Ellington o quelle originali di Francesco Ponticelli, ci immerge in una dimensione lacerante sì, preoccupante sì, ma anche tanto ricca dentro.
Quei tre personaggi non sono pietre di scarto: sono volti veri, vivi, emozionati ed emozionanti. Con la musica dentro o alla ricerca della musica perduta. E a cui avrebbero fortemente diritto, perché amano la vita ma la vita non riesce proprio a ricambiarli. E tanto meno la società.
È un grido di dolore, allora. Ma anche un invito ad una nuova umanità. Improntata ad una speranza irrinunciabile: sempre amore, appunto …
Uno spettacolo prodotto e realizzato da “I fiori del Vesuvio”
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Venerdì 27 Marzo, alle ore 21, a Cava de’ Tirreni presso il Piccolo spazio, sito in via Sala n°2, il Circolo Culturale “I Fiori del Vesuvio”, in collaborazione con l’ Associazione Stella del Sud, presenta la performance “Tutta Roba Nostra”.
L’evento consiste nella presentazione di letture e brani inediti in prosa e in poesia, scritti dagli stessi componenti del Circolo.Durante la serata essi si alterneranno rappresentando le proprie composizioni, all’occorrenza affiancati da un accompagnamento musicale.
Giocando con le immagini, i suoni e le parole, le ragazze e i ragazzi del Circolo si mettono a nudo, costruendo per la prima volta uno spettacolo completamente inedito.
Tutta roba nostra è un turbinio di pensieri, musica, satira e divertimento, la rappresentazione del lavoro e della voglia di mettersi in gioco. È la dimostrazione che tanti modi di essere e di pensare differenti tra loro possono conciliarsi ed essere “rappresentati” con la passione e l’energia di un gruppo unito in una serata.
Tutta Roba Nostranon è un indirizzo di proprietà intellettuale individuale.
È un invito alla condivisione; è il momento per prendersi uno spazio; è un momento per condividere gli spazi.
Tutta Roba Nostraè la voglia di mettere in campo le proprie parole senza prenderle a debito da nessuno. Non per snobismo, nemmeno per scommessa; solo per divertimento.
È la creatività messa a disposizione di chiunque voglia accoglierla.
Il cardinale Arinze ed il Presidente delle Comunità elleniche Jannis Corinthios proclamati cittadini onorari insieme con sette benemeriti concittadini – Un attestato di gratitudine a Renata Zanella
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Una cerimonia formale e solenne, ma anche ricca di partecipazione e di emozioni, quella del 7 marzo scorso, quando nella Sala del Consiglio del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni sono state assegnate due cittadinanze onorarie e sette benemerenze civiche.
I due nuovi “concittadini”, entrambi provenienti da lontano eppure molto vicini alla Città, sono Francis Arinze e Jannis Corinthios.
Il primo, nigeriano, cardinale, Presidente emerito del Collegio Pontificio, è una pagine viva della storia recente della Chiesa. Tra l’altro, ancora giovanissimo, come Vescovo partecipò alle storiche sedute di quel Concilio Vaticano II, indetto da Giovanni XXIII e concluso da Paolo VI, che ha rivoluzionato il modo di intendere e vivere il Cristianesimo, spianando la strada a forme di comunicazione e di relazione veramente ecumeniche e comunque più evangeliche.
Dopo una rapida carriera all’interno delle gerarchie vaticane, Arinze è stato protagonista di un altro momento rivoluzionario nel rapporto tra le religioni: quello straordinario incontro di Assisi per la Pace, indetto da Giovanni Paolo II, in cui si ritrovarono i rappresentanti di tutte le confessioni religiose per pregare insieme, ognuno secondo il suo credo. Tali sono state le benemerenze ed il prestigio acquistati da Padre Arinze che in occasione dell’ultimo Conclave qualcuno ne ha parlato come di un possibile papabile. Perciò la sua nomina ha rappresentato un grande onore per la nostra Città, con la quale egli era già entrato in contatto, ad esempio durante le celebrazioni del Millennio della Badia, in cui fu il prestigioso rappresentante ufficiale del Papa e del Vaticano.
Egli ha onorato in pieno questo onore, dichiarandosi, bontà sua, a sua volta onorato e pronunciando un grande discorso, lungo ma magnifico per ampiezza di vedute e per lo sguardo a trecentosessanta gradi che egli ha dato sulla religione, che “non è solo lo zucchero nel caffè”, sul Cristianesimo “in verticale ed in orizzontale” e sull’importanza della solidarietà e della Pace nella società globale.
Jannis Corinthios, l’altro neoconcittadino, Presidente delle Comunità elleniche in Italia, è di casa nella nostra Città, che, per le note ragioni storiche e culturali e per la meritoria opera di sensibilizzazione del Sindaco, ha oramai un filo diretto con la Grecia. Tra l’altro Jannis è stato presente qui da noi all’inaugurazione della mostra che ricorda la presenza del Governo greco in esilio a Cava durante la Seconda Guerra Mondiale, poi in occasione della Settimana Ellenica e per la presentazione del libro, illuminato di miti e grecità, di Francesco Puccio, Mathilde bianca di calce.
Jannis, con la cordiale vivacità del suo empatico sorriso, nel discorso di ringraziamento ha rimarcato questo rapporto, ha ringraziato ed elogiato il Sindaco per i suoi tanti segnali filoellenici, che guardano lontano, alle radici della cultura occidentale, ed ha ringraziato la comunità metelliana per un riconoscimento che è un forte ed incoraggiante segno di sostegno in questi tempi così difficili e travagliati per il suo Paese.
Dopo gli onori resi ai due concittadini, corredati dal dono della Chiave della Città, è stato consegnato
un attestato di gratitudine alla Dott. Renata Zanella, “nordica di Cava”, Direttrice del Centro “La nostra famiglia”, trasferita altrove dopo venticinque anni di permanenza nella nostra Città, in cui ha dimostrato di saper fare bene il bene, come era caro al fondatore don Luigi Monza. Questa la motivazione:
A Renata Zanella per la profonda umanità che ha sempre manifestato, soprattutto nei confronti dei suoi ragazzi e dei loro genitori, diventando nei due decenni di permanenza a Cava de’ Tirreni un punto di riferimento indiscusso; per l’impegno educativo quotidianamente profuso e per la limpida testimonianza di fede, protrattisi ininterrottamente, che la rendono, agli occhi di tutti i Cavesi, un modello di dedizione ai giovani e di cristiane virtù, per l’umanità, la semplicità e la simpatia che traspaiono appena sotto l’accento settentrionale, che fanno di Renata, per sempre, una di noi.
È stata quindi la volta dei cittadini benemeriti. Eccone la successione, con la relativa motivazione.
Classe I: Benemeriti per Scienze, lettere ed arti: ad Apollonia D’Arienzo, per tutti Lolita, l’ex ballerina immobilizzata da sedici anni dalla SLA, che, pur potendo muovere solo le ciglia ed esprimere la luce interiore con lo sguardo ed il movimento di mezzo labbro, ha scritto quattro libri, organizzato spettacoli, partecipato alla vita sociale e pubblica, facendo valere il suo essere persona prima che ammalata. Non essendo presente lei personalmente, il Premio è stato ritirato dalla sorella Maria Rosaria D’Arienzo, ma alla fine della serata si è riusciti a stabilire un contatto video con la sua stanza, e così lei ha potuto esprimere la sua gratitudine ed il Sindaco, con voce vibrante di emozione, le ha potuto rivolgere l’abbraccio, la stima e l’affetto di tutta la Città, il tutto accompagnato da applausi scroscianti “a battito di cuore”.
Motivazione: Per il Suo amore nei confronti della vita, perché, pur essendo costretta da un terribile male alla totale immobilità, riesce ad essere una delle indiscusse protagoniste della Cultura Cittadina, esprimendo la sua personalità attraverso i bellissimi libri di poesia, che detta con un semplice battito di ciglia, e gli spettacoli di musica, danza, poesia che organizza, giovandosi dei tanti amici che l’affiancano e che realizzano tutti i suoi progetti, condividendo con lei la presente benemerenza.
Classe II – Benemeriti del mondo del lavoro e della professioni: a Giuseppe Scapolatiello, rappresentato per l’occasione dai figli cesare e Lucia, emozionati ed orgogliosi del riconoscimento di un’identità che ha attraversato tutte le loro vite ed ha inciso beneficamente e profondamente in tutta la storia e l’immagine della Città.
Motivazione: perché, titolare da lungo tempo dello storico ed omonimo albergo di famiglia, situato fin dal 1821 in una delle frazioni più amene di cava de’ Tirreni (Corpo di Cava), è stato ed è tuttora instancabile operatore che ha sempre mirato a promuovere e ad incentivare un turismo di qualità sul nostro territorio.
Classe III – Benemeriti del mondo della Scuola e della Formazione: a Maria Olmina D’Arienzo, Dirigente Scolastico appassionato ed infaticabile, ma anche protagonista della vita culturale cittadina, attraverso conferenze, interventi di varia natura e qualificate pubblicazioni. Il suo discorso di ringraziamento, infiorato di citazioni grecizzanti che hanno fatto gongolare il cuore di Jannis, è stato un inno alla Cultura ed alla Formazione ed al senso civico della polis, che ha affascinato e stimolato tutti i presenti.
Motivazione: perché, Dirigente Scolastico del Liceo Scientifico “A.Genoino” di Cava de’ Tirreni, ha saputo essere, soprattutto, maestra di vita, capace, con la sua dolce fermezza, con la profondità della Sua cultura e con la sua alta professionalità, di stimolare i docenti ed impegnarsi pienamente nella quotidiana attività di insegnamento e di incitare gli allievi allo studio per raggiungere tutti insieme traguardi sempre più alti.
Classe IV – Benemeriti delle attività solidaristiche e filantropiche: a Bruno Sessa, pilastro storico del volontariato, fondatore della benemerita Comunità di Nazareth, luminosa testimonianza di Vangelo vivo e di “eucarestia scongelata”. A salutare Bruno, tanti dei suoi “poveri”, per i quali lui ed i suoi collaboratori hanno rappresentato veramente una seconda famiglia.
Motivazione: per avere il grande merito di operare in maniera fattiva e concreta nell’ambito sociale attraverso l’azione solidaristica della Comunità Famiglie Nazareth, di cui è il responsabile, favorendo l’accoglienza ed il reintegro di persone e famiglie che vivono situazioni di estremo disagio e condividendo con esse la vita quotidiana con spirito di servizio ed assoluta dedizione agli ultimi.
Classe V – benemeriti delle attività sportive: a Maria Lucia Tortora (alla memoria), combattiva ed appassionata dirigente della Cavese in tempi oggi per tanti versi molto lontani. Purtroppo, il riconoscimento è stato dato solo alla memoria, essendo lei recentemente scomparsa. Per lei, c’era il marito, che nella sua breve ma appassionata testimonianza l’ha fatta rivivere, in spirito, passione e maternità
Motivazione: perché Vice presidente, dal 1974 al 1976, della Società Pro Cavese Calcio, pur essendo madre esemplare di ben sei figli, ha saputo coniugare le esigenze della sua vita familiare con la passione che nutriva per lo Sport ed in particolare, per la squadra calcistica della sua Città, instaurando rapporti di grande correttezza ed estrema cordialità sia con i giocatori che con la Società dell’epoca.
Classe VI – Benemeriti della Politica e della Pubblica Amministrazione: a Vincenzo Cammarano, storico docente, amministratore emerito di grande trasparenza e senso civico, appassionato donatore di cultura fino a pochissimo tempo fa: infatti, pur essendo ormai novantenne, non ha fatto mancare le sue preziose lezioni di Italiano presso l’Università della Terza Età (UTE), che in occasione dei venticinque anni dalla Fondazione gli ha espresso la sua riconoscenza con una Targa colma di affetto. A ritirare il Premio, all’UTE come al Comune, il figlio Alessio, che si è fatto portavoce e testimone della grande lezione di etica e di vita sempre offerta da Papà Vincenzo.
Motivazione: Per aver profuso, negli anni ’70 e ’80, dai banchi del Consiglio Comunale, nonché quale Presidente dell’ USL n.48 di Cava – Vietri, il suo fattivo impegno politico per la Città di Cava de’ Tirreni e per aver sempre mantenuto, nell’ambito della carica ricoperta, un atteggiamento leale improntato alla massima correttezza e trasparenza, al sano impegno civico ed al rispetto per tutti.
Classe VII – Benemeriti per atti di coraggio e di abnegazione civica: a Livio Trapanese, giornalista pungente ed attento alle voci ed alle esigenze della comunità cittadina (la sua trasmissione televisiva “Ditelo a noi” su La TV di Cava è una continuazione ideale del Pronto chi è del mitico avv. Don Mimì Apicella), ricercatore appassionato, preciso e minuzioso, della storia della Città (a lui dobbiamo il “vero” stemma ed il vero nome di Cava de’ Tirreni), motore e/o sostenitore entusiasta di tante iniziative finalizzate all’interesse buono e giusto della Città di cui lui si dichiara, ed è, innamorato. E come tale pronto a farsene paladino quando la vede offesa…
Motivazione: Per essere stato sempre fiero ed orgoglioso delle sue origini cavesi, profondendo il suo impegno ed il suo tempo in un’incessante ed incisiva azione di cittadinanza attiva, che lo induce ad essere sempre in prima linea nel cogliere disfunzioni e problematiche varie, premendo affinché esse siano risolte; per aver contribuito, altresì, in maniera sostanziale, con le sue approfondite e minuziose ricerche storiche, all’avvenuta concessione del nuovo, vero stemma della Città.
Classe VIII – Istituzioni ed enti benemeriti: alla Lectura Dantis Metelliana, la storica associazione fondata quarantadue anni fa da Padre Attilio Mellone, che, per la qualità assoluta degli interventi ospitati, oggi è a giusto titolo considerata una delle più prestigiose istituzioni nazionali legate alla figura di Padre Dante. Il Premio è stato ritirato dallo staff al completo, formato dal Presidente Paolo Gravagnuolo, dalla Direttrice Lucia Criscuolo, dal Segretario Paolo Dainotti, dai Presidenti Emeriti Agnello Baldi e Fabio Dainotti. Senza contare che a consegnare il Premio c’era il Sindaco Galdi, che della Lectura è stato anche lui Presidente.
Motivazione: perché, insignita da onorificenza del Presidente della Repubblica per la sua opera di diffusione ed approfondimento della cultura dantesca, ha contribuito, fin dal 1973, e continua ancora oggi, a promuovere sul nostro territorio riflessioni, studi e ricerche in ambito dantesco, anche con l’istituzione del premio di laurea intitolato all’emerito prof. Fernando Salsano e la pubblicazione di importanti raccolte di saggi.
Alla fine, scoprimento di una lapide nell’antro del Comune di una artistica lapide, contenente i nomi di tutti i cittadini benemeriti della Città. Con degli spazi alla fine che attendono i prossimi nomi. Una tavola decisamente accogliente e significativa. È con queste persone che si forma e si mette in cammino l’identità di una Città …
Alla prossima!
- Il cardinale Arinze mostra gioiosamente la pergamena di cittadinanza
- Il Consigliere Antonio Palumbo legge la motivazione del riconoscimento per il Cardinale Arinze
- La consegna della Cittadinanza al cardinale Arinze
- La consegna della Cittadinanza a Jannis Corinthios
- Jannis Corinthios pronuncia il discorso di ringraziamento
- La consegna del Premio a Cesare e Lucia, figli di Giuseppe Scapolatiello
- La consegna del Premio a Maria Olmina D’Arienzo
- Maria Olmina D’Arienzo pronuncia il discorso di ringraziamento
- La consegna del Premio a Bruno Sessa
- La consegna del Premio al marito di Maria Lucia Tortora
- La consegna del Premio ad Alessio Cammarano, figlio del prof. Vincenzo
- La Premiazione di Livio Trapanese
- Maria Rosaria e Chiara, sorella e nipote di Lolita D’Arienzo, mostrano il libro ricevuto in dono insieme con l’attestato
- La premiazione della Lectura Dantis Metelliana
- In gruppo davanti alla lapide dei benemeriti