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CAVA DE’ TIRRENI (SA). Napoli milionaria: un’emozione che attraversa le generazioni … e genera poesia

In scena al Teatrino dell’ex Seminario nella bella interpretazione del Piccolo Teatro al Borgo di Mimmo Venditti


Anche solo a nominarlo, Napoli milionaria, il capolavoro teatrale di Eduardo De Filippo, trasmette un’ondata di emozioni.

L’emozione di una storia, della nostra storia. La prima andò in scena quando ancora nel Centro Nord dell’Italia era in atto la guerra di liberazione e a Napoli si leccavano le ferite profonde e laceranti delle bombe, dei crolli e della fame, si sentiva l’eco comunque drammatica della cacciata dei tedeschi, si respirava la presenza deli alleati anglo americani e le speranze della nuova Italia.

La storia di don Gennaro, che torna dalla guerra e trova la sua famiglia arricchita dal mercato nero, ma imbastardita dalla smania del denaro e senza più quell’identità etica che lui aveva cercato, non sempre con successo, di trasmettere, è la storia di Napoli, dell’Italia in macerie e con voglia di rinascita. Una Napoli in attesa che “passi la nottata”, così come don Gennaro e la famiglia devono aspettare che superi la nottata la piccola Rituccia grazie all’antibiotico donato proprio da una vittima dello sciacallaggio da mercato nero esercitato dalla moglie di Gennaro.

Perciò vengono i brividi a ripensare a quella prima rappresentazione del 15 marzo 1945, quando, alla chiusura del sipario, ci fu un eterno momento di silenzio, che fece temere a Eduardo l’onta e il dolore dell’insuccesso, prima che nascesse uno dei più lunghi ed emozionati applausi della storia del teatro, con il pubblico in piedi e in lacrime, che aveva appena assistito allo specchio delle sue piaghe e che stava aspettando anch’esso che passasse la nottata.

Perciò ogni volta che viene messa in scena, per chi è consapevole del suo significato, oltre che della sua bellezza di capolavoro, si scatena quell’ondata di emozioni che accomuna spettatori e attori.

Perciò siamo grati alla compagnia del Piccolo Teatro al Borgo, che più volte l’ha inserita nel suo cartellone e che da due anni ha rinnovato la messa in scena con attori più o meno “new entry”, ai quali bisogna fare grandi complimenti perché si sono dimostrati ben all’altezza del ruolo da ricoprire e degli storici interpreti del Piccolo Teatro al Borgo, a cominciare dalla magnifica Ida Damiani, sanguigna, appassionata e coinvolgente nel parte cruciale di Amalia. Senza contare naturalmente il buon Mimmo Venditti, come sempre gran maestro regista e attore. Nell’applauso aggiungiamo gli “storici” Matteo Lambiase e Raffaele Santoro (il ragioniere e Settebellizze), una garanzia lunga negli anni, e con loro Daniela Picozzi, Carlo Della Rocca, Andrea Manzo, Roberto Palazzo, Enzo Senatore, Titta Trezza, senza dimenticare i fedelissimi collaboratori tecnici Bruno Rispoli (scene e luci) e Anna Maria Venditti Rispoli (costumi).

L’ultima messa in scena è avvenuta il 2 e 3 febbraio scorsi, nell’ambito del cartellone congiunto con i giovani della Compagnia Arcoscenico. È stata l’occasione per riproporre un pezzo della nostra storia anche alle nuove generazioni. Ed è stato fatto centro, come è dimostrato anche dall’allegato canto nella nostra lingua suscitato sulle corde del trentenne Alessandro Bruno, nelle cui parole si avverte l’emozione della scoperta di un’opera capitale, di una recitazione all’altezza, ma anche, vedi le parole finali, lo sconcerto del presente, in cui per i componenti della nuova generazione il tunnel verso il futuro ha di nuovo il sapore di una nottata. Riusciremo a far passare anche questa?… Ai posteri.
(FBVitolo)

 

Napoli Milionaria: Piccolo Grande Teatro al Borgo!

 

Dinto a nu tiatro bello, ma ‘e quatto sorde,

addò ghiacciata era ll’aria,

faceva friddo…e chi s’’o scorda…

ma va in scena Napoli Milionaria!

 

‘A campana sona e a sipario arapruto

tavula apparicchiata e cafettera pe vvinte.

Fore ô vico voce ‘e ggente sparuta

Amedeo nun è pe niente convinto!

 

È sparuto nu piatto ‘e paste e ffasule!

Ll’indiziato è Gennaro ‘o pate, se capisce,

‘a guerra… se sa… te fa sbaglià da sulo

‘e ‘o piatto ‘e pasta… piglia ‘e sparisce!

 

Gennaro Jovine, un Venditti che gran colpi sferra,

incarna paro paro il buon padre di famiglia

purtanno ‘ncuollo ‘a fatica di una guerra

è tutto puteca, casa, mugliera e ffiglie!

 

Ma ‘e ccose a Napule nun ggirano a dduvere,

‘a mugliera, ‘Onna Amalia, superbamente interpretata,

è trasuta ‘e preputenza dinto ‘a borza nera

aumentanno ‘o prezzo d’ ‘a rrobba… ca tene accuata!

 

È una Napoli sotto ‘e bbumbardamente

nu via vai ‘e persone suspettose

‘a sirena sona tutte ‘e mumente

e pe campà se trovano mille scuse!

 

Pecchè è guerra pure int’ ‘a famiglia ‘e Gennaro

e ‘a guerra te cagna ‘nzino e dint’ a ll’osse.

Pecchè quanno nun ce sta ‘o denaro

faje ‘e tutto pe nun te scavà ‘a fossa!

 

E senza Gennaro, ma cu ‘a sacca chiena ‘e sorde,

‘a famiglia se scorda d’ ‘o bbene ‘e ll’ammore

nun s’accorge d’ ‘o dulore ca porta

e ce ne vo’ pe truvà dignità e calore.

 

La compagnia di Venditti fa vedere tutto questo:

hanno battagliato pe ddoje ore

hanno interpretato a meraviglia tutto il testo.

per il piccolo Teatro al Borgo grande onore!

 

Pecchè nun è ffacile pe nniente

a tenè ‘e spettature appassiunate!

E pe tutto ‘o tiempo chelli ggente

scurdannese d’ ‘ friddo se so’ arrecriate!

 

‘A Cumpagnia ha tenuto sempe aveta ‘a pressione

so’ passate da ‘e bomme a nu murtorio accamuffato.

Se vede ca ce metteno assaje core e tanta passione.

‘A Cumpagnia ‘e Venditti emozioni ha regalato!

 

È forte forte assaje… ‘a fine ‘e sta cummedia…

P’ ‘a famiglia, pe’ Napule e l’Italia è ‘a stessa traggedia!

‘O miereco ha ditto: ‘a nuttata ha da passà

ma…

simmo sicure ca mo nun ce sta n’ata nuttata da passà?
(Alessandro Bruno)

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Il prestigioso riconoscimento al Cappellano Militare del Contingente Italiano

A Don Claudio Mancusi, Cappellano del Comitato per il Sacrario Militare di Cava, la Croce Patriarcale.


don-claudio-mancusi-cappellano-militare-cava-de-tirreni-febbraio-2019-vivimediaConcessa la Croce Patriarcale al Cappellano Militare del Contingente Italiano, don Claudio Mancusi. Viva la soddisfazione da parte del presidente del Comitato per il Sacrario Militare di Cava de’ Tirreni Daniele Fasano.

“Mi congratulo con don Claudio – sottolinea Daniele Fasano – Un grandissimo riconoscimento per il Cappellano del Comitato per il Sacrario Militare di Cava de’ Tirreni. E’ per tutti noi motivo di grande orgoglio”.

Il riconoscimento, concesso da Youssef Absi, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, Arcieparca Metropolita di Damasco, Alessandria e Gerusalemme dei Melchiti, Gran Maestro dell’Ordine Patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme, è stato assegnato al Cappellano Militare del Contingente Italiano, don Claudio Mancusi, al Comandante di Italbatt, Colonnello Giacomo Giannattasio, al Comandante della Joint Task Force Lebanon-Sector West, Gen. Brig. Diodato Abagnara, per le attività umanitarie e l’efficace supporto profuso a favore delle comunità Greco-Cattoliche di Tiro.

L’Ordine Patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme è un ordine cavalleresco conferito per meriti caritatevoli e religiosi che promuove iniziative volte a far conoscere la realtà culturale e religiosa dell’Oriente cristiano e sostiene le opere sociali e religiose dei fedeli. A consegnare l’importantissima onorificenza, l’Arcivescovo Metropolita Melchita di Tiro, S.E.R. Mons. Michael Abrass, nel corso della Santa Messa domenicale tenutasi nella Base UNP 2-3 di Shama.

Il riconoscimento è segno di affetto e gratitudine della realtà religiosa locale verso l’operato dei peacekeepers italiani che, solo pochi giorni fa, hanno organizzato un significativo meeting interreligioso con i rappresentanti delle fedi presenti nella regione di Tiro, che ha portato alla redazione condivisa di un documento di reciproca collaborazione per la stabilità e la pace.

A Cava de’ Tirreni il 23 febbraio Giornata della Pace con Stefania Proietti, Sindaca di Assisi

stefania-proietti-sindaco-assisi-2019-vivimediaIl 23 febbraio prossimo, alla Giornata della Pace, indetta da Papa Francesco sul tema La buona politica è al servizio della Pace, organizzata dall’Arcidiocesi Amalfi-Cava e dal suo Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli con la feconda collaborazione di associazioni e istituti scolastici, ci sarà a Cava un ospite d’eccezione, Stefania Proietti, da due anni Sindaca di Assisi, prima donna a ricoprire questo ruolo nella Città di Francesco e di Chiara. Ed è sulle loro orme, sul dettato evangelico di amore per il prossimo e di attenzione ai più deboli, sull’etica del servizio, nello spirito della Chiesa sognato di Papa Francesco, che Stefania Proietti sta esercitando la sua carica, riscuotendo apprezzamenti profondi dai suoi concittadini e da tutte le persone di buona volontà, pur in un tempo in cui la Buona Novella viene lodata da tutti, ma da molti viene disinvoltamente tenuta in frigo.

L’impegno più recente, di respiro internazionale, è stata l’ ordine del giorno deliberato a novembre dell’Amministrazione comunale di Assisi: una presa di posizione contro i massacri che stanno avvenendo nello Yemen ed il commercio delle armi che li supporta: commercio in cui l’Italia è implicata in primissima persona. Contestualmente, un appello ai Sindaci italiani perché sottoscrivano questo ordine del giorno. È quello che sarà fatto anche durante l’incontro del 23, in cui saranno presenti i primi cittadini, o i loro rappresentanti, di Cava e dei comuni viciniori.

manifesto-giornata-pace-assisi-febbraio-2019-vivimediaImportantissima e stimolante novità rispetto alle precedenti Giornate della Pace, finora tutte pomeridiane e serali, l’incontro con la Sindaca e il resto della manifestazione si svolgeranno di mattina, per favorire un contatto diretto con le scuole e con gli studenti e i giovani in generale. L’appuntamento è infatti alle 9 al Cinema Metropol, dove è prevista la presenza di circa trecento studenti provenienti dagli Istituti Superiori: Liceo “De Filippis Galdi”, Liceo Scientifico “A.Genoino”, “IIS Vanvitelli-Della Corte”, IIS “Filangieri” (di Cava de’ Tirreni), “ISS Marini-Gioia” (Amalfi). I ragazzi saranno protagonisti, sia perché il Gruppo del Liceo Musicale “M.Galdi” effettuerà l’apertura musicale, sia perché sarà dato ampio spazio alle loro domande ed alle loro osservazioni, con particolare riguardo all’argomento “Le declinazioni della Pace al servizio delle Comunità locali”.

Al termine dell’incontro, verso le 11,30, si formerà un corteo, al quale parteciperanno anche altri studenti e, naturalmente, tutte le persone di buona volontà. Tra canti, striscioni e cuori aperti si giungerà a Piazza San Francesco, al Convento di San Francesco, dove sarà simbolicamente piantumato un Ulivo e, con i rinnovati saluti delle autorità e della Sindaca, il congedo musicale sarà affidato a un mini concerto di gruppi musicali studenteschi.

Salerno-Accumoli. Casa della Cultura nella terremotata Accumoli: iniziati i lavori!

Esulta il Maric, promotore dell’iniziativa. Il Presidente Vavuso: “Sarà la primavera di un territorio”.


È un’emozione grandissima. Da settembre 2016 abbiamo cominciato a sperare nella realizzazione di qualcosa che potesse darci la possibilità di stare un’altra volta insieme. L’arancione dei bandini è oggi il colore più bello del modo.” Queste parole di Michelangelo Cirmi, presidente dell’Associazione Illica Onlus, arrivano dirette al cuore perché esprimono l’emozione e la commozione della comunità di Illica, frazione di Accumoli, devastata dal terremoto dell’agosto 2106. Sono infatti arrivate le prime ruspe, che hanno cominciato a preparare il terreno per la Casa della Cultura, primo passo della ricostruzione e della nuova vita della comunità dopo tante sofferenze. In qualche settimana, prepareranno la platea di cemento sulla quale sarà collocato l’edificio con tutte le strutture necessarie. Il taglio del nastro è previsto nel corso della prossima primavera. 

Promotore di  questo evento, il MARIC (Movimento Artistico per il Recupero delle Identità Culturali), gruppo di creativi dell’Arte, della Letteratura, dell’Immagine e della Musica, nato a Salerno e guidato da Vincenzo Vavuso, noto artista salernitano nonché sottufficiale dell’Esercito italiano. Dall’autunno del 2016 ha lanciato una raccolta di fondi per Accumoli con l’ obiettivo di donare ad una comunità dispersa, un luogo di incontro e di speranza per ricostruire, oltre alle case, una identità che viene da lontano.

Grazie anche e soprattutto all’incrollabile tenacia di Vincenzo Vavuso, leader del movimento, il Maric sta raccogliendo fondi attraverso iniziative culturali e artistiche di vario genere ed ora è allo sprint finale per tagliare il traguardo.

Nel cammino ha avuto sostegni importanti, non solo da singole persone, ma anche da enti o aziende che hanno offerto un contributo fondamentale. A loro va il sincero e profondissimo ringraziamento del Presidente e dei componenti del Movimento. In primo luogo la Ditta Industrial Starter, che ha offerto una somma considerevole. Infatti dopo vari incontri tra Vavuso e i responsabili dell’azienda, si è convenuto sull’erogazione di fondi da utilizzare per la nobile causa: proventi ricevuti in beneficenza dai dipendenti della stessa azienda. Si sono poi accodate l’Associazione Onlus di Illica, anch’essa con un importante contributo economico a sostegno del progetto, la Regione Lazio, che sta provvedendo alla platea, l’Azienda Arti Grafiche Boccia di Salerno, sempre vicina in tutti i modi all’iniziativa, così come l’US Salernitana 1919, e tanti altri ancora, che sarebbe troppo lungo elencare e ai quali va il pensiero riconoscente del MARIC.

Una volta completata l’opera, il Movimento continuerà ad alimentarla attraverso un filo diretto di scambi, di partecipazione e di eventi, che sanciranno negli anni questo bel gemellaggio amico che si è instaurato tra il Gruppo artistico e la comunità di Accumoli in generale e di Illica in particolare.

Il primo gesto che compirò, sarà collocare nella casa della Cultura quella scarpetta che trovai tra le macerie proprio ad Illica. Quella scarpetta era il simbolo di anni e vite tarpate nel fiore. Mi auguro che presto diventi il simbolo e il fiore di speranze recuperate e della rinascita di un intero territorio.” Parole emozionate ed emozionanti, pronunciate dal Presidente Vavuso con gli occhi liquidi e con una scarica di battiti del suo cuore panzer.

Parole che facciamo nostre, con tutto lo slancio possibile.

E che nasca veramente un fiore tra le spine… e dai semi dell’ombra fiorisca finalmente la luce …

Hope-Fame di vita all’ex Seminario: sulla scena le crisi del mondo moderno targate Arcoscenico

E per il cartellone congiunto a Mimmo Venditti e Luigi Sinacori sarà dato il Premio “Ponte Giovane”.


CAVA DE’ TIRRENI (SA).  Adesso partiamo …

E sono partiti veramente. Sulla scena, i migranti sui barconi, nel viaggio della speranza e della disperazione.

Nella vita, i giovani emergenti e rampanti della Compagnia Arcoscenico, fondata e diretta da Luigi Sinacori, che dopo una decina di spettacoli a sketch o comico-farseschi con vaghe venature storiche o sociali, hanno fatto il grande salto verso un teatro d’impegno civile, di ricerca esistenziale, di linguaggio letterario, con tocchi di realtà misti a momenti surreali o metaforici. E, con un titolo fortemente evocativo, è nato Hope, fame di vita, il secondo spettacolo della Compagnia nel cartellone congiunto 2018-19 con Il Piccolo Teatro al Borgo di Mimmo Venditti, in scena nella sala dell’ex Seminario in Piazza Duomo a Cava de’ Tirreni.

Il terzo, un memoriale del volto comico della compagnia, è previsto per il 16 e il 17 febbraio.

Hopeè un atto unico diviso in tre quadri distinti, nel tempo e/ nello spazio, ma uniti appunto alla tematica del dramma sociali ed esistenziali che affliggono la nostra epoca e che, più in generale, tormentano l’uomo dal momento in cui ha preso coscienza del suo essere.

Il primo quadro, Adesso partiamo, con testo di Mariano Mastuccino, si richiama al dramma dei migranti e dei barconi che affondano. È il quadro più spettacolare e immediato, sia per la coralità della rappresentazione scenica, fatta di movimenti a tutta scena, giochi di luci e chiaroscuri, accordi di chitarra (di Lorenzo Cammarano) e passi di danza (di Laura Cammarota) ben inseriti nell’insieme, alternanza delle battute, concitate e a periodi brevi ed incisivi, tra tutti gli attori della compagnia: Luigi Sinacori, Mariano Mastuccino, Gianluca Pisapia, Licia Castellano, Francesca Cretella, Federico Santucci, Luigi Sinacori, Maria Fiungo.

Il contenuto è coinvolgente e attuale. Canta la disperazione della fuga da tante nuvole di fumo, da bombe già sganciate, da quelle che cadranno. Dalla guerra. Quale guerra? Non certo di chi parte, perché chi parte la subisce, non la fa. Meglio salire su un barcone, anche se inscatolati come sardine. Vanno via dalla guerra, verso l’Italia, dove non c’è la guerra. Ma la guerra ha tante forme, non solo quella delle armi. La guerra è dappertutto….

Il pezzo è stato scritto sette anni fa, quando ancora era facile approdare sulle nostre coste, quando però la Chiesa non aveva ancora goduto delle aperture attive di papa Francesco. Cosa avrebbe il nostro autore messo sulla bocca dei partenti oggi?

Una cosa non è cambiata: il disagio, il naufragio, la morte in mare, la morte in gruppo. Ed il lento cammino verso la sepoltura nelle onde, grazie sia alla regia di Luigi Sinacori sia alla recitazione, raggiunge momenti di partecipata emozione, ottenendo l’effetto magico tipico del teatro della dislocazione fantastica, perché su quelle onde, sotto quelle onde ci finiscono tutti: personaggi, attori, pubblico…e purtroppo anche la realtà della nostra tormentata società…

Per la stessa magia, nel secondo quadro, Vagone di emergenza, il teatro esce fuori dalla storia e ci proietta in una dimensione in cui l’esistenza è quasi border line. Sono tre emarginati o sono semplicemente tre esseri umani quei tre personaggi chiusi in un metaforico vagone ferroviario: un rifugio obbligato, una pausa di attesa oppure, come è più probabile, una ragnatela di disagio esistenziale e di stralunato amore per la vita rispetto ad una vita che proprio non li ama? Parlano quasi a vuoto, come se stessero in una bolla di non senso esistenziale. Eppure il loro cuore è pieno: di dolore, di smarrimento, dell’attesa di uscire fuori… ma per andare dove?

Si farebbe male a storicizzare questa situazione. Si rende un maggiore omaggio al testo se vi si sentono gli echi del teatro dell’assurdo di stampo esistenziale, percependovi la beckettiana attesa di un Godot, o anche la chiara citazione della santanelliana Uscita di emergenza, quel modernissimo Santanelli controcorrente, quasi mai rappresentato a Cava, l’ultima volta proprio da Venditti, una ventina di anni fa (L’isola di Sancho).

Nel quadro sinacoriano i due protagonisti si consumano inquieti in quel vagone che costituisce la loro prigione ma anche il loro utero di protezione, presi da una smania di uscire, che però non li porta mai oltre la soglia di quello sbarramento ferroso e freddo.

Sono avvolti da un silenzio totale. Anzi, da tanti silenzi, tali da fare nel cuore un rumore che non permette nemmeno di dormire. O forse uno di loro tutt’al più chiude gli occhi… per pregare… anzi pregare di non aprire più gli occhi la prossima volta che li avrebbe chiusi. Tra i primi due si crea una elettrica dialettica: perché dei due uno cerca di dormire e pregare veramente, vuole sentirsi vivo, ascolta con piacere anche il silenzio rotto dal fruscio del vento, considera bello sognare, insomma vuole conservare l’illusione di sentirsi vivo. L’altro non sente queste scosse, si considera l’ombra di se stesso, ma alla fine si lascerà prendere anche lui dalla fame di vita… e gusterà l’antipasto della speranza. Il terzo uomo, che si trova in una carrozza adiacente, è cieco dalla nascita e vive in una buia solitudine, ma si consola pensando che non gli può mancare ciò che non conosce e che anche una voce che gli parla può dargli un pizzico di luce. Anche lui, pur nello smarrimento, ha fame e mastica quello che può…

Bisogna fare decisamente i complimenti per questo pezzo, ambizioso e di buon eito, sia per la scrittura, in un misurato bilico tra ombre e luci, tra realtà e metafora, che va ben al di là del sentire giovane di un men che trentenne come Sinacori, sia per l’ambientazione, scarna ed evocativa, sia per la recitazione mai oltre le righe dello stesso Sinacori, di Mariano Mastuccino e Gianluca Pisapia.

Per la qualità del pezzo e lo spirito di pur nebulosa speranza che lo pervade, avrebbe potuto essere questo il quadro conclusivo dell’opera, che invece si chiude con Specchioriflessa, di Mariano Mastuccino, una multimetafora a più piani e più spazi e più personaggi: frammenti sparsi di quello strano puzzle che è la dimensione umana. All’interno di una stanza anonima che potrebbe essere un bar si confrontano con dialoghi ora realistici ora stralunati, Silvia e Giulia, la prima “finalmente intollerante”, in lamentoso brontolio contro tutto e tutti: in fondo, però, è un’insoddisfatta del matrimonio, del sesso, e forse anche della sua salute malferma. Più vitale, Giulia va alla ricerca di ciò che è bello, o almeno tale le appare, come un giro di turisti sulla ruota o il cane dell’amica Marta che raccoglie briciole sotto il tavolo. Un altro avventore, Giulio, fino a quel momento silenzioso, si scatena in un monologo sul naufragio di una zattera, che rappresenta il naufragio di un’intera società dove la paura e il bisogno finiscono con l’incattivire gli animi e fare dell’uomo un lupo contro l’uomo. Quasi di rimando, la scena si chiude con uno scontro anche fisico tra Silvia e Giulia, con Silvia che accusa Giulia di prendersi gioco di lei. Uno scenario doloroso, che richiama il naufragio dei migranti del primo quadro.

Nello scorrerei tre quadri, il vertice dell’energia, paradossalmente, viene dato dalla dialettica dei tre emarginati nel vagone di emergenza. Come a dire, se nella cantina non splende il sole, siamo pur sempre capaci di dipingerlo… È la fame, signori. La fame della speranza, l’ultima dea, la vera alternativa alla paura. La paura ci fa prigionieri, la speranza ci apre la finestra della libertà.

E speranza sia anche quella che viene sia dalla Compagnia Arcoscenico, per la quale l’emergenza significa voglia e possibilità di emergere, sia dal ponte col quale ha stabilito per la stagione un canale direttissimo di collaborazione insieme con i veterani del Piccolo Teatro al Borgo: cartellone unico, cinque spettacoli a testa, sala comune, condivisione delle fasi organizzative, scambio di esperienza e di amicizia. Questo ponte è stato molto apprezzato in Città dalle persone di buona volontà e opportunamente ha ricevuto anche un magnifico riconoscimento ufficiale. Il 15 marzo, nella Sala d’Onore di Palazzo di Città, al termine di un convegno con personalità di livello nazionale come Don Enzo Fortunato e il giornalista Borrometi, MimmoVenditti e Luigi Sinacori, e di rimando i due gruppi che rappresentano, riceveranno dall’Associazione Giornalisti “Lucio Barone” il premio ComunICARE – Ponte giovane, destinato in coppia a figure di prestigio della seconda e terza età che promuovano iniziative di qualità con giovani emergenti. Lo scorso anno il premio è stato dato a Federico Buffa (tanto nomine…) con Elena Catozzi, coautori insieme del libro Rizzoli sulla vita di Mohamed-Ali, alias Cassius Clay.

E che questo Ponte e questo Premio siano un vero viatico nel cammino verso le colline dei sogni. Intanto, cin cin e… applausi! Anzi, possibilmente … bis!