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Franco Bruno Vitolo | 20 Maggio, 2016
In memoria di Padre Giuseppe Lando, in uscita il libro “La nostra Medjugorje”, di Antonio Oliviero: fotografie, ricordi, testimonianze …e la donazione di un pozzo d’amore
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Solidarietà, amicizia, spiritualità, umanità, la bellezza della fotografia e il recupero di un grande di Cava de’ Tirreni ancora da scoprire. Ecco gli ingredienti del libro di Antonio Oliviero, La nostra Medjugorje – In memoria di Padre Giuseppe Lando, un incontro di Fede e di Solidarietà, curato da Franco Bruno Vitolo,.
Sarà presentato l’11 giugno prossimo alla Basilica dell’Olmo, alle 19,30, con la presenza e gli interventi di Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava, Vincenzo Servalli, Sindaco di Cava, Padre Giuseppe Ragalmuto ,Parroco della Basilica dell’Olmo, Padre Raffaele Spiezia, Preposito della Congregazione di Cava, Giovanni Baldi, ex Consigliere Regionale, Marco Galdi, ex Sindaco di Cava de’ Tirreni, don Carlo Papa, sacerdote, Maurizio Balducci, Presidente dell’Associazione AIASM, Carlo Labagnara, cofondatore della corale di Guardia Sanframondi, Angelo De Lorenzi, giornalista de “La presenza di Maria”, Antonio Roselli, storico, “Le cinque pietre”, gruppo musicale delle suore della Comunità mariana di Vitorchiano.
Il volume è incentrato sulla figura del Padre Filippino Giuseppe Lando, scomparso presso la Basilica dell’Olmo tre anni fa a novantasei anni, autore di circa quaranta libri di ispirazione religiosa, etica, sociale. Con Padre Giuseppe, Antonio Oliviero, ex fotografo e medjugoriano militante, ha intessuto un rapporto profondo di filiale e “complice” amicizia, fino a convincerlo a visitare il Santuario di Medjugorje ben due volte ed a farlo imitare poi da Padre Giuseppe Ragalmuto, parroco della Basilica dell’Olmo.
Oltre a testimonianze e testi creativi di e su Padre Giuseppe Lando, il volume rievoca le tappe fondamentali del suo cammino a Oppido Mamertina e Guardia Sanframondi, ed è corredato di numerosissime e belle foto che illustrano il rapporto ultradecennale stabilito proprio da Antonio Oliviero e dai cavesi con la località balcanica e la Regina della Pace.
I proventi eventuali saranno devoluti al completamento della conduttura di acqua corrente che i benefattori cavesi, su iniziativa dello stesso Oliviero e con l’appoggio concreto di Padre Giuseppe Lando, hanno donato alla Casa di Riposo di Ljubuški, diretta da Suor Paulina Kvesić, con la quale Cava ha stabilito da tempo un filo diretto di affettuosa amicizia e solidarietà.
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Franco Bruno Vitolo | 9 Maggio, 2016
Alla mediateca una serata e un libro per Raffaele Avagliano, il cantore metelliano scoperto poeta dopo la sua scomparsa
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Raffaele Avagliano, cantore metelliano: un coinvolgente e tenorile interprete della canzone napoletana classica; un uomo del popolo che nella vita quotidiana e nell’impegno politico e civile ha saputo interpretare la parte migliore dei suoi umori, quella intrisa degli ideali di condivisione, dignità, giustizia e libertà; un padre e un marito partecipe e affettuoso in una famiglia numerosa e assolutamente aperta all’amicizia; una persona che nel suo piccolo ha saputo lasciare una scia colorata e profonda. E, dopo la morte, avvenuta nel dicembre 2015, anche un poeta tutto da scoprire e da ammirare, autore di liriche di notevole qualità, brevi e ricche di versi pregnanti e intensi.
Tutto questo sarà ricordato alla mediateca di Cava de’ Tirreni, mercoledì 11 maggio p.v., nel corso di una Serata per Raffaele, in cui sarà presentato il libro Sempre con noi –Raffaele Avagliano: memoria, immagini e versi di un cantore metelliano (Ed. I libri della Leda), realizzato da Tina Adinolfi, moglie di Raffaele, Carmine Avagliano, fratello, e Franco Bruno Vitolo, amico e giornalista, con la collaborazione di Antonio Donadio, amico e poeta, che ha curato la sezione di versi inediti, dal titolo Sillabe di silenzi, tratto da una lirica di Raffaele stesso.
Nel corso della serata, condotta dai tre autori del libro, dopo il saluto del Sindaco Vincenzo Servalli, della Direttrice artistica del Marte Francesca Buccafusca e dell’Editore Francesco D’Amato, alla presenza e con gli interventi di tanti familiari e amici di Raffaele, saranno letti frammenti del libro e le poesie più significative, raccolte testimonianze, mostrate immagini e video, e cantate tante canzoni. Non una serata di lutto, ma di lotta, nel nome dell’amicizia e della amore, che restano ben oltre il tempo della vita, in proporzione all’eredità di affetti ognuno di noi ha saputo creare. E, quanto a questo, Raffaele Avagliano ha saputo creare un vero e proprio tesoro …
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Franco Bruno Vitolo | 26 Aprile, 2016
In partenza per la Nigeria l’Ambulanza Cava 3, donata dall’Associazione Mani Amiche e trasportata dall’Associazione SOSolidarietà
SALERNO e CAVA DE’ TIRRENI (SA). SOSolidarietà, di Salerno, e Mani Amiche, di Cava de’ Tirreni: due associazioni che hanno la Solidarietà nel loro DNA, oltre che nel nome, e che sono nate proprio per viverla, applicarla e diffonderla. Insieme, hanno costituito un ideale gemellaggio per superare barriere e frontiere, unendosi per la donazione di un’ambulanza, la Cava3, finora di proprietà di Mani Amiche, al villaggio nigeriano di Ngugo-Ikeduru, “adottato” da SOS Solidarietà, che ha curato la realizzazione del trasporto in loco del prezioso mezzo di locomozione.
La consegna è avvenuta ufficialmente domenica 19 aprile, nel corso di una calda cerimonia, presieduta dal Presidente di Mani Amiche, Luigi Ferrarese, che, dopo aver affettuosamente abbracciato la memoria dell’ultradecennale e compianto Presidentissimo Antonio Lodato, di cui è degnissimo successore, ha ricordato con giusta soddisfazione i quasi venticinque anni di attività di Mani Amiche. Le sue ambulanze per trasportare malati hanno percorso centinaia di migliaia di chilometri, quasi un giro del mondo, senza fini di lucro e fondandosi solo sul lavoro di benemeriti volontari e sulle offerte volontarie di pazienti, soci e benefattori. Insomma, nozze d’argento con la solidarietà che sono oro di umanità…
Ha portato il saluto e il ringraziamento del Comune di Cava l’Assessore ai Servizi Sociali, la Dott. Autilia Avagliano, che ha ricordato lo spirito senza frontiere e senza barriere della vera solidarietà e, nel nome del bellissimo slogan con cui la nuova Amministrazione Servalli si vorrebbe caratterizzare, cioè Nessuno resti solo, ha garantito un impegno sempre maggiore del Comune a sostegno del volontariato, sia con agevolazioni amministrative sia con la promozione di una degna Cultura della Dignità del cittadino.
A nome dell’Associazione SOSolidarietà ha parlato la Dott. Maria Aolide Tonin, un motore rombante di energia civile e morale. Nel suo discorso ha “decollato” con un grazie per la donazione generosa, utile e significativa, ponendo poi sul piatto delle questioni senza frontiere. Le ingiustizie sociali e le disuguaglianze tra i popoli sono una piaga della nostra società, resa ancora più grave e purulenta dal peso della povertà, che in certi luoghi è durissima da sostenere e tende ad avanzare a macchia d’olio. Oltre alle sempre esecrabili e mai innocenti guerre scatenate in continuazione, è proprio la povertà una delle cause prime dei dilaganti fenomeni di immigrazione che stanno insanguinando il Mediterraneo e togliendogli il respiro.
Pur con tutta la buona volontà, la povertà non si combatte solo con l’accoglienza: mancano lo spazio e le risorse per aprirsi a tutti e a tutto. Si può ottenere qualche risultato in più creando strutture e offrendo mezzi nei territori di origine degli sventurati che ne sono oppressi. Scuole, agricoltura, assistenza ed educazione sanitaria, informazioni sul controllo delle nascite e sulla vita sessuale, riduzione del rischio nel parto, idrocondutture, sono i volani di un atteggiamento costruttivo che possa portare a offrire non solo il pesce per il pranzo, ma anche la rete per poter pescare.
Pur sapendo che ogni gesto rimane la classica goccia nell’oceano, è importante che chi può si faccia almeno goccia: è questa la via per salvare i fratelli e nello stesso tempo proteggere noi stessi. In questa direzione va l’utilizzo dell’ambulanza in loco, così come molte delle iniziative intraprese dall’Associazione nella Provincia nigeriana di Owerri nell’Imo State, alias l’ex Biafra di tristissima memoria per le odissee di fame che hanno dovuto affrontare i suoi abitanti.
Alla fine, scambio di abbracci, materiali ed ideali, davanti all’ambulanza in partenza, la Cava 3, che saluta la “sua” Mani Amiche in perfetta efficienza dopo alcuni lustri di onorato servizio, ed alla nuova, modernissima ambulanza, intitolata proprio al rimpianto Presidente Antonio Lodato. L’Associazione se ne è potuta dotare grazie alle ben meritate donazioni ed al rastrellamento del pur inflazionato cinque per mille, nonostante non riceva ancora a livello pubblico, tutte le agevolazioni che meriterebbe: ad esempio, quanto “respiro” regalerebbero i circa duemilacinquecento euro risparmiati, se le fosse condonato il pagamento di Tarsu&Co, in quanto Ente di servizio pubblico e senza fini di lucro …
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Tags: cava de' tirreni, mani amiche, volontariato
Franco Bruno Vitolo | 21 Aprile, 2016
La Mediateca della Scuola Media “Giovanni XXIII” intitolata a Betty Sabatino: un omaggio buono e giusto ad una stella polare della sua storia
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Sono già tre anni che è volata via, ma non ha mai lasciato la “sua” scuola.
La cara prof. Elisabetta (Betty) Sabatino, strappata al mondo nel fiore vivo di cinquant’anni profumati di mille colori, è rimasta nei mille ricordi che ancora oggi in agrodolce riempiono la memoria e il cuore dei colleghi della “sua” Scuola Media Giovanni XXIII, che tanto l’hanno stimata e amata, in particolare quelli che con lei hanno collaborato nelle svariate iniziative didattiche che lei proponeva e supportava con indomito spirito creativo, innovativo e formativo.
È rimastanei cuori delle centinaia di studenti che hanno avuto modo di conoscerla: e non solo dei suoi alunni diretti, dato che bastava un incontro, una conversazione, uno scambio di sguardi veri perché arrivasse all’interlocutore la sua essenza di vita carica di gioiosa disponibilità e di seria umanità.
È rimasta nelle mura della scuola, che in continuazione odorano delle sue parole, dei ponti che costruiva con le sue parole e che hanno costituito il fondamento su cui costruire quell’emozionante Concorso letterario che impegna la mente e il cuore di centinaia di ragazzi e che è diventato una delle luci della Giornata della Donna nella nostra Città.
E dal 13 aprile scorso è rimasta anche immortalata in una Targa, nel nome dell’Aula che è il motore pulsante di ogni scuola, cioè della Biblioteca-Mediateca.
È stata una cerimonia semplice e ricchissima di tensione emotiva, che tanti segni ha lasciato nel cuore e nella mente…
Le parole del Preside Maurizio de Gemmis e della docente referente Alba Ferrara, che non hanno conosciuto personalmente Betty, ma che ne hanno parlato come se la conoscessero, proprio perché hanno respirato e respirano quotidianamente il soffio di energia che lei ha lasciato. Ed in nome di questo soffio hanno voluto sottolineare che la giornata era giusto che fosse improntata non alla tristezza di aver perso una figura così importante, ma alla gioia di averla avuta… e di averla ancora….
L’omaggio della prof. Luisa Robustelli, affettuosamente orgogliosa di aver contribuito insieme col marito Antonio Ferraioli (Industria Conserve Alimentari Doria) alla sponsorizzazione per i lavori di sistemazione del locale: un omaggio velato di di rimpianto nel ricordo dell’amata collega e nello stesso tempo di fierezza per i semi piantati insieme ed oggi ancora in fioritura…
La colorata “tavolozza di libri” ordinatamente sparsi sul tavolone centrale, offerti dall’Agenzia Eureka di Salerno e testimonianza tangibile del cuore pulsante che farà battere la vita di questa Aula: le pagine di scrittura, la lettura, la Cultura con la C maiuscola…
Le parole tremanti delle ex alunne filtrate dall’imbuto della commozione, mentre il volto di Betty aleggiava sullo schermo della bianca parete…
La sospensione del prof. Gerardo Pepe tra la conduzione come collaboratore e il groppo in gola come docente…
Il ricordo commosso di don Rosario Sessa, venuto non solo a benedire l’intitolazione ma anche a portare un fiore personale ad una donna che aveva la religiosità nel cuore e che egli, come sacerdote, ha dovuto accompagnare al commiato in un cammino lacerato dalla vicenda umana ma consolato dalla presenza vivificante della Fede…
La presenza “a nuvola di cuore” dei familiari di Betty rappresentati dall’emozione parlante della sorella Paola, ma tutti in palpitante silenzio, grati per l’onore dell’intitolazione, a pupille ancora rosse per l’evocazione di un pezzo grosso di quel cuore…
E le svanganti parole del “commiato” che la stessa Betty, a poche settimane dalla fine, scrisse a tutti i suoi “compagni di scuola”… Una lettera forte e consapevole, affettuosa e struggente, inviata in occasione dell’ultimo collegio docenti, l’unico a cui non poté partecipare. Parole che qui vale la pena di ripercorrere integralmente.
Ai miei compagni di scuola,
Preside, colleghi e collaboratori
Volevo innanzitutto chiedere scusa per essermi assentata senza preavviso. Qualcuno avrà pensato che ero partita per le Bahamas, ma non è stato proprio così. Sono stata chiamata ad allenarmi per una “prova”. Ad ognuno le proprie prove: voi ora preoccupati e presi dalla prova INVALSI, io da una Prova della Vita.
Volevo ringraziarvi per le premure, le attenzioni, la disponibilità ricevuta da tutti voi nei mesi scorsi. In due mesi ho avuto quello che io ho dato in una vita.
Lavorate serenamente durante gli esami e, se ci saranno momenti di stanchezza, non invidiate le colleghe che sono a casa: stiamo facendo altri esami, meno burocratici ma più impegnativi. Un abbraccio circolare a tutti voi.
Betty
Parole che non c’è proprio bisogno di commentare…
Alla fine, tutti insieme uniti in un abbraccio ideale, silenzioso e ricco di sfumature che, come le vere emozioni, non possono avere voce. Un abbraccio non nuovo, già vissuto in altre circostanze ed con connotazioni diverse e sempre così intense: le commemorazioni varie, le premiazioni del concorso, senza contare i funerali ed il trigesimo celebrati in un Duomo affollato e silenzioso. Eppure un abbraccio sempre capace di contrapporre al gelido sapore della scomparsa il caldo umore dell’affetto.
Questo abbraccio ancora una volta non era un commiato, ma creava un elastico fecondo tra il passato ricco non solo di lacrime ma di Betty e della sua vita, il presente di una memoria e di un affetto che continuano a respirare nei cuori ed a camminare nelle gambe di tanti, e il futuro di una ininterrotta fioritura del suo pensiero e della sua calda lezione di vita. Infatti, alla continuità del Concorso Le parole sono ponti si aggiunge ora il nome della Biblioteca, luogo ideale per celebrare una donna e una docente che della Cultura viva ha sempre fatto il fondamento della formazione. Ed è emersa una premessa-promessa ricca di luce: la pubblicazione di un libro che evochi la sua figura di donna e di docente, contenente le testimonianze di chi l’ha conosciuta e testi inediti scritti da lei e riguardanti le sue proposte didattiche ed il suo pensiero religiose ed esistenziali.
Se tutto va bene, il libro sarà presentato entro il mese di dicembre, contestualmente al bando relativo alla quarta edizione del Concorso.
Sarà un mattone importante per costruire i frutti di una presenza che non si può limitare solo alla sua esistenza dalle ali troppo presto tarpate, ma può e deve protrarsi nel tempo, per continuare foscolianamente ad accendere a egregie cose il forte animo… ed a rafforzare l’animo di chi forte ancora non è.
Già, sono tre anni che è volata via, ma almeno da questo punto di vista Betty non ci ha mai lasciati …
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Franco Bruno Vitolo | 13 Aprile, 2016
Nuove intitolazioni di luoghi pubblici: una strada a San Cesareo per Pasquale Capone, eroe di guerra, e una villetta per Giorgio Lisi, docente, giornalista, umanista
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dopo i tributi toponomastici resi a Benedetto Gravagnuolo (il viale che costeggia il Trincerone), a Gaetano Avigliano (la piazza della stazione ferroviaria), a Maria Casaburi (una strada nuova di San Cesareo), è andata in porto laterza puntata della serie di cerimonie, convegni e scoprimento delle lapidi in attuazione delle delibere stabilite fin dal novembre 2014, nell’ultimo periodo della sindacatura di Marco Galdi, dalla Commissione Toponomastica, guidata dall’architetto Alberto Barone.
“In scena” Giorgio Lisi e Pasquale Capone: un insegnante umanista e giornalista e un eroe di guerra, due cavesi non “doc”, ma come se lo fossero, due cittadini capaci nel corso della loro vita di guardare ben oltre il loro ombelico, due personaggi che hanno saputo lasciare un segno fecondo,
La commemorazione, ricca di ricordi batticuore e di finestre sulla storia cittadina e nazionale, è avvenuta sabato 2 aprile 2016 nella bellissima Sala di Rappresentanza del Comune. Al prof. Giorgio Lisi è stata intestata la villetta nello slargo tra via Ragone e via Sala, vicina alla sua abitazione; al Maggiore dell’Esercito Pasquale Caponeuna strada nuova nella zona residenziale di San Cesareo, vicina alla sua casa di Castagneto ed al luogo dove egli fu giustiziato dai Tedeschi.
Pasquale Capone (Salerno 1896 – Cava de’ Tirreni 1943), dopo aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale come ufficiale di complemento, partecipò come capitano di artiglieria alla Seconda Guerra Mondiale, combattendo in Africa. Per malattia fu rimpatriato e collocato in aspettativa col grado di Maggiore, nel 1941. Si ritirò nella sua casa di Castagneto a Cava e qui nel 1943, dopo lo sbarco degli Alleati, avvenne l’episodio che lo ha consacrato alla storia e gli ha fatto guadagnare la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Avendo infatti visto dalle finestre dell’abitazione un gruppo di civili arrestati da un drappello tedesco e, prevedendo che si stesse preparando un’esecuzione di massa, scompaginò la situazione non esitando ad aprire il fuoco, con armi proprie, contro i soldati nemici. Questi reagirono e attaccarono la casa, uccidendo il padre di Capone, che lo aveva aiutato nell’attacco, e, davanti agli occhi atterriti del figlioletto, trascinarono fuori il Maggiore passandolo per le armi.
Giorgio Lisi (Locorotondo 1914 – Cava de’ Tirreni 1979), nato in Puglia e laureatosi in Lettere a Napoli, durante la fase finale della Seconda Guerra Mondiale si rifugiò con la famiglia a Cava da Napoli e qui rimase fino alla prematura scomparsa, avvenuta all’improvviso solo due anni dopo quella della consorte Adalgisa: una morte forse inconsciamente cercata e indotta dal dolore insopportabile della perdita del “cemento amato” della sua vita e dei suoi sei figli. Fu appassionato educatore (insegnante di materie letterarie presso il Liceo “Marco Galdi” ed in precedenza presso i Licei di Nocera Inferiore e Amalfi), sagace giornalista (corrispondente dei quotidiani Roma e Napoli notte, collaboratore incisivo e stimolante dei periodici Il Pungolo e Il Castello, conduttore di una trasmissione di attualità su Radio Cava Centrale), elegante poeta (varie sue liriche furono pubblicate da Il Castello), attivo motore della vita culturale, sociale e politica cavese (consigliere comunale, coinvolgente conferenziere, studioso appassionato di Dante, coideatore della Lectura Dantis Metelliana, cofondatore del Social Tennis). Ha lasciato interessanti saggi letterari, tra cui ricordiamo: 1876 – La Sinistra al potere, Tasso e Galilei, Il “Sacrificio” di Ulisse, Introduzione allo studio del Verismo, Benedetto Croce nel centenario della nascita.
Numerose le personalità intervenute sia alla cerimonia in Comune sia allo scoprimento della targa.
L’Avvocato Giovanni Del Vecchio, Consigliere Comunale Delegato alla Cultura, che ha ufficialmente rappresentato il Sindaco Vincenzo Servalli, ha manifestato il suo compiacimento per la presenza nella storia cittadina di due personalità portatrici di valori alti e formativi e si è fatto espressione del giusto e affettuoso orgoglio della comunità cittadina di oggi per la qualità ed il prestigio di due cavesi acquisiti ed ammirati.
Sulla stessa linea si è posto l’ex Sindaco Marco Galdi, sotto la cui Amministrazione è stato concesso l’alto onore e che con affettuosa soddisfazione ha rimarcato il valore della scelta e l’importanza civica di una linea valoriale di continuità abbracciata dal suo successore.
Attraverso un breve e significativo messaggio, presentato dal figlio Dott. Daniele, il prof. Salvatore Fasano, storico Presidente della Commissione Toponomastica che per un ventennio ha dato nomi e volti alle strade e ai luoghi pubblici cittadini, nell’esprimere il proprio compiacimento per la realizzazione della cerimonia, ha giustamente ricordato che essa giunge al termine di un lungo cammino, essendo stata formulata la prima proposta di intitolazione relativa a Pasquale Capone circa venti anni fa, e che entrambi figurano tra le proposte inserite nel libro “Le strade di Cava – Toponomastica storica”, realizzato da lui stesso insieme con altri quattro coautori.
Alberto Barone, Presidente della Commissione Toponomastica uscente (che, detto per inciso, è stata magnificamente supportata dalla segretaria Marisa Zenna), dopo aver evidenziato con sintetica e comunicativa chiarezza la linea della Commissione aperta a personaggi significativi, moderni e di vario settore ed appartenenza, ha tracciato un esauriente profilo biografico dei due personaggi, sottolineando il valore della scelta. Nel caso di oggi, entrambi i personaggi non sono cavesi di nascita, eppure la città si riconosce in loro e nelle loro azioni.
Di Pasquale Capone, Alberto Barone ha detto che egli “ha donato alla nostra città la forza di un gesto che, se definissi eroico sarebbe riduttivo: gli eroi appartengono al mondo dei miti, elementi immaginari di congiunzione tra il monde degli uomini e quello degli dei.
Mi piace pensare a Pasquale Capone come uomo vero e reale: il coraggioso non è il temerario, lo sconsiderato, l’avventato, piuttosto colui che si impegna, lotta e combatte con la forza delle proprie convinzioni e dei valori in cui crede. La sua è una vicenda umana che va ben oltre i limiti temporali e che invece conferma la propria tragica attualità. Da una parte la ferocia della violenza espressa con il fragore delle armi, o nascosta nel corpo di un kamikaze, nel dramma di un gommone alla deriva, nella profanazione dei luoghi d’arte e di natura; dall’altra il sacrificio che per il solo fatto di essere accaduto, opponendosi alla logica del male lo riscatta ripristinando quei valori sacri ed inviolabili della libertà e della vita umana, intorno ai quali una comunità si riconosce e costruisce sé stessa.
Di Giorgio Lisi, ha ricordato la pungente sagacia giornalistica, l’alto profilo culturale, l’incisività della presenza didattica, la sensibilità poetica ed umana, il senso di partecipazione viva ed attiva alla vita della Città sia a livello istituzionale sia nell’humus della piazza e della vita quotidiana. E non ha mancato di ricordare affettuosamente la figlia Armida, Direttrice dell’Università della Terza Età cittadina, presentatrice dell’originaria domanda di intitolazione e scomparsa giusto un mese prima della cerimonia, e di salutare la nipote, arch. Adalgisa Sammarco, che ha rinfrescato e sollecitato la richiesta nel corso del 2014.
Lo storico di Cava Massimo Buchicchio, dopo aver ripercorso i momenti drammatici di quei giorni non solo nel nostro territorio ma in tutta Italia, ha descritto quasi al rallentatore l’arresto dei civili, la sparatoria di Capone e la successiva esecuzione, con il dichiarato intento di inserire l’episodio nel più vasto contesto storico nazionale e di valorizzarlo non come un semplice “fatto di guerra”, ma come uno dei primi nobili e lodevoli esempi della Resistenza contro il nazifascismo, che poi porterà alla Liberazione ed alla nascita della nuova Italia, democratica e repubblicana.
Il senso del dovere, la forza della reazione, il coraggio dell’azione, lo spirito “per sempre” della divisa: questi i valori umani e militari di alto profilo emersi in parole chiare ed incisive nel successivo intervento, tenuto dal Tenente Colonnello GennaroTroise, che ha rappresentato e “raccontato” la Caserma di Persano dell’VIII Reggimento di Artiglieria, dedicata proprio all’eroico Maggiore Pasquale Capone, ex Artigliere.
Dopo un significativo saluto del Vice Presidente della Provincia, Sabato Tenore, a testimonianza della portata della manifestazione, è stato il turno dello scrivente, Franco Bruno Vitolo, che ha fatto anche da conduttore dell’intera manifestazione. Tratteggiando la figura del prof. Giorgio Lisi dalla doppia ottica giornalistica e familiare (il fratello Carmine era il genero del professore), è risalito al rapporto incancellabile con la sua terra ed alle lontane radici contadine. Queste sono state del resto ricordate anche in una toccante poesia di Lisi letta in apertura di giornata, in cui egli rievoca le scarpe rotte e la cartella di legno che lo accompagnavano agli inizi del suo cammino di studi, realizzato in seminario, come allora si confaceva ai giovani capaci ma non in grado di sostenersi da soli.
Il relatore ha quindi ripercorso la sua storia umana e sociale, rimarcando, oltre alle informazioni sopracitate, qualche aspetto particolare. Ad esempio, l’attualità sempre viva dei suoi quaderni di doglianza mensili sul Pungolo, l’onestà intellettuale del suo pensiero politico, dato che, pur da convinto sostenitore della Destra, fu sempre rispettoso dei “politicamente diversi” e non esitò a dare il suo voto altrove quando ne apprezzava il voto o l’opportunità. E le tre P del suo essere docente: la Persona da rispettare nell’alunno, la Passione da vivere e trasmettere rispetto agli argomenti studiati, l’autonomia della Personalità, da conservare rispetto a chiunque, a cominciare dall’autorità, fosse anche il Preside… Infine ha tracciato un profilo del suo amare la famiglia, vivere per la famiglia, farsi famiglia: severo e presente, austero e autorevole, non sempre accessibile, ma sempre garanzia di affettuosità. E innamorato di sua moglie, al punto da non sopportare più di viverne senza e da averla “raggiunta” molto presto per un malore naturale ma forse “desiderato”. Sarebbe stato felice di essere come i mitici Filemone e Bauci, i due anziani coniugi che chiesero agli dei la grazia di andarsene insieme…
L’avv. Luciano D’Amato, uno degli ultimi allievi di Lisi, ha innalzato un affettuoso canto di gratitudine, a nome anche dei suoi compagni oggi tutti affermati professionisti, con un intervento intenso, sincero e partecipato, oltre che arricchito dall’ostentazione di un libro autografato, datogli in dono dal prof. Giorgio in persona con una benaugurante dedica di viatico verso un luminoso avvenire.
Sulle prime ci sembrò accigliato, burbero, distaccato. Direi quasi che nel mio immaginario incarnasse uno dei personaggi danteschi che tentava di illustrare nel loro spessore, nel loro significato a noi sedicenni, ricchi di grandi idee, speranze ma anche di ormoni tardoestivi…. Era forse un po’ stanco di una lunga carriera, ma diede, ritengo, ancora una volta il meglio di sé.
La sua passione per Alighieri traspariva intensamente, soprattutto nelle sue dissertazioni circa i motivi riportati in ogni singolo canto. E nella mia mente è rimasta impressa, con un ricordo nitido, la sua analisi dell’ invettiva della Capraia e della Gorgona. Quando tornai a casa, ne parlai, ancora affascinato, con i miei genitori. Mia madre, che è di origini lucchesi, ricordava bene fatti e cose, e, visto come ero stato colpito, mi disse: “Bravo certamente chi l’ ha scritto ma ancor più bravo chi te l’ha fatto apparire così bello…”
Per rendere il giusto onore ad un concittadino così prestigioso, è venuta direttamente dalla sua natia Locorotondo una delegazione ufficiale, guidata dall’Ass. Michele De Giuseppe, che, con sorridente e affettuosa bonomia, oltre a promettere altre azioni in loco di recupero della figura di Lisi, ha comunicato l’orgoglio di tutta la sua comunità ed ha fatto riferimento alla pugliesità identitaria, che non fa perdere mai ad un concittadino il rapporto con la sua terra e le sue origini.
Una pugliesità, di cui Giorgio Lisi andava fiero e che riusciva magnificamente a coniugare con la cavesità, in un mix di valori solidi e rigore morale che ha lasciato una profonda traccia, soprattutto nella sua numerosa famiglia, che ancora oggi “odora di babbo, di nonno, di Giorgio”. Lo si è visto anche nel momento finale del convegno, quando sul telone bianco dello schermo in sala, commentate con calore dalla nipote Adalgisa, si sono susseguite le foto personali e quelle di uomo pubblico, in famiglia, con gli alunni, con personalità come Eugenio Abbro, Daniele Caiazza, Domenica Apicella, l’Abate della Badia, Domenico Rea, Giuseppe Prezzolini. Un emozionato percorso, al quale hanno partecipato con gli occhi e col cuore anche le figlie Marussia, Brunella e Floriana, i tanti nipoti, compreso il delizioso new entry Michelino, e gli altri parenti ed amici, di cui alcuni venuti anche da fuori Regione. E, a modo loro,”hanno partecipato” anche Armida e Franco, scomparsi negli ultimi tre mesi, assenze presenti in un’occasione dolcemente desiderata per anni. E con loro Nino… e Arturo… e non solo…
Un momento caldo e ricco, come del resto è stato quello delle immagini rievocative di Pasquale Capone, commentate dalla nipote Paola e, medaglia d’oro in bella mostra, dal nipote suo omonimo, figlio proprio di quel ragazzino che assistette impotente alla tragedia dell’arresto del padre prima dell’esecuzione. Una vita segnata da quell’episodio, non digeribile facilmente ma tale da lasciare una luminosa scia di valore civico e morale.
Alla fine, tutti insieme allo scoprimento delle lapidi, dove l’aria si è impregnata del calore degli applausi e dell’emozione dei ricordi, trasformandosi in un ideale e generale abbraccio tra i presenti.
È bello per tutti, sapere che tali persone ci sono state …
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