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Oltre trecento firme a sostegno dell’appello del Punto Pace ai parlamentari del territorio contro i cacciabombardieri F 35

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Annullamento del programma di acquisto e di costruzione dei cacciabombardieri F35 e
dei sommergibili U212: un programma che costa oggi oltre quindici miliardi di euro, somma enorme che sarebbe infinitamente più giusto utilizzare a fini di pace e per ben altre opere; destinazione delle risorse così liberate a fini sociali, prevedendo un piano partecipato.

Attivarsi perché si arrivi a questi risultati, o almeno non ci si allontani troppo da essi. Questo ha chiesto ai parlamentari eletti nella nostra provincia il Punto Pace Pax Christi di Cava de’ Tirreni, coordinato da Antonio Armenante, in sintonia con l’Associazione Pietre vive, presieduta da Rita Cardone. E per dare più forza alla richiesta ha anche raccolto oltre trecento firme di sottoscrizione all’appello, che sarà consegnato ai parlamentari attraverso la mediazione dei rispettivi gruppi politici.

L’appello e la richiesta comunque avranno un seguito. Infatti il Punto Pace si è impegnato a seguire le risposte e le scelte di ogni singolo rappresentante (dichiarazioni ufficiali, voto in Parlamento, etc.), renderle pubbliche ed a commentarle.

Ferma restando la libertà di coscienza, rimane fermo anche il diritto di controllo del cittadino sull’operato dei propri rappresentanti istituzionali. E sapere come hanno votato sulle questioni nodali è un ottimo canale di controllo, oltre che una presa di responsabilità necessaria, dato che troppo spesso gli eletti, facendo valere la loro autonomia, non rendono conto di niente o quasi al loro elettorato.

Del resto, la richiesta del Punto Pace è in piena sintonia con la linea nazionale ed internazionale del movimento di ispirazione cattolica Pax Christi e con la forza pacifista del magistero di Papa Francesco, impegnato dichiaratamente nelle campagne in difesa dei valori della Pace e della Giustizia e nella lotta civile perché i governi utilizzino le risorse privilegiando scelte di utilità sociale rispetto all’incremento delle spese per gli armamenti.

A titolo di cronaca, ci sembra anche giusto ricordare che sono quasi quattro anni che il Punto Pace è impegnato nella campagna contro gli F 35, per di più con illustri compagni di cammino. Il 15 luglio del 2012, in Duomo, la Messa domenicale vespertina, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli, fu caratterizzata dalla presenza di un gruppo di esponenti del Punto Pace, e non solo, che sostenevano sotto l’altare cartelli significativi sul tema: “No agli F 35 – Lavoro, no bombe”. Un’iniziativa più unica che rara nel suo genere, ma fu ignorata e/o snobbata sia dalla stampa sia dagli stessi parroci della Diocesi, pur invitati dall’Arcivescovo a partecipare a quella dimostrazione per la Pace.

Sembra opportuno anche precisare che, secondo il Punto Pace e tutto il Movimento, una scelta in senso contrario alla proliferazione aggressiva dei cacciabombardieri non sarebbe un segno di debolezza rispetto ai pericoli ed alle tensioni che si stanno prospettando sul piano internazionale, ma una scelta coerente con il principio che, fatte salve le esigenze di difesa, è necessario un freno rispetto a tutte le opzioni potenzialmente aggressive e che uno dei modi più produttivi per fronteggiare la violenza è quella di non coltivare la violenza né farla.

Ma intanto proprio in questi giorni siamo stati incaricati di comandare l’azione bellica in Libia …

Dopo Chagall, Joan Mirò e i Surrealisti: la Mediateca Marte continua a volare alto. E raddoppia l’offerta didattica e laboratoriale per giovani e studenti

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dopo il grande successo della mostra Marc Chagall. I segni e i colori dell’anima (marzo – luglio 2015, che ha raccolto circa ottomila visitatori di tutte le età)), un nuovo grande evento alla Mediateca Marte di Cava de’ Tirreni. Il 20 febbraio scorso ha preso il via la mostra “Joan Mirò e i Surrealisti. Le forme, il sogno, il potere“, che sarà in cartellone fino al al 20 giugno 2016.

Continuità e rilancio rispetto alla mostra dello scorso anno. Ci saranno ancora ambienti accoglienti, ci saranno opere che hanno nel loro DNA sogno, fantasia e creatività tali da parlare alle pupille dei più giovani ed aprire finestre pittoriche di alta suggestione ed emozione culturale per i più adulti. Non è cambiata la squadra di base, che si avvale dei due superconfermati, l’attore Giuseppe Basta, giocoso e stimolante intrattenitore e lettore, e la “giardiniera delle idee” Carmela Pezza, ed è arricchita quest’anno dalla psicologa Valentina Lamberti, dal regista-attore Francesco Puccio, dalla danzatrice Alba Pagano, dalla burattinaia affabulatrice Flavia D’Aniello. La didatticità del Progetto complessivo si è ulteriormente ampliata, con una maxiserie di laboratori attivi e congruenti con l’età degli interessati. Dal Disegno surrealista e Macchie d’arte per i bambini di due – cinque anni si sale verso i cinque anni con Dal segno al disegno, per proseguire con Gli omini di Mirò (min. 5 anni), Danza creativa (min. 3 anni), Arte a soqquadro (min. 6 anni),Cielo e stelle (4-8 anni), Riciclo… come Mirò (4-8 anni), Scarabocchio a due e Pezzi di me (min. 10 anni), Max Ernst e il frottage (4-13 anni), Autoritratto surrealista (min. 10 anni), Collage surrealista (min. 13 anni). Laboratorio di teatro (min. 16 anni).

Al centro dell’evento rimane comunque il cammino di Mirò (Barcellona 1893 – Palma de Maiorca 1983) e dei surrealisti, a partire dal secondo quarto del Novecento, alla ricerca di un linguaggio nuovo che esprimesse più dall’interno le tonalità, le complessità ed i vagheggiamenti di una società complessa ed ancora indecifrabile, stretta in una morsa esplosiva tra il vecchio in rottura e l’impellenza di una nuova identità, non importa se “definibile” o “indecifrabile”.

Con molta efficacia la Responsabile Grandi Eventi, Francesca Boccafusca, ed il curatore della Mostra, Marco Alfano (coadiuvati dalla Segretaria del Marte Matilde Nardacci, dalla Segretaria della Mostra Michela Giordano e dall’Amministratore Delegato Alfonso Baldi), hanno diviso le opere grafiche di Mirò in tre tracciati e le hanno integrate con una trentina di opere di fascinosi big del surrealismo.

Il primo tracciato su Mirò riguarda la necessità delle forme, seminate dall’artista “giardiniere” come semi da far fruttare nell’anima: trattate in rapporto alle evocazioni ed immaginazioni che sono capaci di suscitare, in un efficace elastico tra definizione dell’oggetto e vaghezza del mistero. Il secondo, sempre attraverso le vaghezze formali ed i simboli scavati nella mente e nel cuore, evoca e racconta, la natura del potere e la maschera grottesca dietro al cui paravento viene esercitata. Insieme con le potenti apocalissi pacifiste del cileno Sebastian Matta, nella produzione di Mirò ne è il paradigma più eloquente la vicenda di Ubu roi, storia di una resistibile e grottesca scesa al potere raccontata a fine secolo XIX dal francese Alfred Jarry, ambientata in Polonia e poi usata in tutta Europa come spunto per feroci satire del potere. Non ultimo, a utilizzarla è stato Dario Fo ai tempi di Berlusconi Presidente.

Il terzo richiama i sogni e le loro “realtà”, in parte esplorabili secondo i dettami della rivoluzione freudiana di inizio Novecento, in parte traducibili sulla tela come spifferi dell’inconscio, come suggerivano i surrealisti come base della loro “poetica visiva”. E qui Mirò ha tanti nobilissimi compagni, come ad esempio Dalì con la sua splendida Leda, o De Chirico con le sue misteriose e statuarie figure, o Magritte con i suoi “occhi” inquietanti.

Il segreto dell’attrattività della mostra è comunque la semplicità di partenza, quella semplicità che sa veramente parlare a tutti. “Le cose più semplici mi danno delle idee”, diceva Mirò, che nel rapporto stretto con la quotidianità e con la natura traeva lo spunto emozionale e la tensione per tracciare graficamente forme e segni di primordiale comunicatività. Il binario del surrealismo, in galoppante ascesa durante la prima metà del XX secolo alla scoperta delle voci nascoste dell’inconscio, del cuore e della mente, è quello giusto per esprimersi con tutti i colori dell’anima e senza regole pregresse che possano limitare la comunicazione.

Si esalta così quella spontaneità assoluta che è tipica anche dell’infanzia, unita alla consapevolezza dell’impatto con l’esterno che è più matura nel mondo adulto. Per dirla in una parola comune ed altissima, il gioco, inteso nella sua accezione più ampia e profonda, che poi è il riflesso del gioco stesso della vita. Non un gioco fine a se stesso, dato che soggettivamente mira a stabilire un rapporto più profondo con l’esistenza e socialmente è capace di arricchirsi di contenuti anche forti, provocatori, ribelli, soprattutto quando stimola riflessioni sull’arroganza del potere, o dei poteri. Come del resto suggerisce anche il comunicativo titolo dell’evento.

Quando si gioca, non ci sono barriere che tengano. Perciò le forme e le trasfigurazioni di Mirò e degli amici surrealisti sapranno essere fortemente coinvolgenti e senza il limite dell’astrazione pura. Infatti il grande creativo non manca mai di lasciare il segno di un’immagine comune, che sia una pupilla o un’ala d’uccello o uno spicchio di luna.

L’incontro con questi artisti sarà quindi un momento formativo per tutti gli ordini di scuola. Non formazione spontaneista e ruspante, ma formazione preparata e ben inserita nella programmazione didattica. E per i meno giovani sarà fonte di contemplazione attiva e stimolo per il recupero della fantasia del sé oltre gli standard della massificazione.

Ma occorre che “si accorgano” dell’evento: e perché questo avvenga più compiutamente, oltre ad un’attenzione meno distratta da parte loro, non sarebbe male anche qualche manifesto in più e più visibile da parte dell’organizzazione. Comprendi l’importanza?

Rievocata la strage del treno della morte (3 marzo 1944). Mercoledì 2, incontro al Comune con gli studenti; giovedì 3, Messa Solenne alla Basilica dell’Olmo

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Mercoledì 2 marzo, con inizio alle ore 10,30, nella Sala del Consiglio Comunale del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni sarà commemorato un importante evento storico, che funestò il dopo guerra nel nostro territorio: la strage di Balvano del 3 marzo 1944, in cui morirono oltre seicento persone, delle quali uno dei due superstiti viventi è il sig. Raffaele Bellucci, cavese doc, padre della signora Dina Bellucci, impiegata del Comune.

Nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 1944 il treno merci 8017 si fermò sotto la Galleria delle Armi, prima di giungere alla stazione di Balvano. Purtroppo il carbone utilizzato non era delle migliori qualità: produceva molte scorie e pochissime calorie. Quella galleria, lunga quasi due chilometri, si trasformò in poco tempo in una camera a gas.

I viaggiatori erano prevalentemente cittadini comuni, provenienti da una fascia urbana che si estendeva dal napoletano a Battipaglia, persone che si adattavano a viaggiare stipati in vagoni merci per andare a Potenza a procurarsi da mangiare, a barattare pochi averi in cambio di cibo, ormai introvabile, per le proprie famiglie. Persone che vivevano nella miseria prodotta da una lunga e tormentata guerra, passate però alla storia come contrabbandieri e delinquenti da dimenticare presto. Da qui il silenzio che è piombato sulla tragica vicenda, su quello che ha rappresentato un lacerante dolore solo privato, mentre questi morti a pieno titolo si possono e si devono considerare vittime civili di una guerra non ancora finita e come tali meritano il giusto tributo della memoria.

L’incontro, che si svolgerà alla presenza delle massime autorità cittadine, prevede anche le testimonianze dal vivo dei parenti delle vittime e quella registrata del superstite cavese Raffaele Bellucci, offerta dall’emittente RTC Quarta Rete. Sarà condotto da Franco Bruno Vitolo e da Patrizia Reso, autrice del libro Senza ritorno (2013), che nella ricostruzione generale dei fatti ha individuato nei dettagli le persone e le storie dei cittadini cavesi coinvolti.

La manifestazione, che di fatto è la prima organizzata in Città specificamente per conservare la memoria nelle nuove generazioni, ha anche un significativo valore didattico, perché la storia locale è il riflesso totale della Seconda Guerra Mondiale, che in quei giorni, esaurito lo scontro nel nostro territorio, era ancora in pieno e drammatico svolgimento in tre continenti.

A completamento dell’intera iniziativa, giovedì 3 marzo p.v., alle ore 19, presso la Basilica Maria S.S. dellì’Olmo, sarà celebrata per l’intera cittadinanza una Messa solenne, con la presenza delle massime autorità religiose e civili, oltre che dei parenti delle vittime.

Giornata del Risparmio Energetico: l’IS “Della Corte Vanvitelli” ha aderito all’iniziativa “M’illumino di meno”: e la coscienza si è illuminata di più

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Bella l’idea, grande il successo, originale e poetico il nome, simpatica l’origine.

Solo undici anni fa, su Radio 2, durante la trasmissione di attualità Caterpillar, fu lanciata la proposta di indire una Giornata del Risparmio energetico e spegnere tutti insieme, in un determinato giorno, ad una determinata ora, per pochi minuti, gli impianti elettrici non necessari.

Ispirandosi al celeberrimo verso di Giuseppe UngarettiM’illumino d’immenso (che poi è il testo completo della poesia Mattino), il nome proposto per l’iniziativa fu “M’illumino di meno”.

Come data ufficiale di riferimento fu fissato il 16 febbraio, giorno della firma del protocollo internazionale di Kyoto. Molto efficace la consonanza, sia per la chiarezza del messaggio sia perché risparmiare energia è un modo di illuminare l’importanza vitale dell’immenso, soprattutto quando non è un immenso illimitato, come le fonti di energia che noi usiamo.

Da proposta rivolta ai singoli cittadini, si è poi estesa a macchia d’olio, essendo adottata da istituzioni e Comuni , per arrivare poi all’assunzione da parte di importanti enti internazionali. Tanto per fare un “esempiuccio”, sono stati spenti anche il Duomo di Milano e la Tour Eiffel… E si sono risparmiati fino a 400 Megawatt!

Dall’anno scorso, su invito del Ministero dell’Istruzione, anche le singole scuole sono state sollecitate ad aderire.

E la risposta a Cava de’ Tirreni è venuta subito, dall’IC “Della Corte – Vanvitelli”, la cui Dirigente, prof. Franca Masi, non manca mai di cogliere occasioni per aprire le aule al pubblico ed al sociale (es. Giornate della legalità “territoriali”, guida al Borgo, etc…). E così il giorno 19 febbraio, giornata del risparmio energetico 2016, con adesione di massa, ha messo a riposo le sue fonti energetiche per cinque minuti: dalle ore 12,00 alle ore 12,05 si sono spente luci, computer e dispositivi e tutta la comunità scolastica ha compiuto questo gesto simbolico.

Come hanno sottolineato la Dirigente Franca Masie la Prof. Antonia Silvestri (docente nella classe che qui si è fatta fotografare nell’ora X, in semibuio e con l’elettricità solo nel flash), “la partecipazione dei giovani a queste iniziative è importante e doverosa e l’IIS “Della Corte-Vanvitelli” si adopera per educare al rispetto dell’ambiente. Il consumo sconsiderato di energia elettrica è dannoso e tutti dobbiamo esserne tutti consapevoli ed educarci ed educare per evitarlo. Allora: spegniamo le luci se non servono, non lasciamo in stand by gli apparecchi elettronici, abbassiamo la temperatura dei termosifoni quando fa caldo, utilizziamo i mezzi di trasporto pubblici e lasciamo a casa automobili e motorini.Se faremo tutto questo salveremo il pianeta? Forse… ma sicuramente lo miglioreremo!

Ci complimentiamo allora per l’esempio altamente formativo e stimolante (quanti ragazzi a casa avranno guardato luci e lucette con un altro occhio?) e naturalmente ci auguriamo che la meritoria promozione nelle scuole, oggi appena neonata, sia promossa a pieni voti e già dal prossimo anno venga estesa al maggior numero di istituti possibile, avendo come obiettivo finale “come minimo il cento per cento”.

In fondo, si tratta di gettare di gettare i semi per una piccola grande rivoluzione culturale. E quale terreno più fertile e necessario delle generazioni che dovranno “combattere il futuro”?

Il calore della memoria e delle radici nella cerimonia di intitolazione di due luoghi pubblici a Gaetano Avigliano e Maria Casaburi, colonne della ricostruzione postbellica

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dopo l’intitolazione ufficiale all’architetto prof. Benedetto Gravagnuolo del viale che costeggia il Trincerone, seconda puntata della serie di cerimonie, convegni e scoprimento delle lapidi in attuazione delle delibere stabilite fin dal novembre 2014, nell’ultimo periodo della sindacatura di Marco Galdi, dalla Commissione Toponomastica, guidata dall’architetto Alberto Barone.

La commemorazione, pregna di storia e di ricordi color emozione, è avvenuta sabato 13 febbraio nella bellissima Sala di Rappresentanza del Comune, in onore di Gaetano Avigliano e Maria Casaburi, due colonne della Cava post bellica e postfascista, due grandi protagonisti della ricostruzione materiale e morale della Città.

A Gaetano Aviglianoè stata intestata l’ex Piazza de Marinis, alias la piazzetta antistante alla stazione ferroviaria. Una scelta mirante sia ad evitare un refuso toponomastico, in quanto esiste già la via De Marinis (la strada del Ponte di san Francesco), sia soprattutto a dare, attraverso l’intitolazione di un luogo nodale, il giusto rilievo ad una figura molto significativa, che ha caratterizzato un periodo decisivo della storia cittadina.

Gaetano Aviglianofu Sindaco della Città dal 1947 al 1952, prodigando ogni sua energia per la ricostruzione, dopo la guerra. Fu poi Presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno dal 1935 al 1961. Fu anche Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’ Ospedale “S. Maria dell’Olmo”, Governatore Capo del Comitato Cittadino di Carità, Commissario del Consorzio per l’Acquedotto dell’Ausino, Presidente del Social Tennis Club.

A Maria Casaburi (Cava, 1900-1987) è stata intitolata la strada che costeggia ad Ovest il Parco Avvocatella, a San Cesareo.

lmpegnata in politica, la Casaburi fu tra i fondatori della Democrazia Cristiana a Cava de’ Tirreni, Vicesindaco nella Giunta Avigliano nella prima Amministrazione dopo la caduta del fascismo, poi più volte assessore con deleghe all’Assistenza e Beneficenza e alla Cultura. Fu presidente del ClF, Centro Italiano femminile, e volle fortemente la Casa della Madre e del Bambino, in una struttura a via Carillo, che oggi è sede dell’Asílo Nído Comunale.

Oltre che una protagonista della vita civile e sociale della Città, fu una tra le più qualificate e preparate docenti delle scuole cavesí, ben voluta e stimata da allievi e colleghi.

La cerimonia, presentata dallo scrivente, dopo la lettura di un articolo d’annata scritto sul Pungolo dal prof. Giorgio Lisi (a cui il 2 aprile sarà dedicata la prossima intitolazione, insieme con l’eroe di guerra Pasquale Capone) è stata aperta dall’Avvocato Giovanni Del Vecchio, Consigliere Comunale, che ha ufficialmente rappresentato il Sindaco Vincenzo Servalli e che è andato oltre il semplice saluto istituzionale, tracciando lui per primo il ruolo storico e civico di Avigliano e Casaburi, con l’intento di esprimere il giusto e affettuoso orgoglio della comunità cittadina di oggi per la qualità ed il prestigio di due radici profonde e solide della Cava di ieri.

Attraverso un ampio messaggio, letto in sala dal presentatore, il prof. Salvatore Fasano, storico Presidente della Commissione Toponomastica che per un ventennio ha dato nomi e volti alle strade e ai luoghi pubblici cittadini, nell’esprimere il proprio compiacimento per la realizzazione della cerimonia, ha giustamente ricordato che essa giunge al termine di un lungo cammino, essendo stata formulata la prima proposta di intitolazione circa venti anni fa: un filo rosso tra le generazioni istituzionali che ha dato forza al valore identitario dell’iniziativa.

Carmine Salsano, Commissario straordinario dell’Azienda di Soggiorno e Turismo cittadina, nel tracciare il profilo etico e storico delle nostre due grandi radici, si è opportunamente soffermato sul ruolo determinante ricoperto nella vita della nostra Città dall’Azienda di Soggiorno, che rappresentava una spalla attiva di governo, resa ancora più forte dal doppio ruolo svolto da Avigliano, come Sindaco e come Presidente dell’Azienda. Un’Azienda che fu motore primo di un ulteriore lancio turistico ed immagine a livello nazionale di una Città che in questo campo aveva già al suo attivo un prestigio assoluto.

Nelle pieghe della manifestazione, si è volato alto, perché la rievocazione di due personaggi così nevralgici stimolava naturali finestre sul contesto storico e sulle problematiche politiche, sociali, etiche ed esistenziali strettamente connesse alle loro figure.

Infatti, il prof. Giuseppe Foscari, docente universitario di Storia Moderna, nella sua avvolgente ed acuta relazione, ha ricordato che Maria Casaburi è stata la prima donna cavese eletta in Consiglio Comunale, oltre che inserita nel governo della Città, in quegli anni innovatori della prima Repubblica, in cui per la prima volta l’altra metà del cielo è stata ammessa in Italia a governare il cielo. Analizzando attraverso le fotografie la sua fisiognomica e l’atteggiamento che aveva in compagnia del Sindaco e del Vescovo, Foscari ha sottolineato la fiera consapevolezza del ruolo mostrata dalla Casaburi, che non era bloccata dalla timidezza della neofita, ma sentiva profondamente l’orgoglio della cittadinanza a pieno diritto.

Rivangando la biografia di Gaetano Avigliano, lo stesso prof. Foscari ha posto il problema etico della sua derivazione dal Partito Fascista, a cui aveva aderito con piena avvertenza e deliberato consenso. Guardando con i paraocchi, questo potrebbe sminuire la sua figura. Togliendo i paraocchi, invece, si avverte subito la buona fede delle due scelte. Al Partito Fascista si iscrissero i quattro quinti della popolazione italiana, alcuni per convinzione, altri per costrizione, altri ancora per l’onda della tendenza generale, in un regime che in molti momenti coniugò il consenso di massa con la repressione della libertà. Errore sarebbe stato intestardirsi nell’appartenenza quando ne apparvero chiari i limiti. E la storia è fatta anche da chi sa articolare le sue scelte. Quando poi lo stesso Avigliano ha dimostrato coi fatti di avere un altissimo senso civico e di saper agire nell’interesse della collettività, si è avvertita ancora di più la sua onestà intellettuale e si è capito anche che il suo obiettivo più profondo erano la Città, la Patria, il Noi. Il Foscari ha perciò escluso critiche di opportunismo ed ha rilanciato esaltando in Avigliano e nella Casaburi le espressioni di un’intera classe dirigente locale e nazionale che seppe guidare saggiamente l’Italia verso una storica ripresa, superando nei limiti del possibile i particolarismi e gli interessi personali.

Un’altra apertura di orizzonte è emersa nel rievocare la formazione di Avigliano, che studiò alla Nunziatella di Napoli, storica fucina dell’Esercito nazionale, di medaglie d’oro al Valore, di Governanti del paese e come ufficiale partecipò alla Prima Guerra Mondiale. La presenza del Colonnello Francesco Sciascia, proveniente proprio dal prestigioso Collegio Militare, ha ufficialmente sprovincializzato la sua figura, tra l’altro con l’annuncio dell’apertura di una pratica per inserire anche Avigliano nell’Albo d’oro dei grandi dell’Istituto.

Alberto Barone, Presidente della Commissione Toponomastica uscente, dopo aver evidenziato con la lucida chiarezza che lo contraddistingue le caratteristiche delle nuove scelte (apertura alle donne ed a personaggi più moderni, non sovrapposizione con luoghi già titolati) ed aver tracciato un esauriente profilo biografico delle due “colonne”, ha inserito entrambi nel contesto nazionale. Maria Casaburi è stata la vessillifera della cittadinanza attiva delle donne e, con lo slancio dato alla casa della Madre e del Bambino ed all’Opera di San Filippo, una significativa interprete del rapporto democratico con i più deboli e con il mondo dell’infanzia. Gaetano Avigliano, con la sua specializzazione di agronomo e la carica ultraventennale di Presidente dell’Azienda di Soggiorno, arricchì il suo Sindacato con un forte e proficuo inserimento nei nuovi flussi produttivi e turistici nazionali. Inoltre, vivendo molto a contatto con la natura, evidenziò una profetica attenzione per i problemi dell’ambiente e dello smaltimento dei rifiuti, con la costituzione di una società mista (Azienda e Comune), la protezione del paesaggio (fino a combattere i muretti che ostruivano anche parzialmente la vista dalle colline) ed il rilancio delle tradizioni (insieme con Matteo Della Corte promozionò al massimo la Caccia ai Colombi).

Insomma un elastico appagante tra passato e presente, tra identità cittadina e radici nazionali. Il tutto ben condito e colorato all’inizio dalla rombante apertura della giovane Fanfara dei Bersaglieri “Maggiore Marcello Garzia”, che, arrivando a passo di carica nella splendida Sala di rappresentanza del Comune, ha intonato l’Inno nazionale, e poi nel finale dai ringraziamenti dei parenti dei due “festeggiati”: Lucia, Mariella e Matteo Avigliano, Elio Casaburi, con la consorte e la figlia Maria. Più che parole, scintille di emozione. E l’emozione, si sa, non ha molta voce. Ma parla di più delle parole.

Ciliegina sulla torta, dopo un’altra arrembante marcia dei bersaglieri per il Corso, lo scoprimento delle due targhe: prima alla stazione, poi a San Cesareo, con annessa benedizione di don Rosario Sessa e, nella frazione, di don Pino Muller.

Quindi, tutti a casa, con il cuore appagato. Appagato come succede sempre quando si sente il fiato di una bella storia e la presenza di belle persone. Maria e Gaetano erano belle persone e per Cava tutta è bello sapere che ci sono state. E che ci sono ancora …