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Lavori in corso all’IC “Giovanni XXIII”: la scuola sarà riconsegnata entro il 29 febbraio. Il Dirigente assicura: “Sarà l’istituto più sicuro della Città”
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Per il classico fenomeno di ampliamento e distorsione dei fatti che avviene nel passaparola, subito dopo la caduta del pezzo di intonaco dal soffitto di un’aula dell’I.C. Giovanni XXIII di Cava de’ Tirreni, si erano diffuse voci allarmate e allarmanti: una scuola a pezzi, degrado irreversibile, non si aggiusterà prima dell’ anno prossimo, colpevole trascuratezza, studenti e famiglie allo sbando, e chi più ne ha più ne metta.
Per fortuna i fatti successivi hanno smentito, anzi hanno capovolto tutte le voci ed oggi l’evolversi della situazione è decisamente rassicurante per il presente e soprattutto per il futuro.
Abbiamo una data limite e la fiducia, anzi la certezza, che dopo i lavori il nostro istituto sarà il più sicuro della Città – affermano all’unisono, con soddisfatta convinzione, i proff. Maurizio de Gemmis e Gerardo Pepe, rispettivamente Dirigente e Vicario. E subito dopo il Dirigente precisa i dettagli – Il terzo piano, con la verifica della solidità del tetto, è stato già ristrutturato, così come è giunto in dirittura d’arrivo il primo. A brevissima partiranno i lavori anche di quello centrale, che dovrebbero terminare verso metà febbraio. Al massimo entro il 29 febbraio ci sarà riconsegnato l’istituto per la ripresa piena dell’attività. Parola dell’Amministrazione Comunale, nelle persone degli Assessori Nunzio Senatore e Paola Moschillo. E, dato l’andamento celere ed efficace dei lavori fino a questo momento, non abbiamo motivo di dubitarne. Tutto ci sarà ridato rimesso a nuovo ed a norma, a partire dalle strutture di base e di sostegno. Anche per questo possiamo ritenere che da marzo la nostra sarà la scuola più sicura del circondario.
È un sorriso di sollievo, quello del Dirigente e del Vicario, dopo tante preoccupazioni e tanto penare. Possiamo allora, a sangue meno bollente, fare il punto di tutto quello che è successo e delle eventuali cause e responsabilità.
Il fatto in sé è chiaro: è semplicemente caduto un bel pezzo di intonaco dal corpo centrale del soffitto di un’aula. Siamo stati fortunati che non sia avvenuto durante le lezioni. Non è successo nient’altro, ma il segnale è stato chiaro e forte: l’impianto dell’istituto, con i suoi quasi sessant’anni di vita, è invecchiato e andava “ringiovanito”. Non era assolutamente il caso di continuare le lezioni senza quest’opera di ringiovanimento. Ed è cominciata la gestione dell’emergenza….
Niente incuria, quindi, né colpevole trascuratezza?
Assolutamente no. Nessun sintomo pregresso né trascurato, come purtroppo succede anche agli umani con l’avanzare dell’età: i colpi mancini di salute arrivano a volte da un momento all’altro…
Solo che gli umani non possono ringiovanire, purtroppo. Ma torniamo alla nostra scuola. In situazioni di emergenza per lo stress dei disagi scoppiano spesso tensioni e divergenze. Nel caso dell’ I.C. Giovanni XXIII, sembra che le cose siano andate invece tutte bene. Non ci si è fatti schiacciare dal problema e si è guardato subito alla soluzione. Ce lo conferma con serenità il Dirigente Scolastico.
È vero, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo subito rimboccati le maniche. Ci siamo uniti all’interno e abbiamo chiesto insieme all’esterno solidarietà, comprensione e sostegno. Anche le famiglie ci sono state vicine. E la soluzione provvisoria alla fine è stata accettabile. Certo, non abbiamo trovato la possibilità delle lezioni mattutine e ci siamo dovuti adattare al pomeriggio. Ed è stato necessario ricorrere all’orario ridotto, con inizio non prima delle 14 (per permettere l’arrivo di alcuni docenti da altre scuole) e con ore di quarantacinque minuti e non di cinquanta per una precisa volontà delle famiglie emersa da un sondaggio generale: quei cinque minuti in più avrebbero creato problemi in rapporto agli orari dei mezzi pubblici.
Ci siamo dovuti spostare alla Balzico e non siamo potuti rimanere nell’alveo dell’edificio con il Liceo Classico, ma in compenso non siamo stati smembrati e qui al Liceo ci hanno dato quattro locali in cui effettuare la sperimentazione musicale mattutina ed insediare gli uffici amministrativi. E non ci sono state polemiche né strascichi. Del resto, per fortuna, tutto tornerà come prima tra un mese. Come prima e meglio di prima…
Una domanda un po’ cattivella: nelle voci un po’ troppo allarmistiche non c’era anche qualche passaggio interessato, dato che oggi i singoli istituti sono in concorrenza permanente per la “cattura” degli utenti?
No, no. Non scherziamo… Ma una sana competizione c’è, come è giusto che sia per istituti che vengono scelti in base all’offerta formativa. E allora provvediamo adesso a smentire la voce che più ci può danneggiare. Si è detto, e non sappiamo da dove sia nata la diceria, che abbiamo fatto domanda per la settimana corta e stiamo lavorando in tal senso per l’anno scolastico prossimo. Niente di vero. Non abbiamo fatto nessuna domanda e l’anno prossimo sarà settimana piena in un istituto con tutte le garanzie.
Precisazioni senz’altro opportune, ma è opportuno anche ricordare che, a dispetto della riduzione di tempo scolastico, le lezioni procedono con la massima regolarità e non sono state sospese neppure alcune iniziative collaterali. Ad esempio, gli incontri con l’autore. Il 15 gennaio, ospitati nell’Aula Magna del Liceo Marco Galdi, i ragazzi hanno incontrato niente meno che il vincitore del Premio Campiello 2016, lo scrittore Marco Balzano, autore de “L’ultimo arrivato”, un romanzo “a presa diretta” del cuore e della mente che tratta con un linguaggio chiaro e coinvolgente un aspetto poco conosciuto dei tempi del boom economico, cioè l’emigrazione dei minori senza la famiglia, e nello stesso tempo traccia un efficacissimo e tagliente ritratto comparato tra l’Italia del boom e l’Italia dello “sboom” e delle ondate di immigrazione da Africa e Asia.
Effettivamente – conclude il Dirigente de Gemmis – non ci siamo fatti né scoraggiare né abbiamo rallentato se non dove eravamo costretti. È il segno distintivo della nostra scuola ed anche del nostro rapporto con il territorio. E a proposito di partecipazione, già abbiamo dato la nostra adesione, come sempre, al Concorso “Le parole sono ponti”, in memoria dell’indimenticata e indimenticabile prof. Betty Sabatino.
Già, i ponti… Non solo le parole, ma anche i fatti sono ponti. Quei ponti da costruire di fronte ai problemi ed alle difficoltà di ogni giorno. Forse, anche per questo, l’avventura dell’intonaco dell’ IC Giovanni XXIII ha finito col tramutarsi in una piccola ma significativa lezione di vita …
- Calcinacci caduti dal soffitto di un aula
- A sin. il Dirigente Scolastico, prof. Maurizio de Gemmis, a destra il Vicario, prof. Gerardo Pepe
- Lo scrittore Marco Balzano risponde alle domande di due studentesse
Chiusura del reparto di Ostetricia. La questione dell’Ospedale Maria SS. Dell’Olmo è sempre aperta. Ma sono aperte anche le questioni a monte
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Siamo tutti in fervente attesa della imminente sentenza del TAR, che il prossimo 3 febbraio deciderà definitivamente la sorte del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Maria SS. Dell’Olmo di Cava de’ Tirreni, la cui chiusura è stata sospesa, provvisoriamente, in seguito alla decisione presa dal TAR il 5 gennaio scorso.
Quella sospensiva è stata accolta con euforica soddisfazione dai Comitati di lotta per la difesa dell’Ospedale ed è stata vissuta giustamente dall’Amministrazione Servalli come una vittoria almeno provvisoria ma fondamentale e le è valsa l’appoggio pieno delle varie forze sindacali, oltre che dell’opinione pubblica. Tuttavia ha prodotto anche uno scontro tra Vincenzo Viggiani, Direttore dell’Azienda Ospedaliera Ruggi d’Aragona, da cui dipende il Maria SS. Dell’Olmo, e l’Amministrazione di Cava, in quanto, nonostante la ufficiale disponibilità a riaprire il reparto, è ancora tutto bloccato perché comunque manca il personale.
Intanto a Cava non ha perso valore la petizione diffusa il 29 dicembre, avente come primi firmatari Emidio
Maturo, Mario Farano e Maurizio Manzo, nella quale si chiede al Consiglio Comunale di mettere all’ordine del giorno alcuni punti: a) l’impegno a redigere un manifesto che spieghi alla Città la vicenda del nostro Ospedale, invitando altresì i cittadini cavesi a manifestare per le vie della Città contro la chiusura di alcuni reparti e dell’intero Ospedale poi; b) la fissazione di norme rigorose che tendano a migliorare la qualità della vita e le condizioni generali di salute (ad es. verifica e trattamento degli scarichi dei reflui domestici e loro trattamento; controllo delle acque potabili; messa in sicurezza della discarica di Cannetiello; incremento ed agevolazione dei servizi di trasporto); c) l’impegno di perseguire l’obiettivo di avere un Ospedale a norma, in modo da salvaguardare tutti i reparti storici, nonché quello della realizzazione di un pronto soccorso di eccellenza.
Sul web sta anche circolando la richiesta di firmare un altro tipo petizione, relativo al sostegno nei confronti degli abitanti di Lipari perché non siano privati del reparto di Ostetricia, con un disagio ancora più pesante essendo Lipari un’isola e per di più riferimento vicino e diretto di un intero arcipelago, quello delle isole Eolie. Possono in questo caso gli aridi conti essere preferibili alla realtà viva delle esigenze di una popolazione?
Detto questo, e plaudendo comunque all’impegno morale e civile di coloro che a vario titolo si sono dati da fare nei comitati di lotta, perché comunque offrono un segno tangibile di partecipazione e di interesse, ci piace porre qui alcune brevissime osservazioni e questioni:
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In generale, la gestione attuale della Sanità è determinata non tanto dalla ricerca della
qualità o meno dei servizi, ma soprattutto dalla necessità di risparmiare, considerata la crisi imperante. Chi cerca di farlo non può essere attaccato, perché si trova a dover mettere le pezze ad una situazione pregressa, ma rimangono comunque il rincrescimento, la rabbia e per certi versi anche il rimorso di aver dovuto assistere e dover assistere (e troppe volte senza protestare) allo scempio di tutti gli sprechi e le ruberie che hanno causato o aumentato lo sfascio. E nello stesso tempo aver dovuto assistere e dover assistere allo scandalo etico e politico del privilegiare, da parte governativa e nelle linee internazionali, le spese militari su quelle sociali. E non parliamo di quelle necessarie alla difesa, ma di quelle “indotte” e pure poco funzionali, tipo cacciabombardieri F 35, con i loro circa quindici miliardi impegnati. Ne basterebbero una decina in meno per recuperare circa due miliardi e sanare le magagne ospedaliere di tutta Italia…
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La chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale di Cava è stata determinata
da un puro calcolo ragionieristico, come quella dell’Ospedale di Lipari, a prescindere da tutto il resto: i parti annuali sono meno di cinquecento, più o meno uno solo al giorno, e quindi il personale impegnato è considerato sprecato. Tale norma non riguarda né la Città, né la Provincia, né la Regione, ma è nazionale e dipende direttamente da disposizioni internazionali. E allora perché ce la prendiamo con i governanti locali, che possono tutt’al più decidere quanto fervore impegnare nella lotta per la difesa, se lasciar correre di fronte ad una norma così netta oppure cercare le vie diplomatiche, o quelle della piazza, o magari incatenarsi davanti ai Palazzi del potere?
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Non è stata, e non è chiarissima, la reazione della cittadinanza metelliana di fronte alla
situazione.
Pensiamo alle piazze piene quando circa vent’anni fa cominciò ad essere ridimensionato il nostro Ospedale, alla mobilitazione arrabbiata di dieci anni fa, quando si temeva di perdere anche il Pronto Soccorso e si scese in conflitto con il Sindaco Gravagnuolo e non si sapeva se rivolgersi all’Asl, a Padre Gigino o a qualche aiuto divino (ma poi tutto si risolse, forse, con il passaggio all’Azienda Ruggi d’Aragona).
E confrontiamo questa mobilitazione con i gruppetti non certo folti che hanno partecipato alle manifestazioni di piazza.
Eppure la contrarietà nelle conversazioni private e pubbliche non è mai mancata, quasi mai disgiunta dall’osservazione che piano piano a Cava stiamo perdendo tutto, il che almeno in parte è vero e sacrosanto…
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E allora, perché questa più o meno apparente freddezza?
Varie sono state le interpretazioni. Le principali: a) siamo rassegnati e impotenti di fronte allo sfascio progressivo, della Città, ma soprattutto della Nazione; b) perché ci lamentiamo ora che i buoi sono scappati dalle stalle e non sono più recuperabili?; c) ci lamentiamo della perdita di un reparto che noi cavesi snobbavamo, portando i nostri figli a nascere altrove, dove ci portava il ginecologo?; d) ma se la norma è quella, che ci possiamo fare?; e) l’Ospedale lo abbiamo perso quando si è scelto a livello regionale di potenziare gli altri ospedali viciniori; f) non c’è da piangere più di tanto: in fondo, tra Nocera e Salerno, abbiamo tre ospedali a portata di venti minuti di auto e quindi siamo già sufficientemente coperti, l’importante, è conservare la possibilità di un Pronto Soccorso attivo ed efficiente, e magari con medici specializzati e non improvvisati; g) Perché nei titoli dei cartelli e nei manifesti si parlava di chiusura dell’Ospedale, quando essa riguardava un reparto? Non è troppo strumentale?; h) l’Ospedale di Cava è piccolo e malandato: difficile o quasi impossibile pronosticargli un futuro di qualità.
Tra queste, personalmente, ma senza sottovalutare nessuno dei punti in questione,
propenderemmo per il punto f, aggiungendo che è imperativa la questione del personale. Tanti reparti, in tutto il territorio, funzionano poco e male per mancanza di un numero congruo di addetti: è la ragione per cui, in attesa della sentenza del TAR, non è stato ancora riaperto il nostro. Questa non è solo questione di spesa, ma di scelte politiche pregresse e spesso scervellate. Ciò non toglie che sia una priorità assoluta, per evitare che lo scervellamento sia ancora più grave e imperdonabile.
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Alle tante interpretazioni, prima di chiudere, ci piace aggiungere, a titolo di discussione, la più
provocatoria, quella del giornale on line Ulisse: i cavesi hanno partecipato poco perché sono intelligenti, hanno capito che si trattava di polemiche e proteste ora politicamente pretestuose ora amministrativamente poco fondate, senza contare che il problema vero non è il reparto di ostetricia, ma sono la condizione generale dell’Ospedale, la necessità di un vero Pronto Soccorso, una politica più lungimirante.
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Lasciamo aperte le discussioni. Se qualcuno vuole partecipare, la porta di Vivimedia è aperta.
E seguiremo gli eventi con attenzione.
Forse però la lezione che ci dovrebbe rimanere da tutto questo e da tutto quello che succede in
generale è che prima che lasciarci attrarre dall’adrenalina di pancia, pur se a volte é sacrosanta, della rabbia e della protesta, faremmo tutti bene, come governanti e come cittadini, a lasciarci attrarre anche dalla camomilla pensante dell’attenzione, dell’informazione e dell’informazione. In tutti i campi. È molto meno emozionante, ma è altrettanto e ancor più sacrosanta …
Serata tutta da degustare al Ristorante Arcara, con saporite sfiziosità da Nord a Sud e una ridente tombolata guidata dal comico Made in Sud Eduardo Guadagno
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Come sulla tavolozza del pittore lo spazio grande è distribuito tra i piccoli reparti dei singoli colori, ben annidati e ognuno splendente di luce propria e pronto a fondersi nell’effetto globale della tela, così una degustazione di cibi sostituisce lo spazio grande del “piatto” con tanti piccoli assaggi, ognuno splendente di sapore e colore proprio, fuso nell’effetto globale del pranzo, fonte di piacere per gli occhi e soprattutto per il palato.
Come gusto personale, siamo decisamente più propensi ai voli d’ape della degustazione che ai trionfi a volte debordanti di uno o due maxi pietanze. Per questo siamo andati con spirito fortemente “vulioso” l’8 gennaio scorso ad una delle consuete serate a tema offerte dal Ristorante Arcara di Cava de’ Tirreni, gestito da Big Nick, Nicola Villano, con la moglie cubana Loipa Valdes. In programma anche una ricca tombola a premi, guidata dal comico Made in Sud Eduardo Guadagno, ritornato all’Arcara dopo l’alto indice di gradimento guadagnato nella serata napoletana di venerdì 18 dicembre.
E non sono andate deluse nè la nostra “vuliosità”, sia la curiosità di vedere all’opera il nuovo chef, Raffaele Della Rocca, prima formato poi lasciato libero di volare dal precedente e storico Masterchef Vincenzo.
La tavola, anzi “la tavolozza”, si è progressivamente riempita di assaggi graziosamente presentati, gustosamente saporiti e geograficamente variegati, in quanto spaziavano dal nostrano al profondo Nord fino al solare Mediterraneo.
Apertura col nostrano, appunto. Ricottina, mozzarella, affettati vari: una tipologia che conosciamo bene e che, se è di qualità, regala una sostanziosa e saporita pennellata di gusto che fa sorridere il palato. E il nostro palato ha sorriso.
Ci siamo poi spostati verso l’Agro con una sfiziosa pralina di mallone con nocciole. Vicinissimo il luogo, ma diverse le ricette d’uso degli ingredienti di composizione. A parte che le nocciole noi le usiamo come supporto dei dolci o degli “spassatiempo” di fine pranzo, le cime di rapa e le patate del mallone noi cavesi non siamo abituatissimi a cucinarli insieme. In effetti, la tradizione del mallone è molto antica e risale alla classica cucina povera contadina: utilizzare le erbe a disposizione (che nell’impasto formano una specie di grosso mallo di noce, donde forse il nome) e, dopo averle cotte, mescolarle con patate lesse e schiacciate, all’occorrenza facendone polpette da friggere, o da infornare. Recentemente, tra le erbe dominano le cime di rapa, i nostri broccoli. E la polpetta di broccoli e patate, che l’ Arcara sciccosamente ha chiamato pralina, si sta diffondendo a macchia d’olio anche in zona metelliana. La polpetta di stasera è ben amalgamata, senza sfrigolii di frammenti di nocciole, cotta “asciutta” e dal sapore invitante. Come prova di apertura del nuovo chef, ha meritato un applauso generale.
Rimaniamo nell’interno della Campania, con una specialità oramai presente in quasi tutti gli antipasti sfiziosi dei ristoranti, cioè l’involtino di melenzane, che sostituisce la classica parmigiana, facendosi preferire come “novità”, pur senza poterla superare in assoluto, perché nel suo genere la parmigiana è insuperabile.
Il nostro involtino, elegantemente chiamato cilindretto, ha un sapore che viene dalle melanzane nostrane e dal caciocavallo irpino, che ne costituisce la pasta filante: cottura ad hoc, sapore delicato e retrogusto sfiziosamente pervasivo. Un gradito bocconcino, stimolante come il bacio di un mattino…
Dalla frittura in padella al soufflé, prevedibilmente in bagnomaria. Ed è un soufflé decisamente antileghista, perché come crema di base usa le castagne dei nostri boschi e come ingrediente di imbottitura vola al Nord con uno dei suoi formaggi più caratteristici, il Taleggio, diventato DOP una trentina d’anni fa ma usatissimo da sempre nelle colline “lumbard”, soprattutto come filante arricchimento di risotti, frutta e verdure varie (provare, per credere, il risotto con pere e taleggio…). Anche questo assaggio è quindi molto colorito, e colorito è il terzo applauso che merita lo chef.
Nel Nord Italia, come del resto anche da noi, la verza accompagna carni e minestre (si pensi al nostrano riso e verze ed alla storica cassoeula lombarda), ma nel Sud del Mediterraneo, con forte ascendenza greca, la verza è essa stessa pietanza. Diffusissimo ne è l’uso come involucro di un ripieno: ad involtino, come pasta di un cannellone. Lo chef ce ne ha dato un magnifico esempio farcendola “nostranamente” con salsiccia e provola, con lo stesso saporito amalgama delle altre pietanze precedenti.
A questo punto, chiusura della serie “salata”. Una chiusura quasi “evangelica al contrario”, della serie “i primi saranno gli ultimi”. Già, perché la minestra di orzo perlato e funghi porcini appartiene alla categoria dei primi di una volta. Ma oggi, lo sappiamo, la successione delle pietanze, anche per effetto della moltiplicazione degli antipasti e degli aperitivi, è in pieno fermento di cambiamento.
Comunque, per certi versi, cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia…
E chiudere il salato con l’assaggio della minestra di orzo perlato, cioè uno dei cereali più nutrienti e antichi (anche se delle sue varietà il perlato, essendo il più raffinato, è anche quello con minori qualità organolettiche), ben insaporito dalla presenza non invasiva di qualche fungo porcino, ha rappresentato una degna conclusione prima del dulcisin fundo finale, cioè del dessert: un delicato semifreddo al caffè con torroncino e crema di nocciola.
Alla fine, la tavolozza è stata completa: cibi diversi saporiti e non pesanti, applausi uguali e stomaco appagato e danzante. E il giovane nuovo chef è stato promosso a pieni voti. Ora, si può solo migliorare, ma partendo già in pole position…
Come digestivo, a parte il caffè della Casa, che ha funzionato anche un po’ da sveglia, data l’ora già avanzatella, l’Arcara ha servito la Tombola, guidata, come abbiamo già annunciato, da Eduardo Guadagno, il Supermario Bros di Made in Sud, il big di “Il boss dei comici”, futura stella del Made in Sud primaverile su Rai 2 con il personaggio di Anonimo, di cui ci ha già dato una saporita degustazione il 18 dicembre scorso.
Questa sera Eduardo Guadagno, dovendo fare da croupier alla tombola, si è trattenuto per la durata del monologo personale, ma comunque quei venti minuti di show sono stati un divertimento “guadagnato” per tutti, con battute brillanti (simpaticissimi ad esempio sia il presepe visto come come “la notte bianca di Betlemme”, sia il fatto che coglieremo tutti i frutti della crisi, cioè ‘i crisommole”…) ed i soliti tempi e toni comici ben coinvolgenti da talento puro.
Alla fine dell’intera serata, la Tombola, dove, per rimanere in tema di ristorazione, una famiglia ha fatto letteralmente “carne di puorco”, vincendo tutti i premi dal terno in su, fino al gran week end nazionale con sedute benessere.
Ma il vero benessere nasce da serate in distensione come questa, con un ambiente pittoresco, accogliente e sorridente, simpatiche chiacchiere tra amici, un po’ di gioco, un po’ di spettacolo e soprattutto tante belle sfiziosità da gustare in tavola, o “in tavolozza”, se vogliamo rimanere alla metafora iniziale del pittore.
Prossimo appuntamento delle serate a tema, il 16 gennaio, con una nuova serata cubana, che fa seguito a quella già effettuata l’11 dicembre: entrambe benedette dalla guida allegra e rassicurante della moglie di Big Nic,Loipa Valdes, cubana di origine.
Insomma, tra fornelli d’Italia e fornelli cubani, comunque si gioca in casa … Buon appetito!
- Nicola e Loipa con lo chef Raffaele Della Rocca e il Capocameriere
- Nicola e Loipa con lo staff pronto alle servite
- Fermento in sala
- Mallone, Soufflé e Canestrino in tris prima della servita singola
- Le verze pronte per la degustazione
- Eduardo Guadagno durante il suo monologo
- Guadagno in scena
- La vendita all’asta delle ultime cartelle
- Risate “guadagnate”
- Pronti per la tombola
- Nicola e Eduardo premiano il vincitore dell’ambo
- Nicola premia la vincitrice della cinquina
“L’Oro de “la Città” – E il giornale diventa opera d’arte”. Personale d’arte visiva di Vincenzo Vavuso
L’evento
Sarà inaugurata martedì 12 gennaio 2016, alle ore 18.30, presso la Mediateca, la mostra “L’Oro de ‘la Città’ – E il giornale diventa opera d’arte”, personale dell’artista salernitano Vincenzo Vavuso.
Pensata e realizzata in sinergia con il quotidiano “la Città” di Salerno, la Fondazione Alfonso Gatto e Arti Grafiche Boccia, la mostra prevede l’esposizione di sedici opere, tra sculture e cromostrutture, formate in tecnica mista con pagine, frammenti e copie intere del quotidiano “la Città”, artisticamente modellate e solidamente cristallizzate.
È stata già esposta con notevole risonanza a Salerno, presso l’Arco catalano e successivamente nei negozi del Corso. Ha costituito la base dell’annuale Calendario de “La Città”. Data la sua originalità e specificità, dell’evento si è occupato anche il periodico nazionale L’Espresso. dell’evento,
La mostra sarà aperta fino al 22 gennaio (ogni giorno, dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 18 alle 22).
Il vernissage
All’inaugurazione della mostra interverranno: il Sindaco di Cava de’ Tirreni, Vincenzo Servalli; il direttore del quotidiano “la Città”, Enzo D’Antona; Il Presidente dell’Associazione Giornalisti di Cava e Costa d’Amalfi, Walter Di Munzio; Il Presidente della Sezione Grafica della Confindustria (Provincia di Salerno), Gerardo Di Agostino; l’amministratore delegato di Arti Grafiche Boccia, Vincenzo Boccia
Modererà l’incontro il giornalista Franco Bruno Vitolo
L’accompagnamento musicale sarà realizzato a cura del Gruppo “Enarmonici”.
La mostra
L’esposizione “L’oro de ‘la Città’” nasce da un incontro stimolante e per certi versi “naturale”: da una parte un artista come Vincenzo Vavuso che, negli ultimi anni, ha coniugato la ricerca formale con l’impegno etico e sociale, specializzandosi in opere di forte impatto visivo che denuncino il degrado in cui la società, pervasa da indifferenza, ignoranza e corruzione, sta facendo cadere la cultura e l’arte; dall’altra, un quotidiano come “la Città” che, oltre a lanciare all’epoca del suo esordio in edicola una formula coinvolgente ed innovativa di presenza territoriale, si impegna costantemente nel mantenere alte la qualità e la voglia stessa di informazione e di partecipazione. E, insieme con altri media di buona volontà, è in prima linea nella lotta contro il degrado della cultura.
Dalla convergenza degli intenti e degli ideali sono nate le opere della mostra “L’oro de ‘la Città’”: in quasi tutti i lavori prevale il color oro, ad indicare il tesoro che la cultura, la lettura e l’arte in genere, se ben coltivati, possono offrire. Di rimando, lo splendore dell’oro è accompagnato dall’oscurità di bruciature e sgualciture che rappresentano lo stato di crisi in cui viviamo. Dallo scuro delle bruciature allo splendore delle dorature, la linea generalmente è ascendente, ad indicare il cammino che la città (intesa stavolta come collettività e non come quotidiano) può e dovrebbe fare per recuperare la dignità che compete alla qualità dell’intelletto e del cuore dell’uomo. Allo stesso tempo, l’utilizzo quasi totale delle pagine del giornale non ha solo il valore di un recupero di materiale potenzialmente da macero, ma anche quello simbolico del valore permanente e perenne che possono avere, molto più incisivamente che le scritture virtuali, la carta stampata e le informazioni e le opinioni che quotidianamente essa riporta.
L’artista
Vincenzo Vavuso è un artista di Salerno, pittore e scultore.
Alla regolare frequenza degli studi specifici d’arte, ha coniugato il lavoro formativo presso i maestri di cui ha seguito le lezioni scolastiche, ma ha ricevuto poi un impulso fortissimo dall’emozionante impatto visivo con la Costa d’Amalfi e con i paesaggi straordinari che contornano il Salernitano. Il suo primo amore è stato per la pittura figurativa e paesaggistica dell’800 e per i fermenti di avanguardia del primo Novecento. In seguito ha concretizzato il transito verso un nuovo linguaggio, che in un primo tempo si concentra sulla produzione di opere figurative, poi informali con forti elementi materici e con rappresentazioni naturalistiche e/o cosmiche, che narrano il lirico smarrimento dell’uomo nel Tutto. Infine egli effettua la scelta di campo dell’Arte realistico-concettuale, con un impegno che coniuga esigenze estetiche e sociali e nello stesso tempo non perde mai di vista le potenzialità di comunicazione. È nato così il ciclo “Rabbia e Silenzio”, incentrato in gran parte su cromostrutture e pittosculture dal sapore realistico, con un messaggio forte e provocatorio.
Tra le pubblicazioni, da segnalare il volume d’arte Rabbia e silenzio (Cervino ed., 2014), ricco tra l’altro di vuoti polemicamente chiaroscurali e provocatori che sublimano il messaggio delle opere della serie omonima. Oltre che a Salerno e dintorni (la mostra più recente a Palazzo Fruscione nel 2015), ha esposto a Londra (Trispace Gallery), Roma (Galleria Rosso Cinabro), Dubai (Hotel Hilton), Tokio (Chiyoda Art Center), Venezia (Officina delle zattere), Torino (Galleria 20) e Firenze (La Pergola Arte).