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Francesco Puccio il 20 settembre a Strasburgo per la messa in scena in Latino del Bellum Grammaticale. E a Cava crea Ovidio

CAVA DE’ TIRRENI (SA) e STRASBURGO (FRANCIA) – Due Re, il sostantivo (Poeta), e il verbo (Amo), entrano in guerra per la supremazia sulla terra della Grammatica. Tra gli alleati, le varie parti del discorso: aggettivi, avverbi, congiunzioni. Tutti partecipano, tranne il Participio, che osserva i fatti con cauta neutralità, dalla sua ambivalente posizione di sostantivo, aggettivo e verbo insieme. La guerra è causa di perdite in entrambi gli eserciti e questo è il motivo delle forme mancanti della lingua latina, che nei secoli ha modificato la sua sintassi.

Storia ricca di fantasia e di suggestione, anche perché, pur se strana e surreale, tocca argomenti molto concreti, come linguaggio parlato. Storia attuale, anche in tempi in cui la nostra lingua è entrata nella marmellata globale. Storia che nel XVI secolo, quando nacque, fu ebbe un’attenzione internazionale: si tratta infatti del Bellum Grammaticale (alias La guerra della Grammatica), scritto in latino dall’ umanista salernitano Andrea Guarna ed inteso originariamente come un manuale per l’educazione alla lingua di Papà Latino, in tempi in cui era considerata genitrice da rispettare e non ingombrante appendice da gettare nella spazzatura dell’attenzione.

Riscoperto e rivalorizzato, Donatella Puliga e Svetlana Hautana, questo testo, su iniziativa dei prof. Luigi Spina, già docente di Filologia Classica all’Università di Napoli, e Laurent Pernot, ordinario dell’Università di Strasburgo, è stato di recente proposto per la lettura pubblica e la teatralizzazione.

E la messa in scena è stata affidata ad un cavese già in vista anche in campo nazionale, uno dei giovani più poliedrici e più promettenti: Francesco Puccio, laureato in Lettere Classiche, studioso all’Università di Siena del rapporto tra l’antico ed il moderno, attore, regista, scrittore, yogurth mentale ad alto tasso di fermenti culturali in generale e classici in particolare.

Lo spettacolo, con un preannuncio scolastico nell’ambito del Progetto PON di un Liceo di Sanseverino, debutterà il 20 settembre prossimo all’Università di Strasburgo: sarà recitato in latino ed in francese dal gruppo teatrale L’antico fa testo (Siena), diretto appunto da Francesco Puccio, che, insieme con l’altra cavese Simona Fasano, ha curato anche la messa in spazio, secondo la sua abitudine di utilizzare non teatri ma luoghi teatrabili (recentemente lo ha fatto con la stessa Simona a Milano, rievocando la figura di Giuseppe Verdi nell’albergo dove dimorava).

Con loro anche Fabrizio Loffredo, Alfonso Napoli, e, al pianoforte, il giovanissimo Ernesto Tortorella, precoce e fresco talento che ha già dimostrato di saper dare del tu ai tasti anche con pezzi ed autori impegnativi e di alto livello, Chopin in testa.

La manifestazione, per il suo alto valore culturale e didattico, ha ricevuto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana e gode, inoltre, dei patrocini del MIUR (Direzione Generale degli Ordinamenti Scolastici), del Centro Antropologia e Mondo Antico dell’Università di Siena e dell’Università di Strasburgo.

Ci auguriamo che lo spettacolo non si fermi a Strasburgo, ma sia possibile vederlo anche in Italia, nonostante tutto. Sarebbe un biscottino dolce sulla marmellata globale in cui si stanno stritolando la nostra lingua e le nostre radici…

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Intanto, a proposito del Puccio “esplorattore” di radici classiche, segnaliamo che la sua opera si traduce anche in un felice proselitismo presso i giovani appassionati di teatro e di eventi culturali. Recentemente, a Cava, raggiungendo una saporita continuità dopo lo scioglimento del magnifico Gruppo dei suoi storici Kalokagathoi, con alcuni ragazzi freschi di maturità e/o di studi latinogrecheggianti, ha messo in scena frammenti delle Metamorfosi di Ovidio, di cui riportiamo alcune immagini.

Ha preso spunto dalle dolorose elucubrazioni del poeta, costretto da Augusto all’esilio “ai confini del mondo” per un error derivante dalla sua frizzante attività di dandy di successo, stimolante poeta erotico e fascinoso poeta mitico. Ed ha rievocato il senso del mito e delle metamorfosi ad essi connesse, puccizzandole e modernizzandole alla sua maniera. Ha reso teatrabili ambienti che sono scenici di loro, ma non teatri, come nel nostro caso bei giardini d’epoca (nel nostro caso, di Villa Della Monica e Villa Siani). Ha inserito testi personali di poetiche meditazioni sull’esistenza, ha fisicizzato particolarmente le prestazioni degli attori, che occupano la scena con eleganti e intriganti movenze.

Alla fine, tra intriganti chiarezze e “misterizzate” chiavi ermetiche, l’elastico tra classico e moderno è stato servito, Ovidio è stato sviscerato e metamorfosizzato, anche per il contributo incisivo dei giovani attori, tra cui sono emersi un Giacomo Casaula (già eclettico scrittore e brillante showman di suo) in crescente maturazione sia nella chiarezza della dizione che nella coloritura dei toni, Marco Cicalese, convincente e suadente come Lucio, servo-confidente di Ovidio, e come etereo amante di Alcione, e la giovanissima Miriam Siani, in felice debutto teatrale, che come Musa scenica e come passionale Alcione ha liberato col linguaggio non verbale e nella personale metamorfosi i suoi delicati e coinvolgenti colori interiori a tinte forti. Con loro, in incisivo coro scenico e sempre pronti all’intervento individuale, Simona Gambardella, Lucrezia Paravia, Marco Amodio e Giovanna Di Domenico. Al piano, Ernesto Tortorella, oramai tasto fisso ed affidabilissimo degli spettacoli di Puccio.

Ed alla fine il pubblico se ne è andato sazio ed intrigato, intenerito ed appagato …

Elio Di Donato, un pezzo di storia cittadina nel Castello della memoria

CAVA DE’ TIRRENI (SA). In un angolo della sua centralissima casa, collocata in Corso Umberto, a bacio con Piazza Duomo, c’è un salottino con una vetrata a due ante più grande di tutte le altre, una vetrata occupata completamente dalla presenza e dalla vista del nostro Monte Castello. Questa era la “sua” finestra sul monte più amato. Era il segno della Festa, del Sacramento, della cavesità, delle tradizioni, di quell’identità che nell’arco della vita ha fatto da benzina per il suo cuore di cittadino.

Si è spento qui, il 23 luglio scorso, Elio Di Donato, per un attacco improvviso ed imprevisto, a due passi dalla sede di quell’Ente di Montecastello di cui era Presidente da tre anni, dopo esserne stato uno dei padri fondatori.

Se ne è andato in punta di piedi, come era sempre vissuto, ma con tutti gli onori che aveva sempre meritato: una grande folla commossa, le lacrime di tanti amici e familiari costernati per la perdita del loro “Eliuccio”, le rappresentanze in pompa magna ed in costume storico di tutte le associazioni di Trombonieri e Sbandieratori, gli esponenti dei gruppi folkloristici e delle aziende che contribuivano alla realizzazione della festa, l’omaggio delle più alte autorità cittadine, a cominciare dal Sindaco Marco Galdi, la benedizione delle autorità religiose, Arcivescovo Orazio Soricelli in testa, la messa solenne celebrata in coppia da don Rosario Sessa e Padre Giuseppe Ragalmuto, il ricordo affettuoso letto durante la cerimonia a nome dell’Ente Montecastello dal tesoriere Francesco Loffredo, che ha esaltato stato il suo essere un punto di riferimento fisso, una persona incorruttibile, una costante fonte di genuino sapere sulla Festa che fu, una luce la cui perdita ha lasciato in tutti un vuoto incolmabile.

È morto in piedi, dato che fino all’ultimo si è dato da fare per il Comitato e per l’Ente, ha preso appuntamenti, ha chiacchierato con gli amici del Bar Neve ed ha scambiato impressioni volanti sulla panchina sotto il Sagrato, che sapeva di lui e dei suoi amici “castellani”. E se ne è andato carico di un rispetto e di un affetto, a cui teneva moltissimo e che per lui sono sempre stati l’anima profonda della sua identità personale e sociale.

Anche noi teniamo una storia, anche noi siamo la storia”: così mi disse poche settimane dopo la sua elezione a Presidente, mentre mi offriva il caffè con una “cordialità alla Elio” e si apriva in una conversazione che sperava potesse essere anche la base di un articolo su quel Castello che per sessant’anni è stato giornale storico dell’Ente e della Città. Speranza vana, perché proprio in quei giorni il giornale “era nella bara”. Elio avrebbe anche accettato piccoli compromessi pur di farlo vivere. Ma la sua elasticità non è stata sufficiente…

Anche noi teniamo una storia”…quanta verità in quella frase! E la storia personale Elio se la teneva stretta, con tutte le sofferenze e le difficoltà piccole e grandi, a cominciare dall’infanzia purtroppo deprivata di quel calore unico che solo i genitori possono dare. Con tutte le conquiste piccole e grandi, a cominciare dall’avviamento precoce al lavoro, poi valorizzato al massimo soprattutto nella sua bottega artigianale, dove per anni ha dato e ricevuto l’anima prima di stabilizzarsi in un‘attività più sicura, ma meno creativa, come quello di collaboratore scolastico.

Tra un problema e l’altro, riusciva a coltivarsi la sua più grande conquista, la famiglia, con la moglie Maria e i figli Francesco, Anna e Marcello, all’interno della quale ha fatto germogliare l’umanità e la dolcezza che poi lo hanno fatto amare e rispettare in società. Ha educato e non dominato i suoi figli, ha trasmesso la forza d’animo, l’amore per i grandi valori e le piccole cose, la capacità di apprezzare l’essere quanto e anche più dell’avere. E quando i suoi figli sono cresciuti, si è abbandonato alla loro dimensione con la stesso empatico slancio e, per fortuna, anche col compiacimento dovuto ai loro successi. Non dimentichiamo che Marcello è un fotografo artista di livello internazionale: ed è giusto sottolineare che alcune delle sue opere, pur di quello stile moderno che non sempre si intona con i gusti tradizionalisti, campeggiano tuttora trionfalmente nel salotto buono della casa di Elio.

Anche noi siamo la storia”, egli diceva. Come ha ricordato Francesco Loffredo, con lui se ne è andato un pezzo di storia della Città. Se l’identità secolare di Cava risale negli eventi che si celebrano con la Sagra, se si vive dal profondo del cuore la stessa Fede che ha animato le sue radici, se si dedica una parte consistente della propria giornata alla conservazione delle tradizioni della propria terra, se quelle tradizioni si amano dal profondo del cuore al punto da soffrire quando per i cambiamenti dei tempi si devono dissolvere o snaturare, se si affronta la vita dell’associazione con spirito di servizio e non di potere, se si fa da ponte tra le generazioni e si cerca di trasmettere ai giovani queste passioni, se tutto questo è farsi storia, Elio si è fatto storia nella sua compiutezza.

Non il protagonista da riflettori alla ricerca di applausi, ma il creatore di tasselli e di mattoni esistenziali e sociali. Mattoni costruiti con l’esempio vivente nella vita quotidiana, mattoni intrisi di passione civica, come dimostra ad esempio il fatto che fino all’ultimo egli si preoccupava di come recuperare la campana del castello, dolorosamente sottratta alla collettività da un furto sciagurato, ed anche in questo campo era aperto ad innovazioni elastiche, fedele al suo carattere di persona che sa che nella vita si procede non solo per autostrade, ma anche per vicoli stretti e aggirabili ingorghi.

Era questa una delle lezioni di vita che ci ha lasciati, insieme al ricordo del suo sorriso mite di uomo generoso e affettuoso e desideroso di un ricambio di generosità, disponibilità, riconoscimento, affettuosità.

Un uomo, una persona, prima che un Presidente. Una persona amabile, con tutta la sensibilità delle sue solitarie malinconie e l’energia della sua voglia di comunicazione e di socializzazione.

Ti sia lieve la terra, caro Elio, con tutto il Castello di ricordi che porti con te e la scia che accompagnerà la tua memoria.

La violinista cavese Alessia Avagliano, 22 anni, in master con Schwartz ed in concerto con l’Oscar Bacalov

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Sta conseguendo il Master Concert presso l’Haute Ècole de Musique di Losanna in Svizzera, sotto la guida del M° Sergiu Schwartz: un corso per pochissimi allievi severamente selezionati da ogni parte del mondo. E a Ferragosto si esibisce in concerto a Cassino, con Luis Bacalov, musicista da Oscar, l’autore delle celeberrime musiche de Il postino.

È decisamente un periodo d’oro per la cavese Alessia Avagliano, giovanissima promessa della musica internazionale, “sfornata” solo ventidue anni fa da Lucio “mastrofornaio” e da Imma, i due gestori della premiata forneria Avagliano di via Atenolfi, orgogliosi del suo tenace orgoglio vincente, perennemente emozionati della sua splendente tenerezza.

Il suo arco è un violino Claude Lebet, la sua freccia un talento fresco e precoce, il suo bersaglio il successo. E la sua benzina sono i sogni che coltiva fin da quando, apertasi al fascino delle sette note, a dodici anni ha cominciato a studiare sotto la guida del M° Natalie Tchaikovski, dal cognome molto benaugurante, per poi diplomarsi a vent’anni con il massimo dei voti e la lode, nella classe del M°Antonio Autieri, presso il Conservatorio G.Martucci di Salerno, con la cui orchestra nel 2009 ha suonato nella Basilica di San Pietro al cospetto di Papa Benedetto XVI.

Ha già partecipato a diverse masterclasses di alto perfezionamento in Italia e all’estero tenute da artisti di grande spessore, quali: Zackhar Bron, Salvatore Accardo, Pavel Vernikov, Mariana Sirbu, Felice Cusano, Igor Volochine, Aldo Matassa, Francesco de Angelis.

In formazione orchestrale ha debuttato a soli sedici anni, con l’Orchestra Sinfonica di Bulgaria diretta dal M° Leonardo Quadrini, esibendosi poi in sale importanti come l’Auditorium “Oscar Niemeyer” di Ravello, l’Opéra di Losanna (Svizzera), la Salle Métropole di Losanna (Svizzera).

Il 2014 è stato, come già detto, un anno d’oro, anche perché ha assaporato il primo successo come solista suonando Mozart, su invito dell’Orchestra Filarmonica Campana. Poi, l’incontro con Bacalov e, nel frattempo, la prestigiosa ammissione al Master di formazione con Sergiu Schwartz, il giovane e già prestigioso violinista israeliano, che negli USA è un divo dell’archetto, famoso tra l’altro per dolcezza che sa imprimere alle tonalità dei suoni.

E, per gradire, aggiungiamoci pure un concerto in trio nel Castello di Mesagne, in Puglia, e, il 23 agosto, un’esibizione in quartetto a Nocelle di Positano.

Per gradire ancora di più, ci piace ricordare quel giorno in cui, violinista ancora pulcina, cominciò a mostrarsi al pubblico della sua Cava nella Sala del Consiglio Comunale, in compagnia di altri due musicisti, in occasione del Premio Letterario “Badia”. In quell’implume sorriso carico di batticuore già si intravedevano i segni inequivocabili del talento in erba.

E oggi che quel talento comincia a volare al di sopra dell’erba e la nostra Alessia ha già un bell’avvenire dietro le spalle, il ricordo di quella sera si apre in un sorriso collettivo, colorato dal batticuore della soddisfazione e dall’augurio di un “viaggio” degno dei suoi sogni…e ricco di armonie degne delle sue lucenti pupille in esplorazione.

Da tutte le età, per la Terza Età: un Concorso Letterario indetto dall’Università della Terza Età per festeggiare i suoi primi venticinque anni

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Il Presidente della sezione UTE di Cava, Massimo Di Gennaro

CAVA DE’ TIRRENI (SA). L’UTE (Università della Terza Età e del Tempo Libero) di Cava de’ Tirreni, in occasione del venticinquesimo anniversario della Fondazione, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale ha indetto il Concorso Parole d’argentosul tema obbligatorio Noi e la Terza Età.

Il Concorso, presieduto dal Presidente dell’UTEMassimo Di Gennaro, si articola in cinque sezioni:Sezione APoesia edita e/o inedita in lingua italiana;Sezione A “Prima Età”Poesia edita e/o inedita in lingua italiana; Sezione B Poesia edita e/o inedita in vernacolo; Sezione C Racconto breve inedito in lingua italiana;Sezione C “Prima Età” Racconto breve edito o inedito in lingua italiana. 

Alle sezioni A, B, C possono partecipare tutte le persone, di qualsiasi sesso e nazionalità, che abbiano raggiunto la maggiore età (18 anni).

Alle sezioni A Prima Età e C Prima Età possono partecipare solo le persone, di qualsiasi sesso e nazionalità, che non abbiano superato la soglia dei diciotto anni oppure che, pur avendola superata, frequentano attualmente l’ultimo anno del corso di studi delle scuole superiori.

Per le sezioni A, B e A Prima Età, ogni autore può inviare max due poesie edite e/o inedite in lingua italiana e/o vernacolo (max 40 versi ciascuna). Le poesie partecipanti dovranno essere dattiloscritte e inviate in tre copie, due delle quali anonime e una firmata (recante chiara indicazione di nome, cognome, indirizzo, e-mail, telefono e/o fax dell’autore).

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Il Gruppo Dirigente dell’UTE, con il Presidente Massimo Di Gennaro, la Direttrice Armida Lisi, i Consiglieri Anna De Santis, Delia Bisogno, Orsola Capuano, Teresa Scermino, Filomena Monetta, il componente della Commissione per lo Studio Emidio Maturo, propone scherzosamente alla lavagna il tema del Concorso. Fuori fuoco, il Consigliere Antonio Adinolfi e la componente della Commissione Lina Lamberti.

A tale scopo si pregano i concorrenti di tenere pronto il file digitale delle singole opere, oppure di consegnarle anche in versione CD.

La partecipazione al Concorso è del tutto gratuita per le sezioni Prima Età.

Per la partecipazione alle sezioni A, B, C si richiede un contributo per le spese di segreteria di Euro 10, valido per la partecipazione a tutte e tre le sezioni.

Tale contributi va inserito in una bustina all’interno della busta grande contenente gli elaborati.

Gli elaborati devono essere inviati per mezzo posta, entro e non oltre il 15 ottobre 2014 (farà fede il timbro postale), all’indirizzo: Università della Terza Età e del tempo libero – Via della Repubblica – 84013 Cava de’ Tirreni (Salerno). In alternativa, possono essere inviati via mail all’indirizzo qvitol@gmail.com oppure consegnati a mano, concordando la consegna o con Armida Lisi (tel. 089441239) o con Franco Bruno Vitolo (tel. 089343768 – cell. 3287546314), Presidente e Vicepresidente della Giuria.

La partecipazione al concorso implica la piena accettazione di questo regolamento e, per i vincitori, della divulgazione del proprio nome, cognome e premio vinto su qualsiasi pubblicazione.

I primi classificati delle 3 sezioni saranno premiati nel mese di novembre 2014, in giorno ancora da destinarsi, nel corso della manifestazione pubblica per celebrare il venticinquesimo anniversario dell’UTE.

I premi consisteranno: a) nella pubblicazione delle opere vincitrici sul libro celebrativo dei primi venticinque anni UTE; b) in un buono acquisto di Euro 100 per i vincitori delle singole sezioni; c) in coppe e diplomi per i primi tre classificati di ogni sezione; d) in diplomi per i segnalati.

I vincitori verranno contattati dalla segreteria del Premio. L’invito ufficiale alla cerimonia di premiazione non dà diritto al rimborso delle spese di viaggio e soggiorno.

Per ogni altra ulteriore ed eventuale informazione inviare una e-mail a qvitol@gmail.com.

Il bando è pubblicato integralmente sul sito del Comune di Cava de’ Tirreni.

L’organizzazione si riserva la facoltà di apportare modifiche al presente Regolamento.

Un candelabro in mosaico di legno massello, di oltre centomila pezzi, regalato al Duomo di Vietri dall’artigiano-artista Roberto Salsano

VIETRI SUL MARE (SA). Roberto Salsano, falegname in pensione (ma falegname sempre, per vocazione…), cavese di origine e vietrese di residenza, “dito d’oro e poeta del legno”, è un artigiano-artista unico nel suo genere.

Egli infatti produce mosaici composti di centinaia di migliaia di pezzi, tutti, uno per uno, tagliati e modellati a mano dalui stesso. E tutti, uno per uno, in legno massello integrale, tale che la figura è visibile addirittura anche dal retro. Opere affascinanti e suggestive, che colpiscono per la qualità e la tonalità delle immagini, oltre che per la bellezza delle figure rappresentate, di cui gran parte sono scorci della Costiera, il che è tutto dire.

Opere che, da quando egli ha deciso di mostrarsi al mondo, cioè circa quattro anni fa, hanno già ottenuto numerosi premi e riconoscimenti. Tralasciando le vittorie nei concorsi, ricordiamo che un suo ritratto di Padre Pio è oggi in esposizione nella Sacrestia di San Giovanni Rotondo, che un suo mosaico con i trulli di Alberobello ha ottenuto un vero e proprio trionfo, di pubblico e di critica, ad un concorso in loco nel 2011, che nel 2011 una sua personale è stata esposta tra Natale e Capodanno nei corridoi dell’Abbazia Benedettina, depositaria di un suo quadro raffigurante il piazzale del Monastero.

Non solo quadri, però. Tra gli altri lavori, spiccano due grandi candelabri pasquali, composti di oltre centomila pezzi ciascuno. Uno di questi è stato generosamente regalato alla Chiesa di San Giovanni di Vietri sul mare e consegnato domenica 3 agosto al termine della celebrazione eucaristica vespertina, già impreziosita dalle trascinanti esecuzioni del coro diretto dal Maestro Pietro D’Amico.

Prima della consegna, Roberto Salsano ha letto da una pergamena l’atto di donazione, ricco di espressioni molto significative, che qui riportiamo integralmente. Quindi, la benedizione da parte del parroco don Mario Masullo, rimasto per il resto praticamente senza parole. Ma, si sa, l’emozione non ha voce…

Quindi, la collettività tutta si è stretta intorno a Roberto, per ammirare da vicino un lavoro veramente unico e ringraziarlo vivamente del dono d’amore e di fede che egli ha voluto fare a tutta la comunità vietrese.

Sorridendo, Roberto Salsano si è prestato con gioia all’incontro, e sornionamente ha dato appuntamento alla consegna del secondo candelabro, la cui destinazione è ancora “misteriosa”, ma di cui si sa che è altrettanto, se non di più, stupefacente del primo.

Intanto, ecco il testo della pergamena di donazione.

Io, Roberto Salsano, artigiano del legno, materia viva che è storia di vita e madre di nuove vite,

questo candelabro,

composto con un mosaico di circa 150.000 pezzi di legno massello ritagliati, torniti e assemblati uno per uno con le mie mani,

alla Chiesa di San Giovanni Battista,

da sempre madre amorosa della mia famiglia

e comunità che quotidianamente mi riscalda il cuore

e arricchisce l’anima,

al suo Parroco, don Mario Masullo,

maestro di fede e stella polare di umanità,

al suo Vescovo, Mons. Orazio Soricelli,

paterno pastore di cuori bisognosi di dolcezza,

io dono con tutto il cuore, unitamente alla mia consorte Maria Giovanna Zampa,

in memoria dei nostri cari genitori, in segno di devozione, di affetto ed anche di gratitudine

per una collettività che mi ha benignamente accolto

e ci è necessaria compagna

nel difficile cammino dell’esistenza.

E che la sua luce possa continuare

ad illuminarci negli anni a venire con quella forza

che solo il Cielo ci può donare.