fondazione antonio della monica

ricerca per tag

 
 

Alzheimer e degrado mentale, si può fare di più. Da quattro anni è operativo il Progetto “Caffè della Memoria”, su iniziativa della Fondazione “Antonio Della Monica”

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Il morbo di Alzheimer, manifestazione anticipata della demenza senile, è una delle malattie meno dolorose dal punto di vista fisico, ma tra le più logoranti e per certi versi umilianti da quello psicologico, per il paziente e per tutta la sua famiglia. Anche per tale motivo, diversamente rispetto alle aperture moderne in altri campi, tante, troppe volte continua ad essere come rinchiuso in un ghetto. Il malato è confinato in casa, quasi nascosto, oltre il tempo richiesto dalle esigenze terapeutiche, la sua socializzazione diminuisce “ad imbuto” a volte anche più velocemente della classica perdita della memoria, le sue abilità motorie e mentali vengono abbandonate al progressivo degrado senza tentare più di tanto se non il recupero, almeno l’esercizio che ne conservi più a lungo i barlumi sempre più fievoli.

Insomma, succede ancora, con le dovute proporzioni e differenze, quello che prima succedeva con le disabilità di vario genere, che oggi invece vengono molto più curate e soggette alla maggiore integrazione sociale possibile.

Nella coscienza di questa anomalia, stanno nascendo in varie zone d’Italia istituti e fondazioni che affrontano la gestione dell’Alzheimer e in generale delle patologie legate al degrado della mente, a cominciare dalla demenza senile. A tale scopo a Cava è stato istituito dalla Fondazione Antonio Della Monica, con sede in corso Marconi nei fabbricati alla spalle dell’Hotel Victoria Maiorino,il Progetto “Caffè della Memoria.

Il nome, incisivo e rassicurante, ha in sé un chiaro messaggio: quando, come succede alle persone con deterioramento cognitivo, si perde progressivamente la memoria, occorre tenere vive il più possibile le capacità cognitive e motorie stimolandole con esercizi ad hoc ed attività socializzanti, magari anche attraverso una gita collettiva.

Insomma, non fargli perdere il contatto con se stesso e con gli altri.

In questo “Caffè” un elemento molto importante è la partecipazione tra gli “avventori” dei familiari e gli intimi, che da esperienze del genere sono feriti con intensità non diversa dal cervello della persona con demenza, dovendo affrontare la scalata del rapporto con una cara persona sempre più sfuggente e sempre più diversa da sé e, nello stesso tempo, gestire il dolore cosciente di una perdita da vivo.

Così, mentre, mattina dopo mattina, nei tempi dell’orario “scolastico”, i pazienti vengono invitati a parlare, a ricordare le loro cose, anche le più semplici, con parole e disegni, compiendo esercizi anche fisici che tengano in vita la coordinazione motoria in fuga, i loro accompagnatori fanno gruppo tra loro e si confrontano e soprattutto vengono seguiti da psicologi e professionisti del settore che offrono ascolto e conforto umano.

Il tutto senza spese gravose e senza fini di lucro da parte della Fondazione Antonio Della Monica, che è nata circa quindici anni fa, su iniziativa del commerciante cavese a cui è intitolata (scomparso nel 2010) e che ha voluto fortemente realizzare una struttura sociale che si occupasse di persone con patologie degenerative per ricordare sua moglie Mariangiola, che in vita ha sofferto di demenza senile.

Su questa linea, da quattro anni, la Fondazione ha promosso e sostenuto il Progetto del Caffè della Memoria attraverso i proventi ottenuti dalle locazioni degli immobili di cui è proprietaria.

Le attività del progetto sono organizzate e realizzate da un team di professionisti che gestisce il tutto, formato dalla Fisioterapista Doriana Nola (coordinatrice del Progetto), da tre psicologi Salvatore Coppola, Maria Delli Priscoli, Francesca Bove, una pedagogista Grazia Matrisciano e una musicoterapeuta (Giulia D’Alessandro).

Attualmente le persone partecipanti alle attività del progetto sono una quindicina, un numero giusto per poter offrire assistenza ad ognuno – affermano a nome di tutto il team Mariella Delli Priscoli e Salvatore Coppolama il numero potenziale di persone e di famiglie che potrebbero e dovrebbero affidarsi anche ad esperti nella difficile gestione della quotidianità è molto superiore. A Cava, come anche altrove, manca ancora una cultura piena di questa forma particolare di disabilità, questa vecchiaia precoce che viene ingiustamente considerata un male del tutto incurabile e, in casi estremi, una vergogna da nascondere”.

E non possiamo non dar loro ragione. Perciò riteniamo che esperienze del genere di quella meritoriamente lanciata dalla Fondazione Antonio della Monica vadano pubblicizzate ed estese il più possibile, non certo nascoste anche loro tra le quattro mura dell’Istituto.

Maggiore sarà la consapevolezza della sociabilità di questo serio problema, migliore potrà essere la qualità della vita, dei pazienti e dei loro familiari. E quell’ombra di vita che avvolge le persone colpite potrebbe essere almeno un po’ diradata e magari, chissà, anche far trasparire piccoli spiragli di luce …