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Cari ragazzi che volete un mondo senza criminalità

Nell’anniversario dell’attentato, una prof ricorda Borsellino ai giovani di buona volontà


cava-legalita-borsellino-cava-de-tirreni-luglio-2018-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA). Mi occupo da molti anni di Educazione alla legalità presso il Liceo Scientifico ‘Genoino’, un progetto didattico che fa parte integrante del DNA dell’Istituto e che ha favorito incontri ad altissimo tasso di interesse con personaggi simbolo a livello nazionale, tra cui Maria Falcone, Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo. E tante sono state le produzioni creative: tra tutte, il cortometraggio Pallottolina, che una quindicina di anni fa a Marano vinse il Primo premio e il riconoscimento fu consegnato personalmente da Rita Borsellino, sorella di Paolo, generando una tempesta di emozioni e di stimoli. E poi, il viaggio a Palermo fino all’Albero Falcone con la nave della legalità… E poi, tante altre iniziative, mirate a fare in modo che gli ideali dei “grandi” come Falcone e Borsellino camminino veramente con le gambe delle nuove generazioni.

L’idea di scrivere questo articolo mi è venuta dopo aver partecipato di recente a due eventi molto significativi per la nostra città: la manifestazione ‘A testa alta’ , svoltasi presso il mio Liceo, e l’incontro al Bar Libreria “Rodaviva” con il diciassettenne Vittorio Vavuso per la presentazione del suo romanzo ‘Padre camorra’. Questi due eventi mi hanno fatto comprendere che i nostri giovani vogliono essere protagonisti, vogliono analizzare e capire eventi anche oscuri della nostra storia passata e recente. Io, come cittadina e soprattutto come prof., ho sentito il dovere di raccontare alle nuove generazioni uno di questi fatti, la condanna a morte del giudice Paolo Borsellino.

Sono trascorsi ventisei anni dal tragico attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, insieme ai coraggiosi agenti della sua scorta. Ventisei anni di dolore , di mistero, di rabbia per una morte annunciata che nessuno ha saputo o voluto impedire. Tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, in quei cinquantasette giorni che separarono le stragi di Capaci e Via D’Amelio, in Italia la fiducia nelle istituzioni venne messa a dura prova. Una parte di Paolo Borsellino morì insieme a Falcone. Lui stesso chiamava Giovanni Falcone ‘la mia assicurazione sulla vita’. Dopo il 23 maggio il giudice capì che il prossimo sarebbe stato lui.

Il 19 giugno 1992 il generale dei carabinieri Antonio Subranni, comandante del ROS, invia un rapporto al comando generale dei carabinieri in cui sottolinea che numerose fonti , mafiose e non, hanno riportato la decisione di Cosa Nostra di uccidere Paolo Borsellino.

Il 28 giugno presta giuramento il governo Amato: ministro della Giustizia Claudio Martelli, alla Difesa Salvo Andò, al Viminale Nicola Mancino. Di ritorno da Bari, a Fiumicino Paolo Borsellino viene raggiunto dal ministro Andò che gli comunica dell’informativa del ROS, spedita anche alla Procura di Palermo. Possibili bersagli di Cosa Nostra sarebbero, oltre al giudice, lo stesso ministro Andò e il PM di Milano Antonio Di Pietro. Paolo Borsellino non sa assolutamente nulla di questa informativa, il procuratore Pietro Gianmanco non gli ha comunicato nulla.

Il 29 giugno Borsellino si precipita nell’ufficio di Gianmanco, è indignato, vuol capire perché nessuno lo abbia informato. Gianmanco farfuglia delle giustificazioni incomprensibili, sa che nulla potrà mai giustificare il suo comportamento. Paolo Borsellino è ormai un Dead man walking, un uomo morto che cammina, lo Stato lo sa , i suoi colleghi lo sanno, ma nessuno muove un dito per evitare questo tragico evento.

Antonino Caponnetto ha più volte raccontato l’ultimo straziante incontro con Paolo. “Lo salutai e gli dissi : ‘Arrivederci a presto’. Paolo mi rispose:’ Sei sicuro, Antonio, che ci rivedremo?’ Allora mi abbracciò con una forza che mi fece male, come a non volersi distaccare, come a volere tenere avvinto qualcosa di caro e portarselo via. Ecco, lì ho sentito che quello era l’addio di Paolo.”

Agnese Borsellino ha ricordato che negli ultimi tempi suo marito usciva da solo per comprare le sigarette o il giornale, come se volesse mandare un messaggio ai suoi carnefici, perché lo uccidessero quando lui era solo e non quando si trovava con i suoi angeli custodi.

Il 30 giugno Paolo Borsellino inizia a verbalizzare le dichiarazioni del pentito Leonardo Messina che evidenziano con chiarezza lo stretto rapporto esistente in Sicilia tra mafiosi, politici ed imprenditori.

Il 1° luglio interroga il pentito Gaspare Mutolo. Dall’agenda grigia del giudice risulta che alle 15 sarebbe stato alla Dia per interrogare il pentito; alle 18.30 avrebbe avuto appuntamento con il Capo della Polizia Parisi e alle 19.30 con il Ministro degli Interni Mancino. Il pentito racconta che il giudice ritornò talmente sconvolto dall’incontro al Viminale ‘da mettere in bocca contemporaneamente due sigarette’: probabilmente non incontrò Mancino ma Bruno Contrada e lo stesso Parisi.

Il resto della storia,purtroppo, è noto a tutti. Paolo Borsellino dichiarò pubblicamente: ‘Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri’.

Gli ultimi giorni di vita del giudice furono tesi e febbrili. Due giovani colleghi lo videro piangere. Disteso sul divano, mentre le lacrime gli bagnavano il volto disse. ‘ Non posso pensare che un amico mi abbia tradito’. Dopo tanti anni quelle parole forse hanno trovato un senso. In questi ultimi giorni i giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta hanno depositato le motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater: milleottocentocinquantasei pagine, un lavoro minuzioso che dimostra senza ombra di dubbio che le indagini sulla strage di via D’Amelio furono depistate da uomini delle istituzioni. In queste ore il funzionario di polizia Mario Bo e gli agenti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di calunnia in concorso: avrebbero confezionato una verità di comodo sulla fase preparatoria dell’attentato, costretto il finto pentito Vincenzo Scarantino a fare nomi e cognomi di persone innocenti , determinando, inoltre, la sparizione della famosa agenda rossa del giudice. Una ricostruzione, seppur sintetica, di questa amara vicenda era necessaria, per ricordare che servitori infedeli dello Stato, mossi da ‘un proposito criminoso’, esercitarono in modo distorto il loro potere.

Caro Paolo, la tua onestà è stata la tua condanna. Avevi paura di essere ucciso, eri straziato dall’idea di lasciare i tuoi bellissimi figli e la dolce Agnese, ma hai continuato anche senza il tuo amico Giovanni a combattere, a lavorare freneticamente, perché eri vicino alla verità. Su quell’agenda rossa probabilmente erano annotati i nomi dei traditori dello Stato, la loro pubblicazione sicuramente avrebbe provocato un terremoto politico di inaudite proporzioni. Così non è stato, ma non dimentico che tu, Giovanni, i ragazzi della scorta siete morti per noi , che abbiamo un grande debito di riconoscenza nei vostri confronti e che, seppure non possiamo riportarvi in vita, possiamo onorarvi ogni giorno facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, agendo con onestà, tenendoci a debita distanza da piccole e grandi forme di corruzione. Solo questo possiamo e dobbiamo fare con coraggio per tenervi vivi e per essere degni del grande messaggio di impegno civile che ci avete lasciato. (Angela Di Gennaro)

EBOLI e CAVA DE’ TIRRENI (SA). All’inferno e ritorno, emozionante autobiografia di un detenuto. “Il fantasma col passamontagna”, di Massimo Balsamo, recensito dallo studente Carlo Ritondale

Carlo Ritondale, lo studente autore della recensione

Carlo Ritondale, lo studente autore della recensione

Al Liceo Scientifico “A. Genoino” di Cava de’ Tirreni, sotto la guida appassionata e “aprimentecuore” della docente di Inglese, prof. Rita Apicella, la classe V C ha incentrato lo studio annuale sulla letteratura delle carceri ed è entrata a contatto con il romanzo autobiografico di un detenuto, Massimo Balsamo, che tra qualche settimana avrà anche la possibilità di incontrare personalmente, insieme con le altre quinte impegnate nel progetto. Un’esperienza altamente formativa, che sta aprendo ai ragazzi una stimolante finestra su un mondo solo apparentemente lontano da loro e su problemi cruciali della nostra società.
Per qualcuno, come il giovane talento Carlo Ritondale, è stata anche l’occasione per il suo battesimo giornalistico: una brillante recensione del libro, che volentieri pubblichiamo, riservandoci di tornare al più presto sull’argomento, che per i giovani non è certo pane di tutti i giorni e per questo a modo suo è decisamente più “saporito”.

Il Fantasma col passamontagna è un romanzo autobiografico di Massimo Balsamo, detenuto dell’ICATT (Istituto a Custodia ATTenuata) di Eboli.
Balsamo, dopo aver passato una vita nelle carceri di “mezza” Italia, attraverso una «fiera della specie umana», lottando giorno dopo giorno contro i «mostri» della sua esistenza, racconta come è riuscito a superare gli ostacoli e le difficoltà di una società e di un ambiente malsano, in cui per vivere si è costretti a rubare dalle persone o a rapinare negozi e banche o, peggio, a spacciare droga e a finire con il farne uso.

Massimo Balsamo con la prof. Rita Apicella, insegnante del Liceo Scientifico “A.Genoino” e dell’ICATT di Eboli

Massimo Balsamo con la prof. Rita Apicella, insegnante del Liceo Scientifico “A.Genoino” e dell’ICATT di Eboli

È proprio dal pessimo incontro di Massimo con la droga che partono i suoi problemi con la giustizia, che non finiranno nemmeno dopo l’incontro con la sua amata Tiziana e la nascita delle sue due bambine. Anzi è nell’illusione di procurare loro la felicità con tanti soldi e doni costosi che Massimo entra nel giro delle rapine alle banche. È così che comincia il suo giro nelle carceri italiane. Arresti e periodi di detenzione si alternano a brevi periodi in cui Massimo esce e torna alla sua vita; ma purtroppo le circostanze, a volte il caso e l’errore, fanno sempre sì che egli sbagli di nuovo e il circolo ricominci, sempre da capo con un nuovo arresto.

La vera svolta nella sua vita arriva quando Massimo riceve da parte della sua educatrice, la dott.ssa Fabbri, la proposta di scontare la pena all’interno di un Istituto a custodia attenuata ad Eboli. Durante le sue numerose detenzioni, Massimo partecipando a corsi di recitazione aveva imparato ad amare il teatro ed aveva sviluppato la sua innata vena artistica. e, frequentando le biblioteche del carcere, aveva scoperto la letteratura, i libri, a lui prima quasi sconosciuti.
Entrambe queste passioni verranno alimentate ancora di più all’ICATT. Sono come nuova linfa vitale per Massimo, sono ciò che gli dà la forza di sentirsi un uomo e non più un fantasma.
Il romanzo non è soltanto galera, dolore, morte, sofferenze, rimpianti; è anche amore, famiglia, amicizia, e ancora, forza di volontà, spirito di squadra ma anche di sopravvivenza, luce di speranza in una «nube nera».

La copertina del romanzo “Il fantasma col passamontagna” di Massimo Balsamo, detenuto dell’ICATT di Eboli

La copertina del romanzo “Il fantasma col passamontagna” di Massimo Balsamo, detenuto dell’ICATT di Eboli

Prima colpevole, ora innocente, lotta con tutte le sue forze, con l’appoggio della famiglia, con l’aiuto della Fede e la speranza nel futuro, ma soprattutto della sua passione artistica, attuando la propria “Metamorfosi”, dismettendo la sua identità di “Fantasma” e vestendo quella di “Maestro”, attraverso un viaggio catartico, immerso nel lume della letteratura e del teatro, nel quale può finalmente esprimere la sua immensa fantasia, alla ricerca della sua definitiva identità di “Massimo Balsamo” e della tanto agognata serenità.
Il Fantasma col passamontagna è la storia di un uomo che, pagati i suoi debiti, fu costretto a pagarne altri – e altrui. È un romanzo appassionante, sofferto, ricco di emozioni, sempre pronto a far sentire e osservare sensazioni e immagini di un mondo, ai più, sconosciuto. È un thriller, un noir, ricco di una tensione drammatica, ma spesso anche comica, capace di far sorridere ma anche di gridare a un mondo malsano e a un destino sfavorevole. La lettura è semplice, scorrevole, ma anche ricca di pathos, emozioni; una scrittura vivache ti prende fin dall’inizio e ti trasporta in un viaggio chiuso all’interno dei carceri, ma sconfinato nel grande animo di Massimo, «che ha ancora qualcosa da insegnare» e con la sua vita ha materializzato l’importanza della reazione personale, secondo la grande lezione di Martin Luther King: «Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla».

(Carlo Ritondale)